Sul progetto di legge del governo Zapatero

I diritti fondamentali e la protezione reale delle ‘grandi scimmie’

i

di Andrea Coluccia

 

«La grandezza di una nazione e il

 suo progresso morale possono

essere misurati attraverso il modo

in cui i suoi animali sono trattati».

Mahatma Gandhi

 

Nel 1994 Paola Cavalieri e Peter Singer hanno pubblicato Il progetto grande scimmia. Eguaglianza oltre i confini della specie umana, traduzione della versione originale inglese edita un anno prima[1]. L’idea di fondo era quella di estendere la comunità morale oltre gli esseri umani per includerne scimpanzè, gorilla e oranghi, cioè le grandi scimmie. Estendere la comunità morale significa riconoscere giuridicamente i diritti morali fondamentali a questi esseri viventi che tanto in comune hanno con l’uomo; estendere significa riconoscere il diritto allla vita, il diritto a non soffrire e il diritto alla libertà alle grandi scimmie, diritti che fino ad oggi appartengono esclusivamente agli esseri umani.

Oggi qualcosa si sta muovendo: a tredici anni di distanza dalla proposta di Paola Cavalieri e di Peter Singer, uno Stato europeo propone una legge con il fine di attribuire i diritti fondamentali a questi esseri viventi. In Spagna il premier José Luis Rodriguez Zapatero ha presentato, tramite il deputato socialista Francisco Garrido, un progetto di legge che ha l’obiettivo di riconoscere i diritti fondamentali alle grandi scimmie.

In precedenza anche altri stati hanno cercato di salvaguardare questi esseri viventi; per esempio il governo della Gran Bretagna ha dichiarato il divieto dell’utilizzo delle grandi scimmie in esperimenti scientifici letali. Lo stesso ha fatto la Nuova Zelanda, che nel 1999 ha promulgato una legge sul benessere animale in cui, in un articolo, si proibisce l’uso delle grandi scimmie nella ricerca a causa delle loro progredite capacità cognitive ed emotive, come ha affermato il ministro responsabile della legge[2]. Ma la proposta spagnola è un grande passo in avanti perché l’attribuzione dei diritti fondamentali implica l’innalzamento delle grandi scimmie a esseri senzienti che hanno determinati interessi da soddisfare.

A questo punto possiamo porci una domanda: perché l’attribuzione dei diritti fondamentali riguarda le grandi scimmie e non gli altri animali? Il motivo principale è che le grandi scimmie hanno in comune con l’uomo circa il 98% del codice genetico e quindi sono gli esseri viventi più vicini all’uomo stesso (in particolare l’uomo condivide il 98,4% dei geni con lo scimpanzé, il 97,7% col gorilla e il 96,6% con l’orangutan). Motivi secondari, ma non per questo meno importanti, riguardano questioni di tipo etologico, in quanto si è scoperto che questi animali hanno comportamenti e capacità cognitive molto simili a quelle dell’uomo; un esempio su tutti è quello di Washoe, uno scimpanzé femmina che è vissuto per cinque anni con Allen e Beatrice Gardner, che le hanno insegnato il linguaggio dei segni, mediante il quale Washoe interagiva. Dopo questi cinque anni Washoe fu mandata in un istituto in Oklahoma. Ma quando, dopo undici anni, Washoe rivide i signori Gardner, li riconobbe immediatamente ricordando perfettamente i loro nomi; successivamente Washoe portò la sua matrigna nella sua stanza a giocare  a un gioco che lei non aveva più visto e fatto da quando viveva con loro. Washoe aveva dimostrato di avere capacità intellettive, come la memoria e il saper comunicare, facoltà che solitamente sono riconosciute esclusivamente all’uomo.

Da questa e da altre ricerche si è scoperto che ciò che divide gli uomini dalle grandi scimmie è inferiore rispetto a ciò che li unisce; Darwin diceva che fra gli umani e i non umani vi è una differenza di grado ma non di genere.

Cosa implica nella realtà la proposta spagnola? Il riconoscimento dei diritti fondamentali alle grandi scimmie sancirebbe la fine dell’uso delle medesime nella sperimentazione, la loro liberazione dagli zoo e dai circhi, in poche parole la fine del loro sfruttamento come semplici oggetti e la loro reale protezione perché basata sui loro diritti. Questo potrebbe essere un primo passo verso quel riconoscimento dei diritti morali fondamentali degli animali; un primo passo che gradualmente potrebbe essere esteso anche alle altre specie animali fino a includere, come pensa Tom Regan, tutti i mammiferi.

Alla proposta spagnola non sono mancate feroci critiche. Una prima critica è stata mossa dall’arcivescovo di Pamplona, Fernando Sebastian, che ha espresso la sua contrarietà al progetto di legge spagnolo perché si applicherebbero i diritti umani agli animali, aggiungendo anche che si vuol dare alle scimmie ciò che si nega agli embrioni[3].

La risposta della chiesa spagnola non poteva essere diversa da quella che è stata data visto che nella Genesi è scritto che è stato Dio a creare gli animali affinché l’uomo, creato a sua immagine e somiglianza, se ne possa servire; sempre secondo la Genesi è stato Adamo a dare i nomi alle varie specie animali e questo indica, semplicemente, il loro dominio da parte dell’uomo[4]. Per l’arcivescovo di Pamplona il governo spagnolo sta cadendo nel ridicolo con questo progetto di legge, ma, come dice il ministro dell’ambiente Cristina Narbona, lo scopo della legge non è equiparare i diritti umani a quelli delle grandi scimmie, ma semplicemente salvarle dai maltrattamenti, dalla schiavitù, dalla morte e dall’estinzione[5]; questo non ha nessuna analogia con gli embrioni. In altre parole si vuol raggiungere la loro reale protezione per mezzo di leggi basate sul riconoscimento dei diritti fondamentali.

In un articolo pubblicato sull’Osservatore il 13-3-1966, il Monsignor Lambruschini approvò la sperimentazione (vivisezione) su animali vivi affermando: «Non mancano tuttavia campagne propagandistiche che la Chiesa non può approvare, quella ad esempio contro gli esperimenti di ordine scientifico su animali vivi. La Chiesa non si oppone neppure alla vivisezione delle bestie da cui vengono tanti aiuti al progresso della scienza»[6]. Le parole di Monsignor Lambruschini, all’epoca portavoce del Vaticano, non hanno bisogno di alcun commento vista la loro chiarezza; ma, fortunatamente, ci sono anche ferventi cattolici che non accettano l’atteggiamento ufficiale della Chiesa, cioè il suo silenzio nei confronti della vivisezione. Vittorio Menassè, uno di questi, scrisse su Analisi e Natura nel febbraio 1973 che «È proprio perché credo fortemente nei valori etici della religione e della medicina che sono toccato dalle prove di insensibilità fornite da certi rappresentanti delle classi clericale e medica, impegnate nel confronto delle umane sofferenze, quelle morali e quelle materiali. Se è triste dover talvolta constatare che queste categorie sono tradite nella loro nobile missione da indegni individui speculanti sui mali dell’uomo e sulla sua paura di ciò che ci attende dopo la morte, ancor più triste è il vederle alleate in una speciosa distorsione di quei pricipi morali che non possono consentire ad alcun uomo di incrudelire su quegli esseri viventi che qualcuno volle chiamare nostri fratelli minori (…) Tutta la religione cristiana dovrebbe condensarsi nella considerazione che un atto è lecito solo quando si può ragionevolmente pensare che sarebbe stato approvato da Cristo. Lo vedete, voi, Gesù intento a squartare interessato un animale vivo nell’illusione di giovare al corpo dell’uomo?»[7]. Le ultime due frasi di Menassè ci fanno capire che la chiesa dovrebbe pensare principalmente all’anima e non al corpo dell’uomo.

L’Arcivescovo di Pamplona dovrebbe ricordare che Giovanni Paolo II disse due frasi molto significative, che dovrebbero far riflettere tutte le istituzioni ecclesiastiche. La prima sostiene che «anche gli animali hanno un soffio vitale e lo hanno ricevuto da Dio (…) Sotto questo aspetto l’uomo, uscito dalle mani di Dio, appare solidale con tutti gli esseri viventi»; la seconda afferma: «La diminuzione di sperimentazione su animali, progressivamente resasi sempre meno necessaria, corrisponde al disegno e al bene dell’intera creazione»[8].

Cosa pensano le altre religioni? Budda in Oriente predicava la compassione per tutte le creature, sia uomini che animali; nel Corano è scritto: «Non c’è una bestia in terra né un uccello che vola che non sia un essere come te (…) Tutte le creature del Signore fanno parte della Sua famiglia»[9].

Con il progetto di legge spagnolo termineranno i tormenti inflitti alle grandi scimmie, che sono solo una piccola parte di quelle migliaia di animali che ogni giorno muoiono nei laboratori scientifici. Oggi molte scimmie vengono utilizzate per la fame di conoscenza dell’uomo, ma spesso questi risultati vengono raggiunti a scapito della sofferenza e della morte delle grandi scimmie.

Fra i vari esperimenti vorrei citare quello della scoperta dei neuroni specchio. I neuroni specchio sono quei particolari neuroni mediante i quali noi percepiamo con immediatezza le intenzioni e le sensazioni degli altri; infatti, mediante la sperimentazione (vivisezione), è stata trovata la zona del cervello dove sono situati questi importantissimi neuroni che altro non fanno se non capire sensazioni e intenzioni altrui. Con quale metodo sono stati scoperti? I ricercatori hanno messo alcuni scimpanzé sulle sedie di contenzione dove sono bloccati; a questo punto gli stessi aprono la calotta cranica e impiantano alcuni elettrodi nel loro cervello. Successivamente, per trovare la zona in cui si trovano questi neuroni, sono eseguite alcune lesioni sulla corteccia cerebrale, per poi studiare i singoli neuroni mediante la registrazione di potenziali elettrici[10].

La sensazionale scoperta è di Giacomo Rizzolatti, neuroscienziato di Parma. Un ampio articolo sulla scoperta dei neuroni specchio è stato pubblicato il 26/02/2006 da Il Sole 24 Ore; in questo articolo, composto da tre pagine, oltre alla spiegazione della rilevante scoperta vi è la fotografia di uno di questi scimpanzé bloccato su una sedia di contenzione, come se questa fosse una cosa del tutto normale. In un'altra parte di questo articolo è scritto: «Non è etico piantare degli elettrodi nei neuroni di volontari umani»[11]. Questo è sicuramente giusto, ma con la proposta spagnola non sarà etico piantare elettrodi neanche nei cervelli delle grandi scimmie.

Un’altra critica è stata mossa dalla presidente spagnola di Amnesty International, Delia Padron, che ha dichiarato di essere sorpresa della lotta dei diritti fondamentali delle grandi scimmie quando oggi ci sono ancora molte persone alle quali non sono riconosciuti[12]. Non credo che si debba scegliere fra la concessione dei diritti fondamentali alle grandi scimmie e il riconoscimento dei diritti fondamentali a quelle persone che ancora ne sono sprovviste, visto che una cosa non esclude l’altra, ed entrambi i processi possono procedere parallelamente.

A questo proposito, importanti sono i contributi di Tom Regan e Peter Singer. Il primo analizza alcune critiche contro la concessione dei diritti degli animali alle quali lo stesso autore risponde; una di queste critiche cerca di trovare delle priorità dicendo che ci sono nel mondo altre questioni più importanti come la fame, l’abuso sui bambini, la violenza sulle donne, la droga, lo stato dei senzatetto che necessitano di una soluzione. Solo dopo aver risolto queste piaghe sociali l’uomo si potrà occupare dei diritti degli animali. L’autore risponde a questa critica affermando che la filosofia dei diritti animali, di cui Tom Regan è considerato il fondatore, difende anche i diritti degli umani. Ad un livello pratico un uomo non è obbligato a scegliere se aiutare gli umani o i non umani, può fare entrambe le cose, una cosa non esclude l’altra. La gente non ha bisogno di mangiare carne per aiutare i senzatetto o di non usare cosmetici per aiutare bambini; sono due questioni che non si escludono a vicenda, ogni uomo può farle contemporaneamente.

Peter Singer sulla stessa lunghezza d’onda di Tom Regan afferma: «Molti diranno che non è giusto preoccuparsi di attribuire diritti alle scimmie quando così tanti esseri umani non sono in grado di godere di quei diritti fondamentali che, sotto l’egida di varie dichiarazioni delle Nazioni Unite, essi già detengono. È innegabile che gli esseri umani abbiano bisogno di essere maggiormente protetti dall’omicidio, dall’incarcerazione arbitraria e dalla tortura: ma perché questa dovrebbe essere una ragione per non fare niente per i diritti degli esseri che non appartengono alla nostra specie? Quando faccio notare che le nazioni sviluppate dovrebbero dare molto di più per aiutare chi soffre la fame nei paesi del Terzo Mondo, spesso mi viene risposto: “Ma non ci sono abbastanza bisognosi a casa nostra?”. Sì, eccome, ma se aspettassimo finchè tutto non andasse perfettamente a posto nel nostro paese non faremmo mai niente per chi sta più lontano, dove il bisogno è maggiore e il rimedio più evidente. La stessa cosa vale quindi per i nostri sforzi di impedire che le grandi scimmie siano uccise, imprigionate arbitrariamente, fatte soffrire e ammalare. Non possiamo dunque aspettare il momento in cui avremo posto riparo a tutte le violenze subite dagli umani»[13].

Penso che entrambi i contributi chiariscano che la critica mossa da Delia Padron ha dei pressupposti molto deboli, salvo non ritenere che solo gli esseri viventi appartenenti alla specie homo sapiens siano possessori di diritti fondamentali. Quelle persone, che pensano come il presidente spagnolo di Amnesty International, dovrebbero essere etichettate come speciste, termine che Peter Singer riprende da Richard Ryder, che nel 1975 lo aveva coniato, il cui significato si riferisce alla discriminazione nel trattamento e nella considerazione degli interessi che è fatto dipendere dall’appartenenza o meno ad una determinata specie.

L’augurio è che la proposta spagnola venga presa in considerazione anche da altri paesi europei affinché questo sia un primo passo verso quella che Peter Singer chiama la diminuzione media di sofferenza nel mondo.

 

Bibliografia

 

Hans Ruesch, Imperatrice nuda, Civis, Roma 1989.

P. Cavalieri, P. Singer (a cura di), Il progetto grande scimmia. Eguaglianza oltre i confini della specie umana, Theoria, Roma-Napoli 1994.

L. Battaglia, Etica e diritti degli animali, Laterza, Bari 1997.

P. Singer, La vita come si dovrebbe, il Saggiatore, Milano 2001.

La Bibbia, Testo Uffilciale della CEI, Conferenza Episcopale Italiana, UECI, 1971

 

Sitografia

http://www.lincei.it/centrolinceo/bioxxxiischeda5.html

http://www.cultureandanimals.org/animalrights.htm

 

Nota biografica

Andrea Coluccia: laureato in filosofia con una tesi intitolata Verso una filosofia dei diritti degli animali “rassegna storico-critica”. Volontario dell’Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA) di Martano (Lecce) dal 2003. Da questa esperienza pratica è nato il suo interesse per le problematiche inerenti la questione animale.

    



[1] P. Cavalieri – P. Singer (a cura di), The Great Ape Project. Equality beyond Humanity, Fourth Estate, s.l. 1993.

[2] P. Singer, La vita come si dovrebbe, il Saggiatore, Milano 2001, pag. 105.

[3] M. Vignolo, «Diritti umani alle scimmie», polemica in Spagna, in «Corriere della Sera», 26/04/2006.

[4] La Bibbia, Gn 1, 26-30, Gn 2, 18-20, Testo Uffilciale della CEI, Conferenza Episcopale Italiana, UECI, 1971.

[5] M. Vignolo, ivi.

[6] H. Ruesch, Imperatrice nuda, Civis, Roma 1989, pag. 248.

[7] H. Ruesch, op. cit., pp. 250-251.

[8] L. Battaglia, Etica e diritti degli animali, Laterza, Bari 1997, pp. 73-75.

[9] H. Ruesch, op. cit. , pag. 250.

[10] http://www.lincei.it/centrolinceo/bioxxxiischeda5.html

[11] AA.VV., Noi riflessi nella mente degli altri, in «Il Sole 24 Ore», 26/02/2006.

[12] M. Vignolo, ivi.

[13] P. Singer, op. cit., pp. 102-103.