FARE AFFIDAMENTO SU SE STESSI

 

di Alfredo Ruiz

(Direttore dell’Istituto di Terapia Cognitiva di Santiago del Cile – www.inteco.cl)

 

Articolo tratto da Pagina12 – Psicologia, Jueves, 27 maggio 2010

(www.pagina12.com.ar)

 

Trad. it. di Paolo Coluccia

http://digilander.libero.it/paolocoluccia

 

L’Autore afferma che la narrazione, intesa come una delle due modalità possibili del pensiero, è sostegno dell’identità personale, e quando un evento non può essere assimilato nella storia che ciascuno narra a se stesso, sorge un sintomo patologico.

 

La narrazione è uno dei temi emergenti più affascinanti della psicologia contemporanea. L’interesse che la narrazione ha suscitato nei teorici deriva, credo, dal fatto che, nell’adottare in psicologia una prospettiva non empirica, costruttivista o post-modernista, la comprensione di come l’esperienza umana influisce nella nostra percezione del mondo che viviamo in ogni istante, passa ad essere uno dei suoi problemi fondamentali.

Uno dei maestri teorici fondamentali del movimento narrativo in psicologia, lo psicologo cognitivo Jerome Bruner – nei suoi libri fondamentali, Realtà mentale e Mondi possibili e Atti di significato – risolve, in forma semplice ed esaustiva, un problema teorico fondamentale in riferimento al funzionamento della mente umana: la proposta di Bruner è che ci sono due modi diversi di conoscere, due modalità di funzionamento cognitivo, di pensiero, e ciascuna di queste ci consegna altrettanti modi caratteristici di costruire la realtà. Queste due modalità di pensiero non si possono ridurre l’una all’altra senza il rischio evidente di perdita della ricchezza che racchiude le sue diversità. Ancor più, questi due modi di conoscenza sono autonomi, tanto nei loro principi di funzionamento, quanto nei criteri di verifica del funzionamento che raggiungono.

La modalità di pensiero che Bruner distingue sono il modo di pensare paradigmatico e il modo narrativo. La modalità paradigmatica o logico-scientifica, come la definisce Bruner, tenta di essere un sistema matematico formale di descrizione e di spiegazione. La metafora per capire questo pensiero è il computer. Attualmente sappiamo molto di questo pensiero paradigmatico e della sua funzione, tanto negli adulti quanto nei bambini. Con questo pensiero accade che risolviamo la maggior parte dei problemi pratici della vita quotidiana. Per la maggioranza delle persone è l’unico tipo di pensiero che si ha. E fino a 10-15 anni fa anche gli psicologi credevano la stessa cosa.

Il modo di pensiero narrativo – si noti che anche Bruner lo descrive come pensiero – è certamente meno conosciuto. Senza dubbio, è il tipo di pensiero più antico nella storia umana. Probabilmente è preesistente al pensiero paradigmatico. Il pensiero narrativo consiste nel raccontarsi storie da uno all’altro e a se stesso; nel narrare queste storie andiamo costruendo un significato con il quale le nostre esperienze acquistano senso. La costruzione del significato sorge dalla narrazione, dal continuo attualizzare la nostra storia, dalla nostra trama narrativa. È un’attività umana fondamentale. Tutti lo facciamo.

Humbero Maturana, nel suo ultimo libro, Origine dell’umano nella biologia dell’umanità, (in corso di stampa), e nelle comunicazioni personali con l’autore di questo articolo, ha anche descritto queste modalità di pensiero. Nella sua opera Teoria Biologica del Conoscere, li chiama ragionamento lineare e ragionamento sistemico.

A ciascun modo di pensare corrisponde un tipo di astrazione. Mentre il pensiero paradigmatico arriva ad essere astratto in seguito agli interessi degli aspetti concettuali più universali o generali, la capacità astrattiva del pensiero narrativo sorge dai suoi interessi per il particolare. Come indica Bruner, questo pensiero “si occupa delle intenzioni e delle azioni umane e delle vicissitudini e conseguenze che seguano il suo trascorso”. Per lo scrittore James Joyce, “le particolarità del racconto sono manifestazioni dell’ordinario”. Il raccontare storie è un procedimento opposto al pensiero paradigmatico, giacché la storia sorge da ciò che è assolutamente particolare, da ciò che è sorprendente, insperato, anomalo, irregolare e anormale. Cose che non dovrebbero succedere e succedono. Eventi che si staccano totalmente dallo stabilito.

L’astrazione del pensiero narrativo sorge dalle immagini. Il pensiero narrativo è un pensiero di immagini che non seguono una logica lineare, ma analogica: funziona per analogia, per somiglianza. Le immagini si uniscono una con l’altra e si pongono in sequenze per somiglianze di contenuti, per similitudini di tonalità emotiva. Nicanor Parra, nel suo poema L’uomo immaginario, mostra ciò che è questa astrazione narrativa. Le immagini che contiene evocano immediatamente la storia di tutta una vita.

 

Se stesso è altro

Nella visione cognitiva postrazionalista dello psicoterapeuta e teorico italiano Vittorio Guidano era implicita la modalità narrativa, tanto nella concettualizzazione della psicopatologia quanto nella psicoterapia. Nel suo libro Sviluppo della terapia cognitiva postrazionalista, egli tenta d’introdurre formalmente il tema della trama narrativa nel suo modello terapeutico e affronta il problema di mettere in relazione il mutamento umano, l’identità personale e la narrazione personale.

Per una migliore comprensione di ciò che è l’identità personale, cerchiamo di fare riferimento a quello che è un sistema che si autorganizza, un sistema determinato nella sua struttura, come direbbe Maturana, che organizza la sua esperienza di realtà. Guidano sostiene che un sistema di questo tipo conserva, per tutto il ciclo di vita, l’unità di se stesso come sistema, cioè: il sistema conserva ciò che si chiama la sua identità. Per questo autore, l’identità non è statica; l’identità è precisamente una costruzione e non una rappresentazione, come intendono le visioni razionaliste. Per Guidano, la costruzione dell’identità personale significa il compito d’individualizzarsi e di differenziarsi rispetto ad un mondo, ciò che sempre indica una maniera di vedere il mondo e, quello che è più importante, un modo di sentirsi in esso. Guidano dice che dal primo momento ciascun atto d’identità, ciascun atto d’individualizzarsi rispetto all’altro, implica sempre l’elaborazione e la costruzione di un significato pesonale. Come avviene questo?

Guidano osserva che “la costruzione di un significato personale è un’attività che, fin dall’inizio dello sviluppo umano, corrisponde ad un processo di sequenzializzazione di eventi significativi”, cioè, unisce sequenze di un complesso di eventi che sono significativi dal punto di vista dell’attività emotiva del soggetto. Nel porre in sequenza questo complesso di eventi – le immagini, combinate e ricombinate tra loro – si arriva a sviluppare una configurazione unitaria, ed è attraverso di essa che si può vedere un mondo e sentirsi in esso.

Questo Autore avverte che “il modo in cui si vede la costruzione di una visione del mondo non è qualcosa di puramente intellettuale: ogni sequenzializzazione di eventi e di rappresentazioni comporta anche un’attivazione del mondo emozionale e il riverbero di eventi passati corrisponde al riverbero di modulazioni emotive specifiche. Questa configurazione unitaria di complessi di eventi, immagini ecc., dall’inizio comincia a trascrivere tutte le caratteristiche che possiamo definire una storia. Sequenziare gli eventi significa interpretarli. Sequenziare gli eventi in immagini e rappresentazioni significa interpretarli, significa dargli nuovi termini, dargli una trama narrativa”.

Alasdair MacIntyre, nel suo libro Dopo la virtù, usa l’espressione “unità narrativa della vita” quando si riferisce a questa trama narrativa che è la continuità unitaria del sentimento di se stesso. La sequenza d’immagini che la costituisce non è nient’altro che la conservazione della coerenza e della continuità della propria storia di vita. Per Guidano, il sentimento di se stesso coincide con la coerenza interna di questa storia di vita unica, della quale uno è il personaggio principale, che uno interpreta e vive ogni giorno.

Guidano sostiene che questo personaggio va cambiando in accordo con quello che sta avvenendo nella sua storia: il personaggio tende a modularsi con gli avvenimenti che caratterizzano la sua vita. Nella vita di qualche persona è inevitabile che avvengano eventi imprevedibili, in ogni giorno ed in ogni momento. Qualcuno di essi cambia il nostro modo di vivere, cambia le nostre aspettative, e questo evento continuerà ad essere perturbatore fino a quando non riuscirò ad integrarlo nella storia della mia vita. Così avverrà ciò che indica Paul Ricoeur nel suo libro Se stesso come altro: “Il caso si trasforma in destino”. Per Guidano, il caso si è inserito nella sequenza di eventi della storia e, al tempo stesso, il sentimento perturbatore che si è sperimentato quando l’evento imprevedibile si è prodotto, si è trasformato in una sfumatura, oltre la quale si può sperimentare il sentimento di continuità e di unicità della mia storia di vita.

 

Testi falliti

Può avvenire che, nella vita di una persona, un evento o una serie di eventi non possono essere assimilati nella sua storia di vita. Questo evento che non è stato processato, né elaborato, è ciò che si va trasformando in un sintomo psicopatologico. Per esempio, la non assimilazione di un’esperienza di essere deluso dal padre da parte di un’adolescente può causare in essa un episodio anoressico acuto. Oppure, esperienze di rifiuto non assorbite in un uomo di mezza età producono una reazione depressiva importante.

Da questo punto di vista, la psicopatologia s’imposta in termini di perturbazioni nella continuità della trama narrativa: eventi che causano perturbazioni emozionali permangono senza essere integrate nella storia di vita del soggetto.

Dalla posizione costruttivista e post-razionalista, la psicopatorlogia non si vede in termini di contenuto. Se condividiamo l’idea che il sistema umano è un sistema che si autorganizza, non possiamo che vedere allora il normale, il nevrotico o il psicotico in relazione a categorie che fanno riferimento ad una realtà esterna oggettiva. Dalla posizione costruttivista e post-razionalista, si vede la normalità come la capacità che hanno le persone di adattarsi in funzione della loro flessibilità nelle differenti situazioni esistenziali. I nevrotici saranno quelle persone nei quali la flessibilità sarà diminuita e che pertanto conservano punti di vista rigidi e non generano teorie che permettono loro d’integrare gli eventi perturbatori nella loro trama narrativa. Nella psicosi si vede un’interrogazione assoluta del processo di continuità della trama narrativa.

La psicoterapia tenderà ad essere vista come un processo nel quale la persona, attraverso ripetute ricostruzioni, può andare integrando i suoi eventi che sono vissuti come estranei a se stessa, come è nel caso del nevrotico, o che hanno interrotto totalmente la continuità della trama narrativa, come è il caso dei psicotici. In questo modo si facilità la riorganizzazione che la persona può fare della storia della sua vita. Questo lavoro terapeutico si realizza in sessioni nelle quali il paziente lavora e collabora attivamente nella ricostruzione della sequenza di eventi e situazioni perturbatori. Però, soprattutto, la terapia non include gli psicofarmaci, giacché questi non apportano nulla alla riorganizzazione del modo come la persona sta ricostruendo il suo significato personale. Al contrario, il loro uso, quasi nella totalità dei pazienti, è incompatibile con la psicoterapia. Inclusi i psicotici.

 

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