Politica internazionale e navale dopo la fine della I guerra mondiale

Mentre venivano tirate le somme sulle conclusioni della prima guerra mondiale e, soprattutto, mentre le grandi Potenze provvedevano ai nuovi assetti territoriali, specie coloniali, e alle sistemazioni finanziarie, da un lato emergeva una tensione politica nel Pacifico tra Giappone e Stati Uniti, da un altro un peggioramento delle relazioni tra l'Europa - compresa la Gran Bretagna - e ancora gli Stati Uniti. Non mancava il ricorso al riarmo, cosa che molti mal potevano sopportare essendo ancora aperte e profonde le gravi ferite di ogni genere (politiche, sociali, economiche) riportate in guerra. Fu allora il turno della grande politica internazionale, dell'ideologia della pace, delle iniziative per il disarmo. Per anni tutto ciò coinvolse le marine militari e si identifica con la politica navale, è quindi fondamentale averne conoscenza per meglio comprendere gli avvenimenti futuri che si svolsero sul mare.

Stati Uniti

La guerra europea portò a maturazione, nelle classi dirigenti la politica degli Stati Uniti, la convinzione che una potente difesa sul mare fosse necessaria alla protezione degli interessi commerciali e marittimi americani. La richiesta di una grande flotta fu il risultato di queste idee e di questa convinzione. Negli anni stessi della neutralità americana, il 3 febbraio 1916, a St. Louis, Wilson affermò la necessità di una grande flotta per gli Stati Uniti, spinto a ciò dalla preoccupazione dell'azione dei sommergibili germanici, dai continui intralci frapposti dalla Marina britannica al commercio marittimo dei neutri e dall'espansione politico-navale dei Giappone.

 Wilson dichiarò "Non vi ‚ altra Marina al mondo che abbia da proteggere una zona cosi grande come la flotta americana, ed essa deve essere, a mio giudizio, in modo assoluto, la Marina più grande del mondo".

Contemporaneamente fu chiesto al Dipartimento della Marina di preparare un programma organico quinquennale di costruzioni navali, per cui era previsto un finanziamento di 100 milioni di dollari all'anno. Il Congresso approvò il 29 agosto 1916 la costruzione di 156 navi per 8 l 3 000 t, fra cui 10 corazzate e 6 incrociatori da battaglia. Secondo i programmi. la flotta degli Stati Uniti, nel 1921, sarebbe venuta a essere il maggior complesso navale esistente, nelle categorie delle navi

maggiori, 27 navi da battaglia di I° classe (super-dreadnoughts), 6 incrociatori da battaglia, 25 navi da battaglia di II° classe (dreadnought).

Giappone

A questo grandioso programma americano. del 1916, rispose subito il Giappone, potenziando la propria Marina a partire dal 1917. Si creò cosi, tra il 1916 e il 1910, una gara di armamenti navali tra i due paesi, pericolosa anche a causa della questione dell'emigrazione giapponese e dei problema della Cina.

Gran Bretagna

La Gran Bretagna rispose votando crediti per la costruzione di 4 incrociatori da battaglia, i 4 'super-Hood'.( Queste unità britanniche, che avrebbero ripreso i nomi delle navi della classe "Invincible',  furono ordinate il 21 ottobre 1921. Era previsto un dislocamento di 48 000 t, una lunghezza di 261 m, il velocità di 32 nodi con 160 000 HP di potenza, una protezione massima verticale di 356 mm, un armamento principale di 9 cannoni da 406 mm in torri trinate tutte concentrate nella zona centro-prodiera e uno secondario di 16 pezzi da 152, 6 da 120 a.a., mitragliere, 2 lanciasiluri subacquei, 2 aerei. )

Situazione nel 1921 tra Giappone e Stati Uniti

Questa la situazione nel 1921, solo due anni dopo pace: il Giappone metodicamente, proseguiva nel suo programma di costruire 8 incrociatori da battaglia e 8 corazzate.

Le nuvole che si addensavano sull'orizzonte politico internazionale per la corsa agli armamenti navali e per la contesa, latente o meno, delle grandi Potenze per la conquista del potere marittimo assoluto, non furono le sole. Infatti a rendere ancora critica la situazione si aggiunsero le complicazioni in Estremo Oriente, derivate da un'acuta rivalità… tra Giappone e Stati Uniti, non solo per quanto guardava il potere marittimo nel Pacifico, ma per tutta una rete di interessi vitali che avevano le due Potenze in quel delicato e turbolento settore.

In soli cinquant'anni i giapponesi avevano portato il loro paese al rango di grande Potenza. Nel 1864 Giappone sfuggiva appena all'impeto della colonizzazione europea in Asia; nel 1914, dopo aver vinto due guerre contro la Cina e contro la Russia, interveniva da pari nella prima vera grande guerra dell'era contemporanea. Mentre le grandi Potenze europee impegnavano tutte le loro energie in una lotta mortale, il Giappone perseguiva il suo piano di espansione sulle rive cinesi del Mar Giallo. La Cina apparve al Giappone, costrettovi da dure e reali necessità… interne, come il vasto campo della sua espansione. Con la guerra del 1914 l'infiltrazione nipponica in Cina si accentuò coll'occupazione degli ex possedimenti germanici: cioè coll'occupazione di Kiaochao nello Shantung e della ferrovia che univa Tsingtao a Tsinan-fu. Col possesso di Port Arthur e di Tsingtao, il Giappone disponeva di due chiavi strategiche di immensa importanza era giunto il momento di imporre alla caotica repubblica cinese la volontà… imperiale nipponica. Ciò avvenne con la presentazione, sotto forma di ultimatum, delle famose Ventuno Domande presentate il 18 gennaio 1915 e che, coll'accettazione cinese, permisero al Giappone di porre sotto il suo più completo controllo la politica e l'economia della Cina. Inoltre il Giappone tornò dalle conferenze parigine  di Versailles per la pace col riconoscimento di altri vantaggi fondamentali. Il trattato di Versailles gli aveva attribuito tutti gli interessi e i diritti della Germania in Cina, mentre, con una decisione delle Potenze alleate del 7 maggio 1919, gli venne affidato anche il mandato sugli ex possedimenti germanici negli arcipelaghi del Pacifico, a nord dell'Equatore. Così il Giappone, oltre a entrare più profondamente in Cina, estendeva la sua influenza sul Pacifico, costituendosi una difesa contro l’eventualità che il suo territorio metropolitano venisse preso alle spalle, e minacciando invece esso stesso di accerchiamento i possedimenti americani nella zona. Frutto logico di tutto ciò fu la crisi delle relazioni nippo-americane, per la reazione violenta degli Stati Uniti nei confronti della nuova situazione giapponese che veniva a ledere gli interessi americani nel Pacifico e nell'Asia. La nuova coscienza imperiale del popolo americano, l'immensa disponibilità di capitali, la grande produzione dell'industria, rendevano gli Stati Uniti decisi e proiettati verso l'Asia e il Pacifico.

I lunghi negoziati per il consorzio finanziario della Cina e la controversia per l'isola di Yap (piccola isola, nell'arcipelago delle Caroline) misero subito in luce gli obiettivi della politica americana. Il consorzio finanziario cinese fu costituito il 15 ottobre 1920 tra importanti gruppi finanziari degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, della Francia e del Giappone, con lo scopo di ottenere l'esclusiva di tutti i prestiti da concedersi alla Cina, alla cui sottoscrizione dovevano partecipare in parti uguali i vari gruppi finanziari interessati, che avrebbero dovuto provvedere a piazzare i titoli della propria quota parte del prestito sui rispettivi mercati finanziari. Questo monopolio finanziario in Cina, voluto e promosso da banchieri americani, coll'aiuto e l'appoggio del governo, aveva scopi evidenti. Era l'attuazione della politica della "porta aperta" in Cina affermata da Hay nel 1899, della internazionalizzazione del controllo estero in Cina proclamata da Knox nel 1909. Il Giappone richiese che la Manciuria e la Mongolia fossero sottratte al monopolio del consorzio, ma gli Stati Uniti si opposero, perché‚ accettare questa esclusione avrebbe significato rinunciare a uno degli scopi fondamentali del consorzio: sottrarre al controllo del Giappone quelle due regioni, iniziando così quel lavoro di erosione delle posizioni giapponesi in Cina.

Per quanto riguardava la questione di Yap, l'attrito tra le due nazioni era dovuto alla grande importanza strategica della piccola isola, nell'arcipelago delle Caroline. Ex possedimento germanico, Yap era stata data in mandato al Giappone, e per questa decisione gli Stati Uniti avevano protestato e avevano chiesto alla Società delle Nazioni la sua internazionalizzazione per evitare che il Giappone ne facesse una grande base aeronavale nel bel mezzo del Pacifico e dei possedimenti americani.

Con Yap, base navale giapponese, si veniva a sconvolgere tutta la catena della strategia americana nel Pacifico, imperniata sul sistema CaliforniaHawaii-Guam-Filippine, e Yap si trova appunto in mezzo. I timori americani per l'isola di Yap troveranno poi la conferma nelle operazioni belliche nel Pacifico durante la seconda guerra mondiale. Queste rivalità politiche, economiche, strategiche che erano gli elementi dell'oscuro conflitto nippo-americano nel Pacifico, in connessione con la corsa internazionale agli armamenti navali, saranno le cause che, di fronte alla tragica eventualità di un nuovo conflitto a distanza di pochi anni da quello precedente, indussero alla convocazione dell'importante conferenza di Washington per il disarmo.

La conferenza navale di Washington

Per uscire dallo stato di crisi internazionale venutosi a creare tra il 1919 e il 1921 il presidente degli Stati Uniti Harding ritenne opportuno invitare a Washington, per una conferenza del disarmo, le grandi Potenze navali: Gran Bretagna, Giappone, Francia e Italia.

L'invito fu esteso alla Cina, per le questioni estremo-orientali e, in rappresentanza delle piccole nazioni, al Belgio, all'Olanda e al Portogallo.

L'invito formale del presidente Harding per l'inizio dei lavori della conferenza era fissato a Washington per l' 11 novembre 1921 .L'invito americano venne accettato da tutte le Potenze; il Giappone inviò addirittura due note di adesione e nella seconda teneva a precisare, in termini molto diplomatici, che la crisi venutasi a creare a causa degli armamenti navali e delle questioni dell'Estremo Oriente, non era da imputarsi al Giappone che aveva fatto di tutto per evitare l'inasprimento della tensione nel Pacifico e l'intensificarsi della corsa agli armamenti, a scapito delle attività… civili e produttive delle nazioni.

La conferenza di Washington si aprì sabato 12 novembre 1921, alle ore 10.30 nella Continental Memorial Hall, con un discorso di Harding. Tutte le delegazioni erano al completo: quella americana era diretta dal segretario di Stato Hughes e dall'ammiraglio Robert E. Coontz, quella britannica da Lord Balfour e dall'ammiraglio Lord Beatty, quella francese dal presidente del consiglio Aristide Briand e dall'ammiraglio De Bon, quella italiana dal senatore Schanzer e dall'ammiraglio Ferdinando Acton, quella giapponese dal ministro della Marina ammiraglio Tomosaburo Kato e dall'ammiraglio Kanji Kato.

Proposta americana a inizio lavori

L'americano Hughes presentò in apertura dei lavori una proposta di disarmo navale che si atteneva a quattro principi generali:

1)Tutti i programmi di costruzione di capital-ships, sia attuali sia futuri, dovranno essere   abbandonati.

2) Un'ulteriore riduzione dovrà essere fatta radiando le navi più antiquate.

3) La riduzione dovrà essere fatta in rapporto alla forza navale esistente delle Potenze interessate.

4) Il tonnellaggio delle grandi navi dovrà essere usato come misura della forza delle Marine e come rapporto proporzionale per il naviglio da guerra minore concesso.

Le linee principali dell'accordo proposto sono:

-Stati Uniti. Gli Stati Uniti stanno completando il programma 1916 che riguarda 10 corazzate e 6 incrociatori da battaglia. Gli Stati Uniti sono disposti, nell'interesse di una immediata limitazione degli armamenti a radiare tutte queste navi. Gli Stati Uniti propongono, qualora il loro piano venisse accettato:

1) Radiare tutte le capital ships in costruzione . Il numero totale

delle nuove grandi unità… da radiare è di 15 per un tonnellaggio globale di 618 000 t.

 2) Radiare tutte le corazzate più vecchie sino, ma non incluse, alle Delaware e North Dakota. Il numero di queste vecchie navi da radiare Š di 15 per 227 740 t. Così il numero delle capital-ships da essere radiate dagli Stati Uniti, qualora il piano venisse accettato, è di 30 unità per 845 740 t.

-Gran Bretagna. Per la Gran Bretagna si propone:

1)Annullamento della costruzione dei quattro nuovi 'Hood', non ancora impostati, ma per cui sono già stati stanziati i fondi. Queste 4 unità, se costruite, rappresenterebbero un tonnellaggio di 172 000.

2) Radiazione delle pre-dreadnoughts sino, ma non incluse, alle unità della classe 'King GeorgeV'. Queste, con altre che risultano già in via di radiazione, ammonterebbero a 19 unità per 411375 t. Il tonnellaggio globale da essere radiato dalla Gran Bretagna, con i 4 nuovi 'Hood', sarebbe di 583375 t.

-Giappone. Per il Giappone viene proposto:

1) Abbandonare il programma delle navi ancora da impostare, cioè le corazzate Kii e Owari e quelle n. 11, 12, 13, 14, 15 e 16, ancora tutte da impostare.

2) Radiare la corazzata Mutsu, già varata e in allestimento; la Tosa e la Kaga in corso di costruzione, e i 4 incrociatori da battaglia Amagi, Akagi, Atago e Takao, non ancora varati, ma per i quali è già pronto parte del materiale dell'allestimento.

3) Radiazione di tutte le corazzate pre-dreadnoughts, sino alla Settsu esclusa.

4) La riduzione totale di tonnellaggio di navi esistenti, impostate e progettate, sarebbe di 448 928 t. Con questo piano dunque ci sarebbe l'immediata eliminazione di 66 capital ships, in servizio o in costruzione, per 1 878 043 t. Si propone anche che, entro tre mesi dall'accordo, Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone riducano il numero delle loro navi da battaglia al seguente numero: Stati Uniti 18, Gran Bretagna 22, Giappone 10. Il tonnellaggio dovrebbe essere rispettivamente stabilito nella misura di 500 650, 604 450 e 299 700.

Per quanto riguarda la sostituzione delle navi, gli Stati Uniti propongono:

1) che sia concordato che il primo naviglio di rimpiazzo non potrà essere impostato prima di 10 anni dalla data dell'accordo (vacanza navale);

2) che il rimpiazzo sia limitato a un massimo convenuto di tonnellaggio di capital-ships nella misura di: Stati Uniti 500 000, Gran Bretagna 500 000, Giappone 300 000;

3) che le grandi navi, oltre a essere soggette alla 'vacanza navale' decennale e al tonnellaggio massimo complessivo consentito, non potranno superare singolarmente le 35000 t di dislocamento.

Il piano include anche previsioni per la limitazione di altre categorie di altre categorie di naviglio da guerra. Questo è stato appunto suddiviso in tre categorie:

1) navi da combattimento di superficie, quali gli incrociatori, i conduttori di flottiglia, i cacciatorpediniere e altri tipi;

1.                sommergibili;

2.                portaerei;

Reazioni alla proposta americana

Coll'esposizione di questo piano, gli Stati Uniti colsero il vantaggio della prima mossa. La proposta americana fu una sorpresa per tutti, specie per le altre due grandi Potenze navali che, sin dalla prima seduta, senza consultazioni preliminari, si videro sottoporre un progetto già preparato e organico per la riduzione e limitazione delle loro flotte.

Già nella seconda seduta della conferenza, il 13 novembre, i rappresentanti giapponese, francese e italiano si dichiararono pronti ad accettare in linea di principio il progetto americano. L'intervento del delegato britannico, Balfour, fu molto più articolato, come si può immaginare, e occupò i lavori della terza seduta: il delegato britannico Balfour volle subito dopo sollevare una questione che stava molto a cuore, anzi che preoccupava, gli ambienti navali britannici e quanti erano interessati

alla conservazione dell'incontrastato dominio britannico dei mari cioè la questione dei sommergibili, che tante preoccupazioni avevano dato ai britannici durante la guerra. Balfour disse che gli esperti dell'Ammiragliato gli avevano fatto notare che il progetto proposto dagli Stati Uniti concedeva un tonnellaggio troppo grande di sommergibili (90 000 tonnellate per Gran Bretagna e Stati Uniti, 54 000 per il Giappone). Volle ricordare che il sommergibile poteva essere anche considerato come un'arma difensiva, quella dei deboli contro i forti, ma il più delle volte questo naviglio era stato impiegato in modo del tutto abusivo e illegale, come dimostrava la guerra sottomarina 1914-18. Balfour non esitò a sostenere che se ci fosse stata la possibilità di decidere l'abolizione di questa arma, ciò andava senz'altro fatto. Dagli argomenti di Balfour emergeva evidente il pensiero britannico sui sommergibili: abolirli perché‚ rappresentavano una delle poche armi navali che potevano limitare il potere marittimo britannico      

Dopo le adesioni di massima al progetto americano, cominciarono i lavori per giungere alla definizione della limitazione delle varie categorie di naviglio. Da un punto di vista politico, l'Italia avanzò la richiesta della parà navale con la Francia, mentre quest'ultima, un po' stizzita in verità di essere stata considerata, con l'Italia, potenza navale di secondo rango sia pur tra le cinque principali, volle condizionare la sua adesione definitiva all'andamento dei negoziati sulla limitazione degli armamenti terrestri. La Francia infatti non aveva alcuna intenzione di assoggettarsi a una riduzione di questi, sia per un effettivo timore, nei confronti della Germania (due invasioni nel giro di 40 anni), sia per l'interesse politico a mantenere la massima libertà militare in Europa. La Francia non aveva alcuna' intenzione di ricercare una supremazia militare in Europa, ma era costretta a misure militari per l'atteggiamento tenuto dalla Germania.

Queste misure non dovevano essere considerate come un sintomo di un ambizioso desiderio francese di essere la prima potenza militare europea.

Tali misure erano necessarie perché‚ solo una parte della Germania desiderava pace, cioè le masse operaie, mentre il resto del popolo tedesco sognava la rivincita. Come poteva la Francia chiudere gli occhi davanti tutto ciò e ancor più davanti alla costante violazione del trattato di pace da parte della Germania, che aveva arruolato numerosi soldati in grossi reparti militari, che si nascondevano dietro la facciata un'organizzazione di polizia e di istituzioni para-militari?

Per questo, tutta la Francia auspicava principio di una riduzione degli armamenti, non solo di quelli navali, ma anche di quelli terrestri e aerei e il controllo della produzione bellica.

Ma senza misure prudenziali e senza assicurazioni di appoggio e di aiuto in caso di crisi, la Francia non poteva accettare di ridurre i propri armamenti oltre il limite già raggiunto Briand e quindi la Francia ebbero partita vinta: non essendo interessate le prime tre grandi Potenze navali al problema degli armamenti terrestri - e non intendendo concedere garanzie militari e politiche alla Francia - fu deciso che esso non sarebbe più stato posto tra gli argomenti della conferenza di Washington e rinviato a occasione più idonea. La Francia poteva così mantenere inalterato il suo strumento militare terrestre, sottraendolo a ogni limitazione, pur lamentando pubblicamente la delusione per la mancata riduzione degli armamenti terrestri, provocata dall'insensibilità politica delle grandi Potenze navali nei confronti della Francia. Le delegazioni tornarono quindi ai problemi della Cina, di Yap e degli armamenti navali dove, se l'accordo per le navi da battaglia era dato per acquisito, rimanevano in essere lo spinoso problema dei sommergibili, quello della parità navale italo-francese e la definizione delle quote di tonnellaggio delle altre categorie di naviglio. Riguardo a queste ultime va ricordato che la proposta americana non prevedeva alcuna "vacanza navale" e radiazioni straordinarie. Portaerei, incrociatori e cacciatorpediniere, sommergibili non avrebbero dovuto superare rispettivamente il 16%,il 90% e il 18% delle quote di tonnellaggio previste per le navi da battaglia. Per le portaerei si sarebbe trattato di concedere 80 000 tonnellate a Stati Uniti e Gran Bretagna, e 48 000 al Giappone; per incrociatori e caccia torpediniere, 450 000 a testa alle prime due Potenze e 270 000 alla terza. Le sostituzioni avrebbero potuto aver luogo soltanto per le unità che avessero superati i seguenti limiti di età decorrenti dalla loro entrata in servizio: navi portaerei 20 anni, incrociatori 17, cacciatorpediniere e sommergibili 12. Le navi di superficie considerate- in pratica gli incrociatori - non avrebbero dovuto avere cannoni di calibro superiore a 8 pollici (203 mm), mentre nel progetto proposto non si faceva cenno al dislocamento massimo, che invece, per le navi da battaglia, era stato indicato in 35 000 t.

 

 

 

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PII @2002