Trenitalia non è un'impresa come un'altra (22/10/2007)

Ci risiamo. La casta braminica dei questuanti è di nuovo all’attacco. Senza pudore e senza vergogna.
Dopo le performances estive che definire scandalose è un eufemismo, inframmezzate dagli aumenti tariffari di agosto, che fanno seguito quelli di febbraio prima negati dal Ministro Bianchi e poi concessi (a maggio, quando venne a Piacenza, nemmeno si ricordava di averlo fatto), il capo casta (leggi Cipolletta) piange di nuovo e dichiara (Corriere della Sera, 24 settembre): «contiamo di fare aumenti analoghi nel prossimo futuro: 3% per le tratte regionali e fino al 12% per quelle più remunerative ». Il tutto mentre il ministro Bianchi (Ansa del 20 settembre), intervenendo a Reggio Emilia ad un convegno del Pdci sul sistema ferroviario tra Bologna e Milano dichiara che "con il piano generale della mobilità stiamo costruendo la rete ferroviaria dei prossimi cento anni che non potrà ignorare i problemi dei pendolari. I treni dei pendolari sono tra le cose peggiori del paese dal punto di vista della qualità del servizio, di comfort e sovraffollamento." Ma va !? Che il ministro dei Trasporti si sia finalmente messo a viaggiare in treno e non si fidi più della pletora di consulenti strapagati del suo dicastero?

Come "consecutio temporum" veramente il massimo. Come gioco delle parti, degno del peggior Pirandello (scusandomi con il commediografo per il paragone con cotanti guitti).
Facciamo schifo, siamo sporchi, sempre in ritardo, lontani anni luce dagli standard europei, ma brilliamo per puntualità. Nell’aumentare le tariffe negando di volerlo fare.
Ce lo diciamo tra di noi, scateniamo un po’ di polverone, fingiamo di litigare, sproloquiamo false promesse ed alla fine, zac.
Tutto come prima. Nulla cambia.
In un paese civile (ma la nostra cara Italietta lo è, alla fine?) a fronte di una richiesta di tale genere cui segue la concessione, l’utilizzatore del servizio nel breve si aspetta un miglioramento in termini oggettivi del medesimo, su parametri quantificabili e misurabili. Nuove carrozze, più tracce orarie, velocizzazione ma soprattutto rispetto dei tempi di percorrenza. Materiale rotabile efficiente e funzionante in condizioni di decenza igienica. In caso di inefficienza e di mancanze, scattano le scuse ed i rimborsi nei confronti dei clienti. Da noi non succede nulla, la colpa di questo stato di cose non è mai di nessuno, e si continua imperterriti nell’opera di sfascio del servizio pubblico.

Già perché di questo stiamo parlando, non di un'azienda privata in regime di libera concorrenza che vive e prospera nel mercato sulla capacità di offrire il miglior servizio al miglior prezzo, che fa della "customer satisfaction" la ragione stessa della sua esistenza, per potere crescere, migliorare e creare valore.
Qui invece si tratta di una cosa nostra, pagata almeno una volta con i soldi delle tasse di tutti noi, (quantomeno di quelli che non le evadono) e due volte da chi le ferrovie le usa, che tra l’altro hanno come "mission" aziendale uno scopo sociale inscindibile.
Qualcuno forse si è fatto prendere la mano nel leggere SPA nella ragione sociale? Ricordiamo che l’azionista unico è al 100% il Ministero del Tesoro. I "nos sod" come dicono da noi.
E vederli sperperati in questo modo, oltretutto col menefreghismo tipico di chi gestisce in regime di monopolio cose non sue, fa male.
Oltretutto, senza avere la possibilità di scegliere una qualsivoglia alternativa.

Il carrozzone Alitalia fa schifo ed è in camera di rianimazione? Si puniscano severamente i responsabili di tanta mal gestione (con tutto il rispetto per i dipendenti). Almeno lì ci sono tanti altri vettori aerei che possono offrire le stesse rotte con lo stesso tipo di servizio se non migliore ed una pletora di offerte economiche.
Il cliente sceglie, e se è rimasto scontento o gabbato, cambia. In ferrovia no.
Con alcune considerazioni fondamentali, che un recente dibattito sviluppatosi questa estate a Genova nell’ambito della Festa dell’Unità ha puntualmente evidenziato. Non c’eravamo, ma i colleghi pendolari liguri non hanno mancato di notiziarci in merito.
L’ameno ex sindacalista Moretti, assurto al rango di a.d. dichiara: "Trenitalia? Un'impresa come un'altra."
Sollecitato da alcune domande postegli dal moderatore ha tenuto a mettere bene in chiaro, se ancora vi era il dubbio, che non aveva più nessuna intenzione di dirigere una azienda sull'orlo del fallimento.
E su questo possiamo essere d'accordo, se ciò significa ridurre gli sprechi, organizzare meglio rendendoli efficienti gli apparati, ecc. Qualcosa si è fatto in questo senso (molto poco), ma siamo lontani anni luce dal risanamento, anche perché nel passato troppe sono state le gestioni fallimentari, addirittura premiate da liquidazioni milionarie!

Inoltre sempre il Moretti afferma che "Noi (Trenitalia, nda) siamo una impresa, non siamo il prolungamento dello stato sociale (!!!!)
Occorre mettere a posto i conti economici, l'impresa era al fallimento. Le ferrovie sono state per molti anni un potentato politico, gestito in modo clientelare. (Lui dove era e cosa faceva come sindacalista prima e dirigente poi ??? nda). Ora io mi rifiuto di fare la stessa cosa e di gestirla con gli stessi metodi. Occorre che l'impresa faccia degli utili e che sia in grado di reggere il mercato".
Pensiamo che definire Trenitalia un'impresa come le altre sia davvero difficile, dato che:
1) E' la più grande azienda italiana e opera in regime di pressoché totale monopolio, specie per quel che riguarda il settore passeggeri
2) In molti territori l'uso del treno è una scelta obbligata, oltre che auspicabile perché ecologica ed economicamente vantaggiosa.
3) Le ferrovie hanno indiscutibilmente una vocazione ad essere un servizio pubblico al pari di scuole, sanità, ecc.
Dire quindi che le ferrovie (le cui infrastrutture sono pagate con i soldi delle tasse da tutti noi) non sono il prolungamento dello stato sociale è un po' come dire che la sanità e la scuola non lo sono: perché se Trenitalia deve essere impresa che fa utili non dovrebbero esserlo anche la sanità e la scuola, per esempio? Se continuassimo questi ragionamenti applicandoli anche ad altre situazioni, sinceramente non si sa dove si andrebbe a parare.

Trenitalia poi, non lo dimentichiamo, fa capo al Ministero del Tesoro, che ne detiene il 100% delle azioni, non appartiene ad un imprenditore qualsiasi, quindi dire che è una impresa come un'altra sinceramente fa un po' sorridere, ma anche arrabbiare.
Certo, la seconda parte dell'affermazione va invece tenuta in grande considerazione, perché è lì che si annida il vero problema che non solo le ferrovie, si badi bene, hanno avuto e ancora forse hanno, ovvero il cancro che ha eroso l'edificio della Cosa Pubblica rendendolo sempre più simile ad una catapecchia pericolante. La gestione clientelare, sprecona, incompetente spesso, che molti hanno perpetrato ai danni di tutti noi, godendo di immensi privilegi senza le relative responsabilità. Su questo Moretti ha ragione, però è davvero troppo facile, quando si tocca il fondo dell'inefficienza e dello spreco, andare all'opposto del rampantismo aziendalista e dire che non c'è più trippa per gatti anche a chi la trippa non l'ha vista mai.
Moretti non ci fa mancare i consueti confronti con l'Europa, dicendo che da noi per ogni passeggero guadagnano 10 c. di euro a km mentre in Francia e Germania sono 20. Entro il 2020 si arriverà ai 15 cm di euro a km per passeggero, quindi ci saranno aumenti molto consistenti in vista per tutti noi. Ricordiamo che i Pendolari in più occasioni si sono detti disponibili in linea di principio a pagare di più, ma solo a patto di un servizio migliore. Migliorerà il servizio? Se dobbiamo dare un giudizio rispetto agli anni passati, quando di aumenti ce ne sono stati eccome, ed a quanto si è verificato nell’anno in corso, ebbene tale giudizio è assolutamente negativo, poiché non si sono visti da nessuna parte miglioramenti nella qualità di vita dei viaggiatori, semmai tutto il contrario: meno pulizia, più difficoltà nell'acquisto dei biglietti, puntualità ai minimi storici, ecc. Senza contare, come già abbiamo avuto modo di dire, che i nostri redditi sono lontani da quelli francesi e tedeschi: in classifica europea siamo agli ultimi posti, e quanto sta accadendo a livello di prezzi e prodotti in questi mesi accelera il processo di impoverimento del potere d’acquisto di salari e pensioni.

Moretti di certo risponderà: non è Trenitalia che si deve fare carico di ciò, è lo stato sociale. Se lo Stato vuole il servizio universale, lo deve pagare al prezzo di mercato. Poi lo stato sociale farà pagare meno i più poveri, e di più i benestanti.
Cominciamo però anche a pagare le forniture a prezzi di mercato, e a non spendere milioni di euro per tecnologie già vecchie in tutta Europa, ma vive e vegete solo da noi (vedi il Vacma, ad esempio), oltre ad esercitare un vero controllo sugli sprechi e sulla spesa.
I costi delle pulizie sono aumentati a bilancio, mentre i vagoni fanno più schifo di prima, si devono sollecitare i dirigenti (raddoppiati negli ultimi cinque anni!) a viaggiare in treno e non con altri mezzi. La TAV costa 4 volte in più al km rispetto alla media europea, siamo arrivati a 60 miliardi di euro e non si sa quando sarà terminata.

E’ poi quindi possibile parlare di mercato per quel che riguarda il trasporto ferroviario?
E poi, cosa significa realmente servizio ferroviario? Conta più la qualità/velocità/puntualità del singolo treno (o la qualità della singola stazione) o l’efficienza complessiva del sistema? Un noto esperto di trasporti, Fabrizio Brin, che ha scritto un articolo molto eloquente in proposito, (il testo integrale lo si può trovare sul sito www.miol.it/stagniweb/news2-i.thm) dice tra l’altro:

"E’probabile che esista una moltitudine di soggetti disposti a pagare prezzi diversi per differenti prodotti di trasporto ferroviario. Possiamo dunque dire che il versante della domanda non minaccia l'esistenza di un mercato del ferro. Ciò è altrettanto vero per l'offerta? In altre parole: esistono effettivamente diversi prodotti di trasporto tali che ognuno possa scegliere quello per lui vincente? Nel trasporto pubblico tale risposta dipende da una variabile molto vincolante: le risorse disponibili per il sistema stesso.
Con risorse non intendiamo qui esclusivamente le disponibilità economiche in senso stretto, bensì ci riferiamo in senso più generale anche alle risorse territoriali (lo spazio a disposizione) o alle risorse di "consenso" verso nuovi interventi (cioè la marginale accettabilità sul territorio di nuove infrastrutture o di incrementi di impatto di nuovi sistemi). La risorsa che gestiscono (Le aziende di trasporto, ndr) è un bene di tutti coloro che l'hanno pagata, nei termini dei costi generalizzati sopra citati. Quei costi non li ha sostenuti né l'Azienda che produce il servizio, né, in genere, chi offre di più per accaparrarsi il bottino.
Ecco dunque la necessità che la scelta di ripartizione della risorsa sia esplicitata da un Ente pubblico, soggetto terzo rispetto ad un mercato poco funzionante in sé. L'ente pubblico dirà se ci sono solo arance per tutti, o se ognuno può ambire a fette diverse di differenti frutti.
In termini ferroviari ciò si traduce nella costruzione di un SISTEMA, ovvero la miglior composizione dei pezzi che permetta al maggior numero di persone di poter accedere al servizio. Ci saranno linee che, per caratteristiche proprie e per il numero di persone che servono, vedranno sì circolare treni veloci. Ma quei treni sono messi A SISTEMA con tutti gli altri, per tutte le altre destinazioni. ... In quest'ottica la prospettiva cambia: i treni veloci non sono nulla di diverso dai treni locali; sono tutti ingranaggi di un medesimo meccanismo.
E in quest'ottica perde anche senso la differenziazione delle tariffe in funzione della velocità del treno. Perché è un SISTEMA che si sta vendendo e non un treno. Ed è la VELOCITA' DEL SISTEMA che conferisce qualità al servizio e non la velocità del treno.
Si può dunque discutere su quanto sia il valore del SISTEMA e a che prezzo sia opportuno venderlo, ma è il prodotto nel suo insieme che va venduto e non il singolo meccanismo.
E il mercato? Ora esiste veramente! Il banco s'è allargato: non è la ferrovia in sé, ma la mobilità tutta. Qui il banco è molto ampio, è quello di tutte le infrastrutture di trasporto. La domanda è molto ampia: tutti gli italiani che vogliono muoversi ogni giorno. L'offerta è molto ampia: l'intero SISTEMA di trasporto pubblico e tutto il SISTEMA del trasporto privato."

Pensiamo che da questa lucida analisi dovrebbero partire molte riflessioni circa il modo di concepire il trasporto ferroviario, che sta viceversa andando verso una frammentazione funzionale che ne minaccerà, a nostro avviso, il suo stesso funzionamento. Solo ragionando in termini di sistema di trasporto (e questo è valido anche per le merci) si potrà davvero realizzare un servizio efficiente, e ad un giusto prezzo per tutti.
Al momento, mese di settembre appena concluso, oltre 2.600 minuti di ritardo complessivo dei treni monitorati dalla nostra Associazione, che vanno ad aggiungersi ai 14.000 degli ultimi 6 mesi, in condizioni di viaggio non igieniche, su materiale rotabile vetusto e non mantenuto.
Chiedere più soldi a fronte di tale andazzo ci sembra parto di mente ancora molto lontana dalla realtà delle cose.

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