Aspettando l’effetto iceberg (23/12/2008)

Il rallentamento dei treni pendolari nonostante l'alleggerimento della linea storica
L’allontanamento dei treni Eurostar dalla linea storica, tranne che per i nodi di Milano e Bologna, è un dato oggettivo che dovrebbe decongestionare la linea e far sperare in qualche possibilità di miglioramento. Tra Piacenza e Milano, come anche tra Piacenza e Parma, abbiamo ora disponibili il doppio di tracce orarie rispetto a 10 giorni fa, questo grazie alle interconnessioni tra la linea storica e l’alta velocità (vedi immagine) che si trovano a Piacenza ovest, Piacenza est, Fidenza e Parma. Certo parlare di semplice quadruplicamento della linea a fronte dei quattrini spesi è un insulto ai contribuenti, ma resta il fatto che i binari sulle nostre tratte principali sono effettivamente raddoppiati. Viene da chiedersi come mai le ferrovie non riescano o non vogliano velocizzare le percorrenze dei nostri treni, anzi le abbiano mediamente aumentate. Si possono fare molte ipotesi, la più benevola è che non se la sentivano di regalarci da subito una velocizzazione che probabilmente non potevano garantire senza prima aver risolto i conflitti e le incompatibilità di circolazione nei nodi di innesto della TAV. Se così fosse però ce lo avrebbero perlomeno preannunciato, avvertendoci che i primi sei mesi sarebbero serviti per rodare la nuova circolazione e da giugno avremmo potuto contare su treni più veloci. Così non è stato anche perché con treni regionali veloci nessuno sentirebbe il bisogno di viaggiare sui più costosi treni di classe superiore. Per incentivare Intercity ed EScity sarebbe comunque bastato mantenere i già penosi tempi di percorrenza dei regionali. Perché accrescerli ulteriormente se ora c’è più “spazio” sulla linea? Far viaggiare un treno lentamente va contro ogni logica imprenditoriale perché, come ci hanno spiegato le stesse ferrovie, se il treno viaggia velocemente può essere utilizzato per fare altre corse, quindi coprire più servizi e far crescere i ricavi senza bisogno di acquistare nuovo materiale. La scelta di allungare le percorrenze sembra non aver alcuna motivazione, a meno di non guardare la cosa da un altro punto di vista. Ora che il numero di tratte, quindi di tracce orarie disponibili, è aumentato si aprono nuove possibilità per eventuali concorrenti che vogliano entrare sulla rete ferroviaria italiana. L’allungamento dei tempi di percorrenza potrebbe quindi essere un metodo per occupare quante più tracce possibili con l’esiguo numero di treni disponibile. L’occupazione delle tracce orarie è una pratica già attuata in passato per evitare l’ingresso di altri concorrenti nel trasporto merci. Quando anche i servizi passeggeri dovranno essere liberalizzati, alle FS converrà dimostrare che tracce disponibili per altri vettori ve ne sono poche e che per inserirsi, ad esempio sulla linea storica, i nuovi vettori dovranno comunque adattarsi ai tempi di percorrenza dei treni già presenti. Questo significa precludere ogni servizio alternativo più efficiente.
La liberalizzazione dei servizi ferroviari, che dovrebbe servire da sprone all’attuale monopolista, si preannuncia quindi piuttosto difficile da attuare. Causa la struttura della linea che resta basata su un numero limitato di binari (uno o due per tratta), l’operazione di sorpasso tra treni non è per nulla agevole. E’ quindi praticamente impossibile che un vettore più capace di un altro riesca a garantire in maniera efficiente il proprio servizio driblando i treni concorrenti lenti o fermi per guasto sul percorso, come invece avviene per esempio per differenti società di corrieri che viaggiano su strada. A questo va aggiunta l’insensata frammentazione geografica del servizio regionale coi disastrosi effetti per l’enorme massa di pendolari che si spostano a cavallo di più regioni. Perché mai i 264Km tra Piacenza e Rimini ricadono sotto un servizio regionale e i 72Km tra Piacenza e Milano no? Un criterio corretto sarebbe definire come “regione” una circonferenza di 100-200Km di raggio attorno ad ogni stazione, in quell’area dovrebbe essere garantito il servizio sulle brevi distanze.
Per tutti questi limiti tecnologici e topologici il sistema ferroviario non si presta ad essere un sistema concorrenziale, frammentato e con la presenza di differenti vettori. Considerando inoltre l’importanza strategica del servizio di trasporto di persone e merci su rotaia, sarebbe auspicabile che venisse controllato da un unico gestore pubblico, ma in maniera efficiente e senza fini di lucro. Purtroppo, causa la stupidità/avidità umana, queste tre condizioni (pubblico, efficiente e senza profitto) sembrano non poter coesistere contemporaneamente.
I politici che per decenni hanno avuto la possibilità di mettere le mani dentro la palude FS per cambiare le cose, alla fine hanno preferito invocare la privatizzazione e la concorrenza come pungolo al cambiamento, nel vano tentativo di scardinare un sistema di potere e di gestione degli appalti (chi non ricorda lo scandalo delle lenzuola d’oro) che nel corso degli anni, a fronte di costi enormi, ha prodotto fittizi o risibili miglioramenti agli utenti del servizio ferroviario. L’incrocio tra una gestione pubblica molto poco efficiente ed una privata portata alla speculazione e all’opportunismo, ha purtroppo partorito il sistema attuale che, secondo noi, ha preso il peggio delle due modalità di gestione. Oggi abbiamo costi di realizzazione delle opere molti superiori alla media europea, costi di viaggio che grazie a mille artifici crescono in maniera esponenziale a fronte di un servizio che continua ad essere inefficiente e insoddisfacente.
Nell’attesa che chi di dovere trovi presto il coraggio di sollevare dall’incarico i venditori di fumo a caro prezzo, non resta che sperare nell’effetto iceberg. Le FS, come purtroppo una parte del nostro paese, sono come un iceberg alla deriva che pian piano si sta sciogliendo al calore delle proteste. La natura ci insegna che a causa di ciò prima o poi, ma sempre all’improvviso, l’iceberg si capovolge facendo sprofondare sott’acqua quelle parti che prima stavano al vertice e riportando alla luce del sole quelle parti che fino ad allora hanno dovuto sostenere con fatica il peso di chi stava sopra.

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