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RAV RICCARDO PACIFICI - DISCORSI SULLA TORÀ

XLII-XLIII

MATTÒTH-MAS'È

(Numeri XXX, 2 - XXXVI)

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Con le due Parashoth di oggi si chiude il IV Libro della Torà e si chiude anche, si può dire, un'epoca della storia d'Israele: la prima epoca, quella della sua vita nel deserto, anteriore alla conquista della terra. La chiusura di questo periodo può essere chiaramente contrassegnata da quel passo della Parashà odierna, che arido a prima vista, ha pure in sostanza il suo significato nel quadro della vita d'Israele in questo periodo.

Alludo precisamente al passo in cui si fa il riepilogo dei viaggi compiuti da Israele nel deserto, dal momento della sua uscita dall'Egitto fino a quello che precede di poco il passaggio del Giordano.

Per qual motivo, ci si potrebbe domandare, la Torà che è così parca nelle sue espressioni, ha sentito il bisogno di stendere questo numeroso elenco di nomi, questa arida e tediosa catena di località che nulla sembra dire a noi lontanissimi posteri di quei primi padri che si trovarono a percorrere il deserto in lungo e in largo? Eppure il motivo c'è, ed è quello di mostrare a Israele - ora che è giunto ai confini della terra promessa - il lungo cammino percorso, le numerose tappe segnate in esso e soprattutto la serie degli atti di benevolenza e di protezione che ininterrottamente si sono succeduti durante quel faticosissimo ed eccezionale viaggio. E come se Israele dovesse dare ora uno sguardo retrospettivo al recente passato per abbracciare quasi in sintesi il panorama di tutte quelle vicende di cui egli è stato protagonista, per trarre da questa sua esperienza salutari insegnamenti di vita. Ma se noi ci soffermiamo un momento a riflettere ancora su questa pagina che nella sua apparente monotonia, svela così da vicino il dinamismo e il movimento della vita d'Israele, se noi riflettiamo su di essa, scopriremo che essa non è solo il riepilogo dei viaggi compiuti da quella generazione nel deserto, ma è come l'anticipazione di tutti gli infiniti spostamenti, ai quali Israele andrà soggetto nella sua storia successiva. Non sono qui le tappe dei quaranta anni, ma quelle che per quaranta secoli si sono ripetute, nella eccezionale storia del popolo ebraico. Sono qui quasi accennati i viaggi non in uno, ma in cento deserti che sulle vie del mondo Israele ha dovuto percorrere non solo per l'incomprensione e l'odio degli uomini, ma anche forse per una superiore volontà divina. "E partirono e si accamparono" questo il leit-motiv di questo passo! Quante volte, ohimè, nella tua storia, Israele, singole frazioni del popolo hanno dovuto accamparsi, ma o prima o poi hanno dovuto ripartire per altre località sconosciute e strane e rifare così cento, mille volte non solo il cammino, ma ripetere la fatica, il peso, il tormento e la lotta per l'ambientamento, e la sperata e stabile dimora in terra creduta più ospitale? C'è forse, come vi dicevo, alla base di questo continuo vagabondaggio, c'è in questa continua e incessante ricerca, un significato nascosto e profondo su cui non mi è possibile soffermarmi oggi, e che racchiude forse uno dei misteri nello strano destino del popolo di Israele, c'è forse anche qualcosa di grande e di sublime in questa continua conquista inappagata che mette alla prova le più grandi virtù di tenacia e di sacrificio. A noi basti notare oggi che, come dice la Parashà, questi viaggi furono registrati e scritti, al pì haShem, per volontà di Dio, ma ancor più per la Sua volontà furono effettuati dal popolo d'Israele. Israele parte e arriva, si accampa e si muove secondo la volontà di Dio. È Lui che guida il grande viaggio, è Lui che ne segna le grandi direttive di marcia. Possono esservi dolori e lotte, rinuncie e sacrifici durante l'una o l'altra tappa, possono anche esservi insperati successi o appagamenti di segrete speranze: nell'inevitabile alternativa si muove sempre una volontà superiore.

Non a caso in questa stessa Parashà, poco dopo il riassunto dei viaggi v'è l'annuncio dell'ormai prossimo ingresso nella Terra, la cui precisa delimitazione territoriale viene tracciata da Mosè.

Alla fine della lunga serie dei viaggi c'è dunque una grande mèta che si delinea non solo per l'Israele d'allora, ma per quello di tutti i tempi. Alla fine del lungo viaggiare sta la mèta delle grandi promesse, sta il tesoro delle più vere realizzazioni, sta il teatro delle più grandi verità. Siamo noi, con la nostra volontà, con le nostre azioni, che possiamo avvicinarci o allontanarci da quella mèta. Essa però non verrà mai meno e il nostro sguardo mirerà sempre verso di essa.


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