Parashat Bereshit

"Il Signore Iddio ordinò all'uomo dicendo: da ogni albero del giardino 'mangiare' mangerai." (Genesi II,16)

La Torà è un Libro di Halachà, di Legge. L'Halachà, il codice legale ebraico significa primariamente "percorso", "cammino". La Legge, come un percorso, è finalizzata a far sì che ci sia qualcuno che proceda su di essa. Allo stesso modo il Mondo intero non è che un grande "sentiero halachico" nel quale l'uomo deve sforzarsi di procedere rettamente. Dice il Profeta Geremia: "Se non fosse stato per il mio patto con il giorno e la notte, non avrei posto gli statuti del Cielo e della Terra" (XXXIII,25). I nostri Saggi spiegano che ciò si riferisce al patto esistente tra D., il giorno e la notte circa l'osservanza delle mizvot: fin dalla creazione D. ha stipulato un patto con i due ordinandogli di essere preposti alle mizvot del giorno e della notte. "Se non fosse stato per regolare il mondo della halachà", dice D. attraverso Geremia, "le regole naturali del creato non le avrei poste affatto".

La creazione, quindi, come scenario per la suprema prova umana: l'obbedienza alla Legge Divina. È universalmente noto che Adam e Chavvà, la prima coppia umana, hanno peccato in quanto hanno trasgredito l'unica mizvà che avevano: la proibizione di cibarsi dall'"Albero della Conoscenza del Bene e del Male". La tematica dell'osservanza delle mizvot, della trasgressione e dell'eventuale pentimento trova in questo passo biblico un importante precedente. I Saggi dicono infatti che questo singolo precetto rappresentava in se un po' tutta la Legge. Era in effetti l'unico limite posto ad Adamo dal suo Creatore. Una migliore comprensione di questo passo quindi può risultare utile chiarire in generale il mondo dell'osservanza delle mizvot.

Questa mizvà viene data ad Adam attraverso due versi:

  1. Il Signore Iddio ordinò all'uomo dicendo: da ogni albero del giardino 'mangiare' mangerai.
  2. E dall'albero della conoscenza del bene e del male non mangerai, perché il giorno che ne mangerai 'morire' morirai. (Genesi II, 16-17)

Rav Saadyà Gaon ed Ibn Ezra sostengono che si tratti di un solo precetto, quello negativo. Il primo verso, come quello che recita '…sei giorni farai il tuo lavoro ma nel settimo giorno…' (Esodo XX,9) traccerebbe semplicemente un eventualità. Se vuoi puoi mangiare.

Diversa è l'interpretazione invece del Meshekh Chokhmà:

"Ciò significa che c'è la mitzwà (1) di nutrire se stesso e di trarre godimento dai frutti del giardino, come è detto alla fine del trattato di Qiddusizin nel Talmud Yerushalmi (4:12): "in futuro l'uomo dovrà rendere conto di tutto ciò che i suoi occhi hanno visto e di cui non ha mangiato". E se Adamo avesse detto a sua moglie che il Sig-ore D-o benedetto aveva ordinato di mangiare dagli alberi del giardino, anche nel caso in cui ella non avesse avuto l'intenzione di compiere una mitzwà, pur tuttavia questo atto l'avrebbe protetta (dal commettere una trasgressione) ed ella non avrebbe mangiato dall'albero della conoscenza del bene e del male. Ma poiché egli non le disse che il Sig-ore benedetto aveva dato una mitzwà di mangiare (dagli altri alberi), ella non mise in pratica alcuna mitzwà. Infatti, disse R. Aharon ha-Levi riguardo a colui che mangia la matzà (di Pesach), pensando che sia un giorno feriale, che costui non esce d'obbligo (2). Ciò è confermato anche dal fatto che Eva non menzionò affatto l'ordine positivo, ma solo il divieto (3); per questo non (vi fu alcuna mitzwà che) la proteggesse, e trasgredì al divieto (4)."

  1. Ossia un ordine, e non soltanto un generico permesso di mangiare. Ciò si deduce sia dal fatto che il versetto inizia con le parole "e D-o ordinò", sia dal rafforzativo "mangiare mangerai"
  2. Nel Talmud è riportata, in più punti, una discussione basilare dei Maestri se le mitzwot richiedono o meno kawwanà (intenzione) per poter uscire d'obbligo. La maggioranza dei poseqim (decisori rituali) ha deciso che le mitzwot non richiedono kawwanà (salvo alcuni casi particolari, come la lettura del primo verso dello Shemà): ad esempio, colui che è costretto con la forza mangiare la matzà di Pesach esce d'obbligo dall'osservanza di questa mitzwà. Sono tuttavia richieste alcune condizioni: nel caso di Pesach, bisogna che la persona sappia che il mangiare la matzà è una mitzwà, che in quel momento è Pesach (e non un giorno qualsiasi), e che ciò che sta mangiando è in effetti una matzà. Quindi riguardo ad Eva, anche nel caso in cui ella avesse mangiato dagli alberi del giardino, non si può dire che ella adempì ad alcun ordine, giacché non aveva prima saputo che esisteva una mitzwà di mangiare.
  3. Il testo della Torà infatti dice (Bereshit 3: 2-3): "e disse la donna al serpente: dagli alberi del giardino mangeremo (e non disse "mangiare mangeremo"), ma dall'albero che sta in mezzo al giardino D-o ha detto non mangerete da esso", accostando le parole divine solo al divieto, e non all'atto positivo di mangiare.
  4. Secondo il M.Ch., la responsabilità iniziale della trasgressione del mangiare dall'albero della conoscenza del bene e del male va attribuita ad Adamo, e non ad Eva, perché egli non trasmise l'ordine divino esattamente come lo aveva ricevuto (un esempio di Torà orale!). Se avesse fatto ciò, l'osservanza di una mitzwà positiva (il mangiare dagli altri alberi) avrebbe protetto Eva dal commettere il divieto. D-o quindi fece un atto di grazia dando alla prima coppia una mitzwà positiva, di facile esecuzione, che li avrebbe aiutati a non commettere errori; senza le mitzwot, l'uomo è nudo e indifeso di fronte alle prove a cui è sottoposto nel mondo.

(dal commento in loco del Meshekh Chokhmà, Rabbi Meir Simcha Ha-Kohen. La traduzione e le note sono opera di Rav David Gianfranco Di Segni e sono tratte dalla sua tesi di laurea per il conseguimento del titolo rabbinico superiore intitolata: "Il Sefer Bereshit come fonte di insegnamenti halakici, secondo il commento del Meshekh Chokhmà alla Tora'" )

 

Nell'ottica di Rabbì Meir Simchà Ha-Kohen quindi, i due versi si riferiscono a due precetti distinti che Iddio ha dato ad Adam:

  1. Mangiare da tutti gli alberi.
  2. Non mangiare dall'Albero della conoscenza del bene e del male.

Questi due versi non sono solamente il primo caso di una mizvà nella Torà Scritta, ma anche il primo esempio di Torà orale: "Il Signore Iddio ordinò all'uomo dicendo". La parola "dicendo", secondo l'Aderet Eliau, implica il fatto che Adam avesse l'obbligo di riferire la mizvà (o la doppia mizvà) a Chavvà. (lo stesso vale per i numerosi versi in cui si dice che Iddio parlò a Moshè "dicendo". "Dicendo" implica l'obbligo di riferire ad altri).

Il punto della trasmissione della regola si è rivelato particolarmente critico: da ciò che dirà in seguito Chavvà si ricava che:

  1. Adam non le aveva comunicato alcuna regola circa l'obbligo di mangiare dagli altri alberi.
  2. Adam aveva posto un ulteriore proibizione, quella di toccare l'Albero della conoscenza. Chavvà, istigata dal serpente, avrebbe prima toccato e, solo dopo essersi accorta che non era accaduto nulla, avrebbe mangiato.

Il primo episodio di "Torà orale" si rivela quindi, per colpa del maestro Adam, un vero fallimento. Due gli errori fondamentali.

  1. Aver omesso il precetto positivo. Il mondo delle mizvot è azione e non solo astensione. Un codice di soli "non fare" atrofizza l'uomo e ne impedisce il cammino verso D.
  2. La creazione di "siepi attorno alla Torà", obbligatoria e meritevole, deve essere fatta nella consapevolezza collettiva e va spiegata.

Dobbiamo renderci conto che la Torà è azione! E ciò ci conduce al secondo punto: non solo attenzione nel bilanciare l'esecuzione attiva e passiva delle mizvot, ma anche particolare attenzione nello studio della Torà: solo attraverso lo studio della Torà ed in particolare della Torà orale possiamo evitare errori fatali nell'osservanza delle mizvot.

L'importanza del verso di cui ci occupiamo questa settimana però non è solo quella di indirizzarci correttamente nel mondo della Torà. Questo verso contiene in se un messaggio "particolarmente" universale (giacché tutta la Torà è universale). Nel Talmud ( TB Sanedrhin 56b) Rabbi Jochanan ricava proprio da questo verso le "sette leggi dei figli di Noach". Si tratta delle sette mizvot valide per tutta l'umanità. Il grande Maimonide chiama colui che rispetta queste leggi perché date da D. attraverso la Torà un "pio delle Nazioni del mondo". Egli ha parte nel mondo futuro pur non essendo ebreo e merita onore come un ebreo osservante. (Anche per questo motivo l'ebraismo non tende al proselitismo). Vediamo come vengono ricavate queste leggi:

"Il Signore Iddio ordinò all'uomo dicendo: da ogni albero del giardino 'mangiare' mangerai." (Genesi II,16)

 

  1. ordinò - stabilire legge ed ordine, cioè istituire dei tribunali.
  2. Signore- la proibizione di bestemmiare.
  3. Iddio- la proibizione di fare idolatria.
  4. Uomo- la proibizione contro lo spargimento di sangue.
  5. Dicendo- la proibizione dell'adulterio.
  6. da ogni albero del giardino- la proibizione del furto.
  7. 'mangiare' mangerai - la proibizione di mangiare un pezzo di un animale vivo.

La derivazione si basa su altri versi biblici nei quali l'espressione accennata nel verso-fonte è citata in diretta connessione con la proibizione in questione.

Alcuni di essi sono un po' ardui da rilevare: l'adulterio è rappresentato dalla parola Dicendo. C'è una forte ostilità dei Maestri nei confronti della conversazione tra una donna sposata ed il suo prossimo: il parlare può portare all'infedeltà coniugale. (cfr. Pirkyè Avot). Il dicendo si riferisce quindi a tale problematica. Molto spesso questa esegesi viene utilizzata nella Bibbia (cfr. Josef ed il Faraone circa la moglie di Putifar)

Abbiamo visto come da un solo verso possa scaturire una cascata di insegnamenti. Notevole il fatto che Iddio abbia affidato la legge delle Nazioni alla Torà Orale e le abbia "nascoste" in un verso così significativo.

Per ogni uomo, e per l'ebreo in particolare, è necessario seguire il sentiero tracciato dall'Eterno. Tutti devono però rendersi conto che l'unico modo per non trasgredire i precetti negativi è rafforzarsi attraverso quelli positivi. Tutti devono capire che l'autorità dei Maestri ai quali è affidata la Torà orale è Divina.

Israele deve in particolare capire che prima ancora di porsi i problemi della Kasherut si deve porre i problemi delle Seudot Mizvà. I pasti d'obbligo.

Quelli dell'osservanza dello Shabbat, delle milot, dei matrimoni e soprattutto dei tanti trattati talmudici che con l'aiuto di D. studieremo quest'anno!

Shabbat Shalom

Jonathan Pacifici