Stralcio di una conferenza in Canada agli inizi degli anni ’70

sul tema della descolarizzazione della società

di Ivan Illich

 

L’utopista giacobino e il distopista borbone condividono l’oppio dell’insegnante scolastico, cercano nuovi strumenti per svolgere la vecchia professione, rivendicano una competenza speciale ad educare i consumatori di una società che gli sviluppi tecnologici renderanno inevitabilmente,opaca complessa e impersonale. Ora, il mio ideale è l’esatto opposto di ciò che essi propongono, sia i borboni che i giacobini, i giacobini che vogliono trasformare il mondo in un’aula scolastica e i borboni che dicono che le scuole in fondo possono funzionare solo per le élites.

Confido – e questo è il punto – l’assioma dal quale parto e sul quale non sono disposto neanche a discutere. Confido che gli uomini usino costantemente i loro cuori e i loro cervelli. Voglio vivere in una società trasparente nella quale ogni momento della vita è una partecipazione sorprendente e significativa all’educazione reciproca e voglio vivere nell’educazione reciproca fino al momento e nel momento della mia morte. Io vedo la perfezione umana nell’eliminazione progressiva dell’intermediario istituzionale tra l’uomo e la verità che vuole imparare. Le scuole ora sostengono le pretese che danno ai professionisti il potere di plastificare le persone per prescrivere i valori che le persone devono avere, per imporre qui valori e per fare ricorso alla scienza, una scienza che solo essi conoscono chiamata pedagogia, la quale legittima l’intera procedura, la realtà a cui essi obbediscono.

La descolarizzazione della società trasformerebbe la concezione della professione dell’insegnamento del pedagogo e contemporaneamente di qualsiasi altra professione. Il primo potere del professionista, specificamente il potere di definire i bisogni delle persone, trova la sua espressione nel sistema di classe prodotto dalla scuola. Le nostre subculture dell’infanzia, della gioventù o dell’analfabetismo, sono prodotti dell’esistenza degli insegnanti. Senza gli insegnanti non avremmo gioventù o qualsiasi subcultura infantile non è mai esistita in tutta la storia. Allo stesso modo, l’insegnante produce il fallito, il sottosviluppato e ugualmente l’insegnante produce la subcultura del professionista come lo conosciamo oggi.

Il secondo potere, la competenza professionale di dichiarare di speciale valore la conoscenza quando essa è stata acquisita a scuola, procura l’istituzionalizzazione non solo del valore della conoscenza, ma di qualsiasi altro valore. Una volta che ho accettato che il mio proprio apprendimento è il risultato di un insegnamento accetto quasi qualsiasi altro valore come dipendente da fatto di essere cliente di una istituzione specializzata. E infine, l’insegnante esercita l’autorità suprema del professionista perché l’autorità personale dell’insegnante nell’aula è suprema. Egli combina lì lo stile del poliziotto, del moralista e del terapeuta. L’uomo che ti dice che cosa non puoi fare altrimenti sarai espulso, che cosa non puoi fare perché altrimenti sei cattivo e che cosa non puoi fare altrimenti ti sentiresti frustrato.

La legittimità dell’insegnante scolastico è minata quando il bisogno di una subcultura della gioventù o il valore del programma di studi scolastico vengono seriamente messi in questione. Oltre a questo ripeterò semplicemente l’intero argomento. Le scuole ora servono come un rituale onnicomprensivo che rende le contraddizioni fondamentali della società moderna tollerabili. Un uomo che va a scuola sente che sta competendo per l’uguaglianza. È un’idea molto strana essere obbligati a competere per l’uguaglianza, ma la nostra società dipende da questo. Il mito dice che possono tutti diventare uguali e la struttura sociale dice che colui che consuma di più fa più bene sociale perché aumenta il flusso di risorse. Impariamo a definire in termini di beni e servizi ciò che grandi istituzioni come la scuola possono produrre, così gli uomini imparano a definire il proprio valore in termini di capacità di consumare e degradare questi prodotti. Un consumatore è qualcuno che può degradare valori istituzionali. Con il sistema scolastico siamo dunque arrivati ad un tipo di idolatria totalmente nuovo. Il vecchio moloch biblico mangiava i tuoi figli. Tu prendevi i tuoi figli e li mettevi nel forno dello stomaco del dio. Noi costruiamo i nostri propri dei che producono valori, beni o servizi. E il bravo consumatore può degradare questi valori. Il valore dell’uomo è misurato dalla sua capacità di consumare.

Che cosa intendo per descolarizzazione della società? Intendo fondamentalmente un processo mentale, una rivoluzione culturale nelle nostre teste, la convinzione dell’evidenza. Ogni bambino, fino a pochissimo tempo fa, sapeva che si va a scuola per molte ragioni, principalmente perché ci si deve andare, non perché si stà imparando qualcosa dal proprio insegnante. La prova migliore di ciò è che se chiunque di voi qui avesse un figlio, una bambina che torna a casa settimana dopo settimana raccontando che l’insegnante fantastica, ha e quanto impara da lei, voi la portereste da uno psichiatra perché vi ricordereste che questa bambina agisce in un modo diverso dal modo in cui reagivate voi quando avevate la sua età.

Il primo passo verso una descolarizzazione della società è la condizione che l’apprendimento, non il risultato di un processo istituzionale di insegnamento e dalla parte dell’insegnante che l’apprendimento delle persone, non dipende dalla sua capacità di confezionare il programma di studi in un modo specifico, cioè l’inversione della scuola è principalmente il processo di allontanamento dell’idea che l’apprendimento possa mai essere reso obbligatorio e quindi un tentativo di fornire istituzioni che aumentino la capacità di contatto, il suo ambiente.

 

Brano tratto dalla trasmissione radiofonica di Radio Popolare “In ricordo di Ivan Illich”, in onda alle ore 21,00 di martedì 2 dicembre 2003, anniversario della morte di Ivan Illich.

 Trascrizione a cura di Paolo Coluccia.