Paolo COLUCCIA

 

UN "LESSICO "

BIOGRAFICO DI NIETZSCHE

 

Ciò ch'io temo non è l'orrenda figura dietro la mia sedia,
ma la sua voce; e nemmeno le parole,
bensì il tono terribilmente inarticolato
e disumano di questa figura.
Sì, se parlasse almeno come parlano gli uomini!
(Nietzsche, Frammento postumo )

Allora Nietzsche mi spiegò con ardore una ricetta di cucina.
[...] D'un tratto io trovai la cosa comica [...]
mi misi a ridere e dissi: "Sarebbe una cosa per i ‘Fliegende Blätter’,
noi due professori che andiamo in giro quassù
parlando di ricette di cucina".
Ma lui si arrabbiò sul serio
e mi tenne una lezione su quale delitto fosse
trascurare la cura del corpo.
(Julis Kaftan, Aus der Werkastadt des Übermenschen.
"Deutsche Rundschan", XXXI, 1905 - II, p. 573)

 

Lilliput Edizioni

1997

 

I edizione – Martano (LE), 1° trimestre 1997

Fascicolo auto riprodotto da
Edizioni LILLIPUT
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73025 MARTANO (LE)
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Riproduzione libera

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1. Se alterne e controverse vicende hanno interessato l'opera filosofica di Nietzsche per oltre un secolo, con la più o meno fortunata impressione suscitata in popoli e tempi diversi, di meno non può dirsi di questa biografia nietzscheana che qui recensiamo1, tre volumi nell'edizione italiana, che - quasi un demone oscuro se ne sia ambiguamente interessato! - ha incontrato difficoltà e vissuto circostanze particolari, sia durante la prima incubazione, sia nell'intero corso della sua stesura.

Nella premessa l'Autore indica le traversie iniziali, quelle più appariscenti e drammatiche. In realtà, l'autore vero e proprio sarebbe dovuto essere (e in parte lo è stato) Richard Blunk (1902-1962), il quale già nel 1945 aveva dato alle stampe il manoscritto, una biografia nietzscheana "completamente nuova"2 rispetto a quella scritta dalla sorella del filosofo Elisabeth Föster-Nietzsche. Gli eventi bellici di quell'anno furono purtroppo causa di distruzione delle copie dell'opera già stampata e depositata in tipografia. Lo studioso, però, non ne fu troppo addolorato, anzi si riservò negli anni successivi, assai più tranquilli, di riprendere il testo e di perfezionarlo, per dare alle stampe un'opera più ampia ed incisiva. Ma, nell'addentrarsi maggiormente nella voragine del materiale edito ed inedito che in quegli anni cominciava a circolare con più facilità, gli studi e le correzioni si moltiplicarono e si integrarono ripetutamente e smisuratamente, tanto che la morte dell'autore sopraggiunse improvvisamente, il quale riuscì a vedere pubblicato soltanto il primo volume nel 1953 dei tre programmati.

Nel riprendere l'opera, su invito di Karl Schlechta3, Kurt Paul Janz si trovò di fronte un vasto numero di appunti, la maggior parte stenografati con un antico sistema (Roller), che non permetteva una rapida quanto precisa sistemazioni delle parti mancanti. A questo punto dovette prendere la decisione di ristrutturare e di ripartire nuovamente lo schema del lavoro, lasciando inalterata la prima parte già pubblicata.

Anche se strutturata in quattro grandi parti, l'opera rivela un'ottima continuità biografica dell'esistenza e del pensiero di Nietzsche. Evidenzia assai egregiamente in quattro periodi la vita del filosofo tedesco, concatenandoli perfettamente l'un l'altro: gli anni dell'adolescenza e della scuola (descritti da Blunck), dell'insegnamento a Basilea, del periodo vissuto come filosofo indipendente da legami accademici e politici4 ed infine gli anni che intercorrono dall'ottenebramento intellettuale alla morte fisica. (In verità quest'ultimo periodo della vita di Nietzsche è sempre stato poco considerato dagli studiosi del suo pensiero).

Janz chiama il suo lavoro "un lessico per la vita di Nietzsche"5, un'opera cioè da poter usare in maniera enciclopedica, da consultare per la ricerca di particolari notizie sugli avvenimenti della complessa e travagliata vita del filosofo. E questo è di fatto possibile, soprattutto per merito degli indici e delle note, sapientemente elaborati e riportati in calce al terzo volume.

E "come fonti sono state utilizzate soprattutto le lettere"6, documenti esistenziali di primaria importanza in simili circostanze letterarie. Infatti, le fonti epistolari permettono di seguire più intimamente e di tracciare le tappe di una vita più realisticamente e di raggiungere un quoziente di verità molto più alto di quanto si possa fare analizzando i soli scritti pubblicati o inediti di un autore. Le società future non riusciranno quasi per niente a comprendere i pensieri più intimi degli intellettuali migliori del nostro tempo, in quanto non avranno a disposizione quel fardello epistolare che in larga misura è stato soppresso dall'uso quotidiano del telefono e dalla facile percorrenza delle lunghe distanze. Ma, per tornare a noi, c'è da aggiungere che nella letteratura epistolare di Nietzsche ricorre un fatto importantissimo, che traspare con una certa evidenza dal confronto della stessa con gli scritti filosofici ultimati. Di ciò, in ogni caso, diremo più avanti.

2. La traduzione di quest'opera cade in un periodo particolare della cultura italiana, per non dire che essa si pone in un modo altrettanto particolare nel contesto culturale universale. Siamo infatti in pieno accordo con quanto si dice in un articolo pubblicato su un nostro quotidiano: "Nietzsche ricorre ciclicamente ad ogni passaggio di fase della cultura europea. [...] Il dibattito su questo autore 'inesauribile' riprende oggi nel cuore di una crisi senza precedenti, che sembra coinvolgere da vicino le strutture stesse della ragione occidentale"7. L'influsso di Nietzsche nel mondo contemporaneo ha sempre interessato importanti periodi storici, specialmente quelli più tormentati, suscitando riflessioni e studi profondi nei confronti dei canoni tradizionali della cultura, della politica e della scienza. Vi contribuisce indiscutibilmente il fascino immediato (o il terrore) che questo pensatore ispira, in modo positivo o negativo si voglia considerare, comunque dal proprio punto di vista. Filosofia, la sua, di non usuale accostamento e di difficile interpretazione, avvolta quasi da una cortina fumosa di protezione, a prima vista invalicabile, da una "maledetta maschera", in quanto, come lo stesso Nietzsche afferma: "Tutto ciò che è profondo ama la maschera"8.

Ma se da un lato il pensiero filosofico di Nietzsche è studiato con una certa serietà, altrove, ancora oggi, molti lo evitano o lo sottintendono, anche negli ambienti accademici, scoraggiati, forse , dalle difficoltà della sua speculazione o timorosi di essere distolti dalla propria pigrizia intellettuale, per non venire a contatto, chissà perché, con la torpedine socratica ad alto potenziale elettrico che in esso si nasconde. Per fortuna "l'influsso di Nietzsche è appena agli inizi, con buona pace di molti"9 osservava Blunck a suo tempo (osservazione che riteniamo oggi ancora valida). Ma per amor del vero proprio un grande stuolo di paurosi e di mercenari accademucci ha ritardato la diffusione di una genuina e significativa esperienza filosofica, profonda e solitaria, interessante sotto il profilo propedeutico, anche se in parte superata o da superare, così come lo stesso Nietzsche desiderava, in ogni caso stimolante per la vita e per l'intelletto. Solo per fare un esempio, il Geymonath, nella sua monumentale10 Storia del pensiero filosofico e scientifico, dedica al filosofo (non possiamo appurare se per paura inquinante o per non conoscenza, ma senz'altro per mancanza di oggettività storiografica) poco più di un paio di paginette devianti e oscurantistiche. Ma, fortunatamente, a questo e ad altri scoraggianti esempi si affiancano altri di mirabile serietà d'indagine, studiosi che hanno rivangato nella complessità del pensiero nietzscheano, che hanno cercato di collocarlo, purtroppo senza molta fortuna, nella tortuosa evoluzione del pensiero filosofico e scientifico moderno, al fine di accertare o districare dalle distorsioni soggettive alcuni punti salienti di questa filosofia11. Ed occorre in ogni caso ricordare che le migliori menti dell'universo filosofico e letterario del Novecento hanno dovuto fare i conti con Nietzsche. "Abbiamo cercato di liberare - dice lo stesso Blunck - la sua immagine dai distorsioni, dalle deformazioni e falsificazioni di un culto e di una polemica estranei alla sua essenza"12. Il travisamento del suo pensiero è da poco e lentamente diventato oggetto di revisione ermeneutica e di riflessione nella cultura accademica e in generale. "Ci siamo sforzati - aggiunge lo stesso - di disegnare questa vita nella sua autonomia, con reverenza eppure senza imbarazzo, dalla distanza che a noi si conviene"13. E ancora: "La vita e l'opera di Nietzsche ci interessano così profondamente, una vita e un'opera che sono, sotto la sferza di questa veracità, una sola incessante battaglia contro un'epoca che sempre più si abbandona a una menzogna senza speranza, contro la propria felicità, contro la gloria e perfino la passione del cuore: è un'azione la cui purezza e necessità non può venir turbata né annullata da alcun effetto, per quanto equivoco o addirittura terrificante"14.

Una biografia di questo livello, dunque, si rivela della massima importanza per la comprensione del pensiero filosofico di Nietzsche. Il principio da cui muove Nietzsche è la vita, così come la si vede manifestarsi, molteplice e diversa in ogni giorno, in ogni suo attributo esteriore o interiore. Egli sviluppò tale riflessione con tenacia e con devozione ed evidenziò, non cronologicamente alla maniera diaristica, essenzialmente ed universalmente i contenuti, gli stimoli, i momenti e le osservazioni che la sua esistenza e quella in generale manifestavano. "Il suo pensiero non cerca mai, neanche per un momento, di svincolarsi dalla vita, di liberarsi dagli impulsi della propria personalità, bensì torna ad emergere, a levarsi sempre e soltanto dal profondo di entrambe, non è che la loro espressione"15. Se bisogna cercare la verità di un pensiero, nella sua effettiva oggettività, non si può esulare dall'esistenza, unica cosa certa dell'individuo, alla guisa di Agostino e Cartesio, per fare alcuni esempi più noti, di fronte alla cui evidenza quest'ultimo superò di conseguenza il dubbio più profondo, mentre il primo fondò e basò la sua ricerca antropologica e teologica. "Per lui - osserva Blanck - la verità è la vita stessa, quindi non può astrarre da essa per pervenire alla conoscenza di "un vero sé""16. In Nietzsche vita e pensiero si intersecano continuamente: dalla sua filosofia molto ha tratto l'Esistenzialismo, in ogni sua ramificazione, nonché molta influenza hanno ricevuto la cultura, l'arte e la scienza di questo secolo17.

3. Nel primo volume, che abbraccia il periodo più umano (intendiamo più a contatto con il mondo familiare, sociale, accademico) della vita di Nietzsche, si pone particolare attenzione ad alcuni tratti della sua personalità e della sua indole filosofica. Si mettono in evidenza quelle particolari esperienze di vita dalle quali il filosofo trasse insegnamento e delle quali si servì per presentarsi teoricamente al mondo culturale moderno.

L'ampia e varia corrispondenza di questo periodo rivela molto del suo complesso e travagliato carattere: certamente molto di più da quanto possa trasparire dalle opere filosofiche dello stesso periodo. In essa Nietzsche appare quale è stato nella vita, assai differente da quella immagine controllata e a volte rigida che ne vien fuori dagli scritti schiettamente filosofici, in special modo da quelli più polemici. Nelle lettere, come pure nelle orazioni e nelle conversazioni (tenendo fede alle testimonianze dirette dell'epoca), egli era molto più a contatto con la vita e con il mondo, mentre nelle riflessioni più profonde, seduto in penombra nella sua stanza, angustiato teoreticamente dall'esigenza della generalizzazione e del discernimento oggettivo ed universale, la sua personalità assumeva una sfaccettatura esattamente contraria alla sua indole usuale, spesso gentile e carica di umiltà, come riporta qualche testimone del suo ambiente, quasi "femminea", senza comunque speculare malignamente sul termine, come spesso è stato impropriamente fatto!). "Personalmente era poi una natura quanto mai aperta e come tale c'erano in lui molte cose da biasimare e parecchie da compiangere, ma nel Nietzsche che parlava tutto assumeva una forma mite e umana, la lode era priva del miele, il biasimo dell'assenzio. Diversa la situazione nel Nietzsche che scriveva. Una volta che parlando con lui, ci si era abituati ai suoi modi e al suo tono, alla cortesia con cui prestava ascolto alle opinioni e ai giudizi degli altri, anche se a lui molto inferiori, perfino al suono smorzato della sua voce, che meno che mai appariva tradire sicurezza di sé - si aveva poi ragione di stupire, per non dire spaventarsi, delle metamorfosi che questa persona soave e dal carattere innocuo poteva subire nell'esprimersi per iscritto, vale a dire letterariamente"18. Non è infatti difficile notare la differenza di espressione tra una lettera ad un amico ed un aforisma che trattino lo stesso argomento: nella prima certamente Nietzsche è più vivo ed umano.

Comunque un tratto particolare del suo io più nascosto ed intimo non è mai trapelato in alcuna lettera, né discorso o scritto, tranne che in un piccolo appunto che qui riportiamo per intero e commentato dal biografo: ""Ciò ch'io temo - scrive Nietzsche in questa annotazione carica di consapevolezza e di esasperazione comunque controllata - non è l'orrenda figura dietro la mia sedia, ma la sua voce; e nemmeno le parole, bensì il tono terribilmente articolato e disumano di questa figura. Sì, se parlasse almeno come parlano gli uomini!". Che significa questa annotazione, che gli editori (G. Colli e M. Montinari) collocano nel periodo che va dall'autunno del 1968 alla primavera del 1869? In nessuna lettera, in nessun'altra dichiarazione di Nietzsche in questo periodo, in nessuna notizia della cerchia di persone con cui venne a contatto, troviamo alcun accenno ai disturbi psichici che dovevano evidentemente essere alla base di questa annotazione. [...] Ma questa voce egli riuscì a sopprimerla. Nessuno seppe del dialogo con essa. La luce del giorno la fece dileguare. Noi non sappiamo quante volte il demone degli abissi più profondi o delle vette più vertiginose comparisse dietro la sedia del ventiquattrenne sprofondato nel lavoro e nella meditazione; non sappiamo che cosa gli sussurrasse con quella voce orribilmente inarticolata e disumana, che lo scuoteva fin nelle più intime fibre; non sappiamo quanto profondamente questo demone lo toccasse, e in quale misura egli lo avvertisse sotterraneo anche in pieno giorno; ma sappiamo che lottò con lui, sappiamo che lo sconfisse e che lo tenne incatenato per vent'anni. Ma può darsi che in tutto questo lungo tempo non lo perdesse mai di vista e che poi, quando lo ebbe pienamente riconosciuto, si unisse a lui come al più intimo e segreto "tu""19.

Riflettere su questo argomento può servire allo studioso, ma può essere anche negativo: in ogni caso non bisogna esagerare con assolutizzazioni! E' importante sapere che ci troviamo di fronte ad un uomo che ha lottato con tutte le sue forze fisiche e psichiche per tutto l'arco della sua vita contro un male misterioso (per la sua epoca e per la nostra) e contro una forza sconosciuta, e soccombe soltanto quando tutto si è compiuto con la pubblicazione di quasi tutte le sue opere.

4. Un importante argomento trattato in questa prima sezione della vita di Nietzsche è la sua attività pedagogica. Janz esamina per intero il periodo che il filosofo dedicò all'insegnamento, da quando assai prematuramente (infatti non era ancora laureato) venne chiamato a ricoprire l'incarico di docente universitario per la cattedra di filologia nella città di Basilea. Contemporaneamente fu anche professore di greco nel liceo della stessa città.

Le testimonianze sulla sua personalità di studioso e di educatore sono assi positive, sia quelle riportate da studenti sia quelle riportate da colleghi e superiori. Egli attuò il suo credo pedagogico fino in fondo e con profonda convinzione. Anche se egli ne tratta con poche e sporadiche idee in alcuni aforismi o frammenti (oggi purtroppo potrebbero suonare strane nel mondo intellettuale e nella didattica moderna). Il successo ricevuto ne garantiscono certamente l'integrità e l'importanza e se non altro la validità in senso generale.

Fin da scolaro al liceo di Pforta Nietzsche sentì una vera attrazione per l'attività educativa. "Perciò mi limitai ad osservare - precisa egli stesso - come si insegna, come si trasmette il metodo di una scienza allo spirito dei giovani"20. Riferendosi al suo maestro Ritschl diceva: "E per ‘maestro’ egli intese sempre qualcosa di più di chi si limita a trasmettere dottrina, a istruire in alcun ché; per 'maestro' intendeva chi possedesse la forza e la superiorità necessarie per essere la guida spirituale e sprigionare una scintilla creatrice"21.

Queste riflessioni si fusero e si svilupparono successivamente quando li sperimentò didatticamente per alcuni anni con i suoi studenti universitari e liceali. Le testimonianze di questi, altamente positive e qualificanti, dimostrano innanzitutto la serietà e la fedeltà ai principi del giovane professore dimostrate nei confronti dell'incarico che era stato chiamato a ricoprire22.

C'è un breve, ma significativo, aforisma in un'opera della maturità filosofica che contiene la sua ideale professione di fede nei confronti dell'attività educativa: "Chi è fondamentalmente un maestro prende sul serio ogni cosa soltanto in relazione ai suoi scolari - perfino se stesso"23. Ma il destino lo privò del suo lavoro di insegnante, a cui certamente tanto teneva. Vani e disperati furono i tentativi, dietro le spinte della malattia, per non ritirarsi dall'insegnamento. Alla fine dovette cedere e rassegnò le dimissioni dall'incarico. Il suo destino (fatum imperioso dell'esistenza umana) era quello di "diventare non già un insegnante accademico di filosofia, bensì un filosofo"24. Un presentimento di ciò egli lo aveva già avuto quando, durante la sua carriera accademica, un ostacolo burocratico ed una situazione di fatto verificatasi in amministrazione gli avevano precluso il passaggio dalla cattedra di filologia (che comunque conduceva con programmi e argomenti filosofici) a quella di filosofia.

Non cessò in ogni caso mai di sentirsi anche in seguito un educatore , ma su un piano molto diverso, non certamente per fini possessivi, ma per infondere sempre lo sviluppo e il superamento di sé e della altrui conoscenza. Al momento delle dimissioni si liberò certamente "del lavoro scientifico-filologico di professore universitario, ma non dell'ufficio di educatore quale sempre volle essere, sia pure su scala maggiore"25.

5. Nietzsche ebbe un grande accecamento culturale interiore: la musica. Janz tratta assai esaurientemente e con acuta precisione dell'attività musicale del filosofo e del significato e dell'influsso di questa disciplina sulla sua personalità. Janz, infatti, ha cominciato ad interessarsi di Nietzsche pubblicando proprio le sue composizioni musicali26 e questo dimostra il suo preciso discernimento dell'argomento.

Nietzsche possedeva una rara percezione del messaggio musicale, anche se come musicista e compositore non superò mai la posizione di un ottimo autodidatta. Di fatto era molto bravo ad improvvisare al pianoforte: ne fa fede quanto è stato tramandato dalle testimonianze di coloro che gli furono vicini. Ma tutta la sua indole tendeva in modo particolare verso il mondo musicale nel suo insieme. Dall'ispirazione musicale, dalle sembianze del ritmo dionisiaco e dall'intimità della cerchia wagneriana partono gli stimoli del suo pensiero filosofico. "Nietzsche, osserva Janz, si avvale della musica, esattamente come della lingua, per dominare e trasmettere contenuti spirituali e psichici"27. Infatti, oltre che della letteratura, da nessun'altra forma d'arte egli si sentì attratto in eguale misura. "Nietzsche non era ‘un uomo della vista’. Non si sentì mai colpito da una opera di pittura né di scultura né di architettura; [...] non esistono ‘paesaggi dallo Zarathustra’, bensì un tentativo di trasposizione in musica di poema sinfonico (Richard Strauss). E ciò mette in luce un fondamento della natura di Nietzsche. Nell'intimo lo toccava veramente soltanto la musica, e la letteratura solo in quanto gli comunicava contenuti filosofici o modi di esistenza a lui affini"28. Se qualche pittore riuscì ad interessarlo sporadicamente29, lo stesso non può dirsi di filosofi e scrittori (Schopenhauer, Lange, Zolà, Merimée ecc.) e di musicisti e compositori (Wagner, Litz, Bizet, Verdi, Beethoven ecc.). Di Beethoven, in particolare, ebbe un rispetto superiore ad ogni altro: "In Nietzsche ci imbattiamo nella professione di fede in Beethoven ogni volta che prende la musica veramente sul serio"30. Egli lo "venerò sempre religiosamente, l'unico grande che per lui rimase intoccabile..."31. Infatti, era solito dire: "Su di lui è meglio tacere", quasi a voler intendere che per una comprensione integrale del messaggio intellettuale e musicale del grande compositore non abbisognassero parole o discussioni, bensì una totale e intima fusione mentale e spirituale.

Con Wagner il rapporto fu assai diverso, pur se con intensa intimità. Di lui fu molto debitore intellettualmente, sia durante il periodo della grande amicizia, sia nei momenti e negli anni di attrito e di distacco. Wagner ha rappresentato un'epoca e un mito culturali e musicali per molti. In lui Nietzsche scoprì in un primo momento la riforma dionisiaca dello spirito della musica e ne diventò un appassionato sostenitore. Ma soprattutto negli anni che precedono l'impresa di Bayreuth lo spirito filosofico di Schopenhauer è presente in entrambi. Successivamente le due strade si divisero: Nietzsche già da tempo aveva visto opposti sviluppi teoretici. Tuttavia, pur essendo vissuto a pieno contatto per lungo tempo con l'ambiente wagneriano, non ne rimase molto influenzato, sia dalla forma sia dalo stile del maestro , al pari di altri compositori dell'epoca. "Colpisce la totale mancanza di influssi wagneriani. [...] Il demonismo e la potenza sentimentale di Wagner rimasero estranei a Nietzsche musicista, che non fu mai un 'wagneriano'"32.

Anche se nel primo periodo, Nietzsche non riuscì a rimanere immune, come molti altri del suo tempo, dall'influsso filosofico di Schopenhauer, della cui dottrina subì l'impressionante naturalezza e l'esistenzialità. Gran parte del pensiero moderno ha risentito del fascino di questo filosofo, ma Nietzsche può essere indicato come colui che più di tutti ha colto il significato più profondo della sua filosofia, anche se in seguito - a differenza di altri - non ne fu un semplice ripetitore, ma ne sviluppò e, ad un tempo, ne superò i limiti e i contenuti. Questo è indice dell'importanza propedeutica del pensatore di Danzica33.

Ma Schopenhauer fu altresì un punto di riferimento e di raccordo per molti di coloro che furono vicini a Nietzsche, anche se ciascuno ricavò dalla sua filosofia discernimenti e direzioni diversi o più consoni alla propria personalità. "Jacob Burckhardt, Carl von Gerdorff, Paul Deussen, Erwin Rohde, Richard Wagner e la Signora Cosima - e Nietzsche. Tutti in quest'epoca angosciosa ricercano e trovano sostegno e consolazione, edificazione e ammaestramento in Schopenhauer. [...] E' un rifugio spirituale nell'esilio, una soluzione tipicamente romantica del problema di come affrontare la supremazia del politico, che sopravviene come una catastrofe naturale. Questa adorazione della filosofia di Schopenhauer non potette essere duratura, dovette attenuarsi almeno nella forma. Ma il modo e il luogo in cui ciascuno ritornò a se stesso da questo esilio scelto in un periodo di travaglio spirituale, misero in luce il sostanziale punto di divergenza"34.

Nietzsche fece questo ritorno dopo un inglobamento ed un graduale superamento della filosofia di Schopenhauer, per un'esigenza di libertà spirituale ed intellettuale. "Un uomo - dice egli stesso di sé in una lettera - che non desidera altro che perdere ogni giorno una credenza rassicurante, che cerca e trova la sua felicità in questa liberazione ogni giorno più ampia dello spirito! Forse io voglio essere libero pensatore più di quanto non possa"35.

Non può certamente dirsi altrettanto sereno il distacco con Wagner, data la vicinanza fisica e nonostante la differenza d'età. I sentieri36 cominciarono a divergere già all'epoca di incubazione della IV Inattuale. In seguito, precisamente durante il varo dell'impresa teatrale di Beyreuth, si acuirono e divennero spigolosi, fino alla definitiva rottura avvenuta con la pubblicazione di Umano, troppo umano e la critica al contenuto cristianizzante del Parsifal 37. Ma i rapporti interiori di Nietzsche con il Maestro furono sempre leali ed aperti38, mentre la stessa cosa non può essere detta di Wagner nei confronti di Nietzsche, che in alcune occasioni si soffermò a malignare e a denigrare il discepolo ormai perduto. "Nietzsche, osserva Janz, non ‘tradì’ il suo amico, bensì che le tensioni erano più profonde, erano soprattutto su un piano diverso da quello della ‘fedeltà personale’"39.

Un'epoca nuova era alle porte: Schopenhauer e Wagner non potevano entrarci, ma Nietzsche sì, trovandosi nel mezzo del periodo di transizione40. La sola a veder giusto, anche se inconsciamente , fu Cosima, moglie di Wagner, in alcuni paradossali e pesanti rimproveri mossi a Nietzsche, ormai considerato un ex amico. "Nietzsche abbandonò la sempre più esigua comunità appartenente a un'epoca spirituale che finì con Wagner, che era già entrata nella ‘storia’ con Beyreuth nel 1876. Non era destinato, come Cosima (e forse anche Hans von Bülow), ad essere il guardiano di questa tradizione, bensì l'annunciatore di un'epoca nuova, che andava già poderosamente destandosi"41. E' il momento rivoluzionario, la frattura del XIX secolo, abilmente descritto dal Karl Löwith nel libro Da Hegel a Nietzsche , gli anni in cui si destano le coscienze di Kierkegaard, Marx, Stirner, Bauer e tanti altri insieme con quella di Nietzsche.

Negli anni in cui Nietzsche svolge la sua attività di pensatore è già in atto quel fermento di idee rivoluzionarie in campo economico e sociale che porterà da lì a poco a seri capovolgimenti e a nuove situazioni storiche. E' stato un periodo notevole per i contenuti di pensiero e per le svolte politiche e culturali. Nietzsche non prese certamente parte a movimenti rivoluzionari - come Mazzini, che conobbe durante un viaggio in treno, - e le sue appartenenze ad associazioni furono sempre al livello culturale e letterario. Ma ciò non vuol dire, osserva Janz, che "egli non voleva confrontarsi con la problematica sociale, bensì ne rifuggiva"42, in quanto egli sentì intensamente l'imperversare delle nuove idee, gli avvenimenti di Parigi, la sommossa delle nuove generazioni e, soprattutto, il dolore che angustiava la società umana. In Richard Wagner a Beyreuth Nietzsche dice: "Non si può essere felici finché tutti intorno a noi soffrono e si infliggono sofferenze: non si può essere morali finché l'andamento delle cose umane viene determinato dalla violenza, dall'inganno e dall'ingiustizia; non si può neanche essere saggi finché l'intera umanità non abbia pareggiato nella conquista della saggezza e non introduca l'individuo nella vita e nel sapere nel modo più saggio"43.

Nietzsche non ebbe la forza pratica e rivoluzionaria di un Engels e di un Marx, ma è fuorviante l'idea - purtroppo già da molti fatta propria, dove forse cade anche Janz, - che si sia disinteressato completamente della realtà sociale e della lotta politico-economica. La sua fu una battaglia solitaria, condotta forse con idee e con punti di riferimento opposti a quelli marxiani. E' Blunk a fare luce su questo: "In lui viveva e ai suoi occhi si offriva, sia pure ancora in contorni poco chiari, il quadro di una cultura per la quale occorreva lottare. Qui egli può sembrare affine al suo contemporaneo Karl Marx. Comune a entrambi è l'aver compreso che la situazione culturale durata fino ad allora si era esaurita, e che la loro epoca era un'epoca di capovolgimento, di ribaltamento dei valori e delle forze dominanti. [...] Ma Marx e Nietzsche contrastano quanto al punto di partenza e alla via da percorrere. Per Marx tutto ha il suo fondamento nel materiale, la situazione culturale è il risultato o lo specchio dei rapporti economici [...]. Invece Nietzsche [...] dimostra come occorra in primo luogo una forza spirituale, un genio, per dar la sua impronta alle condizioni culturali, e poi 'gli impulsi inconsci dei popoli', dunque potenze spirituali, in quanto 'portatori e leve della cosiddetta storia universale'. Nietzsche vuole risvegliare queste potenze spirituali, attivarle, rivoluzionare le condizioni culturali, dalle quali discenderebbe poi il nuovo assetto dei rapporti economici. In questo senso ad esempio la cosiddetta 'questione operaia' è e rimane per lui un problema non immediato. [...] Si sentiva sostenuto da una missione in cui credeva di non essere solo. Eppure una più profonda consapevolezza gli diceva già che sarebbe rimasto solo, isolato come era sempre stato"44.

Questo spiega in gran parte la popolarità massiccia di Marx e della dottrina marxiana. Nietzsche non ebbe fiducia nelle idee nuove, nelle idee moderne: nel suo attacco contro "l'edonismo socialista [...] è vicino a Bachofen"45 piuttosto che all'Internazionale . Ma nella sostanza egli fu un pensatore che lottò per il miglioramento dell'umanità. Ciascuno è figlio del proprio tempo e non può fuggirne. "La realizzazione di una superiore umanità è la preoccupazione fondamentale di Nietzsche, non solo nello Zarathustra , ma anche in tutta la sua filosofia. Che le sue vie portino a questa meta, si può discutere ed essere in disaccordo totale, ma anche il più fiero oppositore deve convenire che questo era lo scopo che egli si prefiggeva"46. E il suo strumento migliore non è altro che l'amore per la sapienza: "E' l'antico sogno di filosofi - anche di Platone - che la filosofia sia un mezzo, una via, forse la via per l'umanità più vera e piena liberata dalla sua origine di "bestia da preda""47.

Questa lieve discrepanza di idee tra i nostri due biografi non danneggia in ogni caso la positiva impostazione dell'opera, il suo svolgimento giammai tediante od oppressivo, bensì sempre vivo ed attraente, ottimo inizio per chi non conosce alcunché di Nietzsche, valido ed indispensabile aiuto integrativo e strutturale per chi è già conoscitore più o meno profondo di cose nietzscheane. Riportiamo a proposito la testimonianza di un grande esperto italiano dell'opera filosofica e letteraria di Nietzsche: "Fin da ora si può affermare che chi si occupa di Nietzsche potrà fare a meno di leggere qualsivoglia opera secondaria su di lui, ma non certo la biografia di Janz (insieme, naturalmente, alle opere e alle lettere di Nietzsche medesimo), per non correre il pericolo di lasciare campati in aria i propri studi"48.

 

Martano, 11 marzo 1983

NOTE

1) Curt Paul JANZ, Friedrich Nietzsche. Biographie , Carl Hauser Verlag, Mümchen-Wien, 1978, voll. 3. Trad. it. di Mario Carpitella ( Vita di Nietzsche. I - Il profeta della tragedia, 1844-1879; II - Il filosofo della solitudine, 1879-1889; III - Il genio della catastrofe, 1889-1900 ), Laterza, Bari 1980 e seguenti. Di seguito citeremo quest'opera con l'abbreviazione VdN corredata dal volume e dal numero di pagina.

2) VdN , I, Premessa, p. VII.

3) Di questi è l'edizione di Werke in drei Bäuden , 3 voll., München, Karl Hauser, 1954-56. Nel 1965 è stato aggiunto un IV volume dal titolo: Nietzsche-Index .

4) VdN , I, p. 240: "Egli diventò e rimase europeo ". "Con grandissima perseveranza Nietzsche ripete che per unità europea egli non intende mai un accordo politico o economico, bensì uno spazio culturale che però non deve produrre una cultura unitaria per tutti - e livellata verso il basso -, ma uno spazio in cui i singoli, inconfondibili 'grandi' possano dispiegare la loro attività"(VdN , II, p. 434); "[Per] l'allevamento di quell'"europeo" che egli postula e che vede inevitabilmente venire nel XX secolo [...] non ha in mente un'Europa politicamente unita, che non sarebbe altro che un nuovo 'nazionalismo' europeo su base allargata, bensì una forza spirituale, uno spazio culturale che serva da guida. In questa prospettiva, Nietzsche esamina i 'suoi' Tedeschi, i Francesi, gli Inglesi - e gli Ebrei"(VdN , II, pp.428-429).

5) VdN, I - Premessa, p. XI.

6) Ibidem.

7) F. FISTETTI, Il buco oltre il quale c'è qualcosa, in La Gazzetta del Mezzogiorno del 18 luglio 1981, p.3

8) F. NIETZSCHE, Al di là del bene e del male, 40, 270, 278, 289.

9) VdN, I, p. 8.

10) Milano, 1971, vol. V.

11) Cfr. K. LÖWITH, Da Hegel a Nietzsche, Einaudi, Torino 1949. E ancora: K. LÖWITH, Dio, uomo, mondo da Cartesio a Nietzsche, Morano, Napoli 1966; W. KAUFMANN, Nietzsche. Filosofo, psicologo, anticristo, Sansoni, Firenze 1974; A. BANFI, Introduzione a Nietzsche (Lezioni 1933-1934), Isedi, Milano 1974. "In realtà la massa ha per lungo tempo fatto confusione sul filosofo e lo ha disconosciuto, sia che lo prendesse per un uomo di scienza e per un dotto ideale, sia che lo scambiasse con un fanatico e un ebbro di Dio, nella sua religiosa altezza, morto ai sensi e 'smondanizzato'" (VdN, II, pp. 426-427). "Gli editori della "Gross-Oktav-Ausgabe" radunando e raggruppando 'in ordine tematico' e sotto titoli unici argomentazioni e formulazioni simili, hanno cancellato e guastato caratteristiche essenziali dei frammenti postumi di Nietzsche e resa la sua filosofia incomprensibile. E' andato così completamente perduto il suo avventuroso, vacillante tentare, continuamente interrotto, di dire l'indicibile, di racchiuderlo in formulazioni, di renderlo esperibile più con la melodia della lingua che con la logica della proposizione - del resto contestata. [...] E' andato altresì perduto quel tremito, quella paura delle conseguenze che si avverte nelle brusche interruzioni e nei sorprendenti incisi quando si dispone di queste note nella loro successione inalterata" (Idem, II, p. 393).

12) VdN, I, p. 7. "Interpretazioni filosofiche più o meno convincenti dell'opera nietzscheana ve ne sono a migliaia. A seconda della setta filosofica da cui provengono, esse si integrano o si combattono a vicenda, vengono tenute per qualche tempo in considerazione o scompaiono. Ciò che finora mancava era un'esposizione riccamente documentata dei fatti, che è la premessa indispensabile per qualunque interpretazione. E tra questi fatti rientra senza dubbio l'atmosfera spirituale di un'epoca, che in molte delle sue espressioni è ormai incomprensibile o difficilmente comprensibile per noi. Questa lacuna va colmata illuminando certi particolari in apparenza poco illuminanti, ma tipici dell'epoca. [...] In vastissime cerchie il nome di Nietzsche evoca ancora un disagio che per buona parte è dovuto alla mancanza di conoscenza o a idee errate. La nostra esposizione è intesa a consentire anche a coloro che rifiutano in blocco la filosofia di Nietzsche di ripercorrere le tappe di questa vita sconvolgente, aprendo almeno la strada a una più giusta comprensione di Nietzsche uomo. Chi è vissuto come è vissuto Nietzsche, chi ha preso seriamente come lui la sua vita e la sua missione, merita quanto meno che questa vita venga rispettata. Vi sarà allora anche la possibilità di accostarsi alla sua opera con minori pregiudizi e di tentare di integrarla nella nostra visione del mondo, ma con uno sforzo spontaneo e non sulla scorta di un modello precostituito" (Idem, Postilla, III, p. 409)

13) Idem, I, p. 8. "Collocare Nietzsche nella sua epoca e nel fluire dei secoli, nel contesto del suo ambiente e in quello delle correnti spirituali che risalgono fino ai primordi dell'antichità classica, è impresa che fuoriesce dai canoni interpretativi normali" (Idem, III, p. 215).

14) Idem, I, p. 7. "Mentre Overbeck limitava questa inconciliabilità col vero Cristianesimo alla teologia come scienza, come aveva fatto finora anche Nietzsche, ora quest'ultimo fa un decisivo passo in avanti: tutta la nostra vita, l'intera forma di esistenza moderna, la prassi vitale dell'uomo d'oggi si trova in inconciliabile contraddizione col dogma cristiano. E' una menzogna chiamarci ancora cristiani, a un uomo equipaggiato delle cognizioni della scienza e della filosofia moderne non è più possibile, non è più lecito chiamarsi 'cristiano'" (Idem, II, p. 604). "Dove se n'è andato l'ultimo senso di decoro, di rispetto di fronte a se stessi, se perfino i nostri statisti, una specie di uomini del resto assolutamente priva di scrupoli e anticristiani da capo a piedi nell'agire, si fanno ancora oggi chiamare cristiani e prendono la comunione?" - "Ogni valutazione trasformantisi in azione è oggi anticristiana: che specie mai di aborto di falsità deve essere l'uomo moderno, per non vergognarsi, a onta di tutto ciò, di chiamarsi ancora cristiano!" (Idem, II, p. 605).

15) Idem, I, p. 5.

16) Idem, I, p. 6.

17) Cfr P. TILLICH, The courage to be, Trad. it. di G. SARDELLI, (Il coraggio di esistere), Ubalini, Roma 1968, pp. 106-109.

18) VdN, I, p. 288. "La vita interiore e quella esteriore si divaricano sempre più. Da una parte vediamo il pacifico viandante che percorre i quieti sentieri dei boschi lungo il lago col suo tranquillo mormorio o nelle valli alpine isolate, sovente accompagnato da donne colte e raffinate in austera e misurata conversazione, o in barca sul lago, dove egli si abbandona al movimento ritmico-melodico dei remi; dall'altra le sue parole e le sue frasi rombano nei suoi quaderni come nubi temporalesche, incalzano come le tempestose musiche di Wagner, o come il föhn quando infuria nelle vallate alpine, quando scuote le case tanto da far temere che esse si innalzino come aereonavi. E come col "föhn" le cose più lontane appaiono vicine e acquistano contorni netti e cristallini, altrettanto nette e cristalline ci stan davanti le sentenze di Nietzsche, e le sue idee più remote e peregrine appaiono minacciosamente vicine" (Idem, II, p. 483). Anche nell'aspetto fisico era diverso da come lo si è immaginato alla stregua dei suoi libri o da qualche sfuocata fotografia dell'epoca: "L'aspetto insolito, non tedesco, del volto, corrispondeva al suo modo di fare modesto, che non tradiva affatto il professore tedesco. Una salda coscienza di sé rendeva in lui superflua ogni cosa. L'uomo che riconobbe nella vanità un residuo di schiavitù [...] non aveva nulla dei ben noti atteggiamenti ampollosi del filisteo erudito. Una voce leggera, piena di dolcezza e di melodia e la parola quanto mai pacata lasciavano di primo acchito stupiti . [...] Se il suo volto abbronzato dalla lunga permanenza all'aria aperta nel meridione si illuminava di un sorriso, acquistava una toccante espressione infantile, che attirava simpatia. Lo sguardo appariva per lo più rivolto verso l'interno [...] ovvero sembrava provenire dal profondo e cercare qualcosa che aveva cessato di sperare, ma gli occhi sembravano sempre quelli di un uomo che ha molto sofferto e che , sebbene rimasto vincitore, indugia malinconico sopra gli abissi della vita. Occhi indimenticabili, splendenti nella libertà del trionfatore, occhi accusatori e tristi perché il vero significato della terra e la sua bellezza sono stati distorti in assurdità e bruttezza" (Idem, II, pp. 273-274). Anche se un simile ritratto è così formulato da un'ammiratrice (Meta von Salis) ardente ed affezionata, volta esclusivamente agli elogi e al fascino sprizzante dalla figura di Nietzsche, filosofo e uomo, conta soprattutto l'importanza della fedeltà resa per iscritto nei confronto dell'aspetto e del carattere dello stesso, che - a prova di alcuna smentita - erano dei più rari ed originali, di buona fattezza e di indimenticabile compostezza, malgrado le avversità e i rivolgimenti speculativi. Riportiamo questa volta la testimonianza di un uomo, il musicista e compositore Adolf Ruthard: "L'aspetto esteriore di Nietzsche mi fece un'impressione molto simpatica. Più alto della media, snello, ben fatto, di portamento diritto ma non rigido, i folti baffi alla Vercingetorige, il vestito chiaro di ottimo taglio, che contrastava così vivamente con il resto, lo faceva assomigliare così poco al tipo dello studioso tedesco da ricordare piuttosto quello di un aristocratico della Francia meridionale o di un ufficiale superiore italiano o spagnolo in borghese. I nobili tratti del suo volto, che mostrava una sana abbronzatura dovuta alla lunga permanenza all'aria aperta e al sole, e i suoi grandi occhi scuri tradivano una profonda serietà, ma non certo l'espressione cupa, angolosa, demoniaca che gli è stata attribuita nei ritratti e nei busti" (Idem, II, p. 361). Oggi l'autore di questo ritratto si meraviglierebbe ancora di più dell'aspetto e delle scenografie attribuiti, per mezzo di un attore incolpevole, ad un Nietzsche televisivo alquanto sbiadito e da voltastomaco, in una trasmissione televisiva frettolosa e indiscutibilmente profana. Lo stesso dicasi dell'aspetto mostrato dalla Liliana Cavani, regista pseudo-femminista e di deboli contenuti artistici, anche se tanto osannata da quella porcheria misitificante che è la critica cinematografica contemporanea, in un suo film dall'ardimentoso titolo Al di là del bene e del male (sic!?), che biecamente ha preteso di essere, cinematograficamente parlando, una biografia nietzscheana, ma che di fatto si è dimostrato un'assurda e devastante cretinata.

19) Idem, I, pp. 242-243. La sua lotta contro questo male si riscontra in una consapevole e allo stesso tempo tenace e decisa autonegazione del medesimo: "A volte mi è venuto il sospetto che tu pensi che all'autore di Zarathustra abbia dato di volta il cervello. Il pericolo che io corro è in effetti grandissimo, ma non è di questo genere: certo, a volte non so più se sono la Sfinge che interroga o quel famoso Edipo che viene interrogato - sicché ho due chances per l'abisso" (Idem, II, pp. 354-355.

20) Idem, I, p. 159.

21) Idem, I, p. 439.

22) Cfr. Idem, I, pp. 484, 485, 487, 489.

23) F. NIETZSCHE, Al di là del bene e del male, 63.

24) VdN, I, p. 378.

25) Idem, I, p. 681.

26) Die Briefe Friedrich Nietzches. Textprobleme und ihre Bedentung für Biographie und Doxographie, Zürich, 1972. Friedrich Nietzsche. Der musikalische Nachlass, Basel-Kassel, 1976.

27) VdN, I, p. 562.

28) Idem, I, p. 482.

29) Idem, I, pp. 722-723: "Personalmente io stimo van Dyck e Rubens più di ogni altro pittore al mondo. Gli altri quadri mi lasciano freddo, eccettuata una Cleopatra morente del Guercino".

30) Idem, I, p. 451.

31) Idem, I, p. 483.

32) Idem, I, p. 564. "Ha buone notizie dei Wagner? Sono tre anni che non so più nulla di loro; anche quelli mi hanno abbandonato, e io sapevo da parecchio che Wagner, dal momento in cui avesse notato la divergenza tra le mie e le sue tendenze, non sarebbe più stato dalla parte mia. Mi hanno raccontato che scrive contro di me. Continui pure: la verità dovrà in ogni modo venire alla luce! Io penso a lui con immutabile gratitudine, giacché gli debbo alcuni dei miei più vigorosi impulsi verso l'indipendenza spirituale. La signora Wagner, Lei lo sa, è la donna più simpatica che abbia mai incontrato nella mia vita. - Ma non sono assolutamente in grado di avere rapporti con lei, né tantomeno di riallacciarli. E' troppo tardi" (Idem, II, p. 32). "Pur nella sua polemica contro Wagner, Nietzsche tenta ripetutamente di conservare un'immagine migliore dell'uomo che in fondo aveva venerato" (Idem, II, p. 395).

33) Cfr. la terza delle Considerazioni inattuali: Schopenhauer als Erzieher (Schopenhauer come educatore).

34) Vdn, I, p. 354.

35) Idem, I, p. 685.

36) Cfr. Idem, I, pp. 730-731.

37) Cfr. Idem, I, p. 772.

38) Cfr. Idem, I, pp. 776 e ss.

39) Idem, I, p. 781.

40) Cfr. K. LÖWITH, Nietzsche e l'eterno ritorno, Laterza, Bari 1982. Il tema del grande meriggio è ampiamente trattato nella Prefazione e nell'intero volume.

41) VdN, I, pp. 779-780.

42) Idem, I, p. 560.

43) Idem, I, p. 664.

44) Idem, I, pp. 248-249. Su tragico destino dell'umanità Nietzsche ha forse intuito qualcosa in più di Marx. "Nietzsche tenta di illuminare l'evoluzione dei concetti morali dagli inizi preistorici. Così facendo ha il coraggio, inattuale, per la sua epoca, di sollevare il coperchio del pozzo in fondo al quale possiamo intravedere l'oscuro abisso dell'uomo, dove giacciono in catene l'odio, la vendetta, la crudeltà. Egli rivela che cosa accade quando i demoni incatenati prendono il sopravvento, per potersi muovere "in libertà", senza i vincoli del "buono" e del "cattivo", al di là di queste limitazioni. E qui a Nietzsche accade di usare l'espressione, tante volte addebitatagli, di "bestia bionda", che in quel caso si pone in primo piano. Si è rimproverato a Nietzsche questa agghiacciante diagnosi della natura umana, come se fosse stato lui ad inventare o addirittura ad elogiare questa "bestia bionda". Con l'attacco mosso alla scoperta rivelatrice di Nietzsche si è cercato di esorcizzare la vergogna di se stessi - per tacere dell'abuso opposto, la giustificazione della propria disumanità" (Idem, II, p. 501). E ancora: "Sono i problemi dell'aggressività, della repressione, della nevrosi ossessiva che occupano l'analisi esistenziale a partire da Nietzsche e grazie a lui, e che egli qui illumina, deve illuminare di una luce così violenta, perché la sua epoca tendeva ancora troppo a ignorarli. Ma Nietzsche ora non si ferma alla sconvolgente analisi dell'esistenza umana, nella quale rimasero impigliati tanti suoi contemporanei, suoi epigoni consapevoli o inconsapevoli, confessati o inconfessati, soprattutto nel campo "drammatico". Subito si fa luce la sua fede nel futuro dell'uomo come possibilità di una superiore forma di esistenza, la fede da cui è pervaso il suo Zarathustra, dove anche lui come artista, come poeta e non come conquistatore o dominatore di uomini, e al di là del bene e del male, vagheggia come sua meta una forma d'esistenza che si lascia di gran lunga alle spalle ogni elemento animalesco" (Idem, II, p. 505).

45) Idem, I, p. 411.

46) Idem, II, p. 273. "La sua filosofia è esperienza diretta, la sua visione è cresciuta dentro di lui, e per poterlo comprendere, anzi per concordare con lui, egli dovrebbe trovare qualcuno che abbia avuto la sua stessa esperienza, la stessa visione fondamentale estetica del cosmo - e lo cerca invano, perché non esistono (secondo Nietzsche) casi perfettamente identici! Qui, da questo punto di vista, egli si sente così terribilmente solo, privo di compagni e di comprensione. Pieno di disperazione, egli affida al suo taccuino una confessione che getta una luce di disincanto sulla socievolezza nei rapporti che i conoscenti tanto lodano in lui: "Interpares": parole che inebriano, tanta è la felicità e l'infelicità che racchiudono per colui che è stato solo per tutta la vita, che non ha incontrato nessuno che gli appartenesse, sebbene cercasse per tutte le vie; che nei rapporti con gli altri ha dovuto sempre mostrare una maschera benevola e serena, che ha dovuto sempre cercare, e spesso ci è riuscito, di farsi simile agli altri, e che conosce per lunga esperienza quel far buon viso a cattiva sorte che si chiama 'affabilità' - e talvolta certo conosce anche quegli scopi pericolosi e strazianti di tutta l'infelicità nascosta, di tutti i desideri non soffocati, di tutta la piena accumulata e divenuta selvaggia dell'amore - l'improvvisa follia di quell'ora in cui il solitario abbraccia una persona qualunque, e la tratta come un amico e un soccorso del cielo, come un dono preziosissimo, per respingerla da sé un'ora più tardi con disgusto, - con disgusto ormai per se stesso, come sporcato, come umiliato, come fatto estraneo a se stesso, come malato della sua stessa compagnia.-"(Idem, II, p. 392).

47) Idem, II, p. 505.

48) M. MONTINARI, Su Nietzsche, Ed. Riuniti, Roma, 1981, p. 129.

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Lilliput Edizioni

1° trimestre 1997

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