«Ora
che sono vecchio, penso spesso alla mia fanciullezza. Dicono che sia un processo
naturale. Quando la fine si approssima, il ricordo degli inizi si fa più netto
e intenso. Vedo dei volti e sento delle voci. Vedo l’istante in cui ti ho
presentato a mio padre nel giardino del collegio. Lui ti accettò come amico,
perché eri il mio amico. Non concedeva la sua amicizia a chiunque. Parlava
poco, ma su ciò che diceva si poteva fare affidamento fino alla morte. Ricordi
quell’istante?... Stavamo in piedi sotto i castagni, davanti allo scalone
d’ingresso, e mio padre
ti strinse la mano. “Tu sei l’amico di mio figlio” disse. “Onorate
entrambi questa amicizia” aggiunse solenne. Credo che per lui non ci fosse
nulla di più importante dell’onore. (...) Potremmo
anche parlare di argomenti diversi. Due
vecchi
amici hanno molti ricordi in comune, quando il sole è tramontato su di loro. Ma
visto che ormai sei qui, parleremo solodella verità. Avevo iniziato a dire che mio padre ti ha accettato come
amico. Sai bene che cosa significasse per lui; sai che, in caso di disgrazie odisavventure di ogni genere, la
persona a cui aveva stretto la mano poteva contare su di lui fino alla morte.
Certo, non capitava spesso che stringesse la mano a
qualcuno.
Ma una volta che sidecideva farlo era per
sempre.
Fu così che ti strinse la mano nel cortile del collegio, sotto i castagni.
All’epoca avevamo dodici anni. Quel fatto segnava la fine della nostra
fanciullezza. A volte, di notte, rivedo quell’istante con la massima
chiarezza, come tutte le cose che sono state importanti per me nella vita. Per
mio padre la parola “amicizia” aveva esattamente lo stesso significato di
“onore”. Lo sapevi bene, visto che lo conoscevi. E per me, lascia che te lo
dica, forse significava ancora di più. Perdonami, ciò che dirò adesso forse
ti metterà a disagio» dice pacatamente, quasi con affetto.
«Non
mi metterà a disagio» risponde Konrad con lostesso
tono. «Continua».
«Vorrei proprio sapere» prosegue il generale come se stesse
parlando tra sé «se l’amicizia esiste veramente. Non mi riferisco al
piacere occasionale di due persone che si rallegrano di essersi incontrate
perché a un certo punto della vita si trovano a ragionare nella stessa maniera
su determinate questioni, si scoprono gli stessi gusti e preferiscono gli stessi
svaghi. Tutto questo non ha niente a che fare con l’amicizia. A volte mi
sembra quasi che essa rappresenti la relazione più intima che esiste nella
vita... Forse per questo è talmente rara. E su cosa si fonda, allora? Sulla
simpatia? E un termine improprio, troppo blando: non si può dire che la
simpatia sia sufficiente a indurre due persone a farsi carico l’una
dell’altra nelle situazioni più critiche della loro esistenza. Su che
cos’altro, dunque? Non c’è forse un pizzico di eros al fondo di tutte le
relazioni umane? Qui, nella mia solitudine, in mezzo alla foresta, mentre
mi
sforzavo, non avendo altro da fare, di comprendere i fatti della vita,
qualche volta me lo sonochiesto. Naturalmente l’amicizia non ha nulla in comune con le
inclinazioni di
coloro che cercano di soddisfare il loro desiderio distorto con persone dello
stesso sesso. L'eros dell’amicizia non ha bisogno dei corpi... essi, anzi, lo
disturbano più di quanto non lo attraggano. Ma si tratta pur sempre di eros.
C’è eros al fondo di tutti gli affetti e di tutte le relazioni umane. Sai,
ho letto parecchio» dice
quasi scusandosi. «Oggi si scrive molto più liberamente su queste cose. Ma ho
letto e riletto anche Platone, perché a scuola non lo capivo ancora. Mi sono
detto - e
certamente tu, che hai girato il mondopiù di me, ne sai molto più di quanto ne sappia io
nella mia solitudine
campestre - che l’amicizia è il rapporto più nobile
che esista fra gli esseri umani. È strano, ma anche gli animali lo conoscono.
L'amicizia, l’abnegazione,
la solidarietà esistono anche tra gli
animali. Un principe russo ha scritto qualcosa in proposito... non ricordo più
il suo nome. Leoni, urogalli, ogni genere di creature, fanno del loro meglio
per soccorrere i loro simili in difficoltà, anzi, ho constatato con imiei occhi che a volte prestano aiuto
anche ad animali di specie diversa. Ti è mai capitata qualche esperienza del
genere, mentre stavi all'estero? Da quelle parti l’amicizia sarà
senz’altro diversa, più progredita e moderna di quanto non lo sia qui da noi,
nel nostro mondo arretrato. Le creature viventi si organizzano per prestarsi aiuto a
vicenda... a
volte hanno difficoltà a superare gli ostacoli che si
frappongono al loro intervento, però
esistono sempre, in tutte le comunità vitali, delle creature forti pronte a offrire il loro aiuto.
Come ti ho detto ho incontrato centinaia di esempi
nel mondo animale. Tra gli uomini, gli esempi che ho rintracciato sono più rari. Per
l’esattezza, non ne ho trovato neanche uno. Le simpatie che ho visto nascere
tra gli uomini sono sempre naufragate,
alla fine, nelle paludi dell'egoismoe della vanità. Il cameratismo
o 1'affiatamento assumono talvolta le parvenze dell’amicizia. Gli interessi comuni producono talvolta situazioni che somigliano
all’amicizia. E per sfuggire alla solitudine gli uomini indulgono
volentieri a rapporti confidenziali di cui in seguito si pentono, ma che per
qualche tempo permettono loro di illudersi che la confidenza sia già una forma
di amicizia. Naturalmente in questi casi non si tratta mai di vera amicizia.
Ci si immagina - e
mio padre ne era ancora convinto - che
l’amicizia costituisca un servizio. L’amico, così come l’innamorato, non
si aspetta di veder ricompensati i suoi
sentimenti. Non esige contropartite per i suoi servizi, non considera la persona
eletta come una creatura fantastica, conosce i suoi difetti e l’accetta
così com’è, con tutto ciò che ne consegue. Questo sarebbe l’ideale. E
in effetti: vale forse lapena
di vivere, di essere uomini, senza un ideale come questo? E se un amico ci delude perché non è un vero amico, possiamo forse metterlo sotto accusa,
rinfacciargli il suo carattere, la sua debolezza? Quanto vale un’amicizia
in cui apprezziamo l’altro per le sue virtù, per la sua fedeltà, la sua
perseveranza? Quanto vale un’amicizia che ambisca a essere premiata? Non
abbiamo forse il dovere di accettare l’amico infedele esattamente come
quello fedele e pieno di abnegazione? Non è forse questo il contenuto più
autentico di ogni relazione umana, un altruismo che dall’altro non esige
nulla e non si aspetta nulla, assolutamente nulla? E che quanto più dà tanto
meno si aspetta di essere contraccambiato? Chi dedica all’altro tutta la
confidenza della giovinezza e tutta l’abnegazione dell’età virile, oltre al
dono più prezioso che un essere umano possa offrire a un suo simile - la fiducia più appassionata, cieca e
assoluta -, e
si vede ripagato con l’infedeltà e l’abbandono, ha forse il diritto di
offendersi, di volersi vendicare? E se colui che è stato tradito e
abbandonato si offende, se grida vendetta, era davvero un amico?»