Rilessi più volte la lettera; mi scendevano le lacrime dagli occhi. Alla fine mi cadde dalle mani, e mi coprii il viso.

"Caro! ehi, caro!", iniziò Matrëna.

"Cosa, vecchia?"

"Quella ragnatela l’ho tutta tolta dal soffitto; adesso sposati pure, invita gente, sarebbe l’ora..."

Guardai Matrëna... Era ancora in gamba, una vecchia giovane, ma, non so perché, all’improvviso mi apparve con lo sguardo spento, con le rughe sul viso, ingobbita, decrepita... Non so perché, all’improvviso mi sembrò che anche la mia camera fosse invecchiata come la vecchia. Le pareti e il pavimento erano sbiaditi, tutto si era offuscato; di ragnatele ce n’erano ancora di più. Non so perché, quando guardai dalla finestra, mi sembrò che la casa di fronte anche fosse diventata decrepita e si fosse a sua volta offuscata, che gli stucchi sulle colonne si fossero staccati e fossero caduti, che i cornicioni si fossero anneriti e coperti di crepe e le pareti da un colore giallo scuro brillante fossero diventate a chiazze...

Forse un raggio di sole, dopo aver fatto improvvisamente capolino da dietro una nuvola, si nascose di nuovo sotto la nube carica di pioggia, e tutto di nuovo si offuscò ai miei occhi; o, forse, davanti a me balenò così sgradita e triste tutta la prospettiva del mio futuro, e io vidi me stesso così come ora, esattamente tra quindici anni, invecchiato, nella stessa camera, ugualmente solo, con la stessa Matrëna, che non era diventata più intelligente in tutti quegli anni.

Ma non pensare che ricordi la mia offesa, Nasten’ka! Che spinga una nuvola scura sulla tua chiara e tranquilla felicità, che, rimproverandoti aspramente, spinga l’angoscia sul tuo cuore, lo offenda con un segreto rimorso e lo faccia battere angosciosamente nel momento della beatitudine, che sciupi anche uno solo di quei teneri fiori che hai intrecciato nei tuoi riccioli neri, quando sei andata insieme a lui all’altare... Oh, mai, mai! Che sia chiaro il tuo cielo, che sia luminoso e sereno il tuo caro sorriso, che tu sia benedetta per l’attimo di beatitudine e di felicità che hai dato ad un altrui cuore solo, riconoscente!

Dio mio! Un intero attimo di beatitudine! Ed è forse poco seppure nell’intera vita di un uomo?...

(Dostoevskij - LE NOTTI BIANCHE)