Il Tempo Ritrovato

La rivista Il tempo ritrovato pubblica periodicamente ma anche irregolarmente dati e notizie sui sistemi di scambio locali nel mondo e in Italia.

Sono fascicoli di 10-12 pagine che vengono spediti a richiesta per e-mail o per posta.

Nessun compenso è dovuto dal ricevente, non ci sono diritti d’autore, si può contribuire volontariamente alle spese di spedizione e di copia. In linea generale partecipano alla stesura degli articoli gli stessi soci della BdT Il tempo ritrovato, anche se sporadicamente intervengono persone più o meno interessate al circuito dei sistemi non monetari (ricercatori, studenti impegnati in tesi universitarie sul tema ecc.)

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Estratti dai numeri della rivista Il tempo ritrovato...

ASSEM

(Associazione per la Solidarietà Sociale ed Economica di Martano)

GRIPRA

(Gruppo di Ricerca, di Informazione e di Pubbliche Relazioni dell’Assem)

Banca del Tempo di Martano

Estratti da

Il tempo ritrovato

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La vita è ben piccolo bene,
in confronto ai beni che in essa
ci è dato fare.

(Miguel DE UNAMUNO)

 

Periodico di Informazione

Edizioni di LILLIPUT

Riproduzione libera

Recapito:
via Castrignano de’ Greci n. 51
73025 MARTANO (LE) ITALIA
Telefono 0836 572183 Tel. cell. 0368 419399
e-mail: paconet@libero.it
http://digilander.iol.it/paolocoluccia

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(dal numero 0 de Il tempo ritrovato, aprile 1997)

Lettera di presentazione della rivista "Il tempo ritrovato"

Carissimi amici e lettori,

vi presentiamo la rivista "Il tempo ritrovato", un periodico di informazione e di comunicazione, che negli ultimi tempi esce in forma irregolare con numeri speciali.

Troverete testi, articoli, curiosità, interventi, recensioni e notizie di vario genere. Riteniamo possa essere un utile strumento di comunicazione, di informazione e di contatto tra molte persone, per una crescita culturale e sociale dell’individuo e della sua comunità d’appartenenza.

E’ auspicabile che a questa rivista partecipino direttamente tutti, in special modo i fanciulli, intelligenze limpide e genuine, non incrostate da velleità condizionanti della storia, della cultura, della politica e della pubblicità.

Una ricerca, una canzone, una poesia, un disegno, una riflessione e quant’altro ciascuno intende produrre ed inviare alla redazione possono acquistare un significato profondo ed universale per tutti noi.

Sostieni, perciò, per quanto ti è possibile questa iniziativa.

Un carissimo saluto

La redazione

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La società post-moderna sembra volerci costringere all’individualità e all’egoismo. Noi vogliamo reagire a questa prospettiva negativa con un’azione sociale innovativa, con una ricerca sociale, con un movimento pratico comune che faccia emergere l’amicizia, la professionalità, la solidarietà, la socialità, le potenzialità della persona e il miglioramento socioeconomico, mediante la creazione di gruppi non istituzionalizzati e non omogenei, minimamente strutturati in associazione e con differenti scopi sociali, organizzati in sistemi socioeconomici non monetari, a vocazione comunitaria, cercando di comprendere e di far proprio il semplice, ma ad un tempo complesso, concetto della reciprocità indiretta e del dono libero. (P.C.)

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Perché la socialità?

Socialità e socializzare sono parole che sentiamo ripetere spesso, specialmente quando si parla di bambini in rapporto alle loro capacità di fare amicizia.

E’ chiaro, però, che anche gli adulti hanno bisogno di socializzare e nello stesso tempo devono educare alla socialità.

E’ d’obbligo una domanda: può la famiglia, oltre che la scuola e le altre istituzioni educative, dare ai fanciulli una formazione sociale che si rifletta in modo positivo nella scuola, nel lavoro e nel tempo libero?

Per dare una risposta a questa domanda è opportuno analizzare la posizione della famiglia oggi.

Ci si accorge subito di una verità: nella famiglia non c’è mai "tempo". Tutti noi, chi più chi meno, siamo presi da tante incombenze durante la giornata e spesso si sente dire che se la giornata durasse il doppio non basterebbe per sbrigare tutte le nostre faccende quotidiane.

Nonostante ciò, riteniamo opportuno ritagliare degli spazi di tempo, riflettere un po’ su questa situazione esistenziale che rischia di diventare cronica ed esasperante.

La famiglia può e deve educare alla socialità, anzi essa stessa deve intendersi come una prima forma ed esempio concreto di socialità. Perciò la famiglia deve aprirsi e tenere conto dei cambiamenti che giorno dopo giorno si verificano nella società.

E’ innegabile che si troveranno molte difficoltà: tra il lavoro, la scuola e gli altri impegni rimane poco tempo libero per dedicarsi ad una seria educazione sociale.

Oggi, anche il tempo libero tende a svolgersi lontano dalla famiglia o indipendentemente da essa. Spesso ciascun componente della famiglia ha un suo hobby, il che è anche giusto: ma a volte questo crea incomprensioni e disagi. Purtroppo non sono sufficienti le amicizie di circolo, di partito o di lavoro, in quanto non danno socialità alla famiglia, anzi possono, a lungo andare, dividere i vari membri, demarcare ancor più le distanze tra di essi e far scaturire forti individualità o interessi contrastanti.

Non è neanche sufficiente una buona socialità reciproca tra gli stessi soggetti della famiglia: infatti, la vita famigliare deve essere orientata verso una socialità aperta e viva, in modo che i fanciulli possano assorbirne ogni cosa valida, senza subire concetti e precetti preconfezionati.

In generale si riconosce per principio "il buon esempio": a cosa serve spingere i fanciulli e gli adolescenti ad instaurare proficui rapporti sociali ed aprire la loro vita agli altri, se gli stessi adulti tendono sempre più ad isolarsi?

Non basta giustificarsi con la necessità del "rispetto della privacy", posizione che, il più delle volte, tende ad evitare l’altro, visto come "un intruso", che potrebbe sconvolgere la nostra vita con richieste ed esigenze a noi non abituali.

Lucia A.

 

Una socia della Banca del tempo racconta…

Mi occorrevano due torte alla frutta per il compleanno che mia figlia voleva festeggiare a scuola con i suoi compagni di classe.

Mi mancava, però, il tempo per prepararle.

Mi rivolsi a Lucia, una socia della Bdt che offriva questo servizio nel bollettino degli annunci.

Dopo il suo assenso comprai gli ingredienti e glieli portai a casa.

La mattina del compleanno, mentre ci recavamo con Lucia a scuola per portare le torte all’ora di ricreazione, ebbi l’idea di scattare qualche foto alla mia bambina insieme con i suoi compagni.

Non c’era però il tempo per comprare la pellicola della mia macchina fotografica, peraltro un po’ complicata da usare.

Allora pensai di rivolgermi a Lidia, un’altra socia della Bdt, esperta in servizi fotografici, alla quale chiesi di venire con noi a scuola per scattare alcune foto.

Lei ha accettato volentieri.

Qualche insegnante è rimasto sorpreso in quanto non voleva credere che quella mattina si era concretizzato un bellissimo esempio di scambio non mediato dal denaro e di reciprocità indiretta.

Maria Assunta L.

 

Impariamo dai bambini…

(Opinioni, concetti e riflessioni con alcuni bambini di I elementare)

Filastrocca inventata da un bambino

Il tempo passa

anche in Val di Fassa

anche in una cassa

anche in una casa bassa.

Nessuno lo può fermare

neppure chi sa nuotare

neanche chi tante cose sa fare.

Corre sempre

senza badare alla gente

che rincorre col fiatone

questo tempo mattacchione.

 

Il bambino che ha inventato questa filastrocca

come ha immaginato il tempo?

"Come una persona scherzosa".

 

E voi come immaginate il tempo?

Cristian: "Come un cerchio di bambini che non finisce mai".

Esther: "Come una spiaggia che non finisce mai".

Matteo: "Come una strada lunga lunga".

Alberto: "Come una rondine che non si stanca mai di volare".

Diego: "Come la terra che gira sempre".

Laura: "Il tempo è come se conti i numeri e non finiscono mai".

Clarissa: "Come tante nuvole che si rincorrono".

Luca: "Come un fiume che scorre sempre".

Cosimina: "Il tempo è come una giostra che gira sempre".

Andrea G.: "Come un fiore che non secca mai".

Andrea N.: "Come un ghiaccio che non si scioglie mai".

Tania: "Come una lampadina che si accende e si spegne".

Federico: "Come una persona che corre e non si stanca mai".

 

LA FESTA DI COMPLEANNO

Il bambino: "Il tempo è volato!".

La mamma: "Per fortuna che la festa è finita!".

Il bambino (agli amici): "Già andate via? Abbiamo giocato così poco!".

Il papà: "Questo pomeriggio non finisce più!".

Il gatto: "Per fortuna che è arrivata l’ora di andare!".

 

RIFLESSIONI

Per i bambini il pomeriggio,

trascorso tra giochi e merende, è sembrato brevissimo.

Per gli adulti, che stavano aspettando per riportarli a casa,

il tempo è sembrato lunghissimo.

Il gatto, che vuole la sua tranquillità domestica,

è contento quando tutti alla fine vanno via.

 

Che cos’è per voi il tempo?

Che cosa vi viene in mente sentendo questa parola?

 

Federico, Esther, Gianni:

"Quello che passa".

Andrea, Matteo. Cosimina, Luigi:

"I secondi, i minuti".

Clarissa, Diego, luca, Cinzia:

"Le ore".

Maria Assunta, Laura, Alessandra:

"I Giorni".

 

Riflessioni e musica: "Questo immenso show"

Questo è il titolo di una canzone dell’album di Eros Ramazzotti "Dove c’è musica". Questo brano non è tanto conosciuto come "Stella gemella", "Sarà l’aurora" o quello che dà il titolo all’album stesso.

Vi sono motivi e significati assai interessanti. Anche il ritmo è bello, ma soffermiamoci sulle parole del testo.

La vita è paragonata ad un immenso show, dove ci sono "maschere su maschere" pronte ad essere indossate a seconda delle situazioni.

"Ci siamo dentro tutti ormai": nemmeno il rapporto di coppia che viene descritto va a buon fine, dal momento che lui se ne va, anche se molto innamorato, avrebbe voluto "un finale diverso".

Perché si ha bisogno di una maschera? Perché spesso ci si dimostra diversi da come si è? Perché si ha paura di essere se stessi?

La nostra società, con miti, messaggi controversi, pubblicità asfissiante, porta alla ribalta solo le persone che hanno successo. Questo ci fa sentire piccoli e impotenti. Per difendersi e per non essere ancora più vulnerabili si usa uno scudo, una corazza, una maschera, altrimenti, come canta Max Pezzali (883) nel brano Gli avvoltoi, "se ti muovi ti fottono".

Il nasconderci o il comportarci in modo diverso da come siamo rispetto alle persone che abbiamo di fronte ci può dare, a prima vista, qualche risultato: possiamo essere ammirati, ricercati, capiti… Ma alla fine, che cosa ci rimane?

Possiamo noi stessi non capire chi effettivamente noi stessi siamo o cosa vogliamo essere veramente.

Lucia A.

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(dal numero 1 de Il tempo ritrovato, maggio 1997)

Perché la solidarietà?


Quando doniamo ad un povero,
non facciamo del bene,
ma estinguiamo un debito!
(Don Lorenzo Milani)

In ambito giuridico quando si contrae un debito con una persona si è solidali con la medesima soltanto quando il debito contratto si è estinto totalmente. Infatti, non si è solidali con quella persona se, dopo un contratto o un negozio, non si estingue in solido il debito, cioè fino a quando non si rimette in parità la parte che ha ricevuto e la parte che ha ceduto. In sostanza, il concetto di solidarietà giuridica si fonda sul principio di riconoscere un debito, di rifonderlo in modo parificato a chi abbiamo chiesto di contrarlo, a rimettere in parità il rapporto negoziale con l’altro.

Ma cosa significa solidarietà nella sua accezione sociale? Quale debito si è contratto con l’altro quando cerchiamo di essere solidali con lui? A quale negozio si fa riferimento quando doniamo qualcosa a qualcuno, anche quando non si è avuto nulla a che fare con lui?

Non è facile fornire una risposta a queste domande. Ma cerchiamo di farlo.

Possiamo artificiosamente distinguere due forme di solidarietà: una attiva e una passiva.

Per solidarietà attiva intendiamo l’atto concreto di restituzione in solido di un debito che volontariamente abbiamo contratto con un altro.

Per solidarietà passiva intendiamo la restituzione indiretta di un debito sociale che l’individuo ha contratto quando si è trovato casualmente ad occupare un luogo geografico e sociale, più o meno esistenzialmente fortunato, più o meno economicamente favorevole, in parole povere, quando è nato.

Non è tutto merito o demerito nostro esserci trovati in una posizione più o meno privilegiata nel nostro ambiente sociale. Infatti, nessuno in generale può essere convinto che la sua azione individuale sia partita, con il vento favorevole o sfavorevole, da zero. Molte generazioni di individui e famiglie hanno contribuito alla nostra condizione sociale, culturale, economica ed intellettuale!

Quanta casualità può essere riscontrata nella nostra esistenza! Siamo nati figli di una persona agiata, ma saremmo potuti nascere figli di un poveraccio, figli di un docente universitario o figli di un operaio.

La nostra posizione sociale non appartiene esclusivamente a noi, ma deriva per la maggior parte dal nostro patrimonio socio-genetico.

Se consideriamo fondate queste premesse, possiamo concludere che fin dalla nascita siamo in debito-credito con gli altri, in maniera più o meno consistente: in debito verso chi è più debole di noi e in credito verso chi è più fortunato di noi.

Ecco la ragione della solidarietà passiva, anche se per molti è difficile ammettere, in senso generale, questa strana argomentazione sulla solidarietà sociale.

Infatti, la parola solidarietà nell’ambito societario moderno ha acquistato, quasi esclusivamente, il significato di carità. Ma non è così. L’azione solidale non può essere soltanto legata alla buona volontà dell’individuo, il quale, fugando ogni dubbio per le encomiabili e meritorie azioni che compie nei confronti del prossimo, qualche volta (in casi estremi e soggettivi) è portato a fare del bene solo per guadagnarsi un posto privilegiato nell’al di là.

La solidarietà deve soprattutto essere intesa come un fondamento esistenziale.

Se il principio di solidarietà non è inquadrato nel concetto di reciprocità sociale e culturale, rischiamo di compiere un’azione parziale e, qualche volta, interessata, e chi è in difficoltà socio-economica rischia di rimanerci in eterno e a tramandare ai suoi discendenti le sue stesse difficoltà.

E’ importante oggi prendere coscienza del principio di solidarietà passiva: solo così si mette da parte il buonismo e il paternalismo, la dipendenza e le differenza sociale ed economica, e si può iniziare a concepire una migliore qualità della vita in generale e per tutti.

Questo approccio particolare alla solidarietà distingue considerevolmente gli agenti dei sistemi di scambio locale. La reciprocità indiretta, che è alla base di questi gruppi di persone, definisce nuovi rapporti inter-individuali, nuove relazioni tra soggetti sociali e costituisce la comunità.

Paolo C.

I ragazzi raccontano…

La vita

La vita è come una poesia

Quando finisce c’è scritto fine.

Vivi, vivi ma poi finisce.

Piangi, piangi ed hai dolore.

Ridi, ridi e sei felice.

Ma quando sai che qualcosa non va

Ti rattristi e non sai che fare.

Il nuovo giorno ti rallegra,

la notte cala e diventi triste.

La vita fa sali e scendi,

giorni si e giorni no.

Il cane abbaia,

ti senti male,

ma poi capisci

che non ti fa male.

La vita è così.

Sara, anni 11

 

Cronaca: Il convegno di Santarcangelo di Romagna.

Ho partecipato al convegno delle Banche del tempo a Santarcangelo di Romagna con quasi tutta la mia famiglia. Devo ammettere che è stata una bellissima esperienza: c’era davvero tanta gente e ho conosciuto molte persone.

Sono rimasta molto sorpresa nel constatare quanto interesse abbiamo suscitato, noi della Banca del Tempo di Martano, in molti partecipanti. Questo grazie alla nostra così diversa impostazione di Banca del Tempo.

E’ stato molto bello conoscere i rappresentanti stranieri che sono intervenuti al convegno: sono proprio delle persone simpaticissime, molto alla mano e con tanta voglia di instaurare nuove amicizie.

E’ stato molto divertente quando noi di Martano li abbiamo incontrati vicino alla fermata degli autobus a Rimini. Che divertimento!

La Liz Shephard, rappresentante dei Lets inglesi, cercava con il suo amico di parlare francese, così anche noi, considerato che era l’unica lingua, oltre alla nostra, di cui fossimo più o meno a conoscenza.

Poi c’era la Ina Lange, rappresentante tedesca, che parlava un po’ l’italiano e bene l’inglese e faceva un po’ da interprete.

Abbiamo riso proprio tanto, anche perché dovevamo affrettarci a parlare e non sempre ci si capiva, perché a momenti sarebbero giunti i nostri autobus.

Alla fine ci siamo scambiati gli indirizzi e ci siamo impegnati ad instaurare un buon rapporto di amicizia.

Purtroppo, nella foga di parlare ci siamo dimenticati di fare una foto di gruppo, anche se con noi avevamo portato la macchina fotografica.

Pazienza. Sarà per la prossima volta.

Elena, anni 16.

 

Quanto valgono 10 minuti?

Vi voglio raccontare ciò che mi è accaduto alcuni giorni fa e che mi ha indotta a fare alcune riflessioni. Sabato 10 maggio occorreva prendere i bambini da scuola alle 11 perché c’era una riunione sindacale degli insegnanti. A causa di un contrattempo sono partita da casa alle 11 esatte.

Non sapevo cosa pensare quando, ad un incrocio vicino alla scuola, ho visto tanta gente a molte auto ferme. Fortunatamente era un corteo nuziale. Ho chiesto ad alcune persone se avevano visto mio figlio, di sei anni, ma mi rispondevano tutti di no.

Ero preoccupata! Poi ho sentito Lucia, una socia della Banca del tempo, chiamarmi e dirmi di stare tranquilla, perché il bambino lo aveva accompagnato lei a casa.

Tornata a casa ho pensato: "Se non avessi conosciuto Lucia, che sarebbe successo? Probabilmente qualche altra amica si sarebbe accorta che non c’ero e avrebbe agito di conseguenza, oppure mio figlio si sarebbe fermato nell’atrio con le bidelle o forse sarebbe tornato a casa da solo per la prima volta".

In ogni caso ho sentito un debito di riconoscenza con la persona che si è presa cura di mio figlio in quella circostanza. Anch’io avrei agito allo stesso modo. Inoltre, lo scopo della nostra Bdt è quello di fondare un atteggiamento di reciproco aiuto, che però non può esaurirsi nel solo rapporto tra i soci, ma deve stimolare una concreta apertura e un’inesauribile disponibilità verso gli altri, chiunque essi siano.

Se io dovessi dare una "valutazione" a tutto ciò, se dovessi cioè quantificare in termini non monetari il valore del gesto che Lucia mi ha fatto occupandosi di mio figlio per pochissimo tempo, che misura dovrei usare? Non è stato un servizio, né una prestazione, né un bene! E allora? Lucia ha impiegato 10 minuti del suo tempo e della sua disponibilità, volontariamente, senza che alcuno le chiedesse nulla, ma per me quei 10 minuti possono mai avere il "valore" convenzionale dell’orologio?

E’ evidente che il valore del tempo, in questo caso, sa molto di soggettivo. Infatti, non potrei mai paragonare quei 10 minuti ai 10 minuti dedicati a pulire una finestra o a fare la piega ad un pantalone.

Ecco dunque la comodità di una unità di conto simbolica che non abbia alcuna attinenza alla moneta corrente e che nemmeno misuri il valore del dono mediante i regolari tremolii delle lancette dell’orologio.

Perciò, definire l’Assem una Banca del tempo può essere riduttivo, o, meglio, non è pensabile che la Banca del tempo debba unicamente rapportarsi al tempo scandito dall’orologio.

Lucia A.

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(dal numero 2 de Il tempo ritrovato, giugno 1997)

Lettera aperta ad un socio dell’Assem – Banca del tempo

In generale si ricevono lettere e messaggi dai lettori di un periodico d’informazione. Nel nostro caso è la redazione del Il tempo ritrovato che scrive una lettera ad un socio. Questa può essere considerata aperta a tutti, soci e non, e cerca di fornire alcune risposte a domande che quotidianamente ci vengono direttamente ed indirettamente rivolte.

Che cosa è una Bdt? Che genere d’associazione è mai questa? Cos’è un progetto socioeconomico che fonda la comunità? Come si concepisce il gruppo sociale che vi è coinvolto?

Non è facile attivare un processo socioeconomico rivolto alla crescita della comunità. La storia ci insegna che l’umanità ha impiegato anni e a volte secoli per raggiungere semplici traguardi. Una volta raggiunti alcuni, l’uomo s’è subito dato da fare per porsi dei nuovi.

Il concetto di comunità non può essere inteso in senso statico: il rischio sarebbe di considerarlo una specie di cibo precotto che può essere preparato, prodotto, distribuito e acquistato.

Crescita sociale ed economica, comunità, solidarietà sono idee che stimolano un processo, un itinerario esistenziale, una riflessione che a volte può essere persino triste e solitaria. Non sempre si può rinchiudere questo processo in schemi definitivi. Si pensi un attimo al significato etimologico della parola progetto.

Occorre non aver fretta per vedere i risultati, che possono anche non essere tangibili. Quando il tempo, anche parzialmente, ripagherà gli sforzi ed i sacrifici, confonderà le critiche devastanti, scaccerà lo scontento e il disincantamento ormai cosi generalizzato nella nostra società, allora forse qualcosa sarà più chiaro e comprensibile. L’uomo non rimane, nella sua azione, mai fermo sulle posizioni acquisite, ma ad ogni arrivo riparte, anche senza meta, per altre destinazioni. La storia ci mostra con i suoi avvenimenti questo continuo processo, queste derive, l’emancipazione e l’involuzione, a volte, dell’umanità. Se l’essere umano si fosse adagiato un risultato raggiunto e consolidato… forse si sarebbe già estinto da un pezzo. Per fortuna il pensiero umano viaggia sulle ali della ricerca, incessante e mai esaustiva, privo di una meta certa, verso l’infinito e l’ignoto.

La Banca del tempo, come gruppo sociale che svolge un processo sociale, non riuscirà mai a fornire risposte esaurienti e definitive ad interrogativi strutturali o a stabilire regole certe e definitive. Quando penserà di farlo, forse sarà arrivata ad una destinazione, sarà istituzionalizzata, ma altresì sarà stanca e pronta e prendere la via della lenta estinzione.

Occorre aver pazienza. I risultati arriveranno (in fin dei conti, poi, cosa sono questi se non il mero apparire agli altri?) e verrà riconosciuto qualche merito. In quel preciso momento forse qualcuno di noi si farà vincere dalla propria piccola vanità. Spero che tutto questo non ci serva tanto!

I risultati di questa esperienza sociale non sono e non saranno quasi mai tangibili all’esterno, poiché sono racchiusi nell’intimità di un rapporto inter-individuale, inter-familiare e nelle buone relazioni che alcuni individui hanno pattuito di instaurare tra loro, mediante semplici comportamenti di reciprocità, piccoli doni che a volte possono dire poco (agli altri e al piccolo socio a cui è indirizzata questa lettera), non producono fanfare e frastuoni, celebrità e grandi fortune, successi immediati o futuri, grandi velleità e vanità deliranti o sceneggiate di vita pubblica a cui ormai tanti personaggi ci hanno abituato.

Quello che riceviamo è poco, ma a noi basta: lo preferiamo alla futilità dell’apparire ad ogni costo, che spinge le folle esaltate a batterti le mani o ad acclamarti con cori di bravo o di bis. Tutto questo lo lasciamo volentieri alle rock-stars avide di fans, agli artisti di grido sovraccarichi di ambizioni e di successi e a tanti politici che misurano il loro potere dal numero di persone che si adunano alle loro manifestazioni, dove parlano sempre loro e non ascoltano mai.

Noi preferiamo rimanere in disparte, agire localmente nella comunità e contemporaneamente studiarla. In alcuni momenti di solitudine e di tristezza, come quando qualcuno non ci comprende o si allontana… beh! In quei momenti ricordiamo le parole che Shakespeare fa esclamare a Macbeth: "Accada quel che accada, i giorni cattivi passano come tutti gli altri!".

Paolo C.

Riflessioni e musica

"Secolo crudele"

Secolo crudele è il titolo di un brano musicale presentato all’ultimo festival di Sanremo da quattro ragazzi che suonano insieme da due anni. Per poche lire si esibivano nei pubs di Salerno, uniti da una grande passione per la musica. Sono i Doc-Rock. Il "secolo crudele" è il nostro secolo che ormai sta per andarsene "tra gli applausi dovuti e una pioggia di sputi" e gli si chiede cosa porterà al millennio che viene:

"Porti tutto il sangue

che hai versato

sulle nostre bandiere,

tutte le tue camicie nere

ed il crollo dei rossi

sotto un muro di sassi".

Ci si chiede cosa diranno di noi nel prossimo millennio – sicuramente che questo è stato il secolo peggiore a causa del nucleare, a causa dei figli persi con le droghe e perché sono stati lasciati in eredità più mali che beni.

E’ crudele perché ci lascia un Presepe che non sappiamo più fare, "per un Dio che ci serve solo per bestemmiare". I posteri diranno che è stato il Neorealismo, il Futurismo, l’Ermetismo, il Simbolismo, il qualunquismo, l’arrivismo e il consumismo che non ci hanno mai dato "un attimo d’amore".

E’ crudele perché se ne va e ci porterà al Duemila "con la m… alla gola, ma col telefono in tasca o con una bella pistola…"

Il secolo cercherà di difendersi e dirà: "Ma non contate i miei poeti e gli artisti che ho dato… e la mia musica nuova e la televisione e non contate la radio… voglio proprio vedere se sa fare di più il millennio che viene. Magari forse un secolo di pace… senza veleni, fame, ladri di ogni specie… allora sì che morirei stanco e felice… peccato che nessuno ha visto gli attimi d’amore".

Ci lamentiamo spesso dei nostri tempi, diciamo che così non possiamo andare avanti, ci preoccupiamo del mondo che lasceremo ai nostri figli. Ma è una preoccupazione che deve essere ridimensionata e nello stesso tempo inquadrata in un contesto molto più ampio.

Ciascuno di noi dovrebbe domandarsi più spesso: ‘cosa faccio io per cambiare il mondo che mi circonda? Qual è il comportamento che mi permette di agire e di intervenire sulla realtà?

E’ sbagliato vedere tutto al negativo, in quanto ci sono sempre i lati buoni delle cose, solo che spesso risaltano di meno. Intorno a noi abbiamo tanti oggetti utili che servono a distrarci, ad alleviarci la fatica e a tenerci informati. Ma possono avere una valenza positiva e negativa, secondo l’uso che ne facciamo: così la radio, la televisione, il telefono, l’automobile, il computer. Il progresso, purtroppo, impone sempre un prezzo da pagare. Sta a noi servirci delle cose e non diventarne schiavi, in modo da poter dire ad ogni momento di essere noi stessi.

E in questo mondo di comodità e di spreco, anzi in questo secolo di comodità e di spreco, perché non porsi il problema che qualcuno ha meno di noi, perché non tentare di ricucire un rapporto solidale, affinché, pur nella diversità più ampia, si possano creare dei presupposti di miglioramento qualitativo e non solo quantitativo di questa nostra breve esistenza, che ci ostiniamo a ritenere senza fine, infinita, ma che sappiamo benissimo non essere così…

Lucia A.

Dialogo a distanza

Questo articolo contiene alcuni brani di una lettera (riportati in corsivo) e alcune mie considerazioni, che nulla aggiungono, ma che vogliono solo cercare, quasi un dialogo a distanza, di far scorrere il testo.

Una Banca del tempo non può nascere nell’immediatezza: occorre attendere un po’ e metabolizzare. Infatti, non è facile comprendere subito questo genere di associazione. La mia è solo una prospettiva di Banca del tempo che bisogna inizialmente individuare, per poterla effettivamente realizzare.

I tempi temo siano lunghi. Io penso che i tempo debbano essere lunghi, perché queste associazioni non possono essere vetrine e lustrini di un gruppo o di un personaggio, ma rappresentano una vera e propria azione sociale, che, con un processo, possono procurare beneficio sociale ed economico nella comunità.

La realtà geografica crea non pochi problemi, così diversi e complessi, proprio perché così differenti sono i luoghi e le culture del nostro Paese. La mia realtà qui: Veneto, ricco e chiuso anche se commercia con il mondo, che non sopporta di sentir parlare diverso dal suo dialetto.

A noi meridionali, a noi salentini, piace moltissimo il dialetto in genere (siamo un fazzoletto di terra all’estremo Sud dell’Italia dove si parlano cento dialetti). Ci piace in particolare quello veneziano, la lingua del Goldoni migliore, quello che faceva parlare il popolo delle "Baruffe chozzotte", quel popolo umile e sincero dei gondolieri e della gente dei vicoli. Lo abbiamo studiato all’università e dilettandoci di teatro da giovani. Ma ci piace anche il dialetto siciliano di Pirandello, quello romanesco di Trilussa, quello napoletano di Totò e dei fratelli De Filippo e quello salentino di Giuseppe De Dominicis… ahimé, quest’ultimo, nostro semplice conterraneo, non tanto famoso, ma assolutamente sconosciuto al resto dell’Italia. Possano queste mie parole d’accostamento rendere omaggio alla sua perduta memoria.

Il dialetto è la lingua del popolo, è cultura antica e genuina di un popolo, sacrosanta diversità, che arricchisce. Infatti, è la diversità, soprattutto quella delle idee, e non la costruita omogeneità, che produce dialettica e vero progresso, confronto alla pari e corposa emancipazione.

Io sono emiliana e vivo a Verona da 23 anni. Con un gruppo di amici vorremmo iniziare l’esperienza della Banca del tempo, per vedere di "ricucire" questa società che si sta sfilacciando, sperando anche di far risaltare come la diversità sia una risorsa anziché un limite o una cosa da temere. E allora comprendo che lungo è il cammino…

Hai pienamente ragione: con queste parole dimostri di saper guardare nella migliore direzione. Facci conoscere i tuoi amici: che ci scrivano, come fai tu. Su questo siamo pienamente d’accordo: è del tutto straordinario mettersi a scrivere a degli – in fondo – sconosciuti, con la sensazione precisa che – invece – essi siano degli amici.

Quello che dici è molto bello! Ciao Thea, un saluto da tutti noi e arrivederci a presto.

Thea G. – Verona

Paolo C. – Martano

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(dal numero 3 de Il tempo ritrovato, Luglio 1997)

Kalòs ìrtate

(di Cesare L.)

Kalòs ìrtate stu Martana,

iamas isesta

atreffia agapimena,

iatì pedia imesta oli

aprì mia mana,

atreffia imesta oli

pu ena iema.

Benvenuti a Martano,

siete fratelli amati

perché siamo tutti figli

di una stessa madre,

fratelli perché abbiamo tutti

lo stesso sangue.

 

Il progetto di ospitalità: Kalòs ìrtate (Benvenuti)

Cosa pensate, cari soci della Banca del tempo di Martano, se cominciassimo da oggi a riallacciare nuovi rapporti (e non parlo di rapporti commerciali), per scambiarci reciprocamente viaggi di scolaresche, di giovani, di mamme, di nonni, di poeti, di pittori, di gruppi musicali?

All’incontro di culture differenti si aggiungerebbe forse la possibilità di ricevere e di donare anche un diverso "abbraccio", un sorriso, una stretta di mano, a chi ci è veramente fratello. Amo pensare che nessuno di noi ha dimenticato le sue origini.

Pensate un po’ se ogni socio della Bdt, convinto della bontà di questo progetto, almeno una volta l’anno accogliesse nella propria famiglia un cittadino della Grecia, il quale, a sua volta, potrebbe ricambiare ospitando un martanese! Quanto si potrebbe imparare! Potrebbe essere un tentativo di fondare concretamente la solidarietà e la comunicazione tra popoli di paesi diversi. Ci si sentirebbe veramente ricchi, ma dentro!

Chi fosse interessato al progetto può contattarmi.

Maria Assunta L.

 

La filosofia della Banca del tempo di Martano si fonda sulla valorizzazione dei rapporti interindividuali che, purtroppo, nell’attuale società sono in crisi profonda. Il comportamento dell’individuo è fortemente oggettivato e reso impersonale. Al contrario, l’incremento di relazioni interindividuali tendono ad accettare e ad armonizzare le diversità, a riconoscere l’altro in noi e noi nell’altro, procurando un arricchimento reciproco.

Martano è al centro della Grecìa Salentina. Il progetto sopra abozzato e il saluto in grìco, entrambi di grande spessore, esprimono complessivamente un grande sogno-bisogno dell’anima martanese: la riscoperta delle proprie radici culturali, storiche, economiche e religiose, che affondano nei tempi della Magna Grecia e soprattutto nell’importante movimento migratorio avvenuto nel basso Medioevo da parte di genti di origine ellenica, che, dopo breve viaggio, si insediarono nella penisola Salentina, Questo popolo non era alla ricerca di terre da conquistare con l’uso della forza e delle armi, ma intendeva insediarsi pacificamente per intessere relazioni sociali ed economiche, oltre che a trasmettere alle popolazioni locali la propria cultura. Non esistono documenti che parlino di battaglie cruenti per l’insediamento, ma dal passato provengono solo parole di commerci e di condivisioni etniche e culturali.

Propongo che il nome del progetto sia proprio Kalòs ìrtate (Benvenuti). Sarà altresì importante estendere il progetto anche ad altre Banche del tempo, in Italia, e ad altri sistemi non monetari, all’estero. Pertanto, nell’associarmi al progetto, invito altri soci che fossero interessati a formare il gruppo a dare la propria disponibilità e a cominciare a discutere e ad approfondire l’iniziativa, oltre che ad individuare le reali possibilità logistiche e di sostegno che ciascuno potrà mettere concretamente a disposizione. E’ sempre importante dare, oltre che un sostegno ideale, anche e soprattutto un contributo di praticità.

Lucia A.

 

Proverbi salentini:

Cchiù bbruttu de lu debbitu, cchiù nivvru de lu diavulu,

cchiù lungu de lu serpe, ete lu giurnu senza pane.

De tre cose tene bisognu la campagna:

bona fatica, bona mente e bonu tiempu.

 

Un po’ di tempo per… "sognare"

(di Paolo C.)

Si rischia il ridicolo, a volte, per un’idea o per un momento di passione.

Ma non è forse assai più ridicolo vivere una vita informe, senza idee, senza creatività, standardizzata, privandosi di passioni e di desideri nascosti?

La società post-moderna sembra ormai voler offrirci ogni cosa in forma pre-confezionata o pre-definita: che ne sarà di noi tra vent’anni, se ogni instabilità dell’animo, al di là della dignità e della libertà più umane, verrà spazzata via dalla nostra mente?

Saremo inermi e disincantati, semplici automi privati della propria personalità, del proprio senso interiore, dei propri incantamenti.

L’etica dominante ha sempre cercato di eliminare i cattivi pensieri, quelli che possono gettare nel ridicolo. La razionalità ha fatto tutto il resto.

Ma potremo considerarci ancora esseri umani, miscuglio inesauribile di razionalità e di irrazionalità, di saggezza e di demenza, di dubbio e di certezza? Avremo ancora, tra vent’anni, la possibilità di sbagliare e, soprattutto, di pensare? E se potremo pensare, di cosa avremo facoltà di dubitare?

Forse, la privazione del dubbio e dell’intenzionalità illimitata ci priverà di ogni forma di conoscenza: infatti, se conoscere è sempre sofferenza, dolore, amore, intenzione, non dovendo più soffrire, né più tendere verso, né filo-sofare, cosa potremo più conoscere, scoprire, sognare?

Oggi qualcuno tenta di fondare un’esistenza preconfezionata, senza costi e con tanti benefici: il prezzo da pagare è perdere il diritto al sogno! Infatti, non ci possono essere rischi, ma regole certe: nello stato onirico, invece, si infrangono le certezze, la morale, le regole, i comportamenti cosiddetti "civili".

Ci sembra che questo paradossale scenario artificiale ci venga indicato a chiare lettere, a gran voce, a volte in maniera "soffice", in altre più "dura", da parte di una grande "potere" universale che dilaga costantemente, che ha già il sopravvento su molte coscienze, che già sta soggiogando la moltitudine sociale.

Come una palla di neve che rotola, aumenta a dismisura, occupa ogni direzione: il traguardo sembra essere la razionalità esasperata, la perfezione assoluta, la canonizzazione strutturale della società.

Quasi tutti sono d’accordo, tutti hanno bisogno di una forma intrinseca di protezione: a chi piace avventurarsi verso l’ignoto, l’indefinito, scavare sempre in fondo e dubitare delle certezze che altri hanno acquisito per noi. Si ama la propria stabilità, il proprio benessere, la certezza del proprio futuro: la nota dolente è che si preferisce quasi all’unanimità che sia qualcun altro a predeterminare tutte queste comodità. Se qualche decennio fa qualcuno scrisse che "lavorare stanca", oggi possiamo parafrasare dicendo: "pensare stanca"! Questa costrizione mentale sta lentamente, ma inesorabilmente, incatenando l’umanità.

Noi ci opponiamo a tutto questo con la nostra irrequietezza, che sentiamo ancora di possedere, con un’azione razionale ed irrazionale ad un tempo, con un’innovazione nei rapporti interindividuali, stimolando in un gruppo sociale il rischio della libertà e l’incertezza del dono. Nel dono libertà e incertezza, razionalità e rischio, certezza e dubbiosità si incrociano continuamente.

Il comportamento della reciprocità generalizzata e interindividuale rompe la monotonia sociale, mistifica la razionalità numerica dell’economia standardizzata, la sclerotica verticalità delle istituzioni e delle organizzazioni che non sono mai riuscite a creare parità e rispetto, ma solo disfunzioni e distanze incolmabili.

A chi volesse imporre un sistema sociale predeterminato e preconfezionato, che garantisse il potere di controllo su tutto e di tutto da una debita distanza e senza farsi vedere (ed oggi con l’attuale tecnologia dell’informazione è praticamente possibile!), noi ci opponiamo innovando, rimettendo in campo il rischio, il gioco, il dubbio, il sogno, e sulle orme di De Unamuno continuiamo a sognare una vita "imperitura", ossequiamo le passioni che ci appartengono, rischiamo il ridicolo e le risa dell’inerzia degli altri. Oppure seguiamo la spiritualità socratica che ci insegna che l’uomo virtuoso è libero perché non si crea idoli, di quel genere di idoli che impediscono agli uomini di essere autenticamente liberi.

Vogliamo essere noi stessi, vivere di noi stessi, vogliamo dare al mondo che ci circonda un’idea, uno sfolgorio di pensiero, una passione, un gesto. De Unamuno insegnò questo: gli causò discepoli entusiasti e nemici feroci.

"Sta’ bene attento, amico mio: se vuoi condurre a termine la tua missione bisogna che ti renda odioso ai giovincelli sensibili che non vedono l’universo che attraverso gli occhi della loro innamorata. O magari peggio! Bisogna che le tue parole suonino stridenti ed acri alle loro orecchie".

"Lo squadrone non dovrà arrestarsi che di notte, al limitare del bosco o al riparo delle montagne. Lì alzerà le sue tende, lì i crociati si laveranno i piedi stanchi, mangeranno per cena quel che le loro mogli avran preparato, e poi genereranno in esse un figliolo, le baceranno e chiuderanno gli occhi per dormire e riprendere la marcia il giorno appresso. E quando uno di loro morrà, lo lasceranno sul ciglio della strada, avvolto nell’armatura come in un sudario alla mercè dei corvi. Rimanga ai mori il compito di seppellire i loro morti".

"Se poi qualcuno tenterà durante la marcia di suonare un piffero o una zampogna o uno zufolo o una viola o un qualsiasi altro strumento, spezzaglielo e scaccialo dalle tue file, perché impedirebbe agli altri di ascoltare il canto della stella. Si vede, del resto, che egli non lo ode. E chi non ode il canto del cielo, non ha il diritto di andare in cerca del sepolcro del Cavaliere".

"Questi saltimbanchi ti parleranno di poesia. Non li badare! Chi si mette a suonare il flauto – che altro non è se non l’antica stringa di Pan – sotto l’ampio cielo, senza udire la musica delle sfere celesti, non merita che gli altri lo ascoltino. Non conosce l’abissale poesia del fanatismo, non conosce l’immensa poesia dei templi vuoti, senza luna, senza dorature, senza immagini, senza pompe, senz’armi, senza nulla di ciò che essi chiamano arte. Quattro nude pareti e un tetto di tavole: una capanna qualunque".

"Scaccia dal tuo squadrone tutti i saltimbanchi del flauto. Scacciali prima che ti abbandonino per un piatto di fagioli. Sono filosofi cinici, indulgenti, bonaccioni, sanno perdonare. Ma chi comprende tutto non comprende nulla; e chi tutto perdona non perdona nulla. Non hanno scrupolo alcuno di vendersi. Siccome vivono in due mondi, possono conservare la loro libertà in uno e farsi schiavi nell’altro. Sono in pari tempo esteti e seguaci…".

"I saltimbanchi non danzano che per fame o per amore: fame di carne e amore di carne. Scacciali dal tuo squadrone, e lascia che lì, in un prato, si sfoghino a ballare, mentre uno suona la zampogna, un altro batte a tempo le mani, un altro ancora canta un piatto di fagioli o le belle cosce della sua amante di turno e lascia pure che inventino nuove piroette, nuovi intrecci di passi, nuove figure di contraddanza".

"E se qualcuno ti verrà a dire che sa costruir ponti e che forse capiterà l’occasione in cui converrà ricorrere alle sue nozioni per passare un fiume, buttalo fuori! Fuori l’ingegnere! I fiumi li passerete a guado o a nuoto, anche se la metà dei crociati dovrà restarci affogata. Vada a far ponti da un’altra parte, l’ingegnere! Ce ne sarà bisogno. Ma per andare alla ricerca del sepolcro, basta la fede a far da ponte".

"Cerca di vivere in un perpetuo vortice di passione, dominato da una vertigine qualunque. Soltanto gli spiriti appassionati riescono a condurre a termine opere veramente durevoli e feconde. Tu soffri della ragione. E non sai quel che vuoi. Ma adesso, adesso tu vuoi andare al sepolcro del cavaliere della Follia e là scioglierti in lacrime, consumarti di febbre, morire di sete d’oceani, di fame d’universi, di nostalgia d’eternità. Se vuoi vivere di quella gente, vivi per essa. Ma, allora, povero amico mio, sarai morto. Vidi allora quanto ti pesava la tua solitudine, quella solitudine che dovrebbe essere invece il tuo conforto, la tua forza. L’assoluta, la completa, l’autentica solitudine consiste nel non essere neppure con se stessi! E non sarai davvero completamente e assolutamente solo fino a che non ti sarai spogliato di te stesso sull’orlo del sepolcro".

Che è la vita? Un’illusione,

solo un’ombra, una finzione;

e il maggior bene è meschino,

ché tutta la vita è sogno

e i sogni sogni sono.

E se la vita è sogno,

lascia ch’io la sogni imperitura!

A regnar, fortuna, andiamo;

e non destarmi, se dormo!

I brani in corsivo sono tratti da:

Vida de Don Quijote y Sancho secun Miguel De Cervantes Saavedra,

explicada y comentada por Miguel De Unamuno.

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(dal numero 4 de Il tempo ritrovato, agosto 1997)

Un passato per gioco ed un futuro con impegno

Il titolo dell’articolo richiama un’intesa e ne rilancia un’altra. Non perché la prima fosse sbagliata, ma perché essa presupponeva, nel tempo, la seconda. Ricordiamo quanto è passato e poi analizziamo come avanzare.

Un passato per gioco. Era il mese di maggio ’96 quand’io proposi l’idea, ad una ventina di compaesani, di costituire insieme un’associazione per aiutarci l’un l’altro attraverso un sistema non monetario, allora chiamato Sistema di Scambio Locale. Nella prima riunione tenuta nell’attuale sede legale dell’Assem ci fu un’intesa che accettammo tutti con entusiasmo: "L’idea è interessante, ma andiamo avanti per gioco perché bisogna comprendere bene come funziona questo sistema. Pantaleo ci garantirà la sua presenza per qualche tempo, sino a quando il sistema non è compreso. Siccome però questo sistema può implicare tutti i martanesi, allora bisogna riunirsi in pubblico ed usare le strutture comunali". Io promisi di impegnare un anno del mio tempo per dimostrare il funzionamento del sistema non monetario e per costruire insieme l’associazione. Per inciso faccio notare che in quella riunione erano presenti alcuni consiglieri dell’amministrazione comunale.

Il 30 giugno ’96, nella sala delle rappresentanze del comune di Martano furono designati in pubblico i 12 componenti del comitato organizzatore con i seguenti impegni:

contattare gli uffici IVA, Imposte Dirette ecc., al fine di avanzare nel rispetto della Legge;

far conoscere l’idea a tutte le realtà associative locali, ivi compresa l’amministrazione comunale;

preparare lo statuto e gli strumenti per la nascita ed il funzionamento dell’associazione.

Gli uffici pubblici contattati dal comitato organizzatore non sapevano cosa rispondere sul problema dell’ottemperanza agli obblighi fiscali qualora si usasse un sistema non monetario. Il consiglio che ci dettero fu quello di costituire l’associazione e poi di inviare un quesito al ministero delle finanze.

La maggior parte delle associazioni martanesi contattate per essere informate della nuova idea associativa e per verificare le possibilità di collaborazione, furono quantomeno evasive. Lo fu pure il sindaco, anche se questo aveva il dovere, secondo la legge n. 142, di ascoltare ufficialmente i cittadini portatori di un progetto associativo e di discutere con essi le possibilità di collaborazione con l’ente locale. Si precisa che nel nord d’Italia, ma anche a Lucera (FG), è il comune che tutela giuridicamente, finanzia e ospita le associazioni analoghe alla nostra. Questi comuni si muovono concordemente con la proposta di legge del Ministro Livia Turco che prevede che i comuni, ai sensi dell’articolo 15 della legge 266(91, promuovano la costituzione di centri di servizio denominati Banche dei tempi (oggi Legge 53/2000 – NdR), al fine di sostenere ed incentivare le iniziative di singoli cittadini, enti ed associazioni che intendono dare disponibilità del proprio tempo per impieghi sociali e per forme di solidarietà.

Comunque sia, il comitato organizzatore, pur cosciente che la nascente associazione non poteva contare su alcuna collaborazione col comune, almeno fino a quando non ottenesse una sua natura giuridica, preparò con entusiasmo lo statuto e gli strumenti per la nascita ed il funzionamento dell’associazione. Così, il 7 ottobre 1996 nacque l’ASSEM. E fu un gran successo…, purtroppo riconosciuto tale solo fuori Martano!

Ecco un assaggio:

siamo stati i primi a stipulare una polizza assicurativa specifica per le associazioni con sistemi non monetari;

hanno parlato dell’ASSEM in TV, radio, quotidiani e periodici;

abbiamo ricevuto molte lettere, telefonate e fax da AA.PP., associazioni e persone, dall’Italia e dall’estero, alla ricerca di informazioni e notizie;

abbiamo partecipato e contribuito al successo del convegno europeo di Santarcangelo sulle Banche del Tempo;

scrivono dell’ASSEM, sulle tesi di laurea, studentesse di Trento e Siena;

c’è stato il silenzio-assenso da parte del Ministero delle Finanze circa il quesito sull’ottemperanza degli obblighi fiscali;

abbiamo dato il nostro sostegno ed assenso per progetti europei e nazionali.

Un futuro con impegno. Il gioco ha prodotto molto, ma quel gioco presupponeva un impegno futuro. Il tempo che io avevo promesso di dedicare all’ASSEM è arrivato al termine e molti impegni ci incalzano:

la nascita di gruppi di base, oltre ai due già nati, e del gruppo degli animatori;

l’acquisto di un computer;

l’impegno nei progetti con la necessità di finanziare le spese notarili per la registrazione dello statuto, modificato secondo le esigenze legislative, ma senza stravolgere la sua razionalità;

la necessità di una nuova sede.

Per tutto questo, e per quanto sta emergendo, c’è bisogno di una nuova intesa, che la possiamo così esprimere: "Quanto più un socio si impegna con delle prestazioni nel Sistema di Reciprocità indiretta e con le attività nei Gruppi e negli Organi, tanto più è moralmente legittimato ad influenzare il corso dell’ASSEM".

Quale miglior garanzia del ricevere se non quella dell’impegno di rendere?

Pantaleo R.

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(dal numero 5 de Il tempo ritrovato, settembre 1997)

"Dono libero" e "Volentieri"

Mentre sfogliavo qualche tempo fa le mie carte mi è capitato sotto gli occhi un foglio di appunti. Erano poche righe scritte frettolosamente durante la festa-convegno di Santarcangelo di Romagna: … Brema… febbraio ’96… 400 persone… si è perso il contatto… Problemi… nessun sostegno economico… 25 marchi all’anno e mezz’ora… Niente capi… niente consulenti… nessuna teoria: solo pratici (?)… Tiden… ore di lavoro… valore simbolico del Tiden… Va’ anche senza marchi!…

Erano i punti salienti dell’intervento al convegno di Ina Lange, del Tauschring (cerchio di scambio) di Brema (Germania).

Un intervento di poche frasi, di qualche parola provocatoria gettata tra le 500 persone del supercinema, ma che già da allora mi ha fatto riflettere.

Quanta analogia con il sistema dell’Assem! E per bocca di una giovane donna dallo sguardo attento e dalle parole decise che vive a circa 3000 km da Martano. Un sistema, quello di cui parlava Ina, nato poco prima del nostro, un sistema semplice, sentito, simbolico. E soprattutto pratico! Privo del denaro ma neanche rapportato ad un valore monetario. Ogni attività deve essere fatta "volentieri". Noi nell’Assem parliamo di "dono libero".

Abbiamo parlato spesso di tutto questo con Ina Lange durante il suo soggiorno a Martano. E’ arrivata all’improvviso, senza preavviso: "Pronto, sono Ina Lange. Mi trovo a Lecce". Una breve corsa in auto e il 22 settembre ’97 Ina mette piede nell’Assem. Ha ricordato il nostro invito a Rimini? Ha riletto la nostra lettera dove rinnovavamo l’invito per un soggiorno nel Salento? Ha deciso di venire da sé o ha sentito la voce di qualcuno che la esortava a spingersi verso l’estremo sud dell’Italia e della stessa Europa? Lo sa solo lei, in cuor suo. Ma è venuta, e questo basta. I legami e le relazioni sociali, infatti, non si costruiscono artificialmente o con atti formali.

Alla base dei nostri sistemi socioeconomici non monetari c’è il piacere di una vita in comune, di un’avventura sociale fatta di relazione, di tanti "doni liberi" e di altrettanti "volentieri". Riteniamo importante comprendere la sofferenza causata dal vivere senza gli altri, il senso dell’io e del noi. Quando ciò che è mio (beni, servizi, saperi, arti, mestieri ecc.) entra nella possibilità di condivisione degli altri si concretizza praticamente un sistema socioeconomico non monetario. Purtroppo, oggi, in questa nostra società bloccata sull’individualità, sull’accumulo esasperato e sul denaro comunicare tutto questo è molto difficile.

La nostra è un’esperienza che cerca di essere teorica e pratica allo stesso tempo, vuole fondare un sistema, uno stile di vita, dove le regole siano non regole, perché il dono libero e il volentieri non possono avere regole, non amano le parole, i ragionamenti dialettici o le argomentazioni giuridiche: "Trovare un linguaggio esplicito per il dono è contraddittorio", dice con molta semplicità e franchezza Godbout.

Questo non vuol dire rincorrere l’anarchia o il comunismo, ma è il tentativo di innovare i rapporti interindividuali nella comunità d’appartenenza e tra le comunità, tra i soggetti sociali e le più svariate organizzazioni sociali e istituzionali. Le regole di base sono per tutti le seguenti: rispetto dell’altro e dignità assoluta per le differenze, in una sfera di comunione costruita sul senso, sul sentimento, sull’intelligenza e sul rischio. Dunque, come risultato immediato, un rapporto tra pari, in quanto tutti hanno qualcosa da dare e tutti possono beneficiare del ricevere con l’obbligo di ricambiare.

E’ invidiabile il senso pratico di Ina Lange: prima di partire da Martano ha comprato una bicicletta nuova da un negoziante e l’ha lasciata qui, in casa di una socia della Banca del tempo: "Ho speso dei marchi – ha detto in modo sornione – questa bicicletta è mia, ma è anche vostra, di tutti voi, di chi ne ha bisogno per muoversi liberamente". E’ stato un gesto pratico, non una teoria, che forse giace a monte, già elaborata e assorbita, un modo tutto suo di intendere l’intersoggettività, la proprietà e la condivisione, ma soprattutto un legame che noi come lei speriamo possa durate infinitamente.

Sono persuaso e responsabilmente convinto che i principi del "dono libero" e del "volentieri" potranno inaugurare positivamente la società del prossimo millennio. Oltre che un augurio, è una mia speranza!

Grazie, Ina! Torna presto tra noi: tutto ciò che è nostro è anche tuo e di chi vuol vivere insieme con noi questa formidabile esperienza di vita.

Paolo C.

 

Cari amici,

oggi, 4 ottobre 1997, devo partire per la Germania. Ci sono stata dodici giorni con grande gioia. Ho imparato molto da e con voi, e alla fine posso dire una parola sola: "Grazie", Speriamo che il nostro lavoro per uno sviluppo sociale porti molti frutti. Ora ci sono i primi, piccolini.

L’idea dell’ASSEM e degli altri sistemi non monetari è molto bella, così buona. Cominciamo il nostro cammino con tutto il cuore, con tutta la nostra capacità intellettuale e con fiducia, perché noi forse sbagliamo nelle piccole cose, ma mai nella cosa grande: perché noi siamo umani, che vogliono imparare e migliorare la propria vita nella comunità con l’altra gente.

Il nostro cammino non è una battaglia contro nemici. Il nostro cammino è un’esperienza insieme con gli altri, con chi ha capito che oggi non si possono continuare ad usare le strade vecchie. Perché queste strade sono molto strette: se noi andiamo come pari, non serve più una strada lunga e stretta; se noi andiamo insieme, abbiamo bisogno di uno spazio libero per camminare.

Il nostro concetto di sistema non monetario non è il concetto di mercato, ma è il concetto dell’agorà, che significa più che mercato, significa comunicazione!

Ina L.

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dal numero: 4° trimestre 1997 de Il tempo ritrovato)

L'ASSEM : una nuova forma associativa ed un progetto per la comunità.

L'ASSEM (Associazione per lo Sviluppo Sociale ed Economico di Martano) è nata il 7 ottobre 1996 e conta attualmente 73 aderenti. L'associazione opera principalmente a Martano (Lecce), una cittadina di 10.000 abitanti. Insieme ad altri 8 centri rappresenta una minoranza linguistica denominata Grecìa salentina. Il progetto dell'ASSEM è quello di creare le condizioni perché in questi ed in altri centri abitati si costruiscano comunità d'adesione, la cui forma di legame sia capace di unire i suoi membri nel rispetto della loro diversità. Gli strumenti fondamentali sono il Sistema di Reciprocità Indiretta (Banca del Tempo), i Gruppi di Base territoriali e tematici ed, infine, il Fondo annuale di partecipazione allo sviluppo delle comunità locali.

Il Sistema di Reciprocità Indiretta non gestisce le attività dei propri aderenti, né il loro comportamento, ma assicura che l'informazione sia comune. L'informazione è comune quando, a monte di essa, ogni aderente dà e riceve, liberamente e volentieri (azione disgiunta), una prestazione e, a valle di essa, ognuno rende, perché moralmente obbligato (azione inclusiva), una qualsiasi prestazione, un giorno o l'altro, ad un aderente chicchessia. Dare, ricevere e rendere in questo modo creano un comportamento economico ed un modello istituzionale che si riconducono rispettivamente alla solidarietà reciproca indiretta ed alla simmetria. La contabilità si tiene partendo da una unità di conto denominata mistòs (termine di origine greca che significa soldo), pari ad un decimo di ora. Grazie all'azione disgiunta del dare e del ricevere si costruiscono dei rapporti liberi tra pari : gli io che agiscono fuori da ogni logica di ruolo e di posizione. Grazie all'azione inclusiva del rendere si costruisce il vincolo associativo : il noi immanente ed orizzontale che rappresenta l'unione degli aderenti nel rispetto della diversità di ciascuno.

I Gruppi di Base si costituiscono spontaneamente ad iniziativa di almeno tre aderenti per svolgere qualsiasi attività che sia compatibile con la filosofia e gli scopi dell'ASSEM. Con i Gruppi di Base territoriali, l'ASSEM interviene anche negli altri centri abitati della penisola salentina, là dove ci sono persone che aderiscono al suo progetto. Con quelli tematici, Gripra e Kalós ìrtate (Benvenuti), al momento in attività, l'ASSEM è presente a livello nazionale ed internazionale : essi si occupano rispettivamente sia di curare la ricerca, l'informazione e le pubbliche relazioni, sia di ospitare chiunque voglia venire a Martano per conoscere i suoi principi, la sua forma associativa, le sue pratiche, oltre che di stimolare gli scambi culturali intercomunitari.

Il Fondo annuale di partecipazione allo sviluppo delle comunità locali è alimentato da prestazioni, individuali e gratuite, ed è a beneficio di persone singole, famiglie, associazioni ed enti locali. La quota individuale che alimenta il Fondo è una percentuale prelevata sul volume annuale delle prestazioni che l'aderente ha ricevuto in dono. Con questo Fondo, che non è in denaro, ma in mistòs, l'ASSEM apre il dibattito sulla problematica del governo (o, meglio, dell'autogoverno) delle comunità locali e sulle legittimità, risorse e strategie dei soggetti (famiglie e parentele, vicinato e amicizie, imprese di mercato, enti locali ed associazioni di volontariato) che in esse operano secondo principi differenti.

La ricettività e la comprensione del progetto dell'ASSEM, a livello locale, sono molto deboli. Ultimamente, e solo da parte dell'amministrazione comunale uscente, sembra sia nato un tiepido interesse a comprendere nei termini generali e particolari il progetto. Per meglio illustrare come i rapporti tra l'ASSEM, l'amministrazione comunale e le associazioni presenti sul territorio si siano evoluti, conviene utilizzare la forma descrittiva degli avvenimenti. Al mese di maggio '96 quando il coordinatore dell'ASSEM propose l'idea al sindaco e ad alcuni assessori e consiglieri del comune di Martano, e ad alcuni amici e vicini di casa, al fine di costituire insieme un'associazione a vocazione comunitaria per aiutarsi l'un l'altro, cominciando col mettere su un sistema non monetario di trasferimento di beni, servizi e saperi, oggi conosciuto in ambito nazionale come Banca del Tempo. Nella prima riunione parteciparono una ventina di persone, tra cui un assessore e due consiglieri, e si propose un'intesa che tutti accettarono con entusiasmo : "L'idea è interessante, ma andiamo avanti per gioco perché bisogna comprendere bene come funziona questo sistema. Siccome, però, possono essere implicati tutti i martanesi, allora bisogna riunirsi in pubblico ed usare le strutture comunali".

Così, il 30 giugno '96, nell'incontro-conferenza pubblica tenutasi nella sala delle rappresentanze del Comune di Martano, 60 partecipanti fecero propria l'idea e designarono un comitato organizzatore di 12 componenti (6 donne e 6 uomini) che doveva, tra l'altro, illustrare l'idea a tutte le realtà associative locali ed all'amministrazione comunale e verificare le possibilità di collaborazione. Purtroppo, la maggior parte delle associazioni martanesi furono quanto meno evasive, vuoi perché non è facile comprendere la filosofia dell'ASSEM come forma associativa nuova ed innovativa, vuoi perché la collaborazione tra diverse associazioni è tuttora vista come un ostacolo al raggiungimento dei propri scopi sociali. Solo due associazioni hanno trovato l'idea interessante, ma solo una (la radio locale) ha collaborato saltuariamente con l'ASSEM. Per quanto riguarda l'amministrazione comunale, il sindaco non fu propenso al fatto che il comitato organizzatore illustrasse ufficialmente l'idea e verificasse le possibilità di collaborazione; questo anche se l'ASSEM non chiedeva alcun finanziamento all'ente comunale. Secondo la legge n. 142, il sindaco aveva in ogni caso il dovere di ascoltare ufficialmente il comitato organizzatore, in quanto portatore di un progetto associativo di rilevanza pubblica per poi accoglierlo o respingerlo. Comunque sia, il 7 ottobre '96 nacque l'ASSEM. E cominciò ad evidenziarsi un gran successo ... purtroppo, fino ad oggi, riconosciuto solo fuori Martano.

La ricettività del progetto a livello nazionale ed internazionale è stata grandissima. Ne hanno parlato TV, radio e stampa nazionali; ne hanno scritto su tesi di laurea studenti universitari; la regione Emilia-Romagna ha di recente comunicato l'intenzione di inviare a Martano una delegazione di 3-4 persone; due progetti finanziati dalla Commissione Europea hanno chiesto la partecipazione dell'ASSEM. Probabilmente, a causa di questo successo, il sindaco, negli ultimi tempi, ha impegnato il comune di Martano a partecipare alla realizzazione di uno dei due progetti europei. Inoltre, in occasione delle elezioni comunali che si sono tenute il 16 novembre '97, il comitato elettorale della coalizione politica vincente, che ha confermato lo stesso sindaco dell'amministrazione passata, ha voluto far propria, nel programma elettorale, la proposta dell'ASSEM di istituire un comitato dello sviluppo locale. Con questo comitato, l'ASSEM pone la condizione della riconoscenza reciproca tra tutti i soggetti che operano per lo sviluppo locale, anche se in forme e responsabilità differenti. Si aspetta la riunione del primo consiglio comunale per verificare se tale proposta rientrerà nell'indirizzo programmatico della nuova amministrazione.

L'ASSEM, intanto, prosegue per la sua strada, che, dopo un anno di attività, si presenta ricca di impegni, di soddisfazioni e di sviluppi riflessivi, ma anche di profonda incertezza. Le oltre 600 prestazioni effettuate fino ad oggi per un valore di circa 11.000 mistòs sono una realtà che nessuno può sconfessare. Sulla concretezza di questi dati si poggiano le intenzioni di chi vuole continuare questa esperienza associativa e sempre sugli stessi si potrà aprire un confronto teorico e pratico con qualsiasi soggetto operante nella comunità locale che riterrà positivo, per lo sviluppo della comunità stessa, comprendere e recepire il progetto socioeconomico dell'ASSEM.

Pantaleo R. & Paolo C.

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(dal numero: 1° trimestre 1998 de Il tempo ritrovato)

I PRINCIPI DELLE ESPERIENZE SOCIO-ECONOMICHE

Appartengono al tipo "socio-economico" (...) le esperienze di Martano e Reggio Emilia. (...) Proporremmo un’articolata trattazione di ciò che si è verificato in queste due esperienze, accomunate dall’intento di favorire lo sviluppo socio economico della loro comunità di riferimento, ma in parte differenziate nel percorso e nei mezzi utilizzati a tale scopo.

Il caso di Martano

A Martano il progetto è stato proposto dall’attuale coordinatore (). Dopo aver conosciuto a Ginevra, dove studiava, Jill Jordan, un’animatrice dei LETS australiani, aveva pensato di sperimentare quest’idea nel progetto di sviluppo che doveva seguire nella Repubblica Centro Africana. Annullato quest’ultimo per la crisi politica scoppiata in quel paese lo scorso anno, ha deciso di ritornare a Martano e di proporre l’iniziativa, qui è riuscito a coinvolgere un gruppo di persone interessate a formare una comunità solidale per: "... il piacere di vivere insieme, di contattarsi, perché anche in un piccolo paese, non credere che perché è piccolo ci sia socialità. ... la si costruisce. Non c’entra niente la grandezza o la posizione geografica... ."

Inizialmente hanno adottato una moneta di sistema, il mìstos, riproponendo in questo il modello LETS in cui a servizi diversi corrispondono valori diversi, ma con l’obiettivo di uscire dal sistema di mercato e di scambio commerciale attraverso un processo. A questo stadio è seguito quello attuale in cui la moneta è equiparata all’ora (), con lo stesso valore per qualsiasi tipo di prestazione, in questo modo si sono ricollegati alle BdT. Ma il processo prevede il superamento pure di questa fase, a tale scopo il gruppo, o meglio una parte di esso (), sta lavorando per superare anche il vincolo dell’ora: "... siamo già usciti dal valore di mercato, siamo arrivati al discorso di un’ora vale un’ora ... ma per noi non è sufficiente, perché se lavoriamo per un legame differente, per delle relazioni differenti, dobbiamo quantificare attraverso dei criteri quanto legame di quel tipo, cioè di quelle relazioni comunitarie si sta costruendo nel momento in cui delle persone vengono a contatto grazie al discorso di una prestazione."

Il concetto teorizzato per il superamento dell’attuale fase è il dono libero o contro dono che è distinto da quello di dono gratuito (). Secondo tale assunto ognuno decide liberamente di partecipare al sistema, e lo fa perché scopre, attraverso delle relazioni impostate su valori e modalità diverse da quelle conosciute nel comune comportarsi economico, un modo alternativo di essere sociale nel quale l’individuo è valorizzato e si rapporta tra pari. Si propone un’idea di società comunitaria nella quale la comunità rappresenta più o meno un’istituzione intermedia tra il singolo e la globalità. "Dobbiamo costruire un’istituzione dove uno possa sentirsi fra pari. ... solo tra pari c’è quel tipo di relazione necessaria per assicurare quei bisogni primari ... invece la logica di mercato, che non è un discorso tra pari, ma di concorrenza, non dà quel tipo di solidarietà che è al di là del profitto. Quindi all’interno della comunità ... non ci deve essere la logica del valore di scambio, che significa approfittare delle congiunture positive del mercato per guadagnare. In questo progetto di società (la loro) c’è l’individuo che può circolare come vuole, che ha un momento istituzionale, che in quanto uomo è riconosciuto. Quindi c’è il discorso del valore, un valore di riconoscenza, un valore di legame... ."

Rispetto al loro cammino, quindi, anche la valutazione "un’ora è uguale ad un’ora" risulta una limitazione, infatti sostengono che le relazioni comunitarie, basate sulla reciprocità sono legate a ciò che è dato e a chi lo dà. Secondo tale logica non è importante lo scambio in sé, ma come esso avviene, ovvero la relazione empatica che si determina tra le persone. Se così non è, la conseguenza sarà un sistema probabilmente non monetario, ma sempre di mercato, spersonalizzato nel servizio elargito.

L’azione economica dunque è nella loro concezione soggettiva, l’ora invece, come metodo di valutazione, ricade in una logica oggettiva (), questa è una limitazione perché non da conto della percezione individuale del valore della soddisfazione del bisogno. Riconoscono la necessità di un equilibri tra i due poli, ma insistono sul riconoscimento della soggettività nell’azione.

A Martano, così come in tutte le altre BdT, si parla di sistema di reciprocità indiretta che contrasta con quella diretta "riscontrabile nelle comunità locali ,tra i vicini di casa, tra gli amici", puntando su un discorso di rete dove lo scambio non è necessariamente tra due distinte persone. Il gruppo ha preferito definirsi Associazione per lo Sviluppo Sociale ed Economico piuttosto che banca del tempo, dato che il loro intento è di creare una comunità strutturata attorno a dei principi nuovi rispetto all’esperienza classica della solidarietà, che naturalmente non elude la dimensione economica del vivere assieme. Anzi è proprio attraverso lo scambio indiretto che ci si mette in relazione con gli altri, ma finora l’impegno si è concentrato sulla teorizzazione del sistema, sull’individuazione degli obiettivi e degli strumenti per perseguirli. Dunque, il processo che hanno intrapreso non è al momento concentrato sull’aspetto economico, sulla quantità e qualità degli scambi, che rimane ad ogni modo uno dei punti focali di questa banca: "(La dimensione economica influisce)... per il momento poco, però sappiamo che lì dobbiamo agire molto. Nella realtà siamo ancora in una fase di messa a punto ... del modello istituzionale del comportamento economico a cui vogliamo arrivare, per cui non abbiamo spinto particolarmente sul discorso delle prestazioni. ... Ci sentiamo però ormai quasi pronti a lavorare per aumentare gli iscritti, ma soprattutto il tipo di prestazioni, la loro quantità."

Il caso di Reggio Emilia

A Reggio Emilia l’idea di costituire un sistema locale di scambio nasce all’interno della MAG () ed era nell’aria fin dai primi anni Novanta, quando un socio inglese aveva raccontato loro l’esperienza dei LETS nel suo paese all’interno dell’iniziativa "Bilanci di Giustizia" (), a cui anche la Mag aveva aderito. Da allora l’argomento è stato riproposto periodicamente ma non ha preso consistenza, secondo la coordinatrice perché nonostante l’entusiasmo: "... mancavano gli strumenti, i mezzi, le conoscenze, forse non eravamo abbastanza attenti o forse ci sembrava molto lontano, cioè bellissima (l’idea) da un punto di vista ideale, ma molto difficile da gestire".

Le cose sono cambiate quando, più di un anno fa, una socia della Mag tornando dall’Australia ha portato non solo il materiale sul modello Blue Mountains (), ma anche l’esperienza diretta della sua partecipazione ai LETS. In base a queste nuove informazioni si è avviata una lunga riflessione su come ciò poteva essere inserito nella realtà di Reggio Emilia in modo da influire economicamente, dato che si sviluppava all’interno di una struttura a carattere economico: "... abbiamo ragionato parecchio, fatto confronti fra le esperienze, sui LETS, sulle Blue Mountains, su cosa pensavamo di fare nella nostra realtà, perché in ogni situazione è diverso quello che si può creare. ... non volevamo che fosse un giochino, un momento ricreativo dove mettere a disposizione il nostro tempo libero, ma volevamo che avesse un’incidenza economica, chiaramente si trattava di un’attività della Mag.".

Le motivazioni, dunque, che hanno dato origine a questa rete (), e che sostengono le adesioni dei nuovi soci, si articolano diversamente rispetto alle linee generali individuate nelle BdT classiche, qui l’obiettivo focale, attorno al quale si sviluppa tutta la struttura e la sua organizzazione, è la creazione di una rete di economia locale () che nasce: "... dall’insoddisfazione di questo mercato globale che spersonalizza, che non tiene conto delle esigenze delle persone. Puoi ricevere qualunque cosa ma non ne conosci la provenienza ...".

L’influenza del fattore "economico"

Entrambe le realtà di Martano e Reggio Emilia si interessano del fattore economico ma con modalità diverse. L’ASSEM di Martano utilizza, come abbiamo visto, il concetto di dono preferendolo a quello di scambio, e dà molta valenza alla comunità allargata sul territorio e sul principio di appartenenza ad essa. In questo senso stanno lavorando per renderla più forte ed autonoma, usando come strumento il dono libero (o contro dono) e quindi secondo una scelta individuale di partecipazione al sistema, in base a relazioni differenti e a un modo alternativo di essere sociali: "... a me piace quello che tu mi hai proposto attraverso il dono e io voglio farne un altro. E questo è perché scopro, attraverso delle relazioni differenti, una socialità differente, e quindi un progetto di sviluppo di una società differente.".

Reggio Emilia, per contro, ha scelto come modalità lo scambio in una prospettiva economica come base per lo sviluppo di un modo di costruire i rapporti, e quindi di intendere la collettività, diverso rispetto all’esistente, il dono: "... non è il modo con cui la rete si relaziona, poi dopo a livello personale ci sono delle cose proprio perché attraverso la rete si stabiliscono delle relazioni molto forti, ... cioè è attraverso le transazioni di scambio che si creano relazioni forti, che vanno al di là delle relazioni di scambio sulla cosa o sul servizio specifico."

La finalità di questo sistema è non solo quella di creare una rete di relazioni all’interno di una comunità locale, ma pure di arrivare ad interagire con altre realtà, dello stesso tipo, collegate tra loro e che entrano in rapporti di scambio. Quindi un processo di allargamento del sistema di rete non solo a livello di singola collettività, ma verso la costituzione di un’idea diffusa di economia non di mercato, dove il singolo è valorizzato e dove si condividono i beni e i mezzi all’insegna di un’autonomia economica locale svincolata dall’economia globale che porta alla dipendenza da interessi esterni (). In questo modo il benessere e la ricchezza dei singoli si riflettono nelle iniziative delle persone, nella loro abilità e nel loro lavoro, che esiste perché c’è scambio e non per cause esterne al sistema, quali gli investimenti, le banche, le politiche (). Rispetto al progetto e al futuro la coordinatrice ci ha detto: "... quello che stiamo cercando di fare, ed è in grossa evoluzione, è di essere fortemente concorrenziali col mercato tradizionale. Vuol dire che gli aderenti alla rete potranno scegliere, se ci riusciamo, di lavorare meno perché avranno bisogno di meno soldi."

Questa posizione risulta essere più radicale di quella espressa dagli stessi LETS inglesi; questi ultimi, pur proponendo un sistema economico alternativo a quello dominante, tendono a non porsi in netto contrasto con esso, anche se lo criticano, ma di funzionare parallelamente ad esso. E non solo, Reggio Emilia prospetta, e si augura: (a) verso l’esterno, lo sviluppo di tante altre iniziative di questo genere, in altre località, collegate tra loro, autonome ed autogestite, in modo da rispettare le caratteristiche proprie di ogni territorio, (b) verso l’interno la capacità di: "... allargare il più possibile la rete, per noi è importante ragionare su come far entrare uno specchio sempre più ampio di attività perché se ci sono più persone che mettono a disposizione servizi e beni sempre più diversi, tu sempre meno ti rivolgi al mercato tradizionale (per soddisfare i bisogni)".

A differenza delle altre situazioni esaminate, e della stessa esperienza di Martano, qui gli scambi sono cospicui e il loro sviluppo è parallelo alle elaborazioni teoriche (), la banca inoltre conta tra gli iscritti numerosi professionisti e delle associazioni, nonché due osterie. Rispetto a quanto abbiamo detto circa le BdT "classiche" e la sostanziale coerenza tra le motivazioni che sostengono le nuove adesioni e quelle del gruppo promotore, Reggio Emilia rileva il manifestarsi nel tempo di nuovi bisogni o problemi che vanno risolti con accurate riflessioni. Nella loro esperienza ciò è accaduto ad esempio nel momento in cui hanno iniziato ad aderire anche le "attività commerciali" (le due osterie citate). Con tali iscrizioni è stato riaperto il problema della valutazione degli scambi: "...se qualcuno mi fa un armadio io metto il legno e lui il tempo. Per quel che riguarda il pasto che puoi avere al ristorante il discorso è diverso perché non puoi considerare solo il tempo per la preparazione, ma devi considerare anche i costi di gestione, le spese fisse."

Il problema non ha ancora avuto una soluzione, i soci stanno valutando se sia utile adottare il metodo proposto dai LETS in alcune realtà come quella delle Blue Mountains in Australia. Questa modalità prevede l’adozione di un doppio listino da parte degli esercizi commerciali che aderiscono al sistema: uno si riferisce ai prezzi concordi alle tendenze di mercato, l’altro riporta i costi nella moneta locale adottata. Reggio Emilia è scettica rispetto a questa formula: "Non sappiamo se è quella giusta perché ricalca le regole di mercato ... creando una moneta locale fai comunque delle equiparazioni fra la moneta corrente, la lira nel nostro caso, e questa fantomatica moneta."

Questa banca ha infatti usato finora il metodo "classico" di valutazione degli scambi, vale a dire l’equiparazione in base al tempo di tutte le prestazioni. La giustificazione di tale scelta era che usando una moneta locale, oppure diversificando il valore dei servizi, si rischiava di ricadere, malgrado tutto, in dinamiche proprie del mercato, il che contraddiceva le finalità stesse dell’organizzazione. Questo nuovo problema legato alla partecipazione degli esercizi commerciali, del resto necessaria se il fine è riorganizzare l’economia di una comunità, ha riaperto il dibattito e la banca sta cercando di approntare un metodo funzionale allo scopo ma estraneo alle leggi dell’economia generale.

La sintesi

Ricapitolando: queste due banche hanno in comune l’intenzione di agire nella comunità non solo a livello sociale ma pure economico, entrambe hanno preso avvio dalle considerazioni sulle esperienze straniere dei sistemi di scambio. Si differenziano invece rispetto al tipo di azione e agli strumenti adottati: Martano cerca di creare una comunità locale usando l’idea di dono, Reggio Emilia propone un’economia concorrenziale rispetto a quella di mercato che incide sulla percezione della comunità attraverso le scambio. In accordo con le banche "classiche" è mantenuto il principio di reciprocità indiretta, per quanto riguarda lo scambio alla pari fondato sul criterio che un’ora vale sempre un’ora, esso è rimesso in discussione a Reggio Emilia dove è sorto il problema di come inserire le attività commerciali, mentre a Martano lo si vuole superare, nel processo in divenire, con la valutazione della percezione soggettiva del dono.

Il rapporto tra i LETS e le BdT socio-economiche

Il debito teorico delle esperienze di Reggio Emilia e Martano nei confronti del modello LETS sono testimoniate non tanto dalla strutturazione che queste realtà hanno assunto, quanto dalle loro stesse affermazioni di conoscenza ed elaborazione di tale tipologia al fine di adeguarla al territorio nel quale si dovevano inserire. Il risultato curioso, attinto dalle loro interviste, è che sono le più pessimiste rispetto alla possibile evoluzione del campo d’intervento delle BdT esistenti verso l’ambito economico. Pur riprendendo le elaborazioni estere circa il valore e i fini raggiungibili dai sistemi di scambio locale, l’organizzazione di queste due "banche" () ha assunto delle peculiarità che in parte si scostano dai LETS. Reggio Emilia ha formulato un progetto con una forte prospettiva di azione economica, che non vuole semplicemente svilupparsi parallelamente al sistema di mercato, ma che in qualche modo vuole sostituirsi ad esso: "... quello che stiamo cercando di creare, ed è in grossa evoluzione, è di essere fortemente concorrenziali con il mercato tradizionale. Vuol dire che gli aderenti potranno scegliere, se ci riusciamo, di lavorare meno perché avranno bisogno di meno denaro e potranno gestire il loro tempo a livello di qualità della vita ... ." "... per noi è importante ragionare su come far entrare uno specchio sempre più ampio di attività, perché se entrano più persone che mettono a disposizione servizi e beni sempre più diversi, tu sempre meno ti rivolgi al mercato tradizionale (per soddisfare i bisogni)."

È un’elaborazione ambiziosa, che ritiene indispensabile un profondo cambiamento economico-culturale nelle relazioni per la soddisfazione dei bisogni, ed una partecipazione attiva dei soggetti allo sviluppo della comunità di appartenenza, al fine di uscire da un’economia globale che svuota di significato l’azione economica individuale ponendo l’accento su valori che non considerano l’individuo in quanto tale. A differenza della maggior parte dei LETS non è però utilizzata una moneta di sistema perché è ritenuto comunque importante parificare ogni prestazione al tempo, anche se, come abbiamo visto precedentemente, il metodo di valutazione degli scambi è tuttora in discussione in conseguenza dell’ampliamento dell’organizzazione che inizia a coinvolgere anche i commercianti.

Martano invece ha un percorso del tutto particolare. Il suo progetto è di arrivare ad un profondo cambiamento del vivere in comunità attraverso un processo che dal modello LETS si evolve per giungere ad un’economia del dono, dove il benessere del gruppo è garantito dalla libera partecipazione di tutti alla comunità come riconoscimento del "debito" che si ha verso di essa: "L’abbiamo presa come base (l’esperienza straniera) ma ormai stiamo andando avanti con la nostra idea. È stata importante, una base. ... però i LETS sono rimasti ancora un po’ uno scambio sul commerciale, anche se danno molto nel sociale, ma concettualmente non hanno posto il discorso di come valutare in senso differente il comportamento."

Questo valutare in modo diverso il comportamento è per Martano il considerare l’azione dal punto di vista del soggetto e non rispetto al valore oggettivo, come è invece nel momento in cui si usa la moneta, anche se è di sistema. Per quanto riguarda, invece, la solidarietà propria dell’economia del dono essa è: "... un vincolo, è il rapporto insolito che si viene a costituire tra chi è più fortunato e chi lo è meno, e che si deve concretizzare in un dare, che è appunto solidale."

In questo modo, secondo Martano, una prestazione non deve necessariamente essere contabilizzata sistematicamente, perché è in fondo "il piacere di dare". Ciò non va però confuso, precisano, con il "buonismo", non è l’azione di chi ha verso chi non ha, ma il riconoscimento di appartenere ad una collettività che in un qualche modo ha contribuito alla realizzazione di ciò che si è. Tra queste due fasi opposte si colloca l’attuale organizzazione che ha superato la valutazione degli scambi su modello LETS e che riconduce tutto al tempo come metro di misura uguale per ogni tipo di attività fornita. Questo è ritenuto un progresso importante ma transitorio nell’affermarsi della comunità solidale.

Le due realtà qui esaminate si presentano dunque con delle variazioni più o meno forti rispetto alle manifestazioni estere dei LETS che conosciamo. Sicuramente entrambe rimproverano a quelle strutture di essere legate e di riproporre in termini diversi quelle che sono le dinamiche del mercato, vale a dire che proponendosi come forma alternativa ad esso, in realtà utilizzano gli stessi strumenti, quali la moneta di sistema, che anche non avendo valore intrinseco ripristina una differenziazione tra i beni e i servizi. Più che un’effettiva alternativa all’economia globale sembra essere un sistema parallelo seppur maggiormente equo e solidale nelle prospettive.

Riguardo poi alle possibilità di cambiamento delle BdT verso un approccio più economico dello scambio entrambe le esperienze ritengono poco probabile che ciò si verifichi. Per la coordinatrice di Reggio Emilia è possibile la nascita di altre realtà simili alla loro, però è molto difficile che l’evoluzione della versione attuale delle BdT subisca un mutamento in tale direzione a causa della loro origine: "... l’origine è molto importante anche politicamente. Il radicamento e l’origine, ..., si possono inventare strade e rimodellarle rispetto ai soci che entrano, però questi entrano su un progetto specifico. ... poi le strade e i percorsi sono strumentali, però l’origine e gli obiettivi che tu vuoi raggiungere sono quelli."

Inoltre pensa che il tipo di sviluppo assunto dalle BdT sia spesso funzionale agli Enti pubblici, questo vale soprattutto per quelle che nascono per iniziativa o collaborazione con i Comuni. Il rischio è di arrivare a coprire determinate mancanze dello stato sociale, diventando quindi strumentali al perpetuamento dello stato di cose (), mentre la banca dovrebbe nascere per necessità della collettività. Anche per Martano c’è questo rischio di strumentalizzazione o di svuotamento del significato delle BdT: "La BdT non deve essere un lustrino dell’amministrazione, non deve essere un circolo culturale, intellettuale o educativo in generale."

La relazione con i Comuni è considerata un vincolo al radicamento dell’esperienza perché limita il peso delle decisioni dei soci rispetto al suo conformarsi, il responsabile di tale banca aggiunge, a partire dalle sue conoscenze delle realtà esistenti, che quelle che "lavorano" meglio sono indipendenti dall’influenza dell’ente locale. Per quanto riguarda poi la forma assunta, essa è considerata legata dalla relativa ricchezza del nord rispetto sia al lavoro che ai servizi: "... c’è poca disoccupazione ancora, c’è un’amministrazione più sveglia per cui riesce ad avere delle risposte."

Date queste premesse ciò che prevale è il bisogno di socialità rispetto alla necessità di un intervento economico nella conformazione della comunità, che sembra emergere più facilmente dove esistono maggiori difficoltà. L’importante, se lo scopo è di far progredire le banche, è agire concretamente e intensamente, stabilire nuove relazioni, progettare. In questo modo emergeranno esigenze sempre diverse, e si cercheranno soluzioni per soddisfarle. In ciò, ci sembra intuire, consiste il grande potenziale dei sistemi locali, nel coinvolgere le persone e stimolarle ad essere attive, le relazioni comunitarie create condurranno poi all’interesse verso nuovi campi dell’agire.

Estratto dalla tesi di laurea in sociologia

della D.ssa Maura D. B. – Università di Trento

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(dal numero: 2° trimestre 1998 de Il tempo ritrovato)

Presentazione di un caso specifico…

Ci sembra importante presentare brevemente un’esperienza, l’unica, nel pur vasto panorama italiano, di una Banca del Tempo i cui promotori dicono si ispiri direttamente al modello LETS anglosassone e che ci ha particolarmente colpiti per il livello di approfondimento e consapevolezza di sé dimostrato nelle occasioni d’incontro. Si tratta del Sistema di Reciprocità Indiretta di Martano (LE)

L’Osservatorio delle Banche del Tempo italiane ritiene di non poter considerare significante l’esperienza di Martano all’interno del panorama italiano perché questa si prefigge obiettivi prevalentemente economici e si ispira al modello anglosassone.

Il SRI fa capo all’Associazione per lo Sviluppo Sociale ed Economico di Martano (ASSEM) e viene definito un sistema che permette agli associati di donarsi delle prestazioni aventi natura di beni, di servizi e di saperi.

Questa esperienza si distingue per le seguenti particolarità:

il concetto su cui fonda lo scambio è il dono, il quale si articola nel triplice comportamento del dare, del ricevere e del rendere;

lo scambio di doni avviene utilizzando una moneta simbolica (il misthòs) che esprime un valore di riconoscenza composto da una base oggettiva, il tempo di lavoro (un’ora corrisponde a circa 10 misthòs) e una base soggettiva, data dal grado di libertà del gesto di donazione così come percepito dal ricevente;

prevede una quota di partecipazione da prelevare dal volume annuale delle prestazioni ricevute da ogni socio, da devolvere per lo sviluppo locale;

propone con più forza, rispetto ad una BDT, degli obiettivi di sviluppo di tipo economico e sociale del proprio territorio.

In un’intervista abbiamo chiesto il perché di una moneta simbolica e il suo significato: "In grìco ‘mistòs’ significa ‘soldo’. Una volta noi martanesi dicevamo che venti soldi erano pari a una lira. Immaginiamoci oggi il valore di un soldo! Resta comunque il concetto di ‘mistòs’ come unità di misura del valore delle prestazioni. Per calcolare la base oggettiva del valore di riconoscenza, come dice il regolamento, il rapporto con i mistòs è indiretto e razionale perché si parte dal tempo (un’ora = 10 mistòs), mentre per esprimere la base soggettiva del valore di riconoscenza il rapporto è diretto e individuale […] Se la base sulla quale si forma il valore della prestazione è puramente oggettiva (come nelle BDT) si negano di fatto gli aspetti di soggettività, spontaneità, affettività veicolati dai trasferimenti reciproci".

Questo ultimo concetto caratterizza molto l’esperienza di Martano e può farci comprendere meglio perché si parli di dono come elemento fondante lo scambio. Avremo modo di tornare su questo argomento (il dono) e di proporre altri contributi provenienti dall’esperienza del SRI di Martano, che a nostro parere può essere considerato, pur nella sua singolarità, un’utile cartina al tornasole per una comprensione più profonda dell’oggetto BDT.

Estratto dalla Tesi per Dipl. Univ. in Servizio Sociale di Laura T. – Padova)

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(dal numero: 3° trimestre 1998 de Il tempo ritrovato)

Dal film:     Orgoglio di un padre

Improvvisamente in una famiglia americana (padre, madre, una figlia di 10 anni e un figlio di 5 anni) avvengono due tristi calamità: la madre si ammala e in breve tempo muore; il padre, operaio specializzato di una grande azienda, viene licenziato in tronco.

I risparmi si consumano rapidamente, Padre e figli si trovano costretti a cambiare casa. E’ impossibile trovare un altro lavoro. La vita diventa un calvario.

La figlia più grande comincia ad accusare strani disturbi a scuola: capogiri, svenimenti… Gli insegnanti si rendono conto che qualcosa non va. Gli esami e gli accertamenti clinici stabiliscono una triste verità: la piccola soffre di denutrizione. La mancanza di alimenti essenziali è la causa del suo deperimento organico generale. L’intera famiglia non ha da mangiare a sufficienza e spesso soffre, nella società dell’opulenza e del consumo, la fame.

Privo di ogni sussidio economico, il padre riesce occasionalmente a trovare qualche lavoro. Con i magri guadagni riesce a malapena a comprare qualcosa da mangiare. Cerca di adattarsi a far di tutto, ma un buon lavoro stabile non riesce proprio a trovarlo. Fino a qualche mese prima era un operaio provetto, uno che sul lavoro contava. Oggi è un disoccupato ridotto alla fame insieme con la sua famiglia.

Ma in lui c’è orgoglio, l’orgoglio di un padre, di uno che vuol farcela a tutti i costi, senza ricorrere all’assistenza sociale, perché vuole lavorare, ha voglia di lavorare. Conosce tanti mestieri e sarebbe capace di lavorare anche per ricevere solo gli alimenti necessari alla sua famiglia. Non vuole la carità, i buoni pasto che passa l’assistenza; non vuole essere povero, non vuole essere considerato un povero, un peso della società. Lui sa di poter essere in grado di contare sulle tante cose che ha voglia di fare, ma che non riesce a spendere nel mercato del lavoro.

Purtroppo le sue ultime speranze cadono quando, spesi gli ultimi pochi soldi per comprare una camicia nuova per un lavoro di cameriere, si vede ulteriormente rifiutato il posto di lavoro nei giorni precedenti promessogli dal proprietario di un ristorante locale.

Perciò è costretto a ricorrere al centro dell’assistenza sociale. Deve compilare un modulo, sottoporsi ad un colloquio, fare espressa richiesta di alimenti, per poter mangiare lui e i suoi figli. L’umiliazione è pesante. Dall’altra parte un impiegata insofferente, una dipendente grassoccia del servizio sociale (dell’economia sociale?!), una che lavora perché lui ha perso il posto di lavoro. Un strana assurdità! Ma anche un grande distacco, un abisso incolmabile, una spaccatura sociale.

Questo è l’attuale stato sociale dell’America di oggi, che associa opulenza e povertà, grandi fortune e miseria, ricchezze incontrollate ed esclusione.

Un ultimo atto di orgoglio lo accende: fugge via dagli uffici dell’assistenza sociale, non vuol chiedere, sa di potercela ancora fare, ad ogni costo, ma, soprattutto, non vuol essere considerato un povero, lui che di volontà e di creatività ne ha da vendere. Infatti, la povertà peggiore non è solo quella economica, ma quella spirituale, quella che ti vieta di reagire e di lottare.

Quanto questo padre orgoglioso e volenteroso potrebbe dare e ricevere in una Banca del tempo?

Paolo C.

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I bambini studiavano…

Studiavano, compitavano,

leggevano, correvano.

I bambini correvano,

le maestre correvano,

le bidelle correvano

tuta la scuola correva,

la direttrice correva,

tutti correvano

Correvano perché non c’era tempo,

correvano per arrivare in tempo,

per ritrovare il tempo,

per conquistare il tempo.

Lo scolaro deve studiare,

e non ha tempo… forse dopo…

Le maestre devono correggere i compiti,

e non hanno tempo… forse dopo…

Le bidelle devono pulire,

e non hanno tempo… forse dopo…

La direttrice deve organizzare la scuola,

e non ha tempo… forse dopo…

Le segretarie devono consegnare le circolari,

e non hanno tempo… forse dopo…

Bambini, svelti, non ho tempo.

Sbrigatevi, ho fretta, non ho tempo.

Chiudo questo libro,

perché non ho tempo.

Vorrei rispiegare, ma non ho tempo.

Signore, ho tempo,

ho tutto il tempo che vuoi,

le mie giornate a scuola,

i rientri pomeridiani,

le ore dei miei compiti sono tutte mie,

a me farli con calma e senza ansia.

Non ti chiedo questa mattina, Signore,

il tempo di imparare bene

questo e quest’altro.

Ti chiedo d’imparare bene

nel tempo che Tu mi dai

ciò che Tu vuoi che io impari.

(Camilla Z.)

 

(Poesia letta al Convegno di Santarcangelo di Romagna sulle Banche del tempo)

(...)