La pasturazione, oggi, è elemento essenziale per la pesca sportiva, e questa è ormai a convinzione diffusa, non soltanto fra i pescatori agonisti, che per primi hanno introdotto l'utilizzo degli sfarinati e di altre forme complesse di pasturazione, ma anche fra i cosiddetti pescatori sportivi. Affrontare l'argomento pasturazione in modo esauriente - sia pure limitandosi alla pesca in acqua dolce - significherebbe scrivere un trattato ma richiederebbe troppo tempo e quindi mi limiterò a farlo; più semplicemente parlando questo argomento, cercando di fissare alcuni punti fermi, ma sempre nel rispetto delle convinzioni che nella pesca, ma soprattutto in fatto pastura, sono sempre molto personali ed hanno la loro sacrosanta ragion d'essere quando derivano da una personale e diretta esperienza di pesca. Da quando gli agonisti si sono affrontati all'insegna del "pesca più in là che ne prendi di più", sostenuti in questo dai commercianti, protesi a realizzare attrezzi sempre più lunghi e costosi, il pesce ha risposto nella maniera giusta, allontanandosi sempre di più da riva: gli esempi sono sotto gli occhi di tutti e adesso in Amo come ad Ostellato, per parlare di due dei campi di gara più famosi, sono tutti a scervellarsi per trovare il modo di invertire la tendenza e riportare il pesce anche sulle cinque metri, com'era fino a poche stagioni or sono. Fatto sta che, specialmente dovendo pescare a lunga distanza, la pasturazione assume un significato tutto particolare ed un'importanza adeguata e questo ci pare un argomento sul quale spendere qualche parola, sempre diretta alla massa dei pescatori sportivi ed ai neoagonisti, essendo lungi da chi scrive la pretesa di insegnare qualcosa ai garisti più esperti. Le variabili principali da tenere in considerazione sono la velocità e la profondità dell'acqua, la tipologia e conformazione del fondale e la varietà delle specie ittiche insidiabili. Cerchiamo di isolarne qualcuna per dare un minimo di ordine alle nostre argomentazioni.

 Acqua veloce

Con l'acqua che cammina bisogna che la pastura leghi abbastanza, in modo che la palla possa arrivare pressoché integra sul fondo, ma occorre subito distinguere se il fondale è duro oppure fangoso o limaccioso, perché in quest'ultimo caso si viene a creare uno strato soffice dentro il quale la palla di pastura affonda e rimane nascosta annullando la propria azione. Ora, di norma con l'acqua medio-veloce è difficile che ci sia un fondale di fango, ma può darsi che crescano delle erbe e, in questo caso, la corrente verso il fondo viene rallentata, favorendo il deposito e creando uno strato di limo. Quindi con fondale limaccioso soffice la pastura deve disfarsi appena arriva a contatto con il fondo. Nel caso, più frequente, in cui il fondo sia consistente, si può fare una pastura che lega di più, ma dobbiamo fare attenzione che la palla di pastura non rimanga troppo dura, perché altrimenti la forza della corrente potrebbe farla rotolare a valle prima ancora di aprirsi. Con un fondale ghiaioso, abbastanza frequente in acqua veloce, la pastura deve scendere rapidamente sul fondo e sgretolarsi a contatto con i sassi, in modo da fermarsi in mezzo ad essi senza andar giù con la corrente.

 Legare o slegare?

L’ideale pertanto è avere una pastura che, come arriva sul fondo, inizia a sgretolarsi, producendo la propria azione. Il problema sta nel conciliare due esigenze apparentemente contrastanti, cioè la morbidezza della pastura ed al tempo stesso un giusto grado di pesantezza e di coesione; qui entrano in ballo le cosiddette sostanze leganti o sleganti, che conferiscono alla pastura un diverso grado di tenuta. La domanda che un pescatore può legittimamente porsi è questa: conviene affidarsi a pasture già in commercio o intraprendere la strade del self-service, approfittando della grande varietà dei singoli ingredienti che oggi vengono proposti?. Va detto subito, per sgombrare il campo da false convinzioni, che la pastura magica così spesso inseguita da tanti pescatori, anche non di primo pelo, non esiste; se uno comincia da zero la miglior cosa è affidarsi ad una buona e collaudata pastura tra quelle in commercio ed usarla con continuità fino ad approfondirne la conoscenza ed a crederci, perché la convinzione nella pesca è spesso determinante. Poi, siccome l'inventiva e l'esperienza sono fattori altrettanto basilari, si può, a seconda delle circostanze, provare l'aggiunta di singoli ingredienti, sia per quanto riguarda il gusto, sia soprattutto per modificarne il potere di coesione. Leganti possono essere sostanze più o meno zuccherini, a base per esempio di melassa, o lo stesso pane o pane grattugiato che, aggiunti alla pastura prima che questa venga bagnata, aumentano la capacità di tenuta dello sfarinato.

 Acqua lenta

In acqua lenta il discorso è abbastanza simile, salvo che non c'è necessità di legare molto perché se la pastura si scioglie prima di arrivare sul fondo al massimo si tende a portare il pesce più a mezz'acqua, il che non è un gran danno, anzi, talora lo si fa appositamente; invece è peggio il contrario, quando le palle di pastura sono dei veri e propri sassi che rimangono sul fondo (cosa che può capitare usando come leganti delle sostanze molto forti, come ad esempio la creta). In acqua lenta e magari bassa vanno raddoppiate le precauzioni nel pasturare, in quanto l’effetto di questi corpi estranei che piovono in acqua è come amplificato sia come rumore che come effetto visivo e sensoriale in genere; talvolta il pesce è spaventato dalla pasturazione e si allontana, anziché esserne attratto, altre volte ritorna sotto dopo un iniziale sbandamento e talora, addirittura, si precipita sul posto, attirato dal rumore stesso provocato dalla pastura. Quindi, specie in un posto nuovo, prima di aver capito il comportamento del pesce conviene non esagerare.

 Come bagnare la pastura

La preparazione della pastura è importante forse più del contenuto della pastura stessa, perché da come una pastura è bagnata e lavorata dipende l'effetto che essa produce in acqua. Il suggerimento è quello di deporre la pastura in una bacinella tonda che consenta una miglior lavorazione, e quindi di aggiungere acqua molto lentamente, poca per volta, amalgamare bene il tutto e quindi lasciarla riposare per qualche minuto, in modo che si ottenga un assorbimento ottimale, poi, se necessario, aggiungere altra acqua. Da che cosa ci si accorge se la pastura è bagnata al punto giusto?. Certamente sono sensazioni che difficilmente possono essere descritte, anche perché ciascuna pastura risponde in maniera diversa, e comunque sarà l'esperienza a fornirci la miglior risposta; quello che si può dire è che bisogna far fatica a stringerla per formare le palle. Se si pretende di fare una bella palla dura in un attimo, stringendola con una sola mano (come oggi impongono certi regolamenti agonistici), beh quella non lavorerà ma come si deve, perché incolla troppo e diventa un sasso. Dobbiamo far mente locale e capire quello che succede fisicamente: raccogliendo un po' di pastura e pressandola nella mano si provoca la fuoriuscita dell'aria, riducendo il volume dell'agglomerato. Quando la palla finisce in acqua succede il processo inverso: essa rigonfia nuovamente, con l'acqua che entra nelle porosità e si sostituisce all'aria, provocando il disfacimento appena tocca il fondo e, talora, anche durante la caduta, lasciando una scia che ha un suo preciso effetto di richiamo.

 Pasturare con precisione

Purtroppo, non sempre i pescatori curano la precisione del lancio della pastura con la fionda ed invece, pescando a grande distanza, è determinante piazzare i proiettili di pastura o di bigattini incollati nel ristretto spazio di due o tre metri quadri, altrimenti è proprio meglio non pasturare affatto ed affidarsi alle catture del caso. Occorre soprattutto prendere un punto di riferimento in acqua, una mira sulla sponda opposta o un riflesso dove cercare di lanciare la pastura e naturalmente anche la lenza. E’ importante fissare un concetto basilare, non sempre subito assimilato dai neofiti, cioè che è sbagliato lanciare la pastura a monte cercando di calcolare dove essa andrà a raggiungere il fondo: questo è quanto di più impreciso possiamo fare. Ciò va bene per i bigattini sfusi o granaglie varie lanciate a fionda, ma viceversa la pastura va tirata assolutamente nel punto in cui vogliamo che cada, cioè di norma davanti a noi o semmai qualche metro più a valle; da questo discende che, al variare del fondale e della velocità delle acque, dobbiamo differenziare il grado di pesantezza e consistenza della pastura e non il punto dove essa deve essere lanciata. In sostanza, per ottenere la massima precisione, la pastura deve andar giù in modo pressoché perpendicolare: se questo accade basterà indirizzare le palline esattamente sulla linea di passata, tenendo presente che l'esca sarà sempre un metro o due più a valle del galleggiante, a seconda della velocità.

 Ambienti e pesci

Andando sul concreto, si possono esemplificare alcuni ambienti dove occorre pescare e quindi pasturare a lunga distanza: grandi canali come Ostellato, fiumi ad acqua corrente come il Mincio, laghi o fiumi acqua ferma e profonda come 1 no fiorentino, canali con sponde di cemento o con vegetazione. Il Bando Valle Lepri di Ostellato è un notissimo canale utilizzato soprattutto ma non esclusivamente per le gare di pesca, popolato ormai quasi solo da carassi di media taglia, che sono stati abituati a mangiare lontanissimo dall'unica riva normalmente usata dagli agonisti e che vengono insidiati con canne all'inglese molto potenti, lanciando pesanti galleggianti in grado di raggiungere distanze dell'ordine dei 50-70 metri. La tipologia è quella del fondale basso, attorno ai due metri, quindi è preferibile usare una pastura poco chiusa che si spacchi rapidamente per staccare il pesce dal fondo, cosa questa che è abbastanza facile ottenere specie con l'arrivo del caldo. Il carassio è un pesce che sente la pastura, ma ha un comportamento imprevedibile e rimane spesso imbrancato: attenzione quindi a non esagerare con la pasturazione e soprattutto con i bigattini, che potrebbero rapidamente sfamare il pesce. L’Arno fiorentino, caratterizzato normalmente da alto fondale e corrente lentissima o assente, è una palestra ideale per la pesca all'inglese praticata anche a lunga distanza, ma in maniera più classica e con zavorre medio-leggere, tenendo peraltro conto che si usa il galleggiante scorrevole. Qui l'alternativa principale è tra cavedano e carassio. Il primo molto spesso si porta anche a mezz'acqua, e predilige il bigattino, per cui le larve si lanciano sia sfuse (compatibilmente con la distanza) che con un'incollatura leggera che le faccia aprire in calata. Il carassio, ma anche la carpa, staziona più sul fondo ma attenzione perché nel periodo caldo, quando inizia la fioritura, di alghe e microflora acquatica che porta ad una diminuzione dell'ossigeno e che si percepisce dal colore scuro delle acque, il pesce di qualsiasi specie tende a salire ed a cibarsi a mezz'acqua. Questa situazione è interessante, in quanto su di un fondale di 7-8 metri non è facile riuscire a capire a che profondità stazioni il pesce: se non risponde sul fondo si comincia a salire gradualmente e nel contempo si fa legare un po' meno la pastura stringendola poco. Insistiamo sul concetto che, se non si è certi che la pesca sia stabilmente sul fondo, la pastura va bagnata poco, in modo che si presti ad essere serrata più o meno variando quindi la sua azione durante la pesca. La consistenza della pastura la si intuisce anche dal rumore che essa fa quando cade in acqua, che - mutuando dal linguaggio dei fumetti e con un pizzico di ilarità che non guasta - si potrebbe schematizzare Come segue:

plop: tonfo secco come quello prodotto da un sasso, va bene per lavorare sul fondo;

plaf : rumore più attenuato, la pastura tende a disfarsi mentre scende, lavora a mezz'acqua;

ciaf : impatto di un corpo piatto e poco pesante, la pastura si scioglie quasi in superficie.

Nel caso di canali quello che conta non è tanto la conformazione quanto le specie ittiche insidiabili ; infatti, due canali apparentemente simili come lo Scaricatore del Mincio a Pozzolo e il navigabile di Cremona, caratterizzati entrambi da sponde in cemento lineari, presentano caratteristiche di pesca molto diverse. Nel primo caso prevale il cavedano e quindi l’impostazione sarà a bigattino, nel secondo domina la scardola che è un pesce di superficie, molto vagante, come dimostra la conformazione della bocca che, a differenza del barbo e della savetta, è tagliata all’in giù. Per la scardola non guasta qualche bigattino in pastura, così come il gusto e qualche chicco di mais e pastura non molto serrata in modo che scenda facendo un po’ di macchia. Un problema particolare si pone quando la scardola sta dentro i canneti sulla sponda opposta, come avviene in fiumi come il Brian o il Lemene o in tanti canali di irrigazione. Per quanto si possa lanciare la lenza vicino ai canneti, l’esca verrà inevitabilmente richiamata un metro due verso il centro del fiume, e quindi un errore clamoroso sarebbe quello di voler pasturare proprio a ridosso della sponda opposta: in questo caso il pesce proprio non uscirebbe più fuori dal canneto. Occorre invece pasturare leggermente più corto per far si che la scardola venga fuori, in una parola stanare il pesce per portarlo verso il centro, ovvero laddove lo si può pescare in condizioni più vantaggiose.

 Bigattino a distanza

Quando prevale il cavedano, come può capitare non solo in Arno ma anche in altri fiumi come il Mincio, l'Adda o in canali come lo Scaricatore di Pozzolo, o nei grandi laghi padani e non, il bigattino si sostituisce del tutto agli sfarinati. Chiaramente si tratta quasi sempre di larve incollate e qui bisogna fare attenzione all'uso della colla, che viene cosparsa sui bigattini distesi su una bacinella e precedentemente spruzzati con alcune gocce d’acqua.. Ci sono svariati tipi di collante e ciascuno va conosciuto bene prima di capire come usarlo: il massimo della resa è quando si ottiene l'effetto aggregante, la cosiddetta palla di bachi (micidiale anche sull'amo) con il minor quantitativo possibile di colla. Questo comporta che la colla sia sufficiente a mantenere l'aggregazione in volo ma, appena toccata l'acqua perda il suo potere, in modo che le larve si liberino e scendano in modo naturale verso il fondo. In questo caso, il rumore provocato dall'impatto con l'acqua deve essere molto ovattato (simile al ciaf di prima) ed anzi si deve avere l'impressione che l'impiastro di larve tenti disperatamente di galleggiare, prima di sparire sotto la superficie. Concludendo questa nostra chiacchierata sulla pasturazione , diciamo che la cosa più importante è evitare gli errori, quindi non tanto fare una certa cosa ma non farne un'altra.

 L’uso della terra

Avrete sentito dire sicuramente che spesso si usa la terra, specie da parte di pescatori agonisti, e questo può avere significati molto diversi. Ci sono tanti tipi di terra, quella che lega e quella che slega, quella che fa la macchia e quella che appesantisce più o meno; inoltre la terra serve spesso come veicolo puro e semplice per accompagnare sul fondo altri elementi attrattivi ed in particolare piccole larve (tipico esempio le larve di zanzara, fuillis e ver de vase) ma anche dei vermi o lombrichi, per i quali va benissimo della comune terra di talpara. La terra può essere usata in modo anche molto più sofisticato, per creare una sorta di strato o di tappeto fangoso sul quale poi far arrivare la pastura quando, specialmente negli stagni o nei canali del Nord Europa, vi è un fondale di sofficissimo limo dove la pastura affonderebbe. Questa operazione chiaramente è possibile pescando non alla lunga distanza, ma a tiro di una roubaisienne, altrimenti il lancio preliminare di terra risulterebbe troppo dispersivo.