Il Diario d'Itineranza di René Barbier

Trad. it. di Giusi Lumare

 

E' una tecnica di ricerca che ho messo a punto per permettere ai membri attivi in una ricerca-azione esistenziale di seguire il proprio percorso nel lavoro collettivo che va dalla pratica alla teoria, e viceversa, e di realizzare meglio, così, l'obiettivo prefissato.

Si tratta di uno strumento d'investigazione su sé stessi in relazione al gruppo, che mette in atto il triplice ascolto/parola clinico, filosofico e poetico dell'Approccio Trasversale .[13]. E' un diario di strada nel quale ognuno annota i sentimenti, i pensieri, le riflessioni profonde, le poesie, le considerazioni che sorgono rispetto ad una teoria, o ad una conversazione, ciò che egli costruisce per dare senso alla propria vita.

Il Diario d'Itineranza è uno strumento metodologico specifico. In quanto tale si distingue da ogni altra forma di diario.

Parla dell' "itineranza" di un soggetto (individuo, gruppo o comunità). Ricordiamo che nell'itineranza di una vita ritroviamo una moltitudine d'itinerari contraddittori. L'itineranza rappresenta il percorso strutturale di un'esistenza concreta così come si svolge, poco a poco, in maniera sempre incompiuta, nell'intreccio dei diversi itinerari percorsi da una persona o di un gruppo. Esso prende in prestito dal diario intimo il suo carattere relativamente unico e privato. Al Diario d'Itineranza si consegnano i pensieri, i sentimenti, i desideri, i sogni molto intimi. Non si esita a mettere in causa persone o avvenimenti che non sempre si ha voglia di rendere manifesti.

Nella maggior parte dei casi, nel diario intimo le persone o le situazioni in questione non sono realmente analizzate, in quanto esso resta chiuso in un cassetto piuttosto che essere pubblicato.

Il Diario d'Itineranza può essere paragonato al Diario di Strada dell'etnologo. Tutto accade come se lo scrittore trasversalista percorresse la propria vita e quella altrui con lo stesso spirito di coinvolgimento e di curiosità euristica del ricercatore antropologo, che visita una società primitiva in via di estinzione.

I Diari di Strada di alcuni etnologi sono dei veri capolavori letterari. Gide, di ritorno dal Ciad ce ne ha regalato un assaggio, così come Michel Leiris nella sua "Africa fantasma" (1934). L'etnologo non si accontenta qui di descrivere ed analizzare il materiale etnografico, egli mette in evidenza allo stesso modo le relazioni complesse con l'équipe di ricerca e i rapporti con i soggetti osservati. Come René Lourau ha sottolineato, l'oggettività si afferma con l'uso parossistico della soggettività e il riconoscimento scientifico della testimonianza. Michel Leiris opera ciò che Lourau chiama "una messa in abisso", cioè una retro-azione dello scrittore su sé stesso e la sua messa a fuoco.

Il Diario d'Itineranza è molto vicino al Diario Istituzionale sulla linea adottata da Remi Hess. Il legame tra il Diario d'Itineranza e il Diario Istituzionale proviene dalla dimensione del concetto di trasversalità che è al cuore dei due strumenti di ricerca .Ogni individuo, in quanto "socius" è legato agli altri da tutta una rete di appartenenze e di riferimenti estremamente complessi, più o meno coscienti. Questa rete costituisce la sua trasversalità che il Diario Istituzionale chiarisce nella sua componente principalmente economico-funzionale. Per contro mi sembra che nel Diario Istituzionale sia un po' trascurata la componente più immaginaria, che per lo meno è recuperata nella sua struttura sociologica. Senza voler negare quest'aspetto, il Diario d'Itineranza dà massimo risalto alla funzione poetica, quella funzione creatrice dell'immaginario legato alla trasversalità.

Il Diario d'Itineranza si può paragonare ad un Diario di Ricerca (cfr. R.Lourau), esso stesso, tra l'altro, affiliato al Diario di Strada etnologico. Il Diario di Ricerca è tenuto dagli studenti apprendisti-ricercatori nel corso della loro tesi di dottorato. Esso permette loro di capire meglio la stratificazione della ricerca potendo collocarne gli elementi nella loro quotidianità.

Ci sono tre momenti da distinguere nel Diario d'Itineranza :

la brutta copia

E' costituita da tutte le annotazioni, dagli schizzi, dalle poesie, da parti teoriche, da riferimenti affettivi, presi giorno dopo giorno alla rinfusa. Essa è destinata solo all'autore stesso e non ad altri.

il diario elaborato

E' questo il momento della costruzione intellettuale a partire dalla brutta copia. Il soggetto affronta una tematica per lui importante, ma che può ugualmente coinvolgere anche gli altri membri del gruppo in ricerca-azione. L'elaborazione intellettuale è amplificata dai vari riferimenti tratti dalle diverse letture, dalle esperienze significative. E' una sorta di teorizzazione della pratica.

il diario commentato

E' il momento dell'alterità, del rischio del confronto. Una parte di diario viene letta dal gruppo (ricercatore collettivo) e ciascuno può apportare dei commenti in funzione della finalità della ricerca comune. L'insieme di questi commentarii sono integrati a spirale nella brutta copia.

Il processo continua finchè continua la ricerca-azione

Dal sito internet: http://www.barbier-rd.nom.fr/journal/article.php3?id_article=665 

 

Testo originale.

 

Le journal d'itinérance

par René Barbier

C'est une technique de recherche que j'ai mise au point pour permettre aux membres actifs d'une recherche-action existentielle de suivre leur processus de travail collectif qui va de la pratique à la théorie, en boucle, et de mieux réaliser, ainsi, l'objectif à atteindre.

Il s'agit d'un instrument d'investigation sur soi-même en relation avec le groupe qui met en oeuvre la triple écoute/parole clinique, philosophique et poétique de l'Approche Transversale . Carnet de route dans lequel chacun note ce qu'il sent, ce qu'il pense, ce qu'il médite, ce qu'il poétise, ce qu'il retient d'une théorie, d'une conversation, ce qu'il construit pour donner du sens à sa vie.

Le journal d'itinérance est un instrument méthodologique spécifique. En tant que tel, il se distingue de toute autre forme de journal.

Il parle d'une "itinérance" d'un sujet (individu, groupe ou communauté). Rappelons que dans l'itinérance d'une vie, nous trouvons une multitude d'itinéraires contradictoires. L'itinérance représente le parcours structural d'une existence concrète tel qu'il se dégage, peu à peu, et d'une manière inachevée, dans l'enchevêtrement des divers itinéraires cheminés par une personne ou un groupe. Il emprunte au journal intime son caractère relativement singulier et privé. On consigne des pensées, des sentiments, des désirs, des rêves très intimes dans un journal d'itinérance. On n'hésite pas à mettre en cause des personnes ou des événements que d'aucuns n'ont pas envie de voir apparaître au grand jour. Mais, le plus souvent, dans un journal intime, les personnes ou les situations concernées ne sont jamais réellement exposées parce que le journal intime reste dans les tiroirs de l'écrivain et n'est pas publié.

Le journal d'itinérance peut également se comparer au carnet de route de l'ethnologue. Tout se passe comme si l'écrivain transversaliste parcourait sa vie et la vie d'autrui avec le même esprit d'implication et de curiosité heuristique que le chercheur en anthropologie visitant une société primitive en voie de disparition.

Certains carnets de route d'ethnologues sont des véritables chefs-d'oeuvre littéraires. Gide, de retour du Tchad, nous en a donné un avant-goût, continué par Michel Leiris dans son "Afrique fantôme" (1934) . L'ethnologue ne se contente pas ici de décrire et d'analyser le matériel ethnographique, il met en relief également les relations complexes avec l'équipe de recherche et les rapports avec les observés. Comme l'a fait remarquer René Lourau, l'objectivité s'affirme alors dans l'usage paroxystique de la subjectivité et la reconnaissance scientifique du témoignage. Michel Leiris opère, ce que Lourau nomme "une mise en abyme", c'est-à-dire une rétro-action de l'écrivain sur lui-même et à une mise dans le tableau.

Le journal d'itinérance emprunte tout aussi sûrement au journal institutionnel dans la ligne de Rémi Hess. Le rapprochement du journal d'itinérance avec le journal institutionnel provient d'une des dimensions du concept de transversalité qui est au coeur des deux instruments de recherche. Chaque individu, en tant que "socius", est relié aux autres par tout un réseau d'appartenances et de références extrêmement complexe et souvent plus ou moins conscient. Ce réseau constitue sa transversalité que le journal institutionnel éclaire dans sa composante principalement économico-fonctionnelle. Il me semble, par contre, que sa composante plus imaginaire est laissée un peu de côté dans le journal institutionnel, ou repérée seulement dans sa structure sociologique. Sans nier cet aspect, le journal d'itinérance fait la part plus belle à la fonction poétique, proprement créatrice, de l'imaginaire lié à la transversalité.

Le journal d'itinérance peut également se comparer à un journal de recherche (cf. R. Lourau) lui-même d'ailleurs affilié au carnet de route ethnologique. Le journal de recherche est tenu par les étudiants apprentis-chercheurs pendant le cours de leur thèse de troisième cycle. Il leur permet de mieux comprendre l' "échafaudage" de leur recherche en situant les éléments dans leur quotidienneté.

Trois moments sont à distinguer dans le journal d'itinérance :


le journal brouillon

Il se compose de toutes sortes de notations, de dessins, de poèmes, de parties théoriques, de références affectives, pris au jour le jour, en vrac. Il est destiné au sujet lui-même et non aux autres.


le journal élaboré

C'est le moment de la construction intellectuelle, à partir du journal brouillon. Le sujet écrit à partir d'une thématique qui lui parle mais qui peut parler également aux membres du groupe en recherche-action. L'élaboration intellectuelle s'amplifie de références issues de lectures diverses, d'expériences significatives. C'est une sorte de théorisation de la pratique.


le journal commenté

C'est le moment de l'altérité, du risque de la confrontation. La partie précédente est donnée à lire aux membres du groupe (le chercheur collectif) et chacun peut faire un commentaire en fonction de la finalité de la recherche commune. L'ensemble de ces commentaires sont réintégrés en spirale, dans le journal brouillon.

Le processus continue tant que continue la recherche-action.

http://www.barbier-rd.nom.fr/journal/article.php3?id_article=647