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RAV RICCARDO PACIFICI - DISCORSI SULLA TORÀ

XXX

KEDOSHIM

(Levitico XIX - XX)

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Ai precetti negativi delle leggi di santità seguono quelle di carattere positivo di cui tratterò brevemente oggi. L'allontanarsi dalle pratiche e dalle norme di vita coi pagani, il guardarsi dallo stringere con loro relazioni, sono, direi, condizioni preliminari per avvicinarsi a quella vita di purezza che la Torà traccia come il modello di esistenza per l'ebreo su questa terra. Questo modello consiste nell'adeguarsi sempre più all'ideale di perfezione morale che culmina in Dio. Dio è santo e realizza il bene assoluto: noi dobbiamo aspirare ad avvicinarci a Lui e a realizzare quindi quanto più bene è possibile sulla terra. Questa è la luminosa mèta proposta, per raggiungere la quale la Torà traccia un complesso di leggi che costituiscono insieme un aureo tesoro di moralità quale possiamo dire non esista in altra legislazione o religione. In nessuna altra pagina della Torà troviamo, come qui, tanta densità di concetti e di insegnamenti, che gli uni agli altri si susseguono secondo un piano armonico, e che basterebbero da soli a costituire il più alto modello di vita morale. La pagina è una delle più sublimi per altezza di contenuto della Torà, ma anche delle più dense e delle più difficili ad essere brevemente illustrate: ogni affermazione, ogni principio richiederebbe una spiegazione a parte. Noi invece dobbiamo dare uno sguardo d'insieme. Ebbene anche a questo sguardo superficiale non sfugge certo che la Torà ha voluto qui tracciare come una scala di valori e di ascese morali, che in più punti richiama da vicino il Decalogo, inserendo però tra un detto e l'altro nuovi insegnamenti atti forse, più che a completarli, a facilitarne il compimento da parte dell'uomo. Dalla venerazione e dal rispetto per i genitori, il più naturale dei sentimenti che domina l'animo umano, al riaffermato principio dell'unità di Dio, dalla condanna dell'idolatria all'esatto e scrupoloso adempimento degli atti di culto, da questi primi elementi di vita morale religiosa prende le mosse la Torà per salire gradatamente a tracciare i più alti e i più difficili dettami di vita morale. Ed ecco sempre secondo la linea di più facile attuazione, ecco il comando relativo all'aiuto e all'assistenza del povero, eretto a principio di legge e sottratto all'arbitrio dell'individuo, ecco il rispetto delle proprietà altrui e l'omaggio dovuto alla verità e alla sincerità nei rapporti fra gli uomini, ecco la condanna dello spergiuro equiparato alla profanazione del nome di Dio, ecco la lealtà nei riguardi dei sottoposti, il rispetto per i minorati, l'adempimento della perfetta giustizia e l'appello all'incorruttibilità dei giudici che debbono amministrarla, ecco la condanna della maldicenza e della calunnia e il dovere di aiutare il prossimo in pericolo di vita; ed ecco la Torà che parla non più agli atti, ma ai sentimenti dell'uomo: "Non odiare il tuo fratello in cuor tuo, riprendilo, riprendi il tuo prossimo e non portarne tu la colpa, non vendicartene, non serbargli rancore, ma ama il tuo compagno come te stesso. Io sono il Signore" (Levitico XIX, 18).

Qui il meraviglioso crescendo di imperativi morali ha culminato in uno di quei passi e di quei detti che noi sentiamo discendono dal cielo e non sono di questa terra: qui è il perdono proclamato come legge, qui è il comando di dimenticare l'offesa e l'offensore, il comando di non serbare l'odio per chi ci ha odiato e tanto più di prenderne vendetta, qui finalmente il più sublime, il più celeste dei comandi: l'amare il prossimo come noi stessi che è come la conclusione e l'apice di tutto questo processo ascensionale dei valori. È in questa pagina racchiusa tutta la morale ebraica, compendiata in quel principio che Israele anche attraverso altre fedi e altro verbo ha dato all'umanità, quel principio che la morale dei Vangeli ripeterà più tardi come il dono più alto per gli uomini, ma che Israele aveva tre mila anni fa proclamato, e allora, come oggi, sempre additandolo all'umanità come la più alta vetta del vero progresso e della vera pace.

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