Il gatto e il topo
Nuga
n. 98 del 6 giugno 2003
Ad
un gatto ruspante - se si prescinde dai buffi e
infiocchettati esemplari da concorso di bellezza
felina - si chiede, generalmente, di acchiappare
il topo. Ad un gatto si chiede, giustamente, di
essere coerente sia con la propria natura sia con
la propria funzione riconosciuta. Se non acchiappa
il topo tutti sono disposti ad ammettere che si
tratti di un gatto snaturato oppure che non sia
affatto un gatto che - magari - può anche essere
preso a scopate sulla testa.
Ad
un dirigente scolastico la società chiede,
giustamente, di perseguire le ragioni, la qualità
e i fini istituzionali del servizio. Si chiede al
gatto (pardon: al dirigente scolastico) di
organizzare e gestire la scuola nel modo migliore
per realizzare il massimo di qualità in termini
di istruzione/educazione/formazione degli
studenti. Se non acchiappa i topi (pardon: i fini
citati) gli si possono ricordare i suoi compiti,
visto che sul piano giuridico è responsabile dei
risultati.
Ma
se al gatto si tagliano le unghie con forbici
affilate a doppia lama (leggasi: istituti
normativi del nuovo contratto scuola) come si può
pretendere che sappia acchiappare il topo? A
questo punto occorre porsi un interrogativo: ma
noi che razza di gatti (pardon: dirigenti) siamo?
Dovremo rassegnarci a fare la fine coreografica
dei gatti da salotto, dal pelo lucido e pettinato,
nutriti a scatolette Kit&cat, avviluppati di
nastri e nastrini?
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