Itinerario N° 7
Serio Morto
Scheda
introduttiva Nella
descrizione del nostro territorio, è facile ritrovare il toponimo
“Serio morto”, che sta ad indicare gli antichi percorsi del fiume. Si
contendono la paternità del nome: Romano, con le aree rivolte verso Est,
al confine con Cortenuova; Camisano, con i territori compresi fra il fiume
“vivo” ed il centro abitato, Madignano e Castelleone, con l’ampia
valle relitta che si estende fino a Pizzighettone. Sono soprattutto questi
ultimi luoghi che, dal punto di vista geomorfologico, meritano
l’appellativo di cui si parlava. Analizzando le carte specializzate, è
facile evidenziare l’appariscente depressione che interessa i comuni
citati, percorsa attualmente dal canale colatore Serio Morto. Il tratto in
questione “scorre”, nella parte settentrionale, alla sinistra
orografica dell’alveo odierno, e successivamente si distacca
all’altezza dell’abitato di Ripalta Arpina, per “sfociare“
nell’Adda, nei pressi di Pizzighettone. Al fine di toccare con
“bici” parte della vecchia strada percorsa dal nostro fiume,
suggeriamo una doverosa appendice itinerante che si snoda nei luoghi
descritti, ai confini del Parco. Com’è
stato presentato nel precedente itinerario, il fiume scorreva nella valle
relitta almeno fino al 1192, in quanto, da alcuni documenti, i paesi
corrispondenti a Ripalta Nuova e Ripalta Vecchia risultavano abbinati e
collocati sulla riva destra del Serio. Stessa situazione per gli abitati
di Ripalta Guerina e Ripalta Arpina. Nella successiva documentazione, i
quattro paesi risultano separati, segno che qualche accidente era
intervenuto a dividerli. Che sia stata opera dei monaci di Madignano,
oppure di un certo Masano signore di Crema, oppure ancora di movimenti
orogenetici, come sostiene Valerio Ferrari, esperto conoscitore dei
luoghi... certo è che l’argomento necessita di ulteriori ed
approfondite ricerche. L’itinerario
si snoda, nella prima parte, lungo la strada che dalla circonvallazione
cremasca porta a Ripalta Vecchia; da subito, il visitatore può rendersi
conto visivamente, come descritto anche nella precedente proposta (itin.N°6),
della geomorfologia dei luoghi. La strada, infatti, è una sottile
striscia sopraelevata fra i due letti del fiume, affiancata, ora a destra,
ora a sinistra, ora da entrambe le parti, da rogge e canali. Nel primo
tratto s’incontra la roggia Borromea; poi, più avanti, la Pallavicina,
che sembra giocare ad intersecarsi con la prima, tant’è che risulta
difficile capire i movimenti idrografici. Sulla sinistra, si notano le
scarpate del Serio e le lanche dell’azienda venatoria. Prima
dell’ingresso in Ripalta Arpina, si discende nell’alveo del Serio
morto e la confusione morfologica si calma di colpo: i rumori si
affievoliscono e si può ascoltare il ”silenzio”, cosa rara ai nostri
giorni. Sarà
per la suggestione delle vicende sin qui raccontate, o forse meno
poeticamente, per la mancanza di strade trafficate e di centri abitati,
l’atmosfera che si respira è davvero irreale. La chiesetta della Motta,
con i suoi scheletri, accoglie il visitatore, spezzando la monotonia del
paesaggio, interamente dedicato alle colture. Più avanti, s’incontra il
colatore Serio morto, dove sono riscontrabili gli unici brandelli
vegetativi; poi la cascina Corfù, abbandonata, e due misteriose “santelle”,
che rendono ancora più enigmatico il percorso. Da un punto di vista
vegetativo, la zona ha comunque perso tutto il patrimonio dei secoli
passati; inoltre, le poche presenze botaniche sono rappresentate da pioppi
canadesi, da qualche rara quercia e da sporadiche macchie arbustive.
Delle zone umide, che in passato avevano creato problemi alle
popolazioni, non rimane nessun segno tangibile; e, per quanto riguarda la
fauna, si conosce ben poco. Infatti, i dati salienti si riferiscono
esclusivamente alla zona del Serio vivo. Si presume che, grazie
all’istituzione del parco sovracomunale, a sud di Castelleone, ed alla
presenza della stazione sperimentale per la conservazione della flora di
pianura (bosco didattico), si potranno incrementare le conoscenze. Le
poche osservazioni assicurano alcune presenze: gli aironi a caccia di
anfibi lungo i fossi, le pavoncelle in migrazione durante gli inverni,
qualche raro rapace... ma anche questo argomento necessita di ulteriori
indagini. Due
ultime curiosità: la strana presenza di un fontanile nella piana, di
fronte al centro commerciale sulla statale per Castelleone, ed ancora
parzialmente attivo; la coltivazione del lino, che già un tempo esisteva
in questa valle, come in altri luoghi del Cremasco. In bici Km 18 Il
percorso segue per alcuni Km. le tracce del precedente; pertanto la
partenza dell’itinerario è fissata da via del Macello. Si attraversa la
tangenziale, e ci si dirige a sinistra verso Castelleone. Dopo circa 1 Km.,
si gira a destra per la provinciale di Ripalta Vecchia. La strada corre
alta, accompagnata dai due rami della roggia Borromea. Lungo il percorso,
si sottopassa la nuova tangenziale; più avanti gli impianti di
sollevamento dell’acqua, che incrementano la portata del canale irriguo
ed, in lontananza, i terrazzamenti del Serio. Dopo circa 2,5 Km., si
giunge nell’abitato di Ripalta Vecchia; la Parrocchiale dedicata a S.
Imerio attende il visitatore all’ingresso del centro abitato. Si
prosegue tenendo la destra (per via Ripalta Arpina), attraversando i
cascinali, fra i quali si erge l’ex palazzo Bonzi. Più avanti
l’azienda venatoria. Lasciati sulla destra gli allevamenti, la strada
continua sopraelevata, permettendo la vista della valle del Serio morto.
Fra le coltivazioni si scorgono sulla sinistra un piccolo cimitero ed in
lontananza il dosso della roggia Pallavicina che, in vicinanza del
Santuario del Marzale, raggiunge il canale Borromeo. Si prosegue sulle
orme del precedente itinerario, superando il Santuario ed entrando dopo
alcuni Km. nel centro abitato di Ripalta Arpina (7 Km. dalla partenza). Si
piega subito a sinistra per via Battaglia della Motta (se
si vuole allungare il percorso si può continuare diritti per Castelleone;
la deviazione permette di osservare le interessanti costruzioni rurali, la
villa nobiliare e l’oratorio di S. Giovanni di Ripalta Arpina, per
raggiungere, dopo alcuni Km., il
Santuario della Misericordia) e presso la chiesetta omonima, situata a
breve distanza, è doverosa una sosta, un’epigrafe racconta dei fatti,
legati a questi luoghi. Al primo incrocio, tenendo la destra, si continua
in direzione est; in lontananza, meno accentuata, si nota l’altra
scarpata morfologica e, più a sud, il Santuario e la torre di Castelleone.
In questo tratto la presenza dell’attività di cava, al di sotto della
scarpata di ponente, ha alterato la morfologia; si spera che siano portati
a termine previsti recuperi ambientali. Alla successiva biforcazione, è visibile un cippo che segnalava il confine fra lo stato di Milano e la Repubblica Veneta. Continuando a sinistra si incontra, dopo pochi metri, un altro cippo e da lì (bivio) si prosegue a destra verso la centrale dell’ENI; dopo alcune centinaia di metri si arriva al Serio morto e, superato il ponticello, si costeggia il canale, attraversando una zona alberata. Più avanti la Cascina Corfù ed, al bivio, si piega a destra (a sinistra la strada per la cascina dei Frati) in direzione delle due santelle. Si continua alla loro sinistra e, senza particolari riferimenti, verso il ponte “Nuovo” che scavalca la roggia Pallavicina. Costeggiando il corso d’acqua, si arriva a Madignano; suggestivo l’ingresso del paese, con edifici di interessante rilievo architettonico (ex convento). Dal centro abitato, si prosegue per poi girare a sinistra (via Dante) verso Ripalta Vecchia (in direzione di Izano, si può visitare il piccolo museo dell’arte molitoria ed il santuario della Pallavicina). Lungo il percorso si incontra Madignanello, una piccola frazione con interessanti edifici rurali. Nuovamente il Serio Morto, una piccola cappella e la scarpata della valle relitta che ci riporta a Ripalta Vecchia. Seguendo il percorso fatto all’andata, si ritorna a Crema.
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