Pesca al cefalo

Cefali al tocco

   Il muggine è un pesce che come la spigola riesce ad attirare molti pescatori per il suo metodo di pesca, infatti soprattutto per la pesca al cefalo oltre ad avere un attrezzatura giusta (canna fissa, pastella, pane, ecc…)occorre molta calma e sangue freddo perché quando ferrerete per la prima volta un cefalo di taglia superiore ai 500g vi sentirete salire l’adrenalina al massimo! Io ho provato questa emozione ben variate volte con un buon risultato ed un buon carniere.

Caratteristiche morfologiche

    Esistono cinque specie di muggini e tutte sono insidiabili con mezzi sportivi. Ricordiamo che tutte le specie di muggini di lunghezza inferiore ai 20 centimetri sono protette dalla legge e quindi devono essere  immediatamente rimesse in acqua dopo la cattura.

Cefalo Comune

   Tra tutte le specie è quello più difficile da catturare. E’ un classico pesce di laguna, delle zone portuali e delle foci che raramente vive in mare aperto. E’ facilmente riconoscibile per le sue sfumature giallastre e per la sua palpebra coperta da una membrana adiposa molto sviluppata. La pesca di questa specie richiede una tecnica del tutto particolare che si avvicina molto allo spinning. Si cattura infatti usando un particolare cucchiaino rotante con ami. A questo viene applicata una grossa tremolina come esca. La sua pesca consiste nel lanciare l’esca artificiale/naturale aiutati da un galleggiante e nel recuperare lentamente. E’ sicuramente la specie che raggiunge le dimensioni più ragguardevoli.

Cefalo Dorato(o Lustrino)

   E’ sicuramente il pesce più gradevole da mangiare e forse per questo motivo il più ricercato. Si differenzia da altre specie per una inconfondibile macchia dorata sull’opercolo. Si trova un po’ ovunque, ma con maggiore frequenza in mare aperto e lungo le scogliere naturali e artificiali. Si cattura con canna fissa o bolognese. La sua presenza allo stadio giovanile è sicuramente maggiore all’interno dei porti o nelle lagune dove trova riparo dai grossi predatori. Allo stato giovanile preferisce la tremarella come esca, mentre da adulto è catturabile sia con il pane che con la polpa della sarda.

Cefalo Labbrone

   Sino a qualche anno fa era il classico muggine da gara. Presente ovunque nelle nostre acque consentiva carnieri abbondanti. Oggi non lo è più a causa delle misure di legge. Infatti il muggine labbrone, conosciuto anche con il nome di bocca di sole o schiumarolo (perché ama starsene in superficie con la bocca fuori dall’acqua), la cui misura minima di 20 centimetri è imposta dalla legge per tutti i muggini, si trova, di fatto, tra le specie non catturabili, in quanto difficilmente raggiunge tale stazza anche allo stato adulto. E’ pertanto una specie poco insidiata. Si cattura comunque solitamente in superficie e a mezzo fondo. Preferisce abboccare ad esche come la polpa della sarda anche se non disdegna il fiocco di pane.

Cefalo Bosega

   Uno dei muggini più insidiati in quanto più facile da catturare. E’ in fatti quello che si trova ovunque, nei porti, nelle lagune, sulle scogliere e via dicendo. E’ conosciuto anche con il nome di sciorina o negrosso. La sua colorazione argentea prende spesso colorazioni più o meno scure a seconda del luogo in cui viene catturato. Raggiunge dimensioni ragguardevoli. Si cattura con canna fissa o bolognese innescando il fiocco di pane francese, la polpa di sarda, il bigattino o la pastella.

Cefalo Verzellata

   Uno dei muggini meno conosciuti. Si tratta di una specie di passo che accosta solitamente nel periodo autunnale. In talune zone è conosciuto anche con il nome di caparello. E’ una specie che risale il corso dei fiumi inoltrandosi fino a decine di chilometri nelle acque dolci. Anche questo muggine ha la palpebra come il cefalo comune, ma si differenzia da questo per la testa schiacciata e la colorazione decisamente più argentea. La caratteristica di questo muggine è di adattarsi a ogni habitat. Spesso viene catturato innescando il tipo di mais destinato alle carpe. Nelle acque salmastre e dolci pure possiede maggiore attività nel periodo maggio-settembre.

 

Le Montature

   Nella pesca al cefalo, si utilizzano montature diverse a seconda delle diverse condizioni di pesca, con alcune costanti generali che hanno valore per tutte le montature. Queste riguardano essenzialmente i monofili da impiegare e gli ami. Per i monofili va precisato che raramente vengono impiegati diametri superiori allo Ø 0.18, perché il cefalo è forse tra le prede più sospettose e diffidenti presenti in mare e per fare qualche cattura decente è indispensabile mantenersi su diametri sottili. Per gli ami, utilizzeremo esclusivamente quelli dritti, affilati chimicamente, della misura adeguata più all’ esca utilizzata che alle dimensioni delle prede. Questa scelta è necessaria perché il cefalo difficilmente ingoia l’esca ma preferisce succhiarla tra le labbra, oppure prima si striscia con il corpo sull’esca che, sfaldandosi, viene poi<<aspirata>> dal cefalo. Quindi gli ami storti o a punta rientrante fallirebbero il più delle volte il bersaglio che invece deve essere agganciato al labbro superiore, calloso e duro del cefalo, il più profondamente possibile. Per la caratteristica di sfregare l’esca che il cefalo ha, molte prede saranno allamate in posti diversi dal labbro, come lo percolo,l’occhio o altre parti del corpo. In questo caso l’amo si aggancia appena sotto pelle e la slamatura è facile, soprattutto se non si è accorti nel recupero.

Sulla base di queste considerazioni, vediamo le montature più adeguate alla cattura del cefalo nei porti, rimandando al prossimo appuntamento quelle per le coste rocciose.

 Montatura per canna fissa  

     Acque chiare, senza vento:La lenza madre sarà costituita da uno spezzone di monofilo super dello Ø 0.16 lungo mezzo metro meno della lunghezza totale della canna. Alla lenza madre sarà infilato il galleggiante di peso variabile da 0.5 a 1.5 gr. La forma del galleggiande deve essere a fuso, oppure a goccia. La lenza madre terminerà con una piccola asola a cui legheremo poi il finale. Questo è costituito da uno spezzone di monofilo super dello Ø 0.10/0.12 lungo circa un metro. Piegando in due questo spezzone, cercheremo di ottenere due braccioli di misura diversa, diciamo uno di circa 30 cm. e l’altro di 60 cm. facendo in questo punto una piccola asola che infileremo nell’asola della lenza madre. Facciamo passare adesso i due braccioli nella loro asola, bagniamo con la saliva e tiriamo fino a far chiudere la seconda asola sulla prima. A questo punto possiamo legare gli ami. Essi saranno di misura variabile a seconda dell’esca impiegata. Ora è possibile equilibrare il galleggiante, utilizzando pallini spaccati da 0.12 gr. distanziati di circa 10 cm. partendo dall’asola della lenza madre. Pescando con la pasta, dovremo lasciare il galleggiante più leggero, per compensare il peso dell’esca. La taratura sarà fatta montando prima due pallini, innescare gli ami e rifinire con altri pallini, in modo che dalla superficie esca solamente l’astina superiore del galleggiante.

 

Acque torbide, presenza di vento medio o forte: La lenza sarà costituita da uno spezzone di monofilo super dello Ø 0.18 lungo mezzo metro meno della lunghezza totale della canna. Alla lenza madre sarà infilato il galleggiante di peso variabile da 1.5 a 3.0 gr. La forma del galleggiante deve essere a goccia rovesciata oppure a pera. La lenza madre terminerà con una piccola asola a cui legheremo poi il finale. Questo è costituito da uno spezzone di monofilo super dello Ø 0.14/0.16 lungo circa 60cm. Piegando in due questo spezzone, cercheremo di ottenere due braccioli di misura diversa, diciamo una di circa 15cm. e l’altro di 35cm. facendo in questo punto una piccola asola della lenza madre. Facciamo passare adesso i due bracciali nella loro asola, bagnano con la saliva e tiriamo fino a far chiudere la seconda asola sulla prima. A questo punto possiamo legare gli ami. Essi saranno di misura variabile a seconda dell’esca da usare. Ora possiamo equilibrare il galleggiante, utilizzando pallini spaccati dello 0.12gr. distanziati circa di 10 cm. partendo dall’asola della lenza madre. Pescando con la pasta, dovremo lasciare il galleggiante più leggero, per compensare il peso dell’esca. La taratura sarà fatta montando prima quattro pallini, innescare gli ami e rifinire con altri pallini, in modo che dalla superficie esca solamente l’astina superiore del galleggiante, può essere utile utilizzare un galleggiante, sempre della stessa forma di quelli già descritti, ma del tipo porta starlite, lasciando però l’astina in dotazione, di solito arancione fluorescente e quindi ben visibile.    

 Molo e scogliera alla “bolognese”

La pesca con la bolognese al cefalo richiede un po’ più di esperienza tecnica da parte del pescatore rispetto ad altri sistemi. Senza dubbio questo tipo di attrezzatura, o meglio questo tipo di canna, offre meno soddisfazioni rispetto ad una canna fissa, anche se, alla fine del gioco, i pesci di taglio maggiore risultano quelli pescati con la canna a mulinello. Bolognese vuol dire infatti sicurezza nel recupero, possibilità di utilizzo di terminali più sottili e chance di pesca più lontano dalla riva. A questi vantaggi, però, si affiancano la minore manovrabilità della bolognese e il suo peso maggiore rispetto ad una canna da punta. La bolognese, comunque, risulta maggiormente diffusa tra quei pescatori che amano non specificatamente al cefalo. La bolognese adatta alla pesca del muggine, infatti, varia dai 5 ai 7 metri. Anche in questo caso il carbonio fa da padrone, tanto che in commercio di bolognesi in pura fibra di vetro se ne vendono sempre meno. Per chi invece ama applicarsi esclusivamente alla pesca del muggine sarebbe opportuno avere anche una bolognese con la possibilità del vettino sdoppiato, sebbene personalmente ritenga questo fattore un ammattimento maggiore nella preparazione iniziale della canna, con in più una fragilità estrema della vetta causata dalla presenza dei microanelli.

Il mulinello da applicare alla bolognese sarà solitamente di dimensioni medio piccole, in modo tale da bilanciare perfettamente la canna una volta in pesca. Per questo ultimo attrezzo no si richiedono doti particolari se non una buona funzionalità generale, specialmente della frizione. La bobina del mulinello dovrà essere caricata con del nylon che solitamente si attesta su un diametro dello 0.14 mm: per i meno esperti si consiglia l’uso di uno 0.16; mentre per coloro che si sentono più sicuri sarà possibile usare uno 0.12. Quest’ultimo diametro di monofilo viene solitamente utilizzato quando si pesca in condizioni di estrema limpidezza dell’acqua e quando si è in presenza di muggini particolarmente sospettosi, i quali richiedono terminali super sottili e galleggianti spesso impossibili da lanciare con un monofilo in bobina di diametro piùgrosso di quello indicato. I galleggianti da bolognese sono gli stessi impiegati per la fissa, tenendo presente che l’ideale è 1.5 grammi. Il procedimento di costruzione del terminale e della piombatura è lo stesso indicato per la canna da punta. Contrariamente alla canna fissa, però, specie se peschiamo da scogliere artificiali, la profondità di pesca dovrà essere programmata in modo che le esche peschino abbastanza sollevate dal fondo. Aiutandoci sempre con la classica sonda faremo in modo che il terminale stazioni a circa 50 centimetri dagli scogli del fondale. La pesca con la canna bolognese viene solitamente effettuata dalla scogliera quando è necessario pescare lontano dalla riva o quando si insidiano i cefali a diverse profondità. Per la pesca al muggine schiumarolo o bocca di sole, il quale staziona in superficie e lontano dalla riva, si è soliti impiegare esclusivamente la canna bolognese, sostituendo la piombatura classica della torpille con una scalatura completa di pallini spaccati. Così facendo si ottiene una maggiore naturalezza dell’esca e una discesa più omogenea della lenza. Per tale specie di muggine si è soliti anche allungare i braccioli del finale, sostituendo i classici 65/95 centimetri con, ad esempio, gli 80/120 centimetri. Molti pescatori usano anche galleggianti diversi dai soliti fusolati, sostituendo questi ultimi con delle piccole palline piombate da 3/5grammi. Così facendo la piombatura è già raggruppata nel galleggiante e sulle lenza viene solo messo qualche pallino per una discesa omogenea. Utilizzando tali galleggianti sarà ancora più semplice effettuare i lanci, che saranno di maggiore gittata proprio per il peso superiore del galleggiante stesso. Se le esche e la pasturazione sono le stesse usate sia per la canna fissa che per la bolognese, il discorso brumeggio cambia leggermente se si insidiano gli schiumaroli in superficie o a mezzo fondo. Infatti, per questi cefali dovremo usare una pastura che si dissolva abbastanza facilmente una volta arrivata in acqua. A questo scopo basterà bagnare un po’ il nostro sfarinato e, aggiungendo magari della sarda tritata, getteremo in mare la pastura aiutandoci magari con un mestolo da cucina. Se lo stendere una lenza combattere con un muggine con la canna fissa possono essere definite come “manovre” piuttosto semplici, le stesse non lo sono altrettanto se usiamo la bolognese . Infatti, per stendere una lenza con la fissa basta portare la canna perpendicolare alla testa e accompagnarla verso la superficie dell’acqua; per stendere la lenza di una bolognese, invece, il discorso varia; vediamo come.

Partiamo dal fatto che solitamente con dobbiamo lanciare per raggiungere il tratto di mare da noi scelto. L’azione di lancio dovrà quindi essere coordinata tra stendere la lenza. Per capire il movimento, il monofilo del mulinello (che terremo serrato sul manico con l’indice della mano dopo aver aperto l’archetto), va lasciato nel momento esatto in cui, sia la piombatura che il galleggiante, riescono a trascinare la lenza lontano da riva. In taluni casi, quando si pesca con una piombatura molto aperta per insidiare i muggini in caduta, il lancio effettuato con una bolognese dovrà essere trattenuto prima che la lenza tocchi l’acqua. Questo movimento permette alla lenza stessa di stendersi perfettamente senza che il terminale sormonti la piombatura e si ingarbugli con questa. Il combattimento della preda con una canna bolognese è senza dubbio facilitato dalla possibilità di impiego del mulinello. In special modo allamando prende di buona taglia sarà necessario concedere filo al pesce, operazione possibile solo con l’aiuto della frizione.

La pastura

   Il brumeggio o pastura che dir si voglia è un elemento fondamentale per la pesca del muggine. Sia operando nei porti che in mare aperto, come in foce o in laguna, la pesca dei muggini non avrebbe né successo senza una sapiente e preventiva pasturazione. La base della pastura dovrà sempre tenere conto di quelle che sono le abitudini dei pesci, rapportare ai luoghi dove ci recheremo a pescare e all’esca che verrà impiegata. In genere le fondamenta sono sempre a base di pane, formaggio, farina di pesce e sarde tritate. A queste vanno aggiunti altri ingredienti che aiuteranno che aiuteranno la pastura a sfaldarsi in acqua; i più comuni sono il semolino, la farina di riso, il cruschello e la farina di mais. Serviranno anche ingredienti legati come la farina bianca o il latte in polvere. Infine, la pastura da muggini dovrà contenere aromatizzanti che possono invitare il pesce ad avvicinarsi e a mangiare le esche offerte. In prevalenza viene utilizzato l’olio di sarda, il coriandolo, la vaniglia e il cumino.

Preparazione della pastura

   Dopo aver bagnato il prodotto, dovremo decidere se aggiungere o meno la sarda tritata. In caso positivo sarà opportuno immettere insieme al pesce un 10% circa di sale fino, in modo da far incollare la sarda il meno possibile. A questo andrà aggiunto per gradi lo sfarinato, bagnando il tutto ripetutamente con acqua di mare. L’impasto finale risulterà colloso e sarà adatto per i porti e per quei luoghi con fondali piatti. Nella maggior parte dei casi, comunque, lo sfarinato al naturale sarà quello che ci darà maggiori soddisfazioni. Anche a questo andrà bagnato con acqua di mare. Solitamente si usano  2/3 chilogrammi di prodotto che una volta bagnato sarà sufficiente per mezza giornata di pesca.                           

Come gettare la pastura

   La pastura non andrà mai gettata a casaccio e non si dovrà mai pescare senza una tattica ben precisa! Si parte sempre con grandi quantità e, in prima battuta, getteremo anche tre o quattro palle di prodotto (grandi come un’arancia) per poi proseguire per tutto il periodo di pesca con delle palline grosse come una noce. Si pastura sempre a ridosso della zona di pesca: ad esempio, se si pesca a una distanza dalla riva di 7 metri dovremo pasturare a 6; se si pesca a 10 metri si pasturerà a 9 e così via. In caso di forti correnti sarà invece opportuno pasturare a monte della zona si pesca e cercare di collocare l’esca dove il prodotto gettato finirà la sua corsa. Con il mare mosso, invece, la pastura andrà gettata sempre più nelle vicinanze della scogliera o del molo per evitare che la forza delle onde possa disperdere in lontananza il nostro richiamo.        

Le esche

   Le esche da offrire al muggine sono di diversa natura e variano soprattutto a seconda del luogo di pesca dove questa specie viene insidiata. Infatti le abitudini alimentari dei pesci, ovvero ciò che in pratica trovano in natura, e lo stesso cibo che noi dobbiamo offrirgli come esca. Nei porti è sempre bene quindi pescare con il pane o con la polpa del pesce; nelle lagune e nelle foci con la tremolina e via dicendo.

Il pane

   E’ sicuramente l’esca regina per il cefalo. Si utilizza solitamente il classico pane a treccia denominato”Pane Francese”, appositamente studiato e confezionato per la pesca sportiva. La caratteristica essenziale di questo pane è che può essere conservato a lungo e impiegato con estrema facilità. Il pane Francese va messo in acqua fredda, in modo che assorba tutti i liquidi di cui necessita. Si utilizza dopo averlo strizzato in un panno asciutto, creando dei piccoli fiocchetti da mettere all’amo.

Gli impasti

   Sono tra gli ultimi prodotti studiati per la pesca sportiva. Si tratta di polveri da mischiare ad acqua e da amalgamare sino ad attere un impasto colloso da mettere all’amo. Aromatizzati in maniera più o meno varia per la pesca del muggine sono adatti quelli al formaggio.

La polpa del pesce

   Il muggine ama molto la polpa del pesca. Quella migliore, senza dubbio, appartiene al pesce azzurro, con la sarda in prima battuta. Anche l’alice può essere una valida alternativa, mentre il sugarello viene preferito solo in alcune specifiche zone della nostra penisola. La parte migliore del pesce è quella del dorso, più bianca e più morbida. Anche in questo caso dobbiamo creare dei fiocchetti di esca, di grandezza tale da coprire l’amo.

La tremolino

  È una delle esche di maggiore successo per la pesca del muggine nelle acque salmastre delle lagune e delle foci. La migliore è quella di fango, reperibile lungo le sponde del luogo di pesca. In commercio si trova difficilmente; può comunque essere rimpiazzata a dovere da quella “Veneziana”.

Il bigattino

  Anche il bigattino è un’esca abbastanza gradita dal cefalo, in special modo in quei luoghi dove il pesce è abituato a tale esca. Si innesca solitamente a fiocchetto con due o tre larve su ami di misura variabile tra il 12 e il 18.

Esche alternative

  Come pr qualsiasi altra specie marina, anche per il muggine esistono esche alternative molto valide, note dalle necessità e dagli usi locali. Ad esempio, nel ravennate, il muggine si pesca con estremo successo con la polpa della cozza; nel sud specialmente in Puglia e in Sicilia, i muggini sono insidiati sia con la polpa del tonno che dell’alalunga. Un consiglio: provate a innescare i vostri ami con il formaggio per muggini più diffidenti.       Ne vedrete delle belle!!!!!!!!!!.

 Ore e stagioni

  Il bello della pesca al muggine è che non conosce né orari né stagioni. Infatti è possibile pescarlo più o meno tutto l’anno, sia operando dai porti che nelle foci e dalle scogliere. Naturalmente la sua presenza numerica presenta degli alti e bassi ma per quanto riguarda la sua localizzazione lo possiamo definire un pesce facile da trovare. In ogni luogo di pesca il muggine si muove ad orari specifici e, soprattutto, aumenta o diminuisce l’attività in relazione alla stagione.

  Come tutti i pesci del sottocosta la sua attività non si ferma mai, ma rallenta nei mesi più freddi. Le maggiori punte in termini di catture si verificano durante l’estate e l’autunno: è tuttavia di facile cattura anche in primavera. È utile sottolineare che il muggine è una specie da insidiare soprattutto  durante le ore diurne, sebbene sia sempre possibile qualche bella cattura di notte. Alcune specie di muggine, quale ad esempio la verzelata, si trovano soltanto in determinati periodi (nella fattispecie in autunno) mentre il muggine che risale i fiumi viene catturato solo nel periodo maggio-settembre, allo scaldarsi delle acque. Poca importanza ha invece l’andamento della marea e delle condizioni meteomarine, anche se è dimostrato che con la marea in movimento(specialmente montante) e con il mare mosso anche i muggini risultano avere una maggiore attività. Si può insidiare la mattina presto come durante le ore calde. Anche per quanto riguarda i luoghi di pesca tutti si prestano alla presenza costante del muggine. Ad esempio le acque del porto sono un riparo sicuro del bosega, che ci vive tutto l’anno. Le limpide acque delle scogliere naturali a strapiombo sono invece l’habitat ideale del labbrone dove lo si cattura benissimo anche d’inverno. Insomma, il cefalo è un pesce che si adatta a tutti gli habitat.

Il cefalo a tavola

  Il cefalo non è sicuramente una della specie più ricercate dagli amanti della cucina di pesce. Le sue carni (come purtroppo quelle di molti altri pesci) “soffrono “ a causa degli habitat sempre più compromessi delle nostre acque. A maggior ragione, essendo il muggine un pesce che vive solitamente nei porti, nelle foci o presso gli scarichi, risulta spesso immangiabile. Tuttavia se si parla del gargia d’oro catturato in mare aperto si hanno buone possibilità di apprezzarlo in tavola. Bisogna quindi catturare tale specie lontano dalle acque portuali e dagli scarichi per poterne saggiare le carni. Il migliore metodo per cucinare il muggine è sicuramente in forno con le patate; le alternative sono al cartoccio, al pomodoro e alla griglia. Molto curata, comunque, dovrà essere la pulizia del pesce prima di cuocerlo, togliendo totalmente le garghe e, soprattutto, la membrana all’interno dello stomaco. Per meglio cuocerlo, ad esempio alla griglia, è sempre bene dividerlo in due parti longitudinalmente e condirlo con un preparato di sale, pepe, rosmarino e aglio(il tutto battuto molto finemente in un mortaio). A piacimento, si può cuocere con delle grosse fette di limone, o spremendo direttamente il succo dell’agrume sul pesce in cottura.