L’amore come dominio emozionale umano.

La visione post-razionalista di Vittorio Guidano

 

Conferenza di Alfredo Ruiz

Istituto di Terapia Cognitiva di Santiago del Cile

(Documento INTECO – www.inteco.cl)

 

Traduzione italiana dalla lingua spagnola di Paolo Coluccia

http://digilander.libero.it/paolocoluccia

 

Edizioni Lilliput-on-line

Aprile 2004

 

Conferenza tenuta in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto di Terapia Cognitiva di Santiago del Cile, 2 maggio 2002.

 

Perché questa conferenza

Desidero approfittare di questa esposizione per farvi una breve rassegna storica riguardo al modo in cui questa conferenza è nata. Comincio dicendovi che la prematura ed imprevista scomparsa di Vittorio Guidano ha significato per me non solo la perdita irreparabile di un amico straordinario, ma anche il blocco di una serie di progetti che avevamo elaborato insieme.

Uno dei progetti che mi propose fu quello di scrivere un saggio sull’amore nella rivista di pubblicazioni occasionali dell’INTECO. L’occasione si presentò in una notte di dicembre del 1997, quando andammo a cenare insieme in un ristorante di Santiago. In quella occasione ragionammo sul tema dell’amore. Vittorio mi propose allora la pubblicazione di alcune idee riguardo all’amore nel modo in cui stava riflettendo, idee che aveva cominciato già in determinate circostanze, specialmente durante il seminario che aveva realizzato lo stesso anno a Buenos Aires e a Santiago; ma anche in alcune conversazioni e comunicazioni personali, e successivamente nel corso di ciò che offrì nell’INTECO – che oltretutto integrò in questo studio – una settimana prima di morire.

Guardando dietro, capisco che la sua proposta è stata un’occasione storica che abbiamo avuto, per il fatto che Guidano abbia enunciato e formalizzato per una pubblicazione la sua teoria dell’amore. Ma ciò non è stato possibile; la concretizzazione della sua teoria impressa dal suo stile personale è stata per sempre troncata. Di conseguenza, in questa conferenza, il titolo scelto fa riferimento alla visione dell’amore in Vittorio Guidano e non alla sua articolata teoria dell’amore.

Un’altra importante ragione per riprendere il progetto è data nel quadro dell’articolazione dell’analisi conoscitiva post-razionalista; la pubblicazione di questo articolo sarà, dunque, un buon inizio per ricominciare uno sviluppo sistematico del modello, naturalmente dal punto in cui l’ha lasciato Vittorio Guidano. Quanto al resto, è stato lo stesso autore che mi ha aperto uno spazio di partecipazione a questo sviluppo (approfitto per attestare la generosità e le qualità umane di Vittorio), perché mi sono sempre sentito stimolato e approvato da lui in ogni mio lavoro sul post-razionalismo; lavorerò continuando sul suo modello come se fosse mio, poiché credo che questo desidererebbe Vittorio. Ho deciso, quindi, che lo sviluppo del post-razionalismo sarà il mio progetto di ricerca scientifica futura.

 

Obiettivi principali

Senza dubbio, ci sono stati autori che si sono occupati del tema dell’amore da un punto di vista scientifico, dei quali alcuni hanno comunicato formalmente le loro teorie sull’amore. Inoltre, queste impostazioni mi sono sempre sembrate limitative per due ragioni fondamentali: la prima è che non sono esplicative e la seconda è che come teorie scientifiche dell’amore sono confutabili. A me sembra, al contrario, che la visione teorica dell’amore in Guidano è la più esplicativa e la più esaustiva rispetto a quelle di cui disponiamo al momento. Allora, se consideriamo che tutti i disturbi psicopatologici appartengono alla sfera affettiva (come puntualizza Guidano), si comprenderà perché il tema dell’amore è fondamentale nella comprensione dell’esperienza umana e di conseguenza nella psicoterapia. L’obiettivo di questa esposizione e dell’articolo sarà, insomma, quello di far conoscere alla comunità scientifica la visione dell’amore dal punto di vista della visione post-razionalista di V. Guidano. E oltretutto possa essere letto come un abbozzo di teoria, ciò non toglie che in qualunque momento noi, suoi prosecutori, possiamo formalizzarla come una teoria scientifica.

 

Nota introduttiva

Alla luce dell’evidenza che noi riscontriamo tanto nella pratica della psicoterapia quanto con le ricerche in psicopatologia, possiamo dire – come ha sostenuto Guidano – che tutti i disturbi psicopatologici di cui noi psicoterapeuti ci occupiamo sono soprattutto di ordine affettivo e che si possono presentare (e di fatto si presentano) quando il significato personale di un individuo umano può squilibrarsi nel suo ciclo di vita temporale, quando qualcosa nella sua coerenza interna comincia in qualche modo ad entrare in difficoltà nel processo di formare, mantenere o rompere relazioni affettive significative. Inoltre, possiamo però aggiungere, in termini generali, che non ci sono perturbazioni emozionali più intense nella storia personale di un individuo umano come quelle che si attivano e si producono nel corso della formazione, mantenimento e rottura delle relazioni affettive significative (per cui il dolore è il massimo di emozione perturbatrice).

 

Premessa epistemologica evolutiva

Da una prospettiva epistemologica evolutiva, disciplina che si “definisce come lo studio dei processi che rendono possibile la conoscenza e lo studio dei processi che definiscono che tipo di relazione esiste tra la conoscenza e il medium esterno nel quale l’organismo vive”, l’uomo è considerato un primate e che, come tale, abita in una realtà intersoggettiva; questo significa che la sua conoscenza è interattiva; così, la conoscenza che l’individuo ha di sé avviene in relazione alla conoscenza che egli ha degli altri e la conoscenza che ha degli altri, a sua volta, è sempre una conoscenza di se stesso. La intersoggettività ha permesso che sorgesse il mentalismo, dal quale derivano due capacità emergenti nei primati umani: da un lato, quello di attribuire intenzioni, emozioni e stati interni agli altri; dall’altro, la capacità di fingere. Questo è ciò che costituì, secondo Humphrey, più che un “homo sapiens”, un “homo psicologicus”, un animale biologico che vive sintonizzato con gli altri, che cerca di intendere l’altro al fine di manipolarlo e così di aumentare sempre di più il consenso. Il fissare, pertanto, le nostre premesse epistemologiche evolutive in termini di intersoggettività, non solo ci permetterà di focalizzare con precisione l’affettività nella vita degli esseri umani (insieme con l’importanza delle conseguenze che comporta), ma anche ci sarà utile per focalizzare l’affettività o l’emozionalità che va insieme con la condotta di affetto o vincolo affettivo, o l’amore, in definitiva.

 

L’amore come spazio emozionale umano

Guidano ci informa che nella letteratura internazionale ci sono teorie che identificano l’amore con una particolare qualità emozionale o con un particolare sentimento. Nella sua concezione, però, l’amore non è una tonalità emozionale specifica, non è un sentimento o uno stato d’animo specifico; l’amore, egli dice, occorre intenderlo più come lo spazio emozionale dove vivono gli animali intersoggettivi come l’uomo e in uno spazio intersoggettivo quello che conta sempre è il muoversi degli individui in coordinazioni consensuali; in questo spazio la dimensione emozionale è una dimensione che avviene in un continuum accerchiamento-allentamento, o meglio in un continuum affetto-separazione della figura significativa. In questo senso il continuum affetto-separazione o il continuum attachment end separation coincide con lo spazio emozionale umano. Questa è la proposta di Guidano che cercheremo di sviluppare.

Ora, in questa visione di Guidano, l’amore non è diverso dalla conoscenza. La conoscenza, secondo lui, definisce lo spazio umano dove la realtà equivale all’esperienza che è ordinabile; e lo spazio intersoggettivo attachment end separation definisce lo spazio dove la realtà è vissuta, definisce l’esistenza; però i due aspetti in questa visione sono come le due facce della stessa medaglia. Per una maggiore comprensione di ciò, Guidano ci propone la seguente immagine: guardiamo, egli dice, da una parte, l’organismo che è autorganizzante e, dall’altra, questo stesso organismo che s’incontra con il medium; c’è, dunque, un organismo che è autorganizzante e c’è, dall’altro lato, un ordine organizzato. Infatti, l’organismo autorganizzante è presente in due livelli. Un livello, che in inglese si chiama cognizing (atto del conoscere) e l’ordine strutturato per cognizing è quello che in senso ampio possiamo chiamare realtà. La realtà è qui intesa, dunque, come una nostra maniera di percepire, di concepire il mondo; è la conoscenza in generale. L’altro livello è l’emozionare. L’ordine che si produce con l’emozionare, che è parallelo all’ordine della conoscenza, viene ad essere l’amore. Così, in questa concezione, l’amore è l’ordine organizzato della sfera emozionale umana; allo stesso modo come la realtà, la conoscenza è quell’ordine organizzato del conoscere umano, del cognizing.

Ora, dovrebbe esserci chiaro perché Guidano ci dice che l’amore e la conoscenza sono come due facce della stessa medaglia. Così l’amore è come la conoscenza, giacché è l’ordine prodotto per la sfera emozionale umana, che avrebbe un posto differente rispetto alla sfera emozionale di altre specie, come i dinosauri, se avessero avuto un seguito nell’evoluzione.

 

L’evoluzione dell’affettività: il sorgere della coscienza

Il mentalismo inizia con l’homo psicologicus (uomo psicologico), di cui abbiamo brevemente parlato. Così Guidano ci invita a sviluppare qui un tema centrale, con base nell’epistemologia evolutiva, che è l’evoluzione dell’affettività nell’uomo psicologico. Vedremo con Guidano le ripercussioni affettive, il modo in cui si è andato evolvendo l’affettività con l’emergere del mentalismo.

Come prima ripercussione, dice il nostro autore, abbiamo la formazione della coscienza.  Riportiamo le sue parole: “Quando pensiamo soltanto in termini razionalisti riguardo all’origine della coscienza, questa appare come un dono degli dei, come una specie di strumento divino che illumina ogni cosa. Senza dubbio, la coscienza sorge come la capacità di reazione nella realtà ad un altro livello, poi se la vediamo dal punto di vista di come l’hanno sperimentata gli animali che cominciano a vivere questa coordinazione consensuale reciproca in ogni momento della propria vita, la coscienza allora sorge, storicamente, come una coscienza di separazione”. Ancor più, Guidano ci dice che l’inizio della coscienza moderna, la coscienza umana – così come è chiamata – prende inizio intorno al tempo dell’invenzione dell’agricoltura, quando cominciano ad avvenire mutamenti molto grandi nella comunità umana. Prima di quell’epoca, gli uomini vivevano come tutti gli altri animali, e come tali si muovevano continuamente sulla terra in cerca di cibo. Non erano, pertanto, diversi dagli altri mammiferi. Con l’agricoltura comincia un’altra percezione della realtà: l’agricoltore si stabilizza in un luogo determinato e, soprattutto, ha una relazione con la realtà molto più distaccata, dapprima come “essere parte” della natura passa ad “essere spettatore” di essa, quindi può anticipare la natura. Quando gli uomini erano cacciatori e raccoglitori, la realtà era vissuta prevalentemente nell’immediatezza, così come qualsiasi altro animale, praticamente non c’era possibilità di vivere altrimenti. L’agricoltore, in cambio, vive con la coscienza che l’immediatezza è solo un aspetto della realtà, il suo lavoro è orientato verso un risultato che avverrà dopo sei, sette o otto mesi e questo gli dà un atteggiamento, verso la realtà, completamente diverso da quello del resto degli animali.

Per Guidano, questa capacità di agire con efficacia sulla realtà avviene nella sfera affettiva, nell’esistenza, mediante la coscienza di separazione, cioè di essere differente da quella realtà, dall’altro. Questa coscienza di separazione, di essere cioè distinto dall’altro, sicuramente incrementò la necessità di una maggiore coordinazione intersoggettiva. Incrementò, in altre parole, la necessità di un maggiore supporto emozionale, di una maggiore consistenza affettiva – vale a dire – con il fine di rendere tollerabile questa coscienza di separazione. A questa coscienza di separazione, pertanto, non era estranea una forma di separazione, poiché uno può essere separato e sentirsi distinto dalla natura, però l’individuo può sentirsi unito al suo gruppo e nel suo gruppo i legami tendono ad essere anche molto forti. Questo sarebbe, secondo Guidano, un aspetto della coscienza, in quanto coscienza di separazione.

 

La coscienza come coscienza di sé

Per Guidano c’è anche un altro aspetto importante, che viene ad essere il momento in cui si stabilliza ancor più il senso di se stesso. Probabilmente, egli osserva, anche questo avvenne con il sorgere dell’agricoltura, nel cui periodo s’incrementò il pensiero autoriflessivo, autoreferenziale; così emerse questa qualità della coscienza come coscienza di se stesso; e allo stesso tempo questa qualità della coscienza diventa capacità di agire efficacemente su se stesso. Però, nella misura in cui si ha coscienza di essere coscienti questo comporta anche un’esperienza di separazione, di divisione. Perciò, ogni momento io sono spettatore della mia esperienza (visto che mi situo come un individuo osservabile) e non soltanto come uno spettatore della natura; ancor più, essere spettatore della mia esistenza provoca in me un senso di divisione, di solitudine esistenziale.

 

La rivoluzione sessuale

Fin qui abbiamo presentato, seguendo Guidano, le condizioni che in termini evolutivi hanno spinto in questa direzione dell’affettività. Però, l’affettività, che a sua volta è sensoriale, si è andata facendo ogni volta più complessa, per rispondere a questa necessità che il sorgere di questa nuova forma del conoscere, che è la coscienza di se stesso, porta con sé.

A questo punto Guidano ci invita a prestare attenzione ad un altro fenomeno evolutivo e sull’effetto nell’affettività umana. La specie umana – ci dice – è l’unica specie che fino ad ora ha portato le femmine a passare da una situazione estrale, condivisa da tutti gli animali, inclusi i primati, alla situazione mestruale. In tutto il mondo animale, inclusi i primati, le femmine hanno l’estro, che avviene generalmente due volte l’anno, per quindici-venti giorni ogni volta; la femmina dello scimpanzé dunque è recettiva sessualmente in certi periodi, in sessanta-settanta giorni l’anno, dopo non c’è più alcun contatto sessuale. La femmina umana, invece, con la mestruazione arriva arriva ad essere recettiva trecentosessantacinque giorni l’anno; di conseguenza, il fatto che sia recettiva sessualmente tutti i giorni dell’anno non ha niente a che vedere con la riproduzione. Questo fatto ci indica che per la prima volta negli esseri umani appare una separazione tra attività sessuale ed attività riproduttiva. Fin dall’inizio nel mondo animale l’identità tra sessualità e riproduzione è molto forte e in un’alta percentuale l’identità è totale, non appare distinzione tra sessualità e riproduzione. In animali più evoluti, come lo scimpanzé, vediamo che la sessualità è anche fortemente legata alla riproduttività e se c’è qualche distinzione questa è molto lieve. Guidano riformula questo fenomeno spiegando che negli esseri umani la sessualità si è separata dall’attività riproduttiva, segnalando che la funzione della sessualità è sempre quella di mantenere le relazioni affettive, che la funzione è sempre quella di conservare i vincoli affettivi; e aggiunge che probabilmente questa è la grande rivoluzione cognitiva. La cosa significativa, per Guidano, in questo contesto è che tutto il mentalismo e lo stesso uomo nella sua totalità – in quanto uomo psicologico che emerse con il mentalismo – è stato possibile in base a due rivoluzioni: una rivoluzione cognitiva ed una rivoluzione affettiva, che marciano parallelamente.

Questa evoluzione della sessualità, puntualizza inoltre l’autore, comincia ad essere interessante dal punto di vista evolutivo. Per esempio, lo scimpanzé, per caratteristiche di mentalismo, è più vicino a noi; sebbene questo primate abbia la sessualità molto legata alla riproduzione, nonostante presenti alcuni margini di maggiore distinzione, pur avendo condotte di corteggiamento quasi senza sensazioni pre-sessuali anche quando la femmina non è in estro, mai comunque va oltre questo. Esiste, tuttavia, una categoria particolare di scimpanzé, (più piccolo) chiamato “bonobo”, che si situa in una scala evolutiva superiore allo scimpanzé comune ed inferiore all’essere umano; infatti, il bonobo può anche tenere relazioni sessuali anche quando la femmina non è in estro e si capisce che in alcun modo sa che l’attività non è riproduttiva. Ora, in questo processo appare un aspetto importante che è tipicamente umano: le relazioni sessuali frontali; negli esseri umani si nota per la prima volta questa modalità (sebbene il bonobo frequentemente oscilli tra la tipica posizione animale e l’attività sessuale frontale). Vuol dire, secondo Guidano, che possiamo cogliere segnali di questa evoluzione, ovvero trovare l’affettività negli animali facendo riferimento ai nostri parenti che sono gli scimpanzé, segnali di questa complessità emergente che si manifesta nel processo evolutivo. Questo è dunque il contesto evolutivo dove sorge l’affettività umana e la trasformazione che porta la sessualità ad evolversi nel modo tipicamente umano.

 

Amore e conoscenza

Prendendo in considerazione l’argomento trattato, Guidano fa alcune considerazioni rilevanti per questo studio dell’amore. Egli dice: “Così l’affettività è sorta come impulso, per una necessità dell’evoluzione cognitiva, dell’autocoscienza, e si manifesta nel modo in cui è stato detto prima: nel momento in cui si amplia la dimensione della conoscenza, si amplia, parallelamente, la dimensione affettiva; e in questo senso l’amore non è niente più che l’altra faccia dello spazio umano, la sua dimensione emozionale”. Possiamo percepire così che è un continuum, un continuum tra attachment and separation, tra affetto e separazione, che sono i limiti che definiscono il nostro spazio emozionale. Vi invito, perciò, ad avanzare in questa comparazione che Guidano fa tra l’amore e la conoscenza, come due facce della stessa medaglia; perché sebbene siano considerazioni fortemente teoriche, esse ci possono anche aiutare nel lavoro psicoterapeutico che facciamo con i nostri pazienti.

 

Amore e conoscenza: similitudine 1

Per Guidano, una prima somiglianza di base in cui amore e conoscenza rivelano importanti similitudini avviene in una dimensione negativa. Così, la conoscenza non si può mai raggiungere in modo assoluto; lo stesso con l’amore: mai si può arrivare ad una corrispondenza assoluta con l’altro. “Perché  – cito le sue parole – la dinamica dell’amore è l’altro, come altro è la dinamica della conoscenza. Se qualcuno si orienta in un progetto cognitivo specifico ha per lo meno la motivazione, l’intento di raggiungere una conoscenza completa, stabile e definitiva; e di fronte a quest’aspettativa la frustrazione si farà sentire, perché il risultato cognitivo è sempre una conoscenza parziale, relativa, approssimativa, soggetta ad una conferma costante. Per quello che si riferisce alla dinamica dell’amore umano, sempre si cerca, si spera che l’aspettativa coincida con la corrispondenza dell’altro, che sia ultima, definitiva, veritiera, giammai dubbiosa, e ciò non ostante le conferme siano sempre parziali, limitate e contingenti; raramente, pertanto, hanno quel carattere di assolutezza che l’individuo spera”.

Certamente non è un problema tanto semplice per spiegarlo in poche parole. In questo contrasto di una ricerca di assoluto, di completezza, però con risultati sempre precari, contingenti e parziali, si mostra difficile sia per l’amore sia per la conoscenza stabilire o individuare una direzione che possa essere percorribile per noi, per quanto questo continuo contrasto tra “assoluto” e “parziale” ci porti verso una confusione costante. Nella vita affettiva si può vedere, dice Guidano, che uno dei problemi principali nei pazienti o in qualche persona che chiede un consulto – per lo meno in qualche momento della sua vita – è tentare di comprendere se si trovano o meno in una relazione significativa. Perché, siccome al paziente capita questo contrasto in ogni momento, in ogni giorno della sua vita, gli sembra che in ogni momento la relazione sia significativa e subito dopo gli sembra di no, poi subito di sì e dopo che non lo è più e così di seguito. Questo costituisce, per il nostro, il problema più grande che poi causa molte  patologie, molti casi clinici.

 

Amore e conoscenza: similitudine 2

“L’amore e la conoscenza possono assumere tutte le forme possibili”: altra somiglianza molto rilevante, sicuramente, di cui ci riferisce Guidano. “La conoscenza, egli chiarisce, può prendere le, o concordare con, tutte le forme possibili, dall’opera artistica più geniale e più originale all’opera più banale ed insignificante; tutte configurano differenti matrici della conoscenza, da un punto all’altro. La stessa dinamica avviene nell’amore: infatti, può assumere tutte le forme possibili nel suo spazio emozionale. E, soprattutto, vi dico di seguito quello che è una variabile principale, nella mia opinione, la maggiore di quelle che può assumere l’amore e la conoscenza, una delle variabili che fa la differenza fondamentale è la percezione, la concezione di alterità, l’immagine che abbiamo dell’altro. Poiché l’altro può variare in un continuum, così possiamo vedere l’altro come oggetto o come persona, che cambia radicalmente la questione. Questo non aiuta dunque a spiegarci le variazioni nel senso dell’amore, come generatore di disturbi psicopatologici”. Guidano ci invita a focalizzare la nostra attenzione su quest’ultimo aspetto, poiché gli sembra importante come principio generale. Nella letteratura scientifica – afferma – esistono teorie che cercano di identificare psicopatologie con le carenze di amore, come se l’unica interferenza negativa in un sistema umano sia la carenza di amore. Non si può negare, senza dubbio, che questo è evidente nelle organizzazioni di significato personale depressive, però non è l’unica fonte della psicopatologia. La fonte più importante, secondo Guidano, è la qualità dell’amore; per esempio, il padre che è totalmente immerso nella vita di suo figlio, come amore preponderante della sua vita, che però lo ama come si ama un oggetto, è un amore che ha caratteristiche schiaccianti. O la famosa mamma schizofrenica, che si pone sempre il dubbio dell’affetto del figlio, e lo fa non perché non lo ama, perché lo può amare con la stessa assolutezza di qualunque amore, ma perché ella segue il figlio come se fosse un oggetto, come qualcosa che si può controllare con la volontà: quanto più tiene basso il suo controllo, tanto più sarà sicura di non perderlo, che lui non l’abbandonerà e così ella sacrificherà la sua vita anche per lui ecc.

C’è da dire che l’argomento è molto complesso. Guidano insiste su questo per dire che l’amore in questo senso può prendere tutti gli aspetti, tutte le varianti possibili. Una delle variazioni più importanti può essere la considerazione che si ha dell’altro. Perché lo stesso grande amore, se è riferito all’altro come persona, lo attiva e gli permette di svilupparsi; e se si riferisce all’altro come oggetto lo schiaccia e gli impedisce qualsiasi tipo di sviluppo, sia nelle tappe della crescita sia nella vita affettiva adulta.

 

Amore e conoscenza: similitudine 3

La terza somiglianza che Guidano ci propone tra amore e conoscenza è riferita ad una relazione di vera opacità o non trasparenza che si vive in entrambe le sfere. Vale a dire, così come nella conoscenza non sappiamo chiaramente quello che stiamo intendendo, anche nell’amore non sappiamo mai con chiarezza quello che stiamo sentendo o quello che cerchiamo di sentire. Questo è chiaro nella conoscenza, nella quale il modo che abbiamo di ordinare il mondo lo vediamo come qualcosa che non è propriamente il “nostro” ordinamento, ma come qualcosa che sta fuori e con un’esistenza indipendente da noi. Nell’amore avviene qualcosa di simile, perché generalmente lo cerchiamo al di fuori di noi, mentre possiamo soltanto sentirlo o viverlo in noi stessi.

C’è dunque qui una specie di gioco a nascondersi che non ha via d’uscita; ciò sembra a Guidano come qualcosa che appartiene alla prima mutazione che porta l’umanità a riflettere su se stessa. Per illustrare questo, egli ci racconta un mito greco molto interessante, il mito prometeico della creazione. Così, egli dice, un giorno in cui gli dèi si annoiarono degli uomini, si misero d’accordo per trovare un modo appropriato di castigarli; così riuscirono a scoprire che gli uomini avevano qualcosa in considerazione più di ogni altra cosa, che era senza dubbio l’amore. “Come già sappiamo – dissero- se ciò è quello che dobbiamo concedere loro, allo stesso tempo glielo nasconderemo, di modo che mai lo possano trovare”. Uno degli dèi propose di nasconderlo sulla cima della montagna più alta; un altro, però, non fu d’accordo “perché prima o poi l’avrebbero trovato”. Allora, Nettuno, dio del mare, pensò di metterlo in fondo al mare, perché sarebbe stato molto difficile arrivarci. “Chi lo sa? - replicò un altro – non c’è certezza che un giorno o l’altro possano incontrarlo anche lì”. “Signori! Che facciamo?” – esclamarono all’unisono. Alla fine, il dio più astuto propose qualcosa che tutti accettarono immediatamente: “Lo nasconderemo, disse, dentro loro stessi, perché lì mai lo andranno a cercare”.

 

Amore e conoscenza: similitudine 4

Come ultimo punto di questa somiglianza tra amore e conoscenza diremo, con Guidano, che la conoscenza è un processo che non ha fine, che in se stessa ha una tensione essenziale, che è un’attività costante che si autoalimenta da se stessa. L’unica cosa che si può fare con essa è continuare ad approfondirla per tutta la vita. C’è da dire che lo stesso senso del conoscere si trova nella metafora del viaggiare, è il viaggio per il viaggio, senza necessità di raggiungere mai la meta. Poi, quando uno arriva alla meta, finisce di conoscere (e la meta è il morire). La stessa metafora si può applicare all’amore; è un processo aperto e senza fine, non ha un obiettivo o un fine che si possa raggiungere in un momento determinato, giacché l’amore contiene una consistenza in se stesso. In questi quattro punti, dunque, si può vedere con chiarezza la somiglianza basilare esistente tra la conoscenza e l’amore.

 

L’autostima dal punto di vista del post-razionalismo

Faremo un ultimo accostamento sull’importanza dell’affetto nel ciclo temporale di una vita individuale. Vedremo ancora una volta che siamo primati e che, come tali, viviamo in un mondo intersoggettivo. E’ molto importante per ogni primate, che vive in un mondo intersoggettivo, conservare una posizione sociale; questo già si vede nei primati per quanto riguarda il linguaggio tematico e la coscienza umana. Il tema della posizione sociale negli umani s’interiorizza con la capacità di sequenzializzazione e il tenere una “autostima accettabile” si rivela fondamentale per la sopravvivenza. Tendiamo a vedere l’autostima come un giudizio, un’autovalutazione che facciamo per verificare in che modo ci sentiamo idonei ad essere riconosciuti e legittimati dagli altri; vuol dire che io sono idoneo affinché l’altro mi riconosca e mi legittimi come persona, portandolo ad amarmi e non solo a legittimarmi. Per questo, ogni volta che io costruisco un’immagine di me stesso, tendo a farlo (sempre) in maniera che mi garantisca un livello di accettabilità di me medesimo, che sia almeno vitale; da qui il sentirmi accettabile significa sentirmi idoneo, perché gli altri mi riconoscano e mi amino perché sono una persona.

Di conseguenza, ogni minaccia alla coerenza interna di un individuo umano avviene quando questo sente che scende il suo livello di autostima ad un livello nel quale già non può sentirsi con la qualità di essere riconosciuto e legittimato dagli altri. Ora, questo può avvenire direttamente per ragioni affettive – separazioni, divorzi, morti, dolori -; però può succedere anche per situazioni che sono meno gravi, come un fallimento sul lavoro, che senza alcun dubbio possono avere un serio impatto sulla persona. In un fallimento lavorativo molte persone possono cambiare l’immagine che hanno di loro stesse in maniera tale che giungono a vedersi come una persona che mai più sarà amata da nessuno. Non si tratta semplicemente di una perdita di stima: è una perdita della possibilità, della capacità di sentirsi riconosciuto e legittimato dagli altri, la cui presenza è molto significativa nella nostra struttura vitale. Per questo, in tutti gli squilibri clinici – sostiene Guidano – si può sempre ricostruire una perturbazione affettiva, non importa se avvenuta per via diretta o indiretta. Però, alla fine, ciò che destabilizza di più un sistema umano è la perturbazione che sperimenta in questo senso, quando si riferisce all’esperienza che ha di sé e il modo in cui sente che è legittimato e riconosciuto come persona.

 

Le ambiguità nella conoscenza e nell’amore

Così com’è frequente che si riconoscano le ambiguità nella dimensione cognitiva (false credenze, false prove, falsi ragionamenti ecc.), c’è un altro punto che Guidano tenta di chiarire: quelle delle ambiguità che appartengono alla zona dell’affettività. E una volta chiarite queste ambiguità di base, egli ci dice, si comprenderà con più facilità che tanto nell’affettività, quanto nella conoscenza il compito è difficile, sebbene ciascuno con il suo significato tenti di fare ciò che può. Un aspetto, osserva Guidano, che si riferisce a questa opacità, e che la mitologia greca attribuisce a ciò che gli dèi hanno nascosto “dentro”, è il seguente, con le parole dell’autore: “Uno sente sempre più di colui che riferisce o di quello che può riferire (qualcosa che in noi è sempre più difficile riconoscere; qui c’è anche una discrepanza molto forte). Questa è anche un’attitudine che appartiene all’affettività come tale, che incontriamo in diversi modi in differenti significati e in se stessa questa discrepanza sembra essere parte integrante dell’affettività. Senza dubbio, tendiamo sempre più a limitare quello che sentiamo, tendiamo a darci conto il meno possibile di quello che sentiamo; e vediamo che ogni persona ha un proprio modo per darsi conto di quanto è presa da una relazione affettiva”.

Per Guidano la ragione di questa attitudine si giustifica con la stessa esperienza umana, perché l’esistenza di intimità è intesa come l’esperienza di massima e assoluta corrispondenza con l’altra persona, e che è sicuramente l’esperienza che concede maggiore pienezza. Ma è anche un’esperienza che può distruggere, in quanto è il momento nel quale si è più vulnerabili; così, quando si è in questa totale corrispondenza, in questa intensa esperienza di pienezza, allo stesso tempo ciò corrisponde con il massimo della vulnerabilità, poiché qualche diminuzione della reciprocità può essere percepita, in questo momento, come dolore, come una grandissima perdita. Per questo, ci dice finalmente Guidano, quando uno si avvicina a questo, non si ha mai la sufficiente chiarezza se l’intenzione sia ricercarlo o evitarlo. La stessa cosa avviene nell’ambito della conoscenza: tutto ciò che è orientato alla conoscenza, desiderando naturalmente stabile una verità “ultima e definitiva”, nel mentre si cerca questa chimera non si sa se la si va a cercare oppure no; non si ha chiaro se veramente si desidera o meno uscire definitivamente dall’ignoranza e accedere ad una “conoscenza superiore”.

 

Conclusione

Infine e per terminare questa conferenza, desidererei semplicemente segnalare la risposta che quel giorno (Guidano) ha dato alla mia domanda:

·        Vittorio, dal punto di vista post-razionalistico, come definisci l’amore?

·        L’amore, mi rispose, è la sfera emozionale umana, così come la conoscenza è la sfera cognitiva umana.

Non posso non discolparmi, prima di terminare, per il carattere precario di questa presentazione, di fatto in fase di formalizzazione teorica.

Molte grazie per la vostra attenzione.

 

________________________

 

Nota dell’autore

Ringrazio per la collaborazione offerta da A. Patricio Cordoba.

La conferenza originale è stata modificata al fine di facilitare la lettura del testo e la comprensione dei suoi concetti, nonostante si siano conservati i contenuti originali. Ora, trattandosi di una trascrizione testuale simultanea alla conferenza, non compaiono note e riferimenti bibliografici, i quali ci si riserva di inserirli in un’edizione definitiva che prossimamente sarà inserita sul sito internet dell’Istituto di Terapia Cognitiva di Santiago del Cile (www.inteco.cl).