Un'opera quasi giornalistica, dei nostri giorni: un libro scritto nel 1997 dal giornalista (appunto) inglese Simon Singh, uno speciale viaggio nella storia della matematica, il resoconto di un'avventura durata più di tre secoli alla ricerca della dimostrazione di un teorema tanto semplice nell'enunciato quanto astruso nella dimostrazione (più di cento pagine). Non si tratta di un'opera di fantasia, e proprio questo è il suo punto di forza: probabilmente se la vicenda fosse stata inventata - avendo dell'incredibile - avrebbe avuto meno fascino, pur essendo molto ben scritta. Si riporta sotto il commento che compare in "prima" e "terza" di copertina dell'edizione italiana (Rizzoli), cui fa seguito un breve brano tratto dal primo capitolo.

L'ultimo teorema di Fermat di Simon Singh

"Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina." Così scriveva a metà Seicento il genio della matematica Pierre de Fermat a proposito di quello che da allora sarebbe stato conosciuto appunto come l'Ultimo Teorema di Fermat. La dimostrazione che non stava nel margine troppo stretto non fu mai trovata, e quella frase divenne il guanto di sfida raccolto da generazioni di matematici, che si sforzarono invano di dimostrare quel teorema così semplice, così elegante, così impenetrabile. Perchè è tanto affascinante seguire passo passo, come fa in questo libro Simon Singh, la storia dei tentativi di risolvere l'Ultimo Teorema di Fermat? In primo luogo perchè ognuno di quei tentativi falliti ha generato significativi progressi in molti campi della matematica contemporanea. E soprattutto perchè sono straordinarie le vicende degli uomini e delle donne che hanno dedicato le migliori energie intellettuali alla soluzione dell'enigma. Sophie Germain, vissuta tra Settecento e Ottocento, fu costretta a firmarsi con lo pseudonimo di Monsieur Le Blanc per avere accesso s un campo di studi esclusivamente maschile. Il geniale e turbolento Évariste Galois affidò i risultati delle sue ricerche a un manoscritto redatto la notte prima del duello in cui, appena ventenne, avrebbe perso la vita. A un giovane matematico giapponese di questo secolo, Yutaka Taniyama, non bastò formulare un'acuta congettura che andava verso la soluzione del problema per superare la disperazione che lo condusse al suicidio, mentre l'industriale tedesco Paul Wolfskehl sosteneva che proprio dal suicidio l'aveva salvato la riflessione sui problemi posti da Fermat... La storia dell'Ultimo Teorema di Fermat è un thriller matematico, o un romanzo di avventure intellettuali , che dopo tre secoli e mezzo ha oggi trovato una soluzione: l'abilissimo detective (o, da un altro punto di vista, l'assassino) è il matematico inglese Andrew Wiles, che dall'età di dieci anni sognava di essere il solutore dell'enigma. E il resoconto di Simon Singh riesce finalmente a mostrare quanta fede, quanta energia, quali lampi di passione possano nascondersi dietro la gelida eleganza della matematica.


Wiles avrebbe desiderato ancora più tempo per il suo lavoro, allo scopo di controllare perfettamente il manoscritto definitivo. Ma si era presentata l'occasione unica di annunciare la scoperta all'Isaac Newton Institute di Cambridge e perciò aveva abbandonato le sue cautele. Il solo scopo di quell'istituto è di riunire le più grandi intelligenze del mondo per poche settimane allo scopo di discutere e tenere seminari su argomenti avanzati di ricerca a loro scelta. Situato alla periferia della città universitaria, lontano dagli studenti e da altre distrazioni, l'edificio è progettato in maniera particolare per favorire la collaborazione e lo scambio di idee degli accademici. Non ci sono corridoi chiusi dove ci si possa occultare e ogni ufficio si apre sulla sala centrale. I matematici vengono invitati a passare il proprio tempo in quest'area comune e scoraggiati dal tenere chiuse le porte dei propri uffici. Viene favorita la collaborazione anche quando ci si sposta nell'istituto: l'ascensore, che mette in comunicazione i tre piani, contiene una lavagna, bagni compresi. In quell'occasione i seminari del Newton Institute avevano per titolo <<L-funzioni e aritmetica>>. Tutti i maggiori teorici del mondo erano riuniti per discutere problemi relativi a quest'area altamente specializzata della matematica pura, ma solo Wiles capì che le L-funzioni potevano racchiudere la chiave di soluzione dell'Ultimo Teorema di Fermat.

Anche se lo aveva attirato l'idea di disporre di una platea tanto qualificata per rivelare i risultati del suo lavoro, la ragione principale che lo spinse ad annunciare la sua scoperta al Newton Institute era che si trovava nella sua città, Cambridge. Lì Wiles era nato, lì era cresciuto e aveva maturato la sua passione per i numeri e a Cambridge si era imbattuto nel problema che doveva dominare il resto della sua vita.

(traduzione di Carlo Capararo e Brunello Lotti, da "L'Ultimo Teorema di Fermat", Edizione Rizzoli)