Università degli Studi di Teramo

Dipartimento di Teorie e Politiche dello Sviluppo Sociale

“Meeting Nazionale di Action Research”

Teramo, 8 settembre 2006

 

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Come praticare e formarsi alla Action Research[1]

 

Relazione del Prof. Werner Fricke

 

Traduzione italiana dalla lingua inglese di Lucia C. Antonazzo

Redazione ed ottimizzazione del testo a cura di Paolo Coluccia

http://digilander.libero.it/paolocoluccia

 

 

La ricercazione non è basata sulla separazione, ma nel connettere teoria e azione, entrambe intese come prassi sociale, radicate in contesti sociali. Ecco perché la ricercazione non può essere pensata come una disciplina accademica; può essere praticata e deve essere sperimentata.

 

Il tema solleva alcune domande:

 

·       Chi deve essere formato?

·       Chi sono i possibili formatori?

·       Come la formazione della ricercazione è connessa con l’auto   

               apprendimento e la pratica della ricercazione?

·       Che cosa sono le dimensioni del processo di formazione?

·       Qual è il contesto della formazione per la ricercazione?

 

Poiché la ricercazione si colloca ampiamente al di fuori dell’usuale contesto accademico, la formazione per la ricercazione deve seguire una logica molto differente dalla formazione accademica con il suo tradizionale contesto istituzionale, con i suoi metodi, contenuti e campi d’azione.

 

C’è molta incertezza riguardo alla ricercazione nel dibattito accademico sulle scienze sociali; inoltre molti concetti e scoperte della ricerca, pretendendo di essere ricercazione, sono caratterizzati da una comprensione non chiara della ricercazione e dei suoi fondamenti epistemologici. Una delle ragioni principali di questi deficits è la mancanza di opportunità di formazione in ricercazione nelle università e durante la carriera di ricerca dei giovani scienziati sociali. Per chiarire questo punto, comincerò col presentare i principali elementi della ricercazione, mettendo in rilievo le differenze con la scienza sociale accademica.

 

La ricercazione è basata sui dialoghi tra il ricercatore e gli attori sociali. Questa non è una caratteristica accessoria, ma uno dei suoi elementi epistemologici di base, con molte implicazioni.

1)     Gli attori sociali, persone sul campo, sono considerati soggetti, non oggetti di ricerca o problemi di ricerca. Il campo replica. Il ricercatore incontra e rispetta l’ “altro” come un soggetto indipendente, come una persona con i suoi valori, conoscenze, interessi, storia personale ecc. La sola relazione adeguata tra il ricercatore e l’attore sociale è caratterizzata dall’ascolto reciproco, dall’avvio di un dialogo su questioni e metodi di ricerca, unendo riflessione e apprendimento. Il risultato è un dialogo democratico (Gustavsen, 1992), basato sulla riflessione congiunta.

2)     Il dialogo democratico è caratterizzato da criteri indiscutibili:

-        deve essere possibile per tutti gli interessati partecipare,

-        tutti i partecipanti sono uguali,

-        l’esperienza di lavoro è la base per la partecipazione,

-        il ruolo lavorativo, l’autorità ecc. di eventuali 11 partecipanti può essere fatto argomento per la discussione – nessun partecipante è esonerato a questo riguardo.

Questi criteri suonano semplici, ma in effetti implicano un approccio radicale alla ricerca, difficile da realizzare, di cui nessuno con qualche esperienza di ricerca sarà consapevole.

3)     Questo concetto di dialogo democratico non è normativo come nella “situazione comunicativa ideale” di Habermas; i criteri menzionati sono stati sviluppati nella ricercazione scandinava  e sono basati sull’esperienza. Essi sono concordati da tutti coloro che partecipano ad un processo di ricerca e sono aperti al cambiamento e alla ristrutturazione alla luce dell’esperienza.

4)     La ricercazione è guidata da valori. Questa è una dalle differenze cruciali con la scienza accademica e la scienza sociale, che pretende di essere neutrale, esclusivamente obbligata a concetti astratti di verità. Il valore principale della ricercazione è la democrazia sia nelle relazioni sociali sia in quelle personali. L’altro, che i ricercatori della ricercazione incontrano sul campo, è rispettato e trattato da uguale, sebbene differente in molti aspetti.

5)     La ricercazione è problema o prassi guidata. Ciò significa che gli argomenti di ricerca non sono né sviluppati fuori dai contesti sociali, né imposti sul campo dal di fuori. Essi sono al contrario concordati congiuntamente dai ricercatori e dagli attori sociali, dopo che entrambe le parti hanno raggiunto un’intesa congiunta sulla situazione e verso problemi da risolvere.

6)     La conoscenza scientifica e quella pratica sono uguali, non c’è relazione gerarchica tra di esse. Entrambe sono necessarie alla conoscenza del contesto sociale da cui comincia la ricercazione, per identificare i problemi da risolvere, per elaborare risultati di ricerca adeguati ai contesti e ai problemi.

7)     Questo suona ancora facile, ma le implicazioni sono fondamentali. I risultati della ricerca non sono valutati secondo  i criteri positivistici classici come la validità, l’affidabilità ecc. ma secondo la loro capacità di risolvere il problema. Da questo punto di vista la ricercazione può essere paragonata alla medicina e alla scienza medica. Il risultato da ottenere è un effetto positivo per la salute del paziente, non un qualche tipo di “verità” astratta. Come nella ricercazione, la strategia di successo per restaurare la salute del paziente è combinare la conoscenza (medica) teorica, l’esperienza del medico e la partecipazione del paziente che contribuisce alla sua percezione della sua situazione. Questo orientamento di valore  costituisce la speciale relazione tra teoria e pratica (conoscenza teorica e pratica) nella ricercazione, i cui risultati sono contestuali e rilevanti per la prassi e il cambiamento sociale[2].

8)     Nella ricercazione la teoria non è separata dalla pratica, come ho detto. La relazione tra teoria e pratica è molto diversa da qualsiasi concetto accademico:

-        La teoria non è un corpo di conoscenza, che viene costantemente incrementato dalla ricerca.

-        La teoria non è applicata alla pratica, ma sviluppata da contesti locali come risultato di un processo di apprendimento congiunto tra ricercatore e attori sociali. La teoria come la verità dipende dunque sempre dal contesto.

-        Di conseguenza, la teoria non è posseduta da un singolo o da gruppi di ricercatori; non ci sono diritti d’autore individuali nella ricercazione.

-        La teoria non è esterna alla pratica; l’idea non è di verificare le teorie attraverso ricerche empiriche  o vedere se un’ipotesi è vera o falsa; nella ricercazione la teoria è sviluppata dall’interno di contesti sociali come risultato di un processo d’apprendimento congiunto con gli attori.

-        Nella ricercazione i ricercatori sono allo stesso tempo dentro e fuori i processi di cambiamento sociale. Essi sono sempre impegnati in processi di sviluppo sociale (sia in un’organizzazione sia in contesti regionali), ma essi riflettono anche il processo prima, durante e dopo l’azione.

   

Da tutte queste caratteristiche della ricercazione diventa chiaro che la formazione per la ricercazione deve prendere posto secondo la sua propria logica, che è differente dalla tipologia accademica di apprendimento in molti aspetti.

 

Inoltre, dobbiamo essere consapevoli del fatto che la formazione per la ricercazione non può prendere posto in contesti istituzionali accademici o secondo regole accademiche. Ciò ha delle conseguenze per i percorsi di carriera, che sono aperti dalla formazione. I ricercatori della ricercazione non sono fondamentalmente esclusi dalle carriere accademiche, ma ci sono molti esempi di tali ricercatori che non sono stati veramente accettati dalla comunità accademica, anzi a volte sono stati esclusi. Ho menzionato molte delle ragioni precedentemente:

 

1.      La concezione di teoria come guidata da valori; la teoria non è guardata come neutrale.

2.      Il doppio ruolo dei ricercatori della ricercazione dentro e fuori i processi sociali.

3.      La difficile questione dei diritti di proprietà individuale (copyright); nella ricercazione il ricercatore non è visto come il solo autore delle teorie.

4.      Insieme con gli attori sociali i ricercatori sono responsabili dei risultati teorici e pratici; essi migliorano la “condizione umana” (Fred Emery), possono contribuire a guarire le malattie, possono promuovere valori democratici e praticare in contesti organizzativi e sociali?

5.      I ricercatori devono sviluppare empatia nei dialoghi, l’abilità di ascoltare e di riflettere congiuntamente con “l’altro” invece di difendere i loro concetti in discussioni competitive, conflittuali, che è il normale atteggiamento accademico.

 

La ricercazione non è un metodo, tale che possa essere pensato ed esercitato come qualsiasi altro metodo scientifico. I ricercatori della ricercazione devono essere abili per usare un kit di attrezzi di metodi differenti, ma la loro competenza va ben oltre la conoscenza dei metodi, teorie, approcci di ricerca. L’orientamento ai valori, l’empatia, la responsabilità per le conseguenze della loro ricerca non può essere pensata, persino la formazione è possibile soltanto entro un certo limite. Per essere estremi, qualcuno potrebbe dire: “Essere un ricercatore della ricercazione è tanto una questione di personalità e carattere quanto di formazione, conoscenza, essendo capace di usare l’intero campo dei metodi delle scienze sociali.

 

Come la ricercazione riveste un ambito intellettuale, epistemologico e sociale diversamente dal lavoro degli accademici, i concetti di formazione della ricercazione devono essere anch’essi differenti. Apprendere la ricercazione è apprendere piuttosto dall’esperienza e dalla pratica che dai testi. Il ricercatore della ricercazione deve capire sul campo che non deve approcciare i contesti sociali con una riserva di conoscenza generale nel suo zaino, ma con l’apertura mentale di partecipare ai dialoghi e di avere attività congiunte con gli attori sociali, con domande aperte piuttosto che con risposte prefissate in termini di teoria, conoscenza, ipotesi. Naturalmente, il ricercatore della ricercazione deve essere formato in ogni genere di metodo di ricerca empirica delle scienze sociali, ma deve liberare se stesso dal vedere il mondo soltanto dalla prospettiva dei suoi metodi, teorie ed ipotesi. Al contrario: lui/lei dovrebbe approcciare il campo con l’interesse di imparare, di vedere il mondo con gli occhi dell’ “altro”, di avviare un dialogo con lui/lei e di sviluppare sia la conoscenza della situazione sia teorie contestuali in un processo di azione e riflessione congiunte.

 

 

Come la “cultura della ricercazione” può esser formata e chi deve essere formato?

 

Formare queste competenze ed attitudini non è possibile nel modo accademico tradizionale di insegnare, leggere libri e discutere teorie soltanto all’interno di un contesto accademico. Il processo di formazione della ricercazione deve includere la pratica. Io immagino che gli studenti faranno prima qualche corso di base in sociologia, teoria organizzativa e magari politica regionale per capire le cose essenziali della società e delle organizzazioni, del cambiamento sociale e organizzativo e di economia regionale[3]. Dovrebbe seguire un corso sulle origini (Kurt Lewin) e la storia della ricercazione. È necessario e importante per gli studenti essere consapevoli delle tradizioni della storia della ricercazione, specialmente del suo sviluppo negli ultimi 40 anni. Gli studenti possono imparare qualcosa sugli approcci di base della ricercazione (casi eccellenti versus la creazione di processi di sviluppo regionale e sociale), sui problemi (come la divulgazione oltre al singolo caso) e sui valori (democratizzazione; democrazia dell’industria). È interessante vedere come negli anni 60 e nei primi anni 70 del secolo scorso la ricercazione era limitata alle singole organizzazioni che cercavano di stabilire la democrazia industriale nelle imprese. I risultati erano “casi eccellenti” isolati (Emery e Thorsrud 1975), ma la questione di come divulgare le esperienze al di là della singola organizzazione rimase insoluta. Di conseguenza, la ricercazione allargò la sua prospettiva ai contesti regionali, costruendo gruppi di imprese e istituzioni di ricerca; l’idea era di creare meccanismi capaci di generare sviluppo sostenibile (Gustavsen 2003; 2004, Palshaugen 2002).

 

Una seconda fase di formazione della ricercazione deve prendere posto nella prassi, partecipando ai progetti di ricercazione. Questa è la parte più difficile ed importante parte del processo di formazione. È una sfida per entrambi, formatori e allievi, perché essi devono abbandonare il ben noto contesto tradizionale, sociale ed istituzionale dell’accademia. L’elemento essenziale della ricercazione infatti costituisce una cultura a sé stante. I ricercatori della ricercazione devono

 

-         integrare teoria e prassi in un’azione congiunta con gli attori sociali,

-         sviluppare teorie (contestuali) dall’interno di una situazione sociale,

-         combinare riflessione e azione, che è la difficoltà maggiore, perché riflettere e agire seguono diverse strutture di tempo, si situano in tempi diversi e in spazi/contesti differenti,

-         essere aperti all’apprendimento nella e dalla prassi con gli attori sociali,

-         incontrare l’altro esplorando e rispettando la sua personalità, i suoi valori, interessi,

-         discutere il focus, i metodi e i possibili risultati della ricerca,

-         essere presenti nel processo di ricerca come persona (non solo come esperto, come scienziato),

-         riconoscere che i praticanti sono esperti della loro situazione e dei loro interessi così come gli scienziati, che hanno i loro interessi specifici e sono esperti nei loro campi (è legittimo avere interessi, anche per gli scienziati!),

-         combinare conoscenza generale e locale,

-         cooperare in campi strutturati dal potere e dagli interessi senza essere strumentalizzati, per esempio non abbandonando la propria indipendenza di ricercatore, i propri valori, magari creando spazi pubblici in imprese e regioni[4] e interessi scientifici (riflessione, dialoghi, teorie contestuali).

 

Tutte queste abilità, valori e strategie non possono formarsi all’università, né leggendo testi, né ascoltando i professori né discutendo teorie nei seminari. Tutti questi strumenti di insegnamento e di apprendimento classico dovrebbero essere ancora usati, ma arricchiti da partecipazione guidata in progetti di ricercazione.

 

Inutile dire che le stesse strategie e valori della ricercazione sono validi per gli attori sociali, quando essi vogliono cooperare in progetti di ricercazione. Paragonati a giovani scienziati la loro formazione sarà centrata sull’azione e sulla riflessione congiunta con i ricercatori, e così la loro formazione. Essi non hanno bisogno di imparare i fondamenti scientifici della scienza sociale (metodi, teorie, ecc.). La sfida principale per gli attori sociali è di liberarsi dagli schemi e dagli stereotipi della loro organizzazione (blocco concreto sociale, vedi Kristiansen, Block-Poulsen 2005) per essere capaci di percepire e sviluppare strategie per il cambiamento. In questo, essi sono in una situazione simile come i ricercatori della ricercazione, che devono lasciare la cultura accademica, che è guidata dagli schemi, stereotipi, strutture di potere ed interessi come lo sono le organizzazioni.

 

La guida nei progetti di ricerca è compito dei ricercatori della ricercazione che ne hanno l’esperienza. Essi devono formare gli allievi come fare ricerca in campi strutturati da potere e interesse, affrontare gli attori sociali come persone e come fare la cosa giusta al tempo giusto (kairós) in processi di cambiamento spesso turbolenti e talvolta conflittuali. Molto spesso gli impiegati di un’organizzazione devono essere incoraggiati e formati a sviluppare e ad usare le loro competenze personali[5], che sono molto spesso soppresse da anni da strutture di potere, routines nelle organizzazioni, monotonia e condizioni negative di lavoro di ogni tipo ecc. Per incoraggiare le persone in queste circostanze c’è bisogno di empatia, talvolta coraggio, riflessione intensa al di là dell’impegno del ricercatore nell’azione e nel cambiamento.

 

Per svolgere questi compiti i futuri ricercatori della ricercazione necessitano di esperienza, in quanto risultato di formazione pratica. Oltre a prendere parte a  processi di cambiamento essi devono rispecchiare la loro prassi, il processo di cambiamento, gli attori impegnati, la relazione tra teoria e prassi. Ciò significa un doppio fardello per i ricercatori della ricercazione, che molti scienziati sociali spesso rifiutano di accettare. Se essi fanno così, sia la loro prassi di ricerca, sia la loro riflessione, sia i loro scritti perderanno i necessari standards di qualità. Riflettere e scrivere sulla ricercazione è molto spesso trascurato; ecco perché i formatori della ricercazione devono prestare molta attenzione e riflettere sulle loro esperienze con gli allievi. Azione e riflessione dovrebbero essere complementari nella formazione della ricercazione, includendo e concettualizzando teorie locali, basate sulle esperienze dall’azione.

 

E scrivere[6]      

 

Scrivere è soprattutto un punto nodale nella ricercazione. Ciò è dovuto a diverse ragioni, di cui le due più importanti sono il doppio compito di riflessione e impegno nell’azione e la tradizione accademica di scrivere.

 

A causa di ragioni istituzionali e concettuali, i ricercatori della ricercazione, non solo, ma specialmente i giovani ricercatori, hanno spesso grandi difficoltà nello scrivere di ricercazione. Il punto più importante è la mancanza di tempo e di finanziamenti per la scienza sociale in generale, e specialmente per la ricercazione. I processi di cambiamento da un lato, la riflessione e la scrittura dall’altro, sono caratterizzati da differenti strutture di tempo. Un ricercatore ha poco spazio libero in processi di azione, che seguono logiche proprie e strutture di tempo. Le decisioni devono talvolta essere prese velocemente, i dialoghi hanno bisogno di tempo sebbene finanziamenti e tempo per la ricerca sono di norma limitati, i progetti di ricerca hanno il loro inizio e la loro fine. Si deve riconoscere che è difficile sotto queste restrizioni trovare spazio libero per riflettere e scrivere. Se per ragioni finanziarie un progetto è seguito direttamente dal successivo, c’è troppo poco tempo, spesso non sufficiente per riflettere e scrivere.

 

Inoltre c’è la differenza culturale tra la ricercazione e la tradizione accademica di ricerca. Questa differenza diventa molto evidente, se paragonate i testi accademici e i buoni scritti di ricercazione.

 

Nella ricercazione il ricercatore dovrebbe essere visibile nel suo testo come una persona con i suoi valori, esperienze, interessi, attitudini personali. Scrivere della ricercazione necessita che io esprima un messaggio, mentre gli accademici fingono già nel loro stile, e possono presentare una teoria generale, una verità astratta. Gli accademici preferiscono uno stile non-personale, generale, spesso formule passive come “è stato provato”, “l’ipotesi A è stata confermata/falsificata” ecc. Questo genere di scrittura passiva, non-personale, generale è in origine non un’attitudine personale, ma un’esigenza accademica (dopo ciò entra in un’attitudine personale dovuta alla continua formazione accademica): gli accademici devono generalizzare le loro scoperte, incuranti del loro stile contestuale e personale. Ciò è una conseguenza del concetto positivistico di scienza e dei suoi criteri di convalida: i risultati scientifici devono essere convalidati e attendibili al di là dei contesti individuali e locali[7].

 

Le discussioni scientifiche nella tradizione accademica sono di norma caratterizzate da più o meno aperti conflitti personali e da competizione. Gli scienziati formati accademicamente hanno difficoltà ad ascoltarsi l’un l’altro. Le loro discussioni sono caratterizzate da “sì, ma…” invece di un apprendimento congiunto e di riflessione attraverso il dialogo. Ciò è radicato nel meccanismo delle carriere accademiche: lo scienziato o il ricercatore deve presentare alcune idee, teorie ecc. come se fosse il possessore, deve presentare qualcosa di “nuovo”, sviluppato da lui/lei stesso individualmente se lui/lei vuole essere classificato come dottore o approvato come professore. Sebbene il carattere individuale delle scoperte della ricerca sia una finzione (persino in contesti accademici), è largamente accettato come un importante criterio di accesso alle carriere accademiche.

 

Scrivere della ricercazione non è compatibile per molte ragioni con la tradizione scientifica accademica, e ciò deve quindi essere formato intensivamente. Tutti gli scienziati sono cresciuti nella cultura accademica, che essi accettano o addirittura vi si sottomettono, nell’interesse delle loro carriere accademiche, e c’è bisogno di tempo e di apprendimento con il fare, per scrivere testi appropriati alla ricercazione. In tali testi

 

-         gli autori dovrebbero essere visibili come persone con i loro valori, esperienze ecc. come ho già detto (io esprimo un messaggio),

-         i ricercatori dovrebbero apertamente presentare che cosa hanno imparato dai dialoghi e dalla riflessione congiunta con gli attori sociali nei loro contesti,

-         l’approccio di “verificare” le teorie dovrebbe essere evitato nella pratica.

 

Anzi

 

-         lo sviluppo di teorie locali, contestuali all’azione congiunta, ai dialoghi e alla riflessione, dovrebbe essere dimostrato,

-         dovrebbe essere chiarito come la teoria è stata guidata dalla prassi e viceversa durante il processo di ricercazione,

-         le teorie locali dovrebbero essere presentate con validità limitata nel tempo e nello spazio; una relazione sulla ricerca potrebbe finire con questioni aperte e/o una riflessione sulla relazione tra riflessione teorica ed esperienze pratiche.

 

È un’abitudine accademica cominciare una relazione sulla ricerca riferendo su alcune teorie dalla letteratura, prima di relazionare sul processo di ricerca, la situazione locale ecc. Specialmente i giovani autori, persino se essi chiamano se stessi ricercatori della ricercazione, cominciano col presentare citazioni, brani di teorie dalla letteratura, e chiamano ciò la “struttura teorica e concettuale” del loro studio. Con questa procedura, il ricercatore limita la sua prospettiva al campo di punti di vista già creati. Il lettore non ottiene una presentazione autentica dei valori, concetti e metodi del ricercatore; i problemi di cui si tratta nel processo di ricerca non sono presentati come visti dal ricercatore e dagli attori, ma – in modo importante e per quanto è possibile – da autori scientifici e dai loro testi; gli attori sociali non hanno voce; il ricercatore evita di presentare apertamente il processo di apprendimento che lui/lei ha sperimentato durante la ricerca. In casi estremi il lettore riceve l’impressione che non c’era apprendimento nel progetto, che l’autore non rispecchia se stesso, come se avesse preso tutta la sua conoscenza dai testi invece che dall’esperienza, dialoghi, apprendimento individuale e congiunto.

 

Questo stile di scrittura non è compatibile con la ricercazione, ma, poiché la grande maggioranza dei futuri ricercatori della ricercazione è stata istruita dagli accademici nel contesto della cultura accademica, è difficile da imparare. E se la carriera accademica di qualcuno è in pericolo, il possibile apprendimento è bloccato.   

 

 

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Riferimenti bibliografici

 

Bohman, James (2004) “Toward a critical theory of globalization. Democratic practice and multiperspectival inquiry” in Concepts and Transformation, vol. 9 (2), 121-146.

 

Eikeland, Olav (2006) “Phronesis, Aristotle, and Action Research” in International Journal of Action Research, vol. 2 (1), 5-53.

 

Emery Fred, Einar Thorsrud (1975) “Democracy at Work”, Leiden, Martinus Nijhoff.

 

Fricke, Werner (1983) “Participatory Research and the Enhancement of Workers’ innovative qualifications” in Journal of occupational behaviour, vol. 4 (1), 73-87.

 

Fricke Werner, Peter Totterdill (eds.) (2004) “Action Research in Workplace Innovation and Regional Development”, Benjamins, Amsterdam/Philadelphia.

 

Gustavsen, Björn (1992) “Dialogue and Development. Social science for social action: toward organizational renewal”, Assen/Maastricht, Van Gorcum.

 

Gustavsen, Björn (2003) “Action Research and the problem of the single case” in Concepts and Transformation, vol. 8 (1), 93-99.

 

Gustavsen, Björn (2004) “Participation and local organization” in Werner Fricke, Peter Totterdill (eds.) “Action Research in Workplace Innovation and Regional Development”, Benjamins, Amsterdam/Philadelphia.

 

Kristiansen, Marianne, Jörgen Bloch-Poulsen (2005) “Midwifery and Dialogue in Organizations. Emergent, Mutual Involvement in Action Research”, Hampp, München/Mering.

 

Palshaugen, Oyvind (2002) “Discourse democracy at work” in Concepts and Transformation, vol. 7:2, 141-192.

 

Palshaugen, Oyvind (2006) “Dilemmas of Action Research – an Introduction” in International Journal of Action Research, vol. 2 (2), 149-162.

 

 

Nota sull’autore:

Il Prof. Dr. Werner Fricke è editor-in-chief del “Giornale Internazionale di Ricercazione”. Ha trenta anni di esperienza in progetti di ricercazione, sia in contesti organizzativi sia in contesti di sviluppo regionale.

 

Indirizzo:

Prof. Dr. Werner Fricke

Institute for Regional Cooperation

Unter den Eichen 31

D – 29568 Wieren (Germany)

Tel. 0049 – 5825 – 8319080

Email: fricke.irc@t-online.de

 

 

 

 

 


 

[1] Nel testo l’espressione viene tradotta con “ricercazione”.

[2] Nel suo eccellente articolo “Phronesis, Aristotle, and Action Research”, (2006) Eikeland  elabora la fondazione della scienza sociale che mira a generare conoscenza pratica (conoscenza che possa risolvere problemi  pratici) nella filosofia aristotelica, specialmente il suo concetto di “phronesis” (ragionevolezza).

[3] La conoscenza di base in politica regionale e in economia è necessaria per i ricercatori della ricercazione a causa della recente svolta regionale nella ricercazione. Nel 2003/2004 il giornale di ricercazione “Concepts and Transformation”, ora “International Journal of Action Research”, pubblicò una serie di articoli sulle prospettive future di ricercazione, specialmente sui concetti alternativi di ricerca di singoli casi versus la creazione di movimenti sociali e sviluppo regionale per generare un cambiamento sociale generale, persistente e che si incrementa; vedi “Concepts and Transformation” volumi 8 (2003) e 9 (2004).

[4] Vedi Palshaugen 2001; Bohman’s “mini publics” in Concepts and Transformation, vol. 9:3.

[5] Vedi il concetto di qualifiche innovative in Fricke 1983.

[6] Per ulteriori riflessioni sulle difficoltà di scrivere della ricercazione vedi Palshaugen 2006.

[7] Per quanto riguarda questi standards, è sorprendente che la cultura accademica è nondimeno basata sulla competizione tra  singoli ricercatori (così come nelle scuole). Anche se uno scienziato si nasconde dietro le sue teorie, questi è guardato come il possessore delle idee che presenta. Ciò è molto diverso dalla cultura della ricercazione, dove la nuova conoscenza è il prodotto di riflessione congiunta e di dialogo. Nella ricercazione non è così chiaro, chi possiede i risultati individualmente.