La Narrativa nella Terapia Cognitiva Post-Razionalista

Titolo originale:
La Narrativa en la Terapia Cognitiva Post-Racionalista

di Alfredo Ruiz

Documento dell’Istituto di Terapia Cognitiva di Santiago del Cile (INTECO)
www.inteco.cl

(Traduzione dallo spagnolo di Paolo Coluccia)


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La narrativa è, a mio giudizio, uno dei temi emergenti più affascinanti della psicologia contemporanea. L’interesse che la narrativa ha rappresentato nei teorici, credo, proviene dal fatto che fa adottare alla psicologia una prospettiva non empirica, costruttivistica o post-modernistica, la comprensione di come l’esperienza umana influisce nella nostra percezione del mondo, che viviamo in ogni istante tanto da essere uno dei suoi problemi fondamentali.

Uno dei maestri teorici del movimento narrativo in psicologia, lo psicologo cognitivo Jerome Bruner, nei suoi due libri fondamentali Realtà mentale e Mondi possibili e Atti di significato risolve un problema teorico fondamentale, riguardo al funzionamento della mente umana, in una forma molto semplice ed esaustiva. La proposta di Bruner è che ci sono due modi differenti di conoscere, vale a dire, due modalità di funzionamento cognitivo, di pensiero, e che ciascuno di essi ci permette possibilità caratteristiche di costruire la realtà. Queste due modalità di pensiero non si possono ridurre una all’altra, senza il rischio evidente di perdita di ricchezza che investe la diversità del pensiero. Tutt’al più questi due modi di conoscere sono autonomi, tanto nel loro principio di funzionamento quanto nei criteri di verifica della conoscenza che raggiungono.

Le possibilità di pensiero che Bruner distingue sono il modo di pensiero paradigmatico e il modo narrativo. La modalità paradigmatica, o logico-scientifica come la definisce Bruner, tenta di essere un sistema matematico, formale, di descrizione e di spiegazione. La metafora, per intendere questo pensiero, è il computer. Attualmente sappiamo molto di questo pensiero paradigmatico e della sua funzione, tanto negli adulti quanto nei bambini. Con questo pensiero riusciamo a risolvere la maggioranza dei problemi pratici della vita quotidiana. Per la maggioranza delle persone è l’unico modo di pensiero che c’è. E fino a 10 o 15 anni fa anche gli stessi psicologi lo credevano.

Il modo di pensiero narrativo – si noti che Bruner lo descrive anche come pensiero – è per alcuni meno conosciuto. Senza dubbio è il tipo di pensiero più antico nella storia umana. Probabilmente è esistito prima del pensiero paradigmatico. Il pensiero narrativo consiste nel raccontarsi da uno all’altro e a se stessi: nel narrare queste storie andiamo costruendo un significato con il quale le nostre esperienze acquistano significato. La costruzione del significato sorge dalla narrazione, dal continuo attualizzare la nostra storia, la nostra trama narrativa. E’ un’attività umana fondamentale. Tutti lo facciamo. Humberto Maturana nel suo libro El Origen de lo Humano en la Biologìa de la Intimitad (L’origine dell’umano nella Biologia dell’intimità) e in comunicazioni personali con l’autore di questo articolo ha anche descritto questi due modi di pensiero. Fin dal suo libro Teorìa Biologica del Conocer (Teoria Biologica del conoscere) li chiama "razonar lineal e razonar sistemico" ("ragionamento lineare e ragionamento sistemico").

Mentre il pensiero paradigmatico tende ad essere astratto, visto che è interessato agli aspetti concettuali più universali e generali, la capacità d’astrazione del pensiero narrativo sorge dai suoi interessi per il particolare. Come osserva Bruner "si occupa delle intenzioni e delle azioni umane e delle vicissitudini e delle conseguenze che segnano il suo trascorso". Per Joyce "le particolarità della narrazione sono manifestazioni dell’ordinario". Il raccontare storie è un procedimento opposto al pensiero paradigmatico, poiché la storia sorge da quello che è assolutamente particolare, da quello che è sorprendente, insperato, anomalo, irregolare e anormale. Cose che non dovrebbero avvenire e avvengono. Eventi che si distinguono totalmente dalla normalità. L’astrazione del pensiero narrativo sorge dalle immagini. Il pensiero narrativo è un pensiero di immagini che non segue una logica lineare, in quanto è analogico, funziona per analogia, per somiglianze. Le immagini si fondono le une con le altre e si pongono in sequenza per somiglianza di contenuto, per similitudine di tonalità emotiva. Nicanor Parra nel suo poema L’uomo immaginario mostra ciò che è l’astrazione narrativa. Le immagini che contiene evocano immediatamente la storia di tutta una vita.

Nella visione cognitiva post-razionalista dello psicoterapeuta e teorico italiano Vittorio Guidano era implicita la modalità narrativa tanto nella concettualizzazione della psicopatologia quanto pure nella psicoterapia. Nel suo ultimo libro Desarollo de la Terapia Cognitiva Post-Racionalista (Sviluppo della Terapia Cognitiva Post-Razionalista) tenta di introdurre formalmente il tema della trama narrativa nel suo modello terapeutico e affronta il problema di relazionare il mutamento umano, l’identità personale e la narrativa personale.

Per un migliore intendimento di ciò che è l’identità personale proviamo a far riferimento a quello che è un sistema che si auto-organizza, un sistema determinato nella sua struttura – come direbbe Maturana -, che organizza la sua esperienza della realtà. Guidano sostiene che un sistema di questo tipo mantiene, per tutto il ciclo di vita, l’unità di se stesso come sistema, cioè, il sistema mantiene ciò che si chiama la sua identità. Per questo autore, l’identità non è statica, l’identità è precisamente una costruzione e non una rappresentazione come la intendono le visioni razionaliste. Per Guidano la costruzione dell’identità personale significa il lavoro di individualizzazione e di differenziazione rispetto al mondo, la qual cosa implica un modo di vedere il mondo e quello che è più importante una maniera di sentirsi in esso. Guidano osserva che dal primo momento ogni atto di identità, ogni atto di individualizzazione rispetto all’altro, implica sempre l’elaborazione e la costruzione di un significato personale. Come accade tutto questo?

Guidano osserva che "la costruzione di un significato personale è un’attività che dall’inizio dello sviluppo umano corrisponde a un processo di consequenzialità di eventi significativi, cioè, unire sequenze di insiemi, di eventi prototipi che sono significativi dal punto di vista dell’attivazione emotiva del soggetto. Nel porre in sequenza questo insieme di eventi – le immagini, combinate e ricombinate tra loro – si comincia a sviluppare una configurazione unitaria, e attraverso di essa è possibile vedere un mondo e sentirsi in esso. Il modo come si vede la costruzione di una visione del mondo non è qualcosa puramente intellettuale, ogni sequenza di eventi e di scene comporta anche un’attivazione del mondo emozionale e il riverbero di eventi prototipici corrisponde al riverbero di modulazioni emotive specifiche. Questa configurazione unitaria di insiemi di eventi, di immagini ecc. fin dall’inizio comincia a trascrivere tutte le caratteristiche che possiamo dire di una storia. Sequenzializzare gli eventi è interpretarli. Sequenzializzare gli eventi in immagini e scene significa interpretarli, significa dar loro nuovi termini! Dar loro una trama narrativa!"

McIntrye nel suo libro After Virtue usa l’espressione "unità narrativa della vita" quando si riferisce a questa trama narrativa che è la continuità unitaria del sentimento di se stessi. La sequenza delle immagini che la costruisce non è che il mantenimento della coerenza e la continuità della propria storia di vita. Per Guidano, il sentimento di se stessi coincide con la coerenza interna di questa storia di vita unica, della quale uno è il personaggio principale e che uno interpreta e vive ogni giorno.

Guidano sostiene che questo personaggio va cambiando in accordo a quello che va accadendo nella sua storia, il personaggio deve modularsi con gli avvenimenti che caratterizzano la sua vita. Nella vita di qualsiasi persona è inevitabile che accadano avvenimenti imprevedibili quotidianamente, in ogni momento del giorno. Qualunque di essi cambia il nostro modo di vita e le nostre aspettative e ogni evento continuerà, essendo perturbatore, fino a che potrò interpretarlo nella storia della mia vita. Così accadrà quello che Ricoeur, nel suo libro Se mismo como un otro (Se stesso come un altro), indica come "quello che casualmente si chiama destino". Per Guidano il casuale è inserito nella sequenza di eventi della storia e allo stesso tempo il senso perturbatore che si sperimenta, quando l’evento imprevedibile si produce, si è trasformato in una sfumatura, che oltretutto si sperimenta nel senso della continuità e dell’unicità della mia storia di vita.

Può accadere che nella vita di una persona, un evento o una serie di eventi non possono essere assimilati nella sua storia vitale. Questo evento che non è stato processato né elaborato, ed è quello che va a trasformarsi in un sintomo psicopatologico. Per esempio, la non assimilazione dell’esperienza della morte del padre per un adolescente può sfociare in un episodio di anoressia acuta. Altro esempio, l’esperienza di rifiuto, di non riconoscimento in un uomo di mezza età provoca una reazione depressiva consistente.

Da questo punto di vista vediamo la psicopatologia come perturbazioni nella continuità della trama narrativa, che implica che eventi, che provocano perturbazioni emozionali, permangono senza essere integrati nella storia vitale del soggetto. Da una prospettiva post-razionalistica la psicopatologia non si vede in termini di contenuto. Se noi accettiamo l’idea che il sistema umano è un sistema che si organizza non possiamo vedere dunque che il normale, il nevrotico o lo psicotico in relazione a categorie che stanno facendo riferimento a una realtà esterna oggettiva. Dalla posizione costruttivistica e post-razionalistica si vede il normale come la capacità che hanno le persone di adattarsi in funzione della loro flessibilità sulle differenti situazioni della vita. I nevrotici saranno quelle persone nelle quali la flessibilità sarà diminuita e pertanto mantengono punti di vista rigidi e non generano teorie, che permettono loro di integrare gli eventi perturbatori alla loro trama narrativa. Nella psicosi si vede un’interruzione assoluta del processo di continuità della trama narrativa. La psicoterapia tenderebbe ad essere visualizzata come un processo nel quale la persona, attraverso ripetute ricostruzioni può andare integrando questi eventi, che sono vissuti come estranei a se stessa, come il caso del nevrotico o di chi ha interrotto totalmente la continuità della trama narrativa, come è il caso dello psicotico. In questo modo si facilita la riorganizzazione che la persona può fare della storia della sua vita. Questo lavoro terapeutico si realizza in sezioni nelle quali il paziente lavora e collabora attivamente alla ricostruzione della sequenza di eventi e situazioni perturbanti. Ma, soprattutto, la terapia non include gli psicofarmaci, giacché questi non portano nulla alla riorganizzazione del modo come la persona sta costruendo il suo significato personale. Al contrario quasi la totalità dei pazienti è incompatibile con la psicoterapia. Inclusi gli psicotici.

 

L’uomo immaginario
(di Nicanor Parra)

L’uomo immaginario
Vive in una permanenza immaginaria
Circondata di alberi immaginari
Sulla riva di un fiume immaginario
Dai muri che sono immaginari
Pendono antichi quadri immaginari
Irreparabili fessure immaginarie
Che rappresentano fatti immaginari
Accaduti in mondi immaginari
In luoghi e tempi immaginari
Tutte le sere immaginarie
Sulle scale immaginarie
È affacciato al balcone immaginario
Circondato da colline immaginarie
Ombre immaginarie
Vengono per la via immaginaria
Intonando canzoni immaginarie
Alla morte del sole immaginario.
E nelle notti di luna immaginarie
Sogna con la moglie immaginaria
Che le brindò il suo cuore immaginario
Volge a sentire questo stesso dolore
Questo stesso piacere immaginario
E volge a palpitare
Il cuore dell’uomo immaginario

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