L’intervento del sociologo
nell’identificazione dei bisogni sociali delle popolazioni svantaggiate.
L’immaginazione sociologica di fronte alla concezione burocratica
(Traduzione italiana di Paolo COLUCCIA – paconet@libero.it – http://digilander.libero.it/paolocoluccia)
di Rabah Kechad
Dottore in Sociologia delle organizzazioni e del lavoro. Consulente-esperto in management e comunicazione. Direttore delle comunicazioni della rivista “Esprit Critique”. Ex direttore dell’Istituto di sociologia dell’Università di Blida – Algeria. Insegnante-ricercatore universitario.
Riassunto
Il presente contributo si propone di sottoporre al dibattito la problematica dell’intervento del sociologo nella definizione dei bisogni sociali nelle località svantaggiate. La nozione di bisogno è stata sempre vista da un punto di vista economico o psicologico, riferendosi ai diversi modelli esplicativi. Ma, i bisogni sociali dipendono più dall’immaginazione collettiva, dalle rappresentazioni socioculturali degli individui e dei gruppi, più che da uno schema razionale, oggettivo e prevedibile, che costituiscono una variabile importante nell’elaborazione di ogni politica sociale, dove l’immaginario collettivo simbolizza un progetto più vicino alla quotidianità dei gruppi sociali piuttosto che all’approccio razionale tecnico. È in questo quadro che sottoponiamo una riflessione sull’intervento del sociologo nella definizione dei bisogni dei gruppi sociali, ispirandoci ad una ricerca che abbiamo realizzato per conto di un centro di studi. Con questa esperienza dimostreremo che il sociologo empatico, usando con arte e controllando la comunicazione contingente, tenendo conto delle specificità socioculturali che incitano all’espressione collettiva, sarebbe il canale privilegiato che permette di superare la visione tecnica della domanda sociale. Il nostro contributo mira soprattutto a suscitare il dibattito intorno all’approccio dell’intervento del sociologo in un campo sociale riservato fino ad ora ad una visione “amministrativo-burocratica”. In altre parole, raccomandiamo l’approccio che tende a considerare la domanda sociale dal basso verso l’alto e non l’inverso. Intendiamo perciò sviluppare i seguenti aspetti:
1. Il sociologo, ascoltatore del sociale: verso l’ascolto sociologico dei bisogni sociali;
2. Esperienza di un intervento di un sociologo, nell’ambito di uno studio dei bisogni sociali nelle popolazioni rurali;
3. Alcuni elementi di riflessione: la valutazione dei bisogni sociali tra la logica amministrativa e burocratica e l’immaginazione sociologica;
4. Il sociologo-ascoltatore: progetto di un approccio di formazione;
5. In conclusione: si può concludere il dibattito?
Parole chiave: intervento sociale, sociologo-ascoltatore, bisogni sociali, sociologia, sociologia/intervento sociale.
Proposizioni introduttive: riflettiamo insieme
Ho a lungo esitato prima di decidere di sottoporre alla riflessione una tale problematica. La questione dell’intervento sociologico, a favore dell’intervento sociale, mi ha preoccupato da sempre e ciò per molte ragioni. Una di queste è la nostra preoccupazione permanente di vedere la sociologia trasformarsi, nel corso degli anni, in un settore che cerca di dare risposte più pratiche a questioni che interessano, a loro volta, il sociologo e la società nella sua globalità.
La pratica della sociologia resta sempre limitata ad indagini e studi che contribuiscono, certamente, all’accumulo del sapere e della conoscenza sociologica, senza tuttavia apportare risposte operative concrete tanto da cambiare una situazione sociale. È per questo che questa modesta riflessione interviene per rilanciare la riflessione ed il dibattito sulla pratica della sociologia, di fronte all’influenza dell’approccio burocratico e tecnico sulla questione sociale.
Se il paradigma positivista ha lungamente dominato le ricerche nelle scienze sociali, in generale, e la ricerca in sociologia, in particolare, rimane utile oggi ricordare che: “i comportamenti degli attori non sono determinati. In questo senso, essere un essere umano è essere un attore che sa darsi degli scopi, che allo stesso tempo ha delle ragioni per fare ciò che fa e che è capace, se glielo si chiede, di esprimere queste ragioni in modo discorsivo, anche mentendo, e/o ovviamente fuorviandoci”. (J. Rojot, 1998, p. 6).
Questo intervento s’inscrive, dunque, in un approccio che determina un posto privilegiato alle rappresentazioni ed all’immaginario individuale e collettivo degli attori, nel modo in cui fu chiarito da A. Giddens (1976,1979,1990), che pensa che la coscienza pratica, composta particolarmente dei diversi schemi interpretativi utilizzati dagli attori nella costituzione della loro vita, l’organizzazione delle loro percezioni e la coscienza discorsiva, composta da tutto ciò che è possibile esprimere e formalizzare, costituiscono insieme, oltre all’inconscio, i contorni che determinano i comportamenti delle persone e dei gruppi sociali (J. Rojot, 1998, p. 10-11).
Per lo sviluppo della presente riflessione abbiamo preferito ispirarci alle nostre numerose esperienze e studi pratici e particolarmente ad uno studio recente dedicato all’identificazione dei bisogni sociali delle famiglie rurali. Il nostro statuto di sociologo e di consulente-esperto ci ha concesso il privilegio di essere, allo stesso modo, sociologo ed ascoltatore. Questa riflessione deriva, dunque, ed in primo luogo, da questa esperienza, che ci ha permesso di restare a lungo vicino ad alcune famiglie, organizzando discussioni di gruppo, interviste marginali e somministrazione di questionari, oltre al nostro sguardo d’osservatore sociologico. Questa ricca esperienza, insieme con le numerose azioni presso imprese ed istituzioni come consulente-formatore o consigliere, ci autorizza più che mai a tentare di capitalizzare questa pratica, anche se modesta, al fine di stimolare alla riflessione sul mestiere di sociologo e su altri profili che potrebbero contribuire allo sviluppo di una sociologia operativa, che s’ispira in parte a quella che si dedica da sempre alla riflessione ed alla ricerca fondamentale.
1. Il sociologo, ascoltatore del sociale: verso l’ascolto sociologico dei bisogni sociali
Il mestiere di sociologo è da sempre una delle preoccupazioni centrali degli specialisti di questa disciplina. Dall’abbondante letteratura in questo settore possiamo individuare due principali tendenze: la prima si orienta più verso la ricerca della spiegazione dei fenomeni sociali dove l’azione e l’intervento sono più di competenza delle istanze decisionali o degli amministratori. Per contro, il secondo orientamento è quello che consiste nell’andare sul campo operativo, dove il sociologo potrebbe essere un vero “medico sociale”. Da parte nostra, preferiamo orientarci verso una sociologia operativa, senza peraltro spogliare questa scienza della sua eredità teorica ricca e necessaria per i diversi interventi sociologici o sociali.
Il nostro scopo è soprattutto quello di evidenziare il ruolo della sociologia nell’ascolto del sociale. È per questo che c’interroghiamo incessantemente sull’intervento della sociologia nella realtà, evidenziando tutta la problematica della sua apparecchiatura metodologica. Questa scienza potrà spingere gli intervenienti sociali verso risultati, al fine di aiutarli a meglio intervenire in favore delle popolazioni svantaggiate? Quale potrebbe essere la sua metodologia che le permetta di essere un canale certo ed efficace per facilitare questi interventi sociali nei vari settori? Si può dunque andare verso l’ascolto sociologico anziché confinarsi nel quadro classico dell’indagine o della ricerca sociologica? In caso affermativo, quali sarebbero dunque questi metodi e queste tecniche dell’ascolto sociologico?
Queste diverse domande potrebbero aiutare a meglio cogliere l’importanza di una sociologia orientata verso le realtà sociologiche e aiuterebbe ad intervenire per dare soluzioni adeguate alle varie situazioni che i gruppi sociali affrontano.
Pensiamo che l’ascolto sociologico sia meglio indicato in questo genere di problematiche, poiché il perseguire le cause dei fenomeni sociali, mediante una ricerca sociologica basata su di una metodologia classica, ci sembra lontano dagli obiettivi ricercati dagli intervenienti sociali.
Pensiamo che l’ascolto sociologico sia meglio destinato alla ricerca dei divari tra i desideri di una popolazione o, altrimenti detto, i sogni di una popolazione e le norme di soddisfazione. La parola ascolto proviene dal verbo latino audire, auditur, che significa ascoltare ed intendere. Per la ricerca dell’efficacia e dell’efficienza nelle varie attività dell’impresa, gli specialisti hanno sviluppato molti tipi di ascolto: ascolto finanziario, ascolto sociale ecc. Molte definizioni sono state suggerite dagli specialisti. Se si riprendono quelle dedicate all’ascolto sociale – attività più vicina a quella del sociologo – e ciò a titolo indicativo allo scopo di aiutarci a situare meglio l’ascolto sociologico, osserveremo che la pratica dell’ascolto è basata sulla ricerca dell’informazione mediante i differenti strumenti (intervista, indagine ecc.) considerando il confronto tra il presente (ascoltato) ed il futuro (auspicato). Pierre Candau definisce l’ascolto sociale come un passaggio che si sostiene su una metodologia ed un insieme di tecniche per circoscrivere i punti deboli e le costrizioni per avanzare le raccomandazioni adeguate (P. Candau, 1986). Le altre definizioni, a parte alcuni dettagli d’ordine tecnico, raggiungono il senso generale che questo autore accorda all’ascolto sociale.
Quale analogia si può avere tra l’ascolto, l’ascolto sociale e l’ascolto sociologico?
L’ascolto sociologico potrebbe essere considerato come quell’orientamento metodologico che permette d’individuare i divari tra due situazioni – quella auspicata dalle persone e l’altra da raggiungere – a partire da un approccio metodologico che favorisca il confronto crescente come mostra la figura 1.
L’ascolto sociologico consiste, dunque, nell’avvicinarsi al cuore dei sogni e delle rappresentazioni delle persone e degli individui, per procedere in seguito ad un confronto, da un lato, con i desideri espressi dalle popolazioni e, dall’altro, con le norme di soddisfazione, e ciò, contrariamente all’approccio classico, che consiste nell’andare dall’alto verso il basso, dove i pianificatori ed i pubblici poteri determinano i bisogni sociali di una popolazione a partire da una constatazione o da un’indagine condotte da tecnici o pianificatori che, sul terreno, costatano e quantificano, per elaborare poi i piani di sviluppo.
L’esempio seguente, ispirato da uno studio che avevamo condotto nel 2002, potrebbe aiutare a capire meglio l’importanza di questo passaggio per l’identificazione delle necessità sociali, e questo potrebbe facilitare il lavoro dei pianificatori e degli intervenienti sociali. La discussione con la popolazione di una località rurale ha permesso di individuare una tipologia di sogni e di rappresentazioni atti ad essere trasformati in bisogni sociali. La nostra visione di sociologo ci ha imposto di andare nel senso di questa logica, contraria, forse, a quella dell’economista o dell’ingegnere, che si attacca a priorità come la quantificazione dei fabbisogni in termini di costo e d’impatto. L’analisi della tendenza generale dei desideri espressi dai gruppi sociali ha fatto emergere alcune necessità che i pianificatori o i burocrati considerano trascurabili o anche marginali. A titolo indicativo, citiamo l’esempio del piccolo ponte che collega questa località alla strada principale, che la maggioranza della popolazione considera come una necessità importante. Ma i pianificatori non lo hanno mai inserito come una priorità, poiché un ponte di 2 metri di lunghezza è considerato una questione trascurabile. Ora le discussioni condotte con gli abitanti, con un ascolto sincero ed attivo, hanno permesso di classificare questo sogno come una priorità importante ed urgente. Siamo dunque di fronte a due logiche contraddittorie: quella dell’economista o del pianificatore che considera questo bisogno come trascurabile, da non prevedere nel piano di sviluppo della località; l’altra, del sociologo, che lo classifica come un bisogno prioritario ed urgente. La differenza risiede nell’approccio adottato dall’uno e dall’altro.
Il nostro approccio d’ascolto sociologico ci ha imposto di essere empatici e di ascoltare le persone interessate dallo sviluppo della loro località, raccogliendo il massimo di informazioni sui sogni espressi dalle persone, considerando le espressioni dei visi, delle emozioni degli uni e degli altri, delle passioni ecc. La nostra logica di sociologo-ascoltatore ci ha permesso di misurare l’importanza di questo ponte, perché la popolazione ha precisato che durante l’inverno il ponte, a causa della sua dimensione molto ridotta, non facilita il passaggio delle acque che scorrono e, pertanto, si trova completamente sommerso, cosa che conduce sistematicamente, ed ad ogni periodo invernale, all’isolamento totale della località, che deve attendere che il livello delle acque si abbassi per ritrovare di nuovo il ponte.
Quale potrebbe essere l’approccio metodologico dell’ascolto sociologico?
Partendo dal livello d’analisi epistemologico, si possono identificare tre principali paradigmi:
· il paradigma positivista,
· il paradigma interpretativo,
· il paradigma costruttivista.
Ogni paradigma contiene i suoi strumenti metodologici. Per i positivisti, la realtà ha un’ontologia, perché ha un’essenza propria (R.A Thiérart e coll., 1999, p. 17). Per i rappresentanti di questo paradigma, il soggetto è indipendente dall’oggetto ed i fatti devono essere considerati come cose (Durkheim, 1988) poiché: “che li nominiamo o no, che li percepiamo o no, le strutture tangibili e relativamente immutabili di questo mondo esistono in quanto entità empiriche” (Burell e Morgan, 1979, p. 4). L’analisi della storia di questo paradigma permette senza dubbio di estrapolare le radici epistemologiche di questo modo di concepire e studiare la realtà. Il paradigma classico, sviluppato dalla meccanica, ha esercitato un’influenza importante sull’emergere, e quindi sullo sviluppo, di questa corrente di pensiero. Le idee dei vari fisici e meccanicisti del XVII e del XVIII secolo hanno permesso di sviluppare la visione positivista-deterministica (A.M. Codur, 1993), che toglie a qualsiasi soggetto la libertà di mescolarsi alla realtà, che rimane indipendente dalla sua volontà o dalle sue rappresentazioni. Rimane ovvio ricordare che le scienze sociali, in generale, e la sociologia, in particolare, si sono in gran parte ispirate a questo paradigma classico per sviluppare il positivismo come modo di pensiero, di ragionamento e di ricerca.
Il paradigma positivista si è poggiato su un approccio metodologico che fa delle tecniche e dei metodi d’indagine i suoi principali strumenti di ricerca delle leggi presenti nell’ambiente naturale o sociale. È così che la sociologia ha tentato, alla sua nascita, di sviluppare la sua metodologia senza peraltro ignorare l’eredità metodologica delle scienze dure. La ricerca dell’obiettività, simile a quella raccomandata dalle scienze sperimentali, ha costituito un’ossessione permanente in molti sociologi.
Il paradigma positivista è stato in gran parte criticato e rimesso in discussione in particolare dagli interpretativisti e dai costruttivisti. Questi due principali paradigmi rifiutano l’indipendenza della relazione soggetto/oggetto ed affermano che la realtà (l’oggetto) è dipendente dal soggetto. Di conseguenza, si passa dalla visione ontologica alla visione fenomenologica, che respinge l’esistenza di un’obiettività – conoscenza oggettiva – delle realtà. Quest’ultima è il risultato della rappresentazione che si è costruita. Questa rivoluzione epistemologica sempre in evoluzione ha fatto transitare la riflessione da uno stato ontologico ad uno stato fenomenologico. Allo scopo di illustrare meglio questo cambiamento paradigmatico riprendiamo questo passo di Berger e Luckmann (1996, pp. 9-10): “Una sociologia della conoscenza dovrà non soltanto trattare della validità empirica della conoscenza nelle società umane, ma anche dei processi con i quali qualsiasi corpo di ‘conoscenza’ arriva ad essere socialmente stabilito in quanto realtà”. Risulta da questa lettura epistemologica che la visione del mondo era una determinante importante nello sviluppo di questi paradigmi. Si è passati dalla visione classica, che ha considerato il mondo come un orologio, a quella di oggi, che considera il mondo che ci circonda come il prodotto della nostra percezione e delle nostre rappresentazioni. In altri termini è una costruzione sociale.
Al fine di permettere una migliore lettura paradigmatica comparativa, adattiamo nella figura 2 lo schema proposto da R. A. Thiérart ed Altri (1999, pp. 14 e 15).
Molti approcci sociologici ed antropologici furono sviluppati nel senso che, in modo diretto o indiretto, lasciano un ampio spazio all’esperienza personale del soggetto. Il consenso che emana da questi approcci evidenzia i limiti del positivismo come paradigma che ha a lungo predominato nelle scienze sociali [1].
L’ascolto sociologico potrebbe bene ispirarsi a questi differenti paradigmi, senza tuttavia chiudersi in un approccio particolare, poiché la questione sociale è un fatto molto complesso che fa intervenire diverse variabili imbricate le une nelle altre. È per questo che raccomandiamo la triangolazione come procedimento metodologico, la quale permette al sociologo-ascoltatore di ricorrere alle tecniche quantitative e qualitative, accordando un ampio spazio a queste ultime. La particolarità di questo approccio è di ricercare i divari tra i sogni e le rappresentazioni delle persone e dei gruppi sociali (il grado di soddisfazione ricercato) e le norme di soddisfazione (grado di soddisfazione determinato), partendo dall’immaginario individuale e collettivo per arrivare alle necessità sociali.
Così, il sociologo-ascoltatore non deve limitarsi alle necessità materiali, poiché queste ultime sono identificabili a partire dalle osservazioni, dalle indagini tecniche o da un sondaggio con questionario. I dati statistici prodotti da un’indagine quantitativa permettono per esempio di misurare l’intensità della disoccupazione in una data località, come pure il rivestimento delle strade, la creazione di centri culturali ecc. Per contro, il sociologo-ascoltatore, che parte da una realtà sociologica immaginata e descritta dalla popolazione interessata, sarà in grado di individuare altre necessità sociali, considerate dalle popolazioni come importanti e prioritarie. Per precisare meglio la presente riflessione, citiamo l’esempio dei disoccupati. L’economista o il pianificatore considerano la disoccupazione dal punto di vista statistico, per poi sfociare in raccomandazioni che prevedono, nella maggior parte dei casi, la creazione di posti di lavoro per assorbire la disoccupazione. Ora, la nostra esperienza sul campo valuta differentemente il fenomeno. Le interviste qualitative, ed in particolare l’animazione dei Focus Group Discussion, hanno fatto emergere altre necessità connesse. Il sociologo-ascoltatore non si limita ai dati “freddi” che consistono nell’avanzare cifre ben compilate in tabelle da commentare, ma tiene conto dei vari modi di esprimersi di uno o più disoccupati: le loro opinioni, le loro mimiche, i loro gesti, le loro lacrime ecc. Il linguaggio del disoccupato è una fonte di dati importante per il sociologo-ascoltatore. Per esempio, un disoccupato esclama: “Mi resta soltanto la morte!”. Questi termini sono analizzati dal sociologo-ascoltatore come un grido di disperazione all’indirizzo dei pubblici poteri. È per questo che non basta raccomandare la creazione di posti di lavoro, ma soprattutto occorre portare assistenza urgente a questi disoccupati, ascoltarli e collaborare con loro per trovare una via d’uscita alla loro situazione. Il sociologo-ascoltatore parte dal seguente postulato: non si può, in alcun caso, riflettere ed immaginare al posto del disoccupato, del giovane delinquente ecc. È per questo che la disoccupazione si misura sociologicamente con indici di sofferenze individuali e collettive, che sfuggono alla quantificazione. Quando un gruppo di persone di una località si esprime in un Focus Group Discussion, il sociologo individua molti tipi di bisogni: di affermazione, di riconoscimento, di essere ascoltato, di esternare, di partecipazione alla gestione della propria località ecc., oltre ad altri bisogni oggettivi come il lavoro, l’elettrificazione ecc.
Quali sono dunque le tecniche che permettono al sociologo-ascoltatore di andare in fondo all’immaginario individuale e collettivo delle persone e dei gruppi associati?
2. Esperienza di un intervento di un sociologo nell’ambito di uno studio sulle necessità sociali delle popolazioni rurali
All’origine, lo studio consisteva nel determinare i bisogni sociali per una popolazione di 1000 famiglie abitanti in località rurali. Il metodo della triangolazione è stato preso in considerazione dall’amministrazione come strumento d’indagine: un questionario strutturato e l’animazione di molti Focus Group Discussion. Nell’ambito della circoscrizione che mi è stata affidata per soprintendere lo studio, ho integrato i bambini nei gruppi di discussione, benché questa proposta avanzata da me stesso è stata lasciata dal centro studi a titolo facoltativo. Il primo contatto è molto importante per questo tipo d’interviste perché le popolazioni considerano sempre l’immagine dell’amministrazione o degli eletti che “promettono senza nulla concretizzare”. In questo contesto, il ricercatore, o l’intervistatore, è chiamato a dare un’altra immagine di sé per guadagnare la fiducia dei capi famiglia e delle altre categorie da indagare. In qualità di consulente-esperto e principale supervisore di questo studio, ho a lungo sensibilizzato le intervistatrici e gli intervistatori su questi ostacoli metodologici. Poiché abbiamo richiamato l’attenzione sul vissuto sociologico degli abitanti, dove l’interno della famiglia rurale è considerato un luogo intimo e sacro che favorisce più il contatto donna/donna, abbiamo incaricato esclusivamente le intervistatrici ad accedere alle famiglie e avere un colloquio con le donne, come pure per l’animazione Focus Group. La contingenza metodologica ci ha imposto di adattare gli strumenti di ricerca ai contesti socioculturali molto specifici, dove l’interazione simbolica passa attraverso l’immaginazione individuale e collettiva.
I dati del questionario hanno permesso soltanto di quantificare le necessità espresse dagli indagati, senza peraltro permettere di individuare le esigenze reali delle popolazioni. A titolo d’esempio, presentiamo i risultati dell’analisi dei dati forniti dai gruppi di discussione condotti con i figli e ciò dalla prospettiva dell’ascolto sociologico(2). Vedere la tabella 1 qui sotto.
Necessità espresse
· Garantire il trasporto scolastico · Dotare le sale di corsi di attrezzature adeguate (banchi che corrispondano alla loro età, riscaldamento, gesso di buona qualità ecc.) · Riparare i viali delle scuole e piantare gli alberi · Creare biblioteche e sale informatiche al centro della loro località · Rivestire le strade principali e le viuzze · Alimentare sufficientemente le famiglie di acqua potabile per liberarle dal bisogno di andarne alla ricerca · Creare centri di formazione professionale per i bambini abbandonati · Sistemare i campi di calcio nelle località · Creare occupazione ai loro genitori per migliorare il reddito delle famiglie · Accordare aiuti materiali ai bambini bisognosi? · Creare una piscina per i bambini di tutte le età · Creare un cinema al centro della località. |
divario
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Norme di soddisfazione (l’immagine ricercata)
Trasformiamo le espressioni, le parole e le opinioni pronunciate dai bambini in un’immagine ricercata che costituisca la finalità del pianificatore.
“Noi, bambini di queste località, abbiamo comunicato con voi in tutta spontaneità senza calcoli né pregiudizi. Ignoriamo completamente il mondo degli adulti, dell’amministrazione e dei testi. Sogniamo una località trasformata ‘in piccolo paradiso’ nella quale potremo lasciare esprimersi la nostra innocenza e la nostra energia in tutta libertà. Sfuggiremo agli sguardi degli adulti che ci controllano ad ogni pietra gettata, ad ogni sciocchezza commessa e soprattutto ad ogni parola volgare che alcuni lanciano ad alta voce. Questi adulti ignorano tutto delle nostre infelicità. Non sanno che passiamo i nostri giorni a scuola che ci obbliga ad attraversare la strada con tutti i suoi pericoli e a percorrere chilometri prima di raggiungere le sale dei corsi. Sogniamo sale di corsi adeguatamente sistemate che corrispondano alle nostre età e alla nostra percezione, fornite i materiali necessari e di riscaldamento. Sogniamo di passare la ricreazione in viali pieni di verde e di alberi. Siamo pronti a piantare noi stessi questi alberi. Il nostro sogno è di vedere infine la nostra località alimentata regolarmente di acqua potabile poiché siamo spossati nell’andare tutti i giorni a cercare l’acqua così lontano senza dimenticare anche di vedere le viuzze della nostra località accuratamente rivestite. Gli adulti sono sensibili alle nostre difficoltà? Noi, bambini esclusi dall’insegnamento, sogniamo di vedere crearsi un centro di formazione professionale e dei centri d’apprendistato. Il nostro sogno è anche disporre di varie superfici di giochi: spazi di svago, campi di calcio, una sala d’informatica, un centro culturale e una piscina. Desidereremmo vivere come tutti gli altri bambini del mondo. Di sicuro, pensiamo molto ai nostri genitori che soffrono continuamente per farci vivere. Sogniamo di vedere i nostri genitori lavorare per soddisfare i nostri bisogni più elementari. Infine, speriamo di vedere aprire un cinema nella nostra località. Sono i nostri sogni e siamo liberi di immaginare una vita migliore. Il resto non c’interessa poiché dipende dall’immaginazione di adultes” (Testo immaginato dall’autore riprendendo le idee espresse dai bambini durante l’animazione dei gruppi di discussione). |
Tabella 1: risultati dell’analisi dei dati forniti dai gruppi di discussione condotti con i bambini
Il sociologo-ascoltatore analizza questi bisogni con un approccio particolare che non esclude le emozioni né i sogni delle popolazioni, per aiutare ad identificare meglio i desideri profondi ed immateriali delle popolazioni medesime. Tuttavia, le raccomandazioni del sociologo-ascoltatore s’integrano in un passaggio induttivo-deduttivo, partendo da realtà locali per individuare in seguito risultati evidenti e per permettere di elaborare piani di sviluppo. Al contrario dell’approccio tecnico, che considera i bisogni sociali come una questione che dipende dall’ingegneria tecnica, l’ascolto sociologico rimane, a nostro modo di vedere, uno degli approcci più indicati per integrare le popolazioni nella costruzione dei piani di sviluppo delle località. In altri termini la ricerca dei bisogni “invisibili” e nascosti potrebbe costituire la principale missione del sociologo-ascoltatore, oltre alle altre preoccupazioni d’ordine materiale percettibili con l’osservazione e l’indagine.
3. Alcuni elementi di riflessione: la stima dei bisogni sociali tra la logica amministrativa e burocratica e l’immaginazione sociologica
A partire dal presente approccio osserviamo che i bisogni sociali, in tutte le loro forme, sorgono più da un approccio sociologico ed antropologico che della logica amministrativa e burocratica. È per questo che riteniamo che lo sviluppo di un profilo di sociologo-ascoltatore sia in grado di aiutare il pianificatore e l’amministratore a circoscrivere meglio i desideri e le aspettative delle popolazioni, tappa preliminare che consideriamo determinante per il successo di un intervento sociale qualsiasi.
In numerose situazioni, abbiamo potuto osservare che i bisogni espressi non fanno appello ad alcun investimento finanziario poiché sono di natura socio emozionale o psicosociologica. I bisogni più ricorrenti delle popolazioni restano senza dubbio l’aspirazione ad un’ampia partecipazione nell’elaborazione dei progetti di sviluppo, a farsi ascoltare dai responsabili locali, alla ricerca della stima e della considerazione, ad essere alimentati continuamente d’informazioni che potrebbero aiutarle a presentare progetti di creazione di micro imprese ecc.
Inoltre, ogni categoria di popolazione, a partire dalle sue caratteristiche socio demografiche, attinge dal suo stock emotivo ed emozionale per esprimere bisogni molto particolari. È per questo che l’ascolto sociologico si situa a metà-strada tra la logica locale radicata nel vissuto reale delle popolazioni e quella cosiddetta razionale stabilita dall’amministrazione.
Abbiamo potuto considerare che l’approccio dell’ascolto sociologico dei bisogni deve tenere conto della loro categorizzazione, ponendo una metodologia propria ad ogni popolazione. Di conseguenza, l’animazione di gruppi di discussione o l’organizzazione d’interviste qualitative sono concepite in modo contingente. La segmentazione delle popolazioni obbedisce dunque a questo principio fondamentale che distingue queste diverse categorie sociali. I bisogni espressi dai bambini in età scolare del ciclo primario differiscono, in molti casi, da quelli dei loro omologhi esclusi dal sistema educativo. Inoltre, i bisogni sociali delle donne casalinghe non sono identici a quelli delle giovani donne che frequentano la scuola. È per questo che il sociologo-ascoltatore deve procedere ad una categorizzazione ben costruita delle popolazioni di una località, per segmentare le sue necessità ed introdurre una rottura con la logica della standardizzazione imposta, in molti casi, dalla logica amministrativo-burocratica.
È a questo preciso livello dell’approccio del sociologo-ascoltatore che la questione delle variabili di differenziazione dovrebbe intervenire. Nel nostro caso, sono state prese in considerazione alcune variabili: il sesso, l’età, la situazione familiare e lo stato professionale. Non sono restrittive poiché l’approccio è contestuale e lascia all’ascoltatore un’ampia iniziativa per tener conto delle varie caratteristiche dell’ambiente che circonda il suo intervento.
In quale momento l’immaginazione sociologica potrebbe intervenire?
L’immaginazione sociologica consiste soprattutto nel tradurre i sogni ed i desideri delle popolazioni indagate in bisogni atti ad essere soddisfatti. Il sociologo-ascoltatore, al contrario del pianificatore, è in grado di trasformare l’immaginario in immaginazione. Questo passaggio interpretativo e comprensivo fa appello a competenze analitiche ed esplicative molto particolari, che esigono forti capacità d’astrazione e di spiegazione. In altre parole, ciò dipende soprattutto da un processo interpretativo, poiché le realtà espresse dagli attori comportano sensi e significati. Inoltre, l’analisi semiologica permetterebbe senza dubbio al sociologo di disporre di una carta in più, che simbolizza le aspirazioni e le attese a partire dalle varie espressioni degli attori.
Detto ciò, l’ascolto sociologico della domanda sociale supera la visione tecnica, che trasforma i bisogni sociali in una semplice questione di quantificazione e di gerarchizzazione da stabilire sulla base di un’indagine quantitativa che esclude le informazioni qualitative fornite dalle tecniche d’indagine proprie del sociologo. A titolo d’esempio, possiamo citare le varie fonti di dati che il sociologo-ascoltatore sfrutta per deliberare la carta dei bisogni, suscettibile di essere trasformata in piano di sviluppo sociale:
· le lacrime e le espressioni emotive;
· le parole ed i termini utilizzati;
· i gesti para-verbali e le mimiche;
· le immagini e le analogie;
· le metafore e le espressioni descrittive;
· i proverbi, le espressioni popolari ecc.;
· i simboli ed i segni linguistici.
Queste fonti d’informazione comportano bisogni intangibili e qualitativi che sfuggono all’analisi tecnica e quantitativa. Al contrario, permettono al sociologo-ascoltatore di presentare raccomandazioni pratiche per considerare le persone ed i gruppi integrati nel loro contesto ambientale. Pertanto, l’analisi socio-sistemica (3) è una delle esigenze che permetterebbe una migliore comprensione del fatto analizzato. Quando il sociologo-ascoltatore procede allo studio, alla comprensione ed all’interpretazione delle varie situazioni delle persone o dei gruppi sociali, resta importante tenere conto della storia dello spazio studiato, delle sue dimensioni geografiche, della sua cultura, del suo sistema di valori, dei suoi usi ed abitudini, delle sue norme sociologiche comuni, del suo tipo di costruzioni ecc. Per questo la monografia e la storia dello spazio interessato costituiscono una tappa preliminare necessaria ed utile allo scopo di permettere, a posteriori, di inserire i bisogni sociali nel loro quadro contestuale adeguato. A questo titolo, sarebbe difficile immaginare, ad esempio, di prevedere l’architettura di un edificio senza tener conto delle particolarità socioculturali della località. L’esempio del bisogno espresso dai bambini del ciclo primario che consiste nel creare una biblioteca al centro della loro località è fortemente rivelatore. A questo argomento, il sociologo-ascoltatore non deve raccomandare questa necessità in modo superficiale ma precisarne le condizioni socioculturali. I bambini di una località rurale, ed anche montagnosa, hanno più bisogno di una biblioteca che rifletta – nella sua architettura e nei suoi contenuti – gli elementi costitutivi della loro cultura locale. Così l’architettura della biblioteca, le attività che le saranno legate, i manuali, i libri ecc. possono essere recepiti dal punto di vista sociosistemico.
4. Il sociologue-ascoltatore: progetto di un approccio di formazione
Alla luce delle diverse idee sviluppate precedentemente, occorre interrogarsi: quale potrebbe essere il profilo adeguato per praticare l’ascolto sociologico?
Senza pretendere di essere esaustivi, proponiamo un progetto di formazione del sociologo-ascoltatore che mira a suscitare l’interesse su una questione che ci sembra importante e promettente per una scienza la cui utilità sociale sembra sempre problematica.
Questa proposta si aggiunge ai nostri numerosi tentativi e riflessioni destinati ad indurre i sociologi ad aprirsi ad altre prospettive che potrebbero aiutare a situarsi meglio fra le altre discipline che, di giorno in giorno, fanno evolvere il loro modo di intervenire e ad analizzare i fatti rilevanti delle loro preoccupazioni.
Il profilo di sociologo-ascoltatore potrebbe comportare le seguenti discipline:
· sociologia generale e sociologia dello sviluppo,
· epistemologia/metodologia,
· antropologia,
· economia generale ed economia dello sviluppo,
· semiologia,
· comunicazione interpersonale e dinamica dei gruppi,
· psicosociologia della comunicazione,
· tecniche d’indagine quantitativa e qualitativa,
· l’ascolto sociologico (metodi e strumenti).
Queste materie sono citate a titolo indicativo e non restrittivo, poiché ciò che importa più in questa formazione è il suo carattere pluridisciplinare, che fa appello ai vari settori che aiuterebbero nell’intervento pratico. Questa formazione deve comportare anche tirocini pratici di un numero di ore corrispondenti a 2/3 del volume globale. Questa sociologia dell’intervento sociale non pretenderà in alcun caso di sostituirsi alle altre discipline che avevano già questa vocazione di “scienze utili ed operative”, ma soprattutto dovrà mettere in evidenza una conoscenza ed un sapere accumulati nel corso del tempo dalle ricerche sociologiche ed antropologiche, trasformandole in dati pratici a partire dai significati, dalle rappresentazioni e dai sensi espressi dagli attori. Il sociologo-ascoltatore potrebbe dunque costituire il migliore intermediario tra il senso pratico ed il senso costruito. Tra i due poli si situano inevitabilmente l’immaginario individuale e collettivo e l’immaginazione sociologica.
Conclusione: si può concludere il dibattito?
La presente riflessione è stata proposta per arricchire il dibattito sul ruolo del sociologo nell’intervento sociale. Come abbiamo tentato di dimostrare, la questione della ricerca dell’informazione e dei dati è una tappa importante prima di qualsiasi intervento, a dispetto della sua natura e delle sue finalità.
L’identificazione dei bisogni delle popolazioni non potrà limitarsi ad operazioni di quantificazione e di riscontro. La sociologia resta per noi, con i suoi approcci ed i suoi metodi, una delle discipline in grado di comprendere l’essere umano nelle sue dimensioni complesse, senza staccarlo dal suo contesto né della sua storia.
È per questo che il profilo di sociologo-ascoltatore, come pure del sociologo-consulente (4), ci sembra il più indicato per permettere di arricchire l’amministratore ed il pianificatore di dati che veicolano i significati ed i sensi che riflettono fedelmente il vissuto attuale ed i sogni delle popolazioni interessate. Siamo sempre più convinti che l’approccio inverso (dal basso il alto) e l’empatia costituiscono insieme le prime basi di un percorso che aiuterebbe a tradurre i dati impliciti in forme esplicite destinate alla formalizzazione della questione sociale.
In altre parole, il sociologo-ascoltatore è il migliore partner delle popolazioni e dell’amministratore, che favorirebbe lo sviluppo sociale in una visione che integri tutte le dimensioni che intervengono nell’identificazione dei bisogni sociali.
Ed il dibattito continua...
Rabah Kechad
Note:
(1) Resta utile ricordare che questo paradigma è sempre vivo e presente. Il ribollire epistemologico dei nostri giorni farà avanzare la metodologia della sociologia che si orienta sempre più verso il qualitativo accordando il privilegio ai significati che gli attori accordano alle varie situazioni nelle quali si trovano.
(2) Abbiamo determinato i principali bisogni espress da 63 bambini provenienti da quattro località. L’obiettivo è di fornire una dimostrazione reale di un ascolto sociologico che, ufficialmente, era concepito in una visione amministrativa (elaborazione di progetti di sviluppo).
(3) Termine che significa ogni analisi sociologica che integra le diverse dimensioni connesse ad un fatto sociale. Ciò potrebbe ricollegarsi all’idea del “fatto sociale totale” sviluppata da Marcel Mauss.
(4) Abbiamo già pubblicato un articolo che sviluppa una riflessione sul sociologo-consulente. Vedere a questo riguardo: Kechad R., 2002.
Riferimenti bibliografici:
Berger P., Luckmann T. La construction sociale de la réalité. Paris, Méridiens Klincksieck, 2e édition, 1996.
Burelle G., Morgan G., Sociological paradigms and organizational analysis. London, Heinemann, 1979.
Candau P. Audit social. Paris, Vuibert, 1986.
Codur A.M. "L'étude des interrelations population-développemet-environnement-questions méthodologiques" In: Population et environnement au Maghreb, sous la direction de Zamoun S. et al. Louvain-la-neuve, Med-Campus, Académia-L'Harmattan, 1993, p. 129-182.
Durkheim E. Les règles de la méthode sociologique. Paris, Flammarion, 1988.
Giddens A. New Rules of the sociological method. New York, Basic Books, 1976 -
Giddens A. Central Problems in Social theory. Berkley, University of California Press, 1979.
Giddens A. The consequences of modernity. Stanford, CA, Stanford University Press, 1990.
Rojot J. "La théorie de la structuration d'Anthony Giddens. Quels apports pour les sciences de gestion?" in: Revue de Gestion des Ressources Humaines. No 26-27, Mai-juin 1998, pp. 6, 10 et 11.
Kechad, Rabah. "Le sociologue face à l'organisation", Esprit critique, vol.04, no.04, Avril 2002, ISSN 1705-1045, consulté sur Internet: http://www.espritcritique.org
Thiétart R.A. et coll. Méthodes de recherche en management. Paris, Dunod, 1999.
Nota:
Kechad, Rabah. "L'intervention du sociologue dans l'identification des besoins sociaux des populations défavorisées. L'imagination sociologique face à la conception bureaucratique.", Esprit critique, Automne 2004, Vol.06, No.04, ISSN 1705-1045, consultabile su Internet: http://www.espritcritique.org
(Traduzione italiana di Paolo COLUCCIA – paconet@libero.it – http://digilander.libero.it/paolocoluccia)