Contratti di servizio sotto la lente di ingrandimento (17/6/2008)

Da anni la nostra associazione cerca di visionare i contratti di servizio stipulati da Trenitalia con le regioni Lombardia ed Emilia-Romagna. Incredibile a dirsi, da quando abbiamo citato le ferrovie in giudizio per i disagi creati alla clientela, le ferrovie stesse si sono prodigate a produrli seppure in forma non completa. La cosa che balza all’occhio però è che questi contratti, che andremo ad analizzare nel dettaglio, in alcune parti sembrano architettati per ridurre l’importo delle penali che le ferrovie devono pagare, e minimizzare i disservizi monitorati. Data l’enorme mole di informazioni presenti siamo costretti a suddividere l’analisi in più puntate che usciranno con le rubriche successive.

Cominciamo dal contratto stipulato in Lombardia. Consiste in numerosi e dettagliati punti, che anche se non sempre a favore dei pendolari, dimostrano perlomeno che si è tentato di mettere qualche vincolo alla qualità del servizio offerto. Il contratto analizzato è quello che ci è stato fornito dalle stesse ferrovie ed è stato in vigore con alcune modifiche tra il 2004 e il 2007.

In caso di soppressione di un treno per cause imputabili a Trenitalia o al gestore dell’infrastruttura la penale non viene comminata nel caso Trenitalia offra un “adeguato” servizio sostitutivo. Il servizio sostitutivo è considerato adeguato se entro 30 minuti dalla soppressione è presente un autobus o un treno straordinario o successivo. In queste condizioni quindi, nonostante il disagio creato ai viaggiatori sia presente e rilevante, le ferrovie per contratto non debbono pagare alcuna penale. Questa impunità offerta dal contratto potrebbe essere adoperata per ridurre il numero di treni circolanti, quindi risparmiare sulle spese, senza pagare alcuna penale nel caso in cui entro i 30 minuti successivi vi sia un altro treno in grado di offrire un servizio sostitutivo. Detto treno è solitamente un treno locale che effettua tutte le fermate, quindi oltre a partire fino a 30 minuti dopo il treno soppresso, può generare un ritardo all’arrivo ancora superiore. Il tutto senza che le ferrovie paghino alcuna penale per la soppressione.
Viene poi precisato che la penale in caso di assenza di servizio sostitutivo è di 7.15€ per ogni treno/km soppresso, decisamente inferiore al danno procurato ai viaggiatori che non trovano più il proprio treno in stazione e pure inferiore al risparmio in termini di materiale rotabile e personale che ne deriva dalla soppressione della corsa.
E’ poi previsto che sia la stessa Trenitalia a trasmettere mensilmente alla Regione l’elenco delle corse soppresse. Pertanto è Trenitalia ad autocertificare i propri disservizi!

Trenitalia è tenuta ad effettuare il servizio con materiale rotabile che abbia le seguenti dotazioni ritenute indispensabili ed essenziali: impianto di riscaldamento funzionante, impianto di climatizzazione funzionante (ove disponibile, o su carrozze con finestrini sigillati), porte di salita funzionanti, toelette accessibili e dotate di acqua corrente e materiale di consumo, illuminazione funzionante, impianto di sonorizzazione funzionante (ove presente). Purtroppo invece tali dotazioni sono spesso disattese, vi sono carrozze con sistema di riscaldamento non funzionante, carrozze con finestrini sigillati e condizionamento guasto, bagni inaccessibili, porte chiuse (e a volte nemmeno segnalate come tali) nonché impianti di sonorizzazione (gli altoparlanti) non funzionanti.
E’ difficile per la Regione poter verificare in che percentuale queste dotazioni siano carenti o assenti. Ancora una volta Trenitalia dovrebbe informare puntualmente la Regione se qualche carrozza non ha gli altoparlanti funzionanti o se viaggia con il condizionamento guasto nonostante i finestrini bloccati. Ci fidiamo? Il 30 maggio scorso il treno R2274 da Parma a Milano ha viaggiato con tre delle dieci carrozze chiuse per mancanza di personale. Il controllore ha candidamente affermato che lui non è tenuto a segnalare o scrivere la cosa da nessuna parte. Come farà la Regione a saperlo?

Trenitalia avrebbe dovuto attrezzare entro il 2005 tutte le carrozze in modo da fornire ai viaggiatori le informazioni previste. Le informazioni dovevano essere date all’interno di ogni carrozza mediante pannelli a messaggio variabile o equivalenti sistemi di sonorizzazione. Tutto questo è stato attuato solo in minima parte com’è possibile verificare viaggiando sui treni della tratta Piacenza-Milano.

Qualora Trenitalia non garantisca il numero minimo di posti a sedere previsti da contratto la penale che dovrà pagare è di 1€ per ogni posto non offerto. Anche in questo caso, a fronte di una penale irrisoria può comunque convenire ridurre il numero di posti, lasciando i viaggiatori in piedi. I soldi incassati con i biglietti (che i viaggiatori in piedi comunque pagano) e il risparmio su materiale e personale non utilizzato, compensano largamente l’esborso per la penale.

Trenitalia si impegna anche ad adeguare il numero minimo di posti offerti per ogni composizione non superando il 10% di posti in piedi rispetto al totale di quelli a sedere. Purtroppo su alcuni treni i viaggiatori in piedi sono superiori al 10% di quelli seduti. Anche in questo caso la penale attribuita è di solo 1 euro a posto mancante.

Proseguiamo l’esame dei contratti di servizio analizzando un importante parametro di valutazione nel contratto della Lombardia: l’affidabilità del servizio. Per determinare l’affidabilità si considerano solo ritardi superiori a 5 minuti o le corse interamente soppresse e non sostituite con altri servizi entro l’ora successiva. 5 minuti persi ad ogni viaggio equivalgono a 37 ore l’anno, cioè una settimana di ferie, senza considerare che spesso i treni vengono segnati con 5 minuti anche quando ne hanno di più. Che dire poi delle soppressioni parziali o di quelle in cui entro un’ora c’è un altro treno? In quei casi il servizio è considerato “affidabile”. Si considerano ritardi fino a 15 minuti, se un treno ne ha 16, 30 o 60 non fa differenza. Gli indici di affidabilità sono poi calcolati considerando anche le corse serali e notturne, dove ci sono meno problemi di circolazione e i treni viaggiano semivuoti, condizioni ben diverse da quelle vissute dalla maggioranza dei pendolari e viaggiatori.

Purtroppo manca la volontà di proporzionare le penali al disagio subito dai viaggiatori, ovvero legarle al singolo minuto di ritardo, preso in ogni stazione, considerando la frequentazione del treno. Tutti dati in possesso delle ferrovie, che consentirebbero un calcolo preciso del disservizio e della penale da applicare. Purtroppo si preferisce utilizzare criteri diversi per arrotondare o limitare l’entità del disservizio a tutto danno dei viaggiatori.
Per gli anni 2004 e 2005 era stato addirittura previsto un incentivo alle ferrovie nel caso in cui l’indice di affidabilità avesse superato una certa soglia. C’è anche un limite massimo all’ammontare delle penali, come dire che quando il servizio diventa disastroso le ferrovie, anziché ricevere multe più salate, possono beneficiare del fatto che non pagheranno più di tanto.

Passiamo ai reclami. Trenitalia s’impegna a fornire ai viaggiatori, entro 30 giorni, una risposta essenziale e corretta ad ogni richiesta di chiarimenti o reclamo ricevuto in forma scritta. Chi le ha ricevute sa invece che le risposte di Trenitalia sono spesso generiche o capziose. Non mostrano alcuna volontà di utilizzare le segnalazioni dei viaggiatori per migliorare il servizio, la sola finalità sembra essere quella di giustificare formalmente il problema segnalato. In molti casi poi le risposte non arrivano nemmeno.

Trenitalia infine autocertifica l’effettuazione degli interventi di pulizia come pure calcola e trasmette alla Regione l’indice di affidabilità, utilizzato per la definizione del bonus da restituire ai viaggiatori. Insomma oltre al monopolio del servizio ha pure il monopolio sulla valutazione dei disservizi.

Passiamo al contratto della regione Emilia-Romagna per gli anni 2002-2003 prorogato anche per gli anni successivi. E’ ancora meno dettagliato di quello lombardo e sembra lasciare molto alla “buona volontà” di Trenitalia.
Sta scritto che “Trenitalia s’impegna ad attivare ogni azione per incrementare la velocità commerciale dei servizi in corrispondenza dei cambi di orario”. Nonostante “l’impegno ad attivare ogni azione” negli ultimi anni, con l’introduzione dei nuovi orari, i tempi di percorrenza dei treni pendolari nella tratta Piacenza - Milano sono cresciuti a dismisura (+16% tra il 1998 e il 2006). I controlli della Regione sono saltuari e non consentono la verifica puntuale dei dati forniti da Trenitalia. E pensare che con le migliaia di pendolari in circolazione sarebbe semplicissimo avere misurazioni precise e dettagliate per ogni treno.

Nel contratto si parla anche di “azioni volte al miglioramento del trasporto”. Un’altra frase generica senza alcuna scadenza o vincolo esplicito per Trenitalia. Anche nel contratto emiliano i dati per la valutazione e il monitoraggio del servizio sono forniti dalla stessa Trenitalia e anche in questo caso è presente un limite massimo alle penali applicabili. C’è pure l’incentivo corrisposto dalla Regione in caso di miglioramento dell’indice di soddisfazione. Quindi se da molto insoddisfatti diventiamo abbastanza insoddisfatti le ferrovie prendono l’incentivo. E’ come lasciare la mancia al ristorante solo perché ci hanno fatto mangiare meno peggio della volta precedente.
La risoluzione del contratto infine può avvenire solo in caso di rilevanti violazioni degli obblighi in esso previsti. Non è spiegato però cosa si intende per “rilevanti”; è grazie a questa mancanza di chiarezza che Trenitalia ha potuto mantenere in vigore il contratto nonostante i disastrosi disservizi seguiti al cambio di orario del dicembre 2005.

Concludiamo sconfortati dalla superficialità con cui è stato redatto un contratto che prevede l’erogazione di centinaia di milioni di Euro di soldi pubblici per un servizio che continua ad essere penoso. Tra poco entrerà in vigore un nuovo contratto di servizio, anche lui definito senza coinvolgere o informare la nostra associazione: evidentemente il parere di noi pendolari non interessa né alla regione né alle ferrovie.

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