Recensione del libro: Vittorio F. Guidano, La psicoterapia tra arte e scienza, a cura di Giovanni Cutolo, FrancoAngeli, Milano 2008, pp. 333, euro 32,00.

 

A cura di Paolo Coluccia

 

«La psicoterapia – afferma Vittorio Guidano all’inizio del volume – non è una scienza. […] La psicoterapia, più che una scienza, è un’arte». Tuttavia – osserva Giovanni Cutolo nella sua Prefazione - «uno degli obiettivi più ambiziosi della psicoterapia […] è quello di divenire scienza», con il fine di «porre il problema di una metodologia che parta dalpunto di vista della persona», la quale, attraverso la relazione, «si costruisce un senso di sé, un ‘significato personale’».

Giovanni Cutolo è responsabile del Servizio di Salute Mentale di Massa Marittima-Follonica e del Centro Disturbi Alimentari di Grosseto. Psichiatra e psicoterapeuta, è stato allievo e collaboratore di Vittorio Guidano (1944-1999), uno dei padri fondatori del cognitivismo post-razionalista, la cui attività teorica è stata sempre accompagnata da un’intensa attività terapeutica e formativa, sia in Italia sia all’estero (ricordiamo, in particolare, quella svolta all’Istituto di Terapia Cognitiva [www.inteco.cl] di Santiago del Cile, attualmente diretto da un suo allievo, Alfredo Ruiz, che ne continua il pensiero. Laureato in medicina e chirurgia nel 1969, si specializza in psichiatria nel 1972 ed inizia un intenso lavoro di ricerca clinica e teorica. Soprattutto negli anni Ottanta il lavoro creativo di Guidano è molto intenso. Verso la metà di questi anni, egli entra in contatto con Humberto Maturana e Francisco Varela (il primo, scienziato cileno, famoso per aver delineato la teoria dell’autopoiesi; il secondo, neurobiologo scomparso prematuramente nel 2001, ha condotto ricerche neuro-fenomenologiche sugli stati di coscienza)[1] e matura in lui il passaggio dal cognitivismo classico ‘razionalista’ «ad un modello in cui la costruzione auto-referenziale del soggetto della propria esperienza tra il livello del suo accadere ed il livello esplicito acquista un carattere ‘non razionalista’: senza con ciò arrivare ad una deriva irrazionalista o relativistica». Negli anni Novanta, la sua attività s’intensifica e con una specifica formazione di psicoterapeuti pone le basi di «un’interfaccia tra un modello teorico ‘complesso’ come quello post-razionalista ed una raffinata pratica di revisione psicopatologica (di cui è in parte testimonianza il presente libro)». Numerosi gli allievi formati, tanti i seminari, i convegni e gli incontri in Italia e all’estero a cui Guidano partecipa. Nel 1998 fonda a Roma l’IPRA (Istituto di psicologia e psicopatologia cognitiva post-razionalista). L’improvvisa morte nel 1999 a 55 anni interrompe il periodo che Guidano stava dedicando al consolidamento e all’evoluzione del suo modello, che si era ormai affermato sia sul piano teorico sia su quello clinico.

Come si dice nel sottotitolo, Vittorio Guidano insegna ‘come si fa’ la psicoterapia cognitiva post-razionalista. Questo è un fatto importante, osserva nella Presentazione Mario Reda (suo amico e collega), ed ancor più importante è che egli lo faccia secondo il modo in cui gli artigiani insegnano il loro mestiere, cioè ‘andando a bottega’.

Nasce così il training, la cui particolarità sta nel lavorare sulmateriale personale’, dove ogni trainee riferisce su un suo ‘repertorio’. «Ricordo – dice Reda – che Vittorio si ‘esponeva’ per primo. Era cioè lui a farsi interrogare sui suoi repertori e io come co-trainer gli facevo da terapeuta». Poi, a turno, ogni trainee diventava ilpaziente’, il terapeuta, il didatta. La verifica finale si basava su un colloquio da cui scaturivano i cambiamenti personali ricevuti.

Il modello cognitivista post-razionalista è sempre ‘in progress’ ed è caratterizzato «da un crescente interesse sull’analisi personale». In questo modo, si evidenzia una psicoterapia progettuale che ha come obiettivo «una graduale acquisizione di consapevolezza, che stimola ‘la curiosità’ come interfaccia tra le emozioni [e] i significati personali con cui gli stati emotivi si regolano» e che considera poi le «relazioni più significative per ripercorrere infine la propria storia di sviluppo». Si privilegia, pertanto, la relazione terapeutica, per comprendere e perturbare il paziente, più che per persuaderlo pedagogicamente al cambiamento (cognitivismo razionalista classico). In questo modo la psicoterapia cognitiva post-razionalista «diventa molto più coinvolgente per un terapeuta che si sposta dal ruolo di ‘osservatore’ a quello di ‘osservato’». Così diventa un «perturbatore strategicamente orientato» che facilita il cambiamento. Perciò, «imparare l’ ‘arte’ è imparare ad essere nella relazione».

Il libro è il risultato della trascrizione fedele di alcune lezioni che Vittorio Guidano ha svolto nel corso di training di formazione di psicoterapia cognitiva post-razionalista verso la fine degli anni Ottanta, «anni cruciali» per la nascita di questo modello epistemologico, rappresentato poi nei suoi scritti teorici La complessità di sé (1988) e Il sé nel suo divenire (1992). Siamo di fronte ad un volume che raccoglie «scritti parlati», ovvero a come «fare e raccontare psicoterapia dal vivo». I testi raccolti sono l’eco di quella voce – osserva Cutolo – che non c’è più, che rendono comunque la sua straordinaria capacità di narratore, sempre coerente con il filo logico-teorico dei suoi scritti.

Il libro può essere considerato «un manuale pratico di psicoterapia», che – dice Cutolo – può sottostare a diversi livelli di lettura: 1) tentativo di esporre i principi della psicoterapia là dove essi si costruiscono, nella ‘bottega dell’artigiano’; 2) modalità di conduzione di un training di formazione e addestramento alla psicoterapia; 3) rappresentazione ‘dal vivo’ delle idee che hanno generato gli aspetti centrali del cognitivismo ‘sistemico-processuale’, ‘guardando dalla porta socchiusa’ l’attività dell’artigiano; 4) concezione etologica ed antropologica che sta alla base di tutta la teoria e la pratica dell’intervento psicoterapeutico di Guidano; 5) possibilità di ritrovare in questo scritto l’essere umano Vittorio Guidano: il suo calore, le sue battute, la sua ironia, il suo acume, la sua onestà «nel riconoscere i limiti cui poteva arrivare la sua speculazione».

Queste lezioni furono tenute al Centro di psicoterapia cognitiva di Roma ad un gruppo composto dal co-trainer e da dodici allievi, tra cui il curatore del libro, gruppo che rimase compatto per ben quattro anni. Oltre ai Ringraziamenti, alla Presentazione e alla Prefazione, consta di tre parti. La Prima parte raccoglie lezioni del training in psicoterapia del periodo settembre/dicembre 1986; la Seconda parte riporta il processo temporale di una psicoterapia post-razionalista, nella quale Guidano dà esempi concreti di come si passa da una fase all’altra e mostra la logica di un metodo sequenziale che, partendo da temi attuali della vita, risale ai temi infantili e da qui altema di vita della persona’; infine, nella Terza parte sono sviluppate e approfondite le tematiche su due repertori principali, aggressività e storia affettiva e ricostruzione della storia di sviluppo, che rispettivamente rappresentano la seconda e la terza fase della psicoterapia.

«Come per tutte le arti quello che c’è da imparare è [il] mestiere». Per questo, dice Guidano, dobbiamo ‘lavorare su di noi’, per organizzare il nostro ‘materiale personale’, secondo la seguente metodologia: ricostruire il contesto; imparare a porre le domande perché siano significative; cogliere i principi di relazione; raccogliere i dati; formulare una trategia terapeutica che produca cambiamento. Sostanziale la differenza tra l’approccio razionalista classico, basato sulla persuasione (psicoterapeuta pedagogo) e l’approccio non razionalista, fondato sulla comprensione, volto ad aumentare i margini di consapevolezza e di coscienza di sé del paziente (psicoterapeuta perturbatore maieutico). «La razionalità, – dice Guidano – invece che come realtà assoluta e un’entità universale, va vista sempre come qualcosa di interattivo e di relativo, non dal punto di vista dell’osservatore: dovrebbe essere giudicata relativamente all’organismo di appartenenza». Inoltre, «la razionalità non riguarda mai una cosa in sé, ma ci dice se un’azione, un pensiero, uno schema emotivo sono o no razionali in riferimento all’organismo che li impiega, alla sue necessità, non in riferimento a un osservatore che li giudica rispetto a punti di vista e a parametri suoi. Per un terapista è difficile fare questo, perché significa mettersi sempre in discussione; significa che non c’è nessuna verità decodificata già a priori». Pertanto, la psicoterapia è relazione, analisi, strategia terapeutica. Tre settori, questi, sempre collegati (che si distingue per comodità di descrizione) ed interconnessi, ma anche spesso simultanei e sovrapponibili.

Il ruolo della relazione nel processo terapeutico è molto importante, ma anche difficile da gestire adeguatamente. È il paradosso della psicoterapia, che si evidenzia nel processo comune (aspetti emotivi della relazione interpersonale fra paziente e terapista, nel fatto che il contenuto non conta (se non per il terapista), che al paziente occorre un canale diretto o comunicativo (che proviene dalle emozioni) e che, instaurata una sintonia, si può riorganizzare i contenuti. «Ecco perché – dice Guidano – i cambiamenti che vediamo in psicoterapia avvengono anche nel contesto di una relazione di amicizia, in cui c’è un vettore, una situazione emotiva che consente un canale di comunicazione tra i due». Solo attraverso una relazione emotiva si può perturbare il sistema. Se il sistema è chiuso, non può ricevere informazioni dall’esterno. «Dall’esterno può ricevere solo una perturbazione, ed è questa che lo aiuta a riorganizzarsi». E la perturbazione diventa significativa solo in un rapporto emotivo. Tecnicamente, il terapista perturba il paziente, ma «quello che conta è la possibilità di stabilire una sintonia, senza la quale è impossibile perturbare il sistema». A differenza della stratezia razionalista, il terapista non razionalista sa che non deve essere ‘direttivo’ nei confronti del paziente, perché la direzionalità da seguire è quella che appartiene all’organizzazione del paziente. «Va limitato moltissimo l’aspetto del terapista come consigliere, non è compito nostro dirgli cosa fare, consigliargli il divorzio o no. Anche se lui ce lo chiede. Tu non decidi la vita, gli insegni a lavorare. Sono frequentissimi i terapisti cognitivisti che danno al marito istruzioni tipo separarsi, farsi un amante, fare un figlio… Con un terapista non razionalista, il paziente si riorganizza sempre sul suo materiale».

In chiusura al volume una breve biografia di Vittorio Guidano (sarebbe potuta essere più corposa, come pure la stessa Prefazione) ed una sua ricca bibliografia, con in coda alcune sue pubblicazioni su Internet.

 

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[1] Cfr. di Maturana H – Varela F., L’albero della conoscenza, Garzanti, Milano 1999.