Il testo che segue è tratto dalla Rivista “Esprit critique” (www.espritcritique.org),

Editoriale al n. 12, dicembre 2002, anno 4

(link informativo per il lettore italiano: www.espritcritique.org/index.it.html)

 

 

Il sociologo del futuro

(titolo originale: Le sociologue du futur)

 

di Jean-François Marcotte

(Direttore di Esprit critique – Rivista internazionale di sociologia e di scienze sociali)

 

Traduzione italiana di Paolo Coluccia

http://digilander.libero.it/paolocoluccia - paconet@libero.it

 

Edizioni Lilliput-on-line (giugno 2004)

 

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            Mi sono alzato una mattina e mi sono posto una strana domanda: Quale sarà il ruolo del sociologo nella società del futuro?

            Ho immaginato per un istante di essere qualche secolo più avanti. Con l’aiuto di immagini attuali del futuro, mi sono chiesto dove sarebbe il sociologo nei tempi immaginati dai films Star Trek o Star Wars. Queste immagini destinate a divertire pongono spesso la trama di un coraggioso capitano o di ribelli in lotta contro una dittatura oppressiva.

Ma, fuori dallo schermo, dov’è allora il sociologo? Il sociologo del futuro ha anche una pistola laser? Immaginare questo essere del futuro è un esercizio azzardato, ma credo che non sia senza interesse…

La prima questione da porsi è la seguente: la sociologia esisterà nei prossimi anni? Chi può saperlo? Ci si può anche chiedere se la disciplina arriverà a conservare la sua notorietà per tutto questo tempo, visto che è molto probabile che l’umanità continuerà ad esistere in seno ai rapporti sociali. E se l’umanità persiste nei rapporti sociali, ci sarà probabilmente ancora un posto per il sociologo nel futuro!

Certamente, le trasformazioni culturali avranno largamente modificato il modo di intrattenere queste relazioni, ma credo che si possa postulare che rimarranno.

La sociologia avrà sicuramente nuove missioni, che gli attuali conflitti già suggeriscono. Molti conflitti di oggi, di ogni natura, hanno un punto in comune. In effetti, che si parli di riscaldamento del pianeta, di conflitti militari o di alimentazione, la sopravvivenza dell’essere umano è sempre in primo piano. Il sociologo non sarà la persona nella miglior posizione per comprendere gli impatti di tali conflitti o quella meglio posta per proporre i modi di superare questi problemi. La sua più importante missione nel prossimo millennio sarà certamente quella di consigliare come evitare l’estinzione dell’umanità.

Se la sociologia troverà nel corso dei prossimi secoli questa legittimità per consigliare i dirigenti dell’umanità, e se i sociologi saranno preparati ad analizzare questo tipo di fenomeni, credo che potrà aiutare con le sue raccomandazioni a favorire lo sviluppo di rapporti sociali, affinché contribuiscano ad un migliore slancio dell’umanità.

Anche al di là dei conflitti, la gestione di certi aspetti della produzione e della riproduzione delle nostre società potrà essere chiarita dalla sociologia di domani. Come gestire una società dove l’aria non è disponibile per tutti i cittadini? Come gestire  una società che è colpita da un tasso di disoccupazione del 90% visto che macchine robottizzate si occupano di tutti i compiti manuali? Come preparare un’elezione se il 99% dei cittadini vive per la maggior parte del tempo in società virtuali?

Nel mio domandarmi sonnolento di quella mattina, avevo immaginato una spedizione umana in una galassia lontana. Si può immaginare come una tale spedizione di mille anni richieda ogni preparazione! Che cosa occorre portate prima di partire: una nave spaziale ad alta tecnologia, una popolazione di 10.000 persone, mezzi autonomi per produrre cibo, aria, acqua, strumenti per riparare le apparecchiature, ma cos’altro ancora? Come pianificare socialmente una spedizione di mille anni verso una galassia lontana? Si può presumere che occorreranno medicine e professori di medicina per formulare le prossime medicine. Che succederà se il medico si rompe un braccio o se desidererà di riciclarsi nella sfera delle arti? Che accadrà se lo storico incaricato di conservare il ricordo della terra morirà? Che avverrà alla seconda o alla terza generazione quando i ragazzi, che non hanno mai visto la Terra, decideranno di cambiare traiettoria per distaccarsi completamente dalla Terra?

Perdonate le mie divagazioni! Tuttavia, se si considera che queste domande saranno un giorno poste, quale disciplina sarà più appropriata per affrontarle, se non sarà la sociologia a farlo? Queste domande forse non si porranno mai, ma altre domande dello stesso ordine sì.

Sarebbe ridicolo affermare che la sociologia attuale ha le risposte a domande di questo tipo. Ma se si ritorna alla nostra attuale sociologia, si potrà vedere che non abbiamo preso alcun orientamento che ci permetterà di risolvere questo genere di questioni. Da una parte, la sociologia cerca di esprimersi sui temi di attualità, ma sostiene a ragione di prendere le distanze epistemologiche che le permettano di analizzare i fatti sociali. Dall’altra, la sociologia è così giovane che mi sembra spesso non si sia mai tentato di risolvere gli enigmi sociali alla luce delle conoscenze della sociologia dei secoli passati.

Pertanto, il bagaglio accumulato dalla sociologia permetterà attualizzazioni interessanti in rapporto ai fatti sociali attuali. Le vecchie spiegazioni sono troppo vecchie per spiegare i fatti attuali e la sociologia non può pronunciarsi sui fatti sociali di oggi! Questo, dunque, mette il sociologo in un vuoto completo per il suo intervento! Così occorrerà almeno rivedere il bagaglio acquisito da qualche secolo di sociologia, per ricavare strumenti di intervento per i conflitti di oggi.

Allora, come la sociologia può agire nella sua società? D’accordo, la sua influenza si genera gradualmente per l’influenza delle élites che si interessano al tema. Ma se il sociologo non si mediatizza e se non rende le sue conclusioni e raccomandazioni accessibili, come arriverà ad influenzarle?

Il sociologo deve cominciare a definire i suoi strumenti d’intervento. E per fare questo dovrà estrarli dalla sociologia classica ed adattarli alla luce delle recenti scoperte. Ci servirà un inventario dei processi e degli interventi che hanno provato a risolvere alcuni problemi sociali. E’ evidentemente una questione di sociologia applicata, una sociologia d’intervento. Ma questo non vuol dire che si tratti di una sociologia cieca o improvvisata. Questa sociologia potrà proporre griglie di intervento e non modelli di azione omogeneizzanti. Questi modelli dovranno anche essere accessibili ai decisori, senza cadere nel “pronto per l’uso”. E per rendere la sociologia accessibile, occorre non solo diffondere ampiamente i risultati della ricerca, ma anche imparare a sintetizzare e a semplificare il nostro pensiero. Per renderla applicata, occorrerà imparare a concludere i nostri lavori in termini di raccomandazioni per l’azione.

Il sociologo non fa che analizzare i fatti sociali, ma dovrebbe diventare anche un sociologo che consiglia. Infine dovrà aprirsi alla interdisciplinarietà. Se la sociologia incontra grandi lacune nel modernizzarsi, avrà tutto l’interesse ad intavolare il dialogo con discipline vicine che hanno saputo attualizzarsi. Chi può sapere quale sarà l’avvenire della sociologia e della stessa umanità? Tuttavia, sono convinto che il ruolo del sociologo del futuro sarà quello di dare consiglio ai decisori su questioni cruciali di sopravvivenza della comunità. Quanto parlo di “sopravvivenza”, voglio dire che la sociologia sarà il sostegno dell’azione umana e che il sociologo non avrà il diritto all’errore.