Ocideref.

In una città italiana nell’anno tremila

(racconto fantastico di Lucia Antonazzo)

http://digilander.libero.it/paolocoluccia

Lilliput Edizioni
Martano (LE),
anno 2001
Paolo Coluccia, via Castrignano 51
73025 MARTANO (LE)
Tel. 0368 419399
Riproduzione libera.

 

"Ociredef, tu ritornerai nel 1999!".

Non ci volevo credere, ero diventato verde per la rabbia!

Si stavano sorteggiando i viaggi-studio per un excursus storico e a me era capitato proprio quello che meno avrei voluto!

Cosa m’importa del passato?

Il passato è morto! Il futuro è l’orizzonte cui tendere: le nuove scoperte, le tante possibilità!

Queste sono le cose che mi hanno sempre appassionato!

Cosa ci sarei andato a fare in un tempo che non mi era congeniale, in un’epoca storica che non m’interessava per niente?

Ormai, però, dovevo accettare e adattarmi alla situazione.

Indossai lentamente la tuta che mi rendeva invisibile e cominciai ad aspettare la programmazione del trasferimento cellulare.

 

Bzzz… Accidenti! Neanche il tempo di pensare ed ero già a destinazione!

Era la prima volta che mi trovavo in una situazione di questo tipo, perciò mi guardai bene intorno per raccogliere ogni dato possibile e annotare tutto sul mio vocal.

Vedevo tanta gente camminare per strada e mi chiedevo perché. Cosa facevano tutte quelle persone che correvano di qua e di là?

Una di loro aveva tanti pacchi colorati che dovevano pesarle parecchio.

E quante automobili! Che forme strane e ingombranti!

D’altra parte non c’era ancora il televirtrasp (il trasporto virtuale): è molto efficiente e utile in parecchie occasioni.

Vedevo, dalle finestre, la gente affaccendata vicino ad un mobile d’antiquariato con delle griglie che sembravano fornelli (proprio come avevo studiato dai sensori di storia antica). Poi, seduti intorno ad un oggetto di legno di forma rettangolare, portavano una cosa fumante alla bocca e sembravano compiaciuti e soddisfatti.

Poi ho capito: si nutrivano!

Ma a che cosa serviva perdere tanto tempo per nutrirsi?

Noi sì che avevamo raggiunto un’alta tecnologia! Non era necessario perdere tempo, sporcarsi ed investire denaro nella nutrizione: bastava sedersi vicino ad un video, visualizzare CIBO, appoggiare due sensori sullo stomaco e altri due ai lati della testa e premere INVIO.

Bastavano cinque minuti per fare un pranzo completo.

A darci quel senso di piacere e di sazietà erano le onde cibosens, che, da quando erano state scoperte, 500 anni prima, avevano risolto non pochi problemi. Una sola era la differenza tra noi e loro: l’espressione del viso (forse perché per noi era solo un’operazione indispensabile per mantenere in buona salute il nostro fisico).

Tante altre cose mi lasciavano perplesso e mi ci volle un po’ di tempo per venire a capo degli interrogativi che mi ponevo.

Ma ciò che, più di tutto, mi faceva riflettere, erano le facce dei bambini che stavano tutti insieme in una grande costruzione divisa in tante cellette: mi ci volle un po’ a capire che in quel posto i bambini imparavano.

Ero sconvolto dal fatto che fossero tutti diversi, che in nessun caso si poteva parlare di perfezione, guardandoli.

Noi, invece, eravamo tutti molto simili, con lineamenti e corpo perfetti. (Non per niente c’erano dei modelli cui i genitori potevano fare riferimento quando decidevano di avere un figlio, naturalmente in laboratorio).

Eravamo tutti convinti che l’efficienza, la precisione, la perfezione, fossero le cose principali cui tendere e perciò non c’era alcun senso nello stare lì seduti tante ore ad imparare le cose in quel modo stupido che faceva solo perdere tempo inutilmente. Noi, nell’anno tremila, non avevamo bisogno di uscire dai nostri spazi per imparare: c’erano i cultursens che, applicati sulle tempie, ci riempivano il cervello di tutte le nozioni che ci servivano per il servizio cui eravamo destinati.

"Cui eravamo destinati !?...".

Questa frase mi martellava dentro.

Basta! Avevo bisogno di riflettere un po’.

Dovevo tornare nel futuro per pensare...

 

Grrr…grrr… Ma cosa stava succedendo?

Non funzionava più il pulsante del trasferimento cellulare.

Sarei rimasto prigioniero del passato? Volevo ritornare nel mio tempo e non sapevo come fare.

Durante la mia permanenza avevo sentito parlare di una Banca del tempo: forse era ciò che faceva al caso mio.

Ma possibile che fossero così avanzati nel 1999!?

Ma perché poi facevo tutte queste elucubrazioni mentali? L’importante era che forse mi avrebbero potuto aiutare.

Io volevo solo ritornare a casa mia… anzi, scusate, volevo dire… nel mio spazio vitale.

Con questi pensieri nella testa, mi avviavo con la speranza di avere qualche indicazione su dove avrei potuto trovare questa Banca del tempo (naturalmente dopo essermi reso visibile!).

Finalmente riuscii a rintracciarla, ma mi resi subito conto che difficilmente avrei potuto ottenere aiuto, dal momento che mi accorgevo sempre più che il tempo come lo intendevano loro era diverso da come lo intendevo io.

Dovetti convincermi che mai e poi mai avrei potuto ottenere aiuto da gente così primitiva. Rischiavo di rimanere bloccato in quel posto per sempre se non fosse intervenuto qualcosa di nuovo. E questo non lo potevo sopportare!

Nel mio mondo avevo le mie certezze, ognuno di noi aveva il suo compito preciso, la nostra società era organizzata in modo che ogni cosa, ogni azione, rispondesse perfettamente ad un ordine stabilito...

 

Stabilito da chi?

Era la prima volta che mi ponevo una domanda del genere.

Forse era stata l’irrazionalità di questi strani umani che mi avevano contagiato.

Quasi quasi non mi dispiaceva affatto di rimanere lì, almeno per vedere qualcos’altro di quello strano mondo.

I miei superiori mi avrebbero certo tirato fuori di lì con il televistrap di riserva quando si sarebbero accorti che mancavo all’appello periodico. Ma fino ad allora, volevo provare anch’io a sfruttare meglio il mio tempo, anzi, come vedevo fare, a cercare anch’io di perderne un po’!

Forse così avrei trovato qualche amico.

 

Con queste nuove idee nella testa e baldanzoso per la mia nuova decisione, mi avviavo alla Banca del tempo deciso a farne parte per un breve periodo.

Mentre ne osservavo il funzionamento, sperando di ricevere quante più informazioni possibili, avevo capito in fondo di cosa si trattava.

Niente di più semplice!

Bastava iscriversi e subito si poteva cominciare a "scambiare". Se avevo bisogno di qualcosa, dovevo contattare il socio che offriva quel servizio e se qualche socio aveva bisogno di ciò che offrivo io, bastava che mi telefonasse e ci saremmo messi d’accordo.

Il tutto in piena libertà!

Ero sicuro che con le mie conoscenze, avrei potuto essere d’aiuto a molti: sapevo cose che altri neppure si sognavano. Avrei insegnato loro come essere efficienti consumando il meno tempo possibile; sarei stato in grado di suggerire le migliori tecnologie per far fronte a tanti tipi di problemi.

Compilai così la mia lista di offerte e di richieste e la consegnai al gruppo che aveva la gestione della Banca del tempo. Era il gruppo cui poter fare riferimento per ogni esigenza.

Passarono pochi giorni e già fui contattato da un signore che voleva informazioni sul nostro modo di risparmiare energia, da una signora che voleva sapere se avessi qualche crema miracolosa che facesse sembrare più giovani, da un’altra ancora che voleva trovare il modo più veloce per preparare i pasti senza spreco di energie e di risorse materiali… e via dicendo.

A furia di dare consigli il mio conto cresceva in positivo, finché venne il giorno che mi fu detto che avrei dovuto chiedere anch’io, per evitare di superare un massimale che era stato stabilito all’apertura della Banca del Tempo.

Presi così la lista delle offerte per vedere che cosa potevo richiedere.

Mi sentivo in difficoltà!

Fino a quel momento nel mio mondo non avevo mai chiesto niente! Mi era dato tutto senza chiedere, Tutto ciò che mi occorreva per soddisfare i miei bisogni era pronto in un battibaleno!

Io non sapevo che cosa volesse dire "desiderare" qualcosa o "mancare" di qualcosa.

Sperimentai sulla mia pelle che, al contrario delle mie convinzioni (credevo, infatti, che tra quelle persone ci fossero molti furbi, che volevano ricevere sempre e non dare mai) era molto più difficile chiedere che dare.

Anche gli altri soci, in fondo, come me, erano pieni di belle intenzioni; volevano rendersi utili, ma nessuno voleva ammettere di avere effettivo bisogno degli altri.

Contattai timidamente qualche socio che offriva compagnia per escursioni nel territorio, qualcun altro che offriva cibi locali che m’incuriosivano molto ecc.

Mi rendevo conto sempre di più che ogni persona era unica e singolare e che anche dagli errori, propri e altrui, si poteva apprendere molto!

Di tutto questo avrei fatto tesoro al mio ritorno al 3000, perché finalmente avevo capito quanto fossero importanti le esperienze passate, quanto fosse interessante riviverle. E soprattutto non si doveva mettere il paraocchi e rifiutare gli accorgimenti, anche se rudimentali, del passato e guardare solo ed esclusivamente davanti a noi, al futuro.

Tutto ciò non significa "tornare indietro", ma capire che qualche volta è importante conoscere i modi di vita del nostro passato.

                                                                                            Lucia Antonazzo

__________________

 

***

Lilliput è un nuovo modo di fare comunicazione e cultura. Ogni testo divulgato da Lilliput può essere riprodotto liberamente da chi ne viene in possesso. Non esistono diritti d’autore e gli autori che accettano di far parte del circuito divulgativo Lilliput non percepiscono alcun compenso in denaro o in natura per il testo messo a disposizione, ma raggiungono il solo scopo di far conoscere il proprio pensiero. Essi si uniformano autonomamente alle regole del buon senso e della liceità, che tutti hanno il dovere di riconoscere e di adottare, per il rispetto e la dignità di tutte le persone.
Lilliput non ha fini di lucro, ma cerca d’infondere una nuova dimensione culturale, informativa e comunicativa. Per i fascicoli ricevuti non va inviato alcun pagamento, in denaro o in natura, ma soltanto vanno rimborsate le eventuali spese di riproduzione e postali sostenute, che sono liberamente quantificate dal ricevente.
I testi di Lilliput sono divulgati in tre modalità:
1) su carta sotto forma di fascicolo sobriamente rilegato;
2) su supporto magnetico floppy disk 3,5";
3) come allegato di posta elettronica (questa modalità è priva di spese).
I file sono gestibili con Microsoft WORD 1997 o 2000.
Chi utilizza i testi Lilliput ha il dovere morale di citare la fonte, l’autore, il titolo, il luogo e l’anno di edizione.
Lilliput si distingue per l’economicità e per il risparmio di carta. Inoltre, utilizza tecnologie informatiche di riproduzione all’avanguardia.
Ogni edizione di un testo è calcolata in 7 (sette) esemplari cartacei numerati e intestati, 7 (sette) esemplari su floppy disk numerati e intestati, e in un numero indefinito di allegati di posta elettronica, secondo le richieste ricevute.
Chiunque fosse interessato a divulgare o a ricevere testi Lilliput può scrivere al seguente indirizzo: Paolo Coluccia - Edizioni Lilliput, via Castrignano de’ Greci n. 51 - 73025 MARTANO (LE) – Italia. e-mail:
paconet@libero.it.
Internet:
http://digilander.libero.it/paolocoluccia