Cettina RUSSO

Ambiente e benessere

(2)

In quali innovazioni sociali,
in quali progetti spirituali,
in quali modelli di comportamento,
in quali trasformazioni istituzionali
può trovare espressione la ricerca
della moderazione nell’uso della natura?
(Wuppertal Institut, Futuro sostenibile, 1997)

 

Lilliput Edizioni

2001

 

I edizione – Martano (LE),

anno 2001

Stampato in proprio da
Edizioni LILLIPUT
Paolo Coluccia, via Castrignano 51
73025 MARTANO (LE)
Tel. 0368 419399
0836 572183

Email paconet@libero.it

Internet http://digilander.libero.it/paolocoluccia

Riproduzione libera.

 

Cettina Russo è nata a Paternò 46 anni fa, un grosso comune siciliano ai piedi dell’Etna che si affaccia nella Piana di Catania, ricco di agrumeti, che ne costituiscono la maggiore risorsa economica e culturale. Avendo vissuto gli anni dell’infanzia, come molti fanciulli della sua epoca, con pochi stimoli culturali, ha fondato successivamente il suo stile di vita sulla semplicità e sulla linearità, prediligendo la sua grande passione per la natura, per l’ambiente, per l’agricoltura e per le relazioni sociali. Il suo indirizzo di posta elettronica è: serenellarusso@libero.it

 

Le eruzioni dell’Etna

Gentili amici che leggerete questo scritto,

mi è davvero gradito scrivere degli accenni circa le eruzioni più antiche della mia bella e maestosa Etna, almeno dall’inizio del 1900.

Sono il risultato avuto da una semplice e simpatica chiacchierata con una guida alpina del gruppo dell’Etna-Sud, tra le più esperte ed appassionate, alla quale chiederò di autorizzarmi a rendere note le sue generalità, altrimenti immaginatelo voi, tenendo conto che vive in un paesino alle pendici del vulcano.

Egli è un grande appassionato di questo Gigante borbottante e fumante, oltre che grande esperto della sua storia, della sua fauna, della sua flora e del paesaggio intero che lo circonda.

Per ora vi dico soltanto che il suo nome è Alfio. L’ho conosciuto proprio mentre svolgeva il suo ruolo di guida, nel periodo in cui il sornione Mungibeddu (così è chiamata l’Etna dai suoi indigeni) sembrava voler fare il giocoliere, fumando con garbo e gorgheggiando, mostrando di tanto in tanto qualche lapillo delle dimensioni di due palle da tennis.

Io facevo parte di un gruppo di visitatori, uno dei numerosi ma diversi e variamente motivati, sempre curiosi e spesso impauriti. Accompagnavo alcuni amici ed ero concentrata sulla bassa temperatura che c’era a quella quota, nonostante fosse giugno, piuttosto che dal reale valore che quella situazione offriva.

Imponendomi di ascoltare la nostra guida, fui totalmente attratta dal tono garbato ed orecchiabile della sua voce, oltre che dalla chiara illustrazione degli aspetti tecnici dei fenomeni eruttivi e delle caratteristiche dei quattro crateri che costituiscono l’Etna.

C’era per me un contrasto sorprendente tra la sua voce e il suo aspetto fisico: non altissimo, bene in carne, con una folta barba e baffi grigi che nascondono all’occorrenza un accenno di sorriso canzonatorio ed ironico che qualche turista gli provoca per espressioni, osservazioni o manifestazioni comiche che non mancano mai in certi casi.

Ma la caratteristica di lui che la mia mente fotografò furono gli occhi! Due fessure dense di luce, sempre attenti e alla ricerca dell’attenzione dei presenti. Inoltre il suo modo di illustrare era fluido, chiaro, non ripetitivo né monotono nel tono.

Decisi allora che avrei cercato di contattarlo per continuare a farmi raccontare ancora curiosità, storie e tutte quelle altre cose che egli sicuramente conosceva sull’Etna, che per ovvi motivi di tempo e di circostanza non erano contemplati per i gruppi di visita occasionali.

Trascorso un anno da allora, decisi che era giunto il momento per me di conoscere un po’ meglio l’Etna e la sua morfologia. Pertanto si potette riprendere il dialogo con quella speciale guida incontrata in precedenza. Ricordo con simpatia la sua perplessità per la mia curiosità. Sembrava accettarmi, ma c’era un certo disagio in lui. Non sapeva se guardarmi con sospettosa curiosità o prendermi in giro: forse temeva di sentirsi preso in giro.

Ma, come spesso accade, la mia spontaneità e fermezza (forse cocciutaggine) a spiegare le motivazioni sono riuscite ad eliminare ogni perplessità ed imbarazzo e così iniziammo a parlare. Capii subito che dovevo prendere appunti, soprattutto perché quando egli accennava ai vari eventi eruttivi non era possibile ricordarli con altrettanta chiarezza e precisione.

Oggi che rileggo quegli appunti sono felice di raccontarli, anche per rendere omaggio a quella guida che sicuramente ha altri colleghi altrettanto preparati. Ne ho incontrati e conosciuti alcuni, che il mio stesso amico mi ha presentato, ma in nessuno di loro ho notato l’intensità e la poetica passione del ruolo di guida dell’Etna-Sud.

Quello che segue perciò non vuole essere un trattato tecnico e preciso sulle storiche eruzioni dell’Etna, ma sarà il racconto semplice ed informale tratto degli appunti sull’attività eruttiva a seguito di una chiacchierata svoltasi davanti ad un’immaginaria coppa di gelato a Nicolosi, in un piccolo ufficio-museo del Gruppo Guide Alpine Etna-Sud.

Inoltre, desidero con questo dare qualche risposta, quantomeno precisa, alle numerose richieste di notizie e alle curiosità che da parte di molti amici italiani e stranieri mi sono state rivolte sull’Etna e la sua storia: io, siciliana dalla testa a i piedi, non posso assolutamente defilarmi.

 

L’origine del vulcano Etna risale a circa 600.000 anni fa, tra la fine dell’era terziaria e l’inizio dell’era quaternaria.

Iniziò a manifestarsi nelle zone immediatamente sotto al Castello (credo di origine normanna) di Aci Castello. Quindi emersa dagli abissi marini del Golfo di Catania, dove sono rimasti come dei cuscini sovrapposti di lava, così come in altri luoghi della zona, quali Motta e Paternò.

Ma furono alcune esplosioni più potenti e sub-aeree che lo fecero manifestare nel luogo attuale, a qualche chilometro dal mare.

Sicuramente nel disegno del leggendario dio fabbro Vulcano (come a me piace immaginarlo) c’era proprio la volontà di costruirsi un’imponente dimora nel punto più alto e dominante della zona, soprattutto per arricchire maggiormente il paesaggio, ma anche per ricordare di tanto in tanto agli umani di aver rispetto della Natura e delle sue creature.

E’, infatti, difficile rimanere indifferenti di fronte al paesaggio che circonda l’Etna: zone desertiche di lava nerissima, luoghi boschivi e lussureggianti, generosi di castagne, di vino, di mele e di pere tra le più prelibate varietà.

I castelli normanni di Adrano, Paternò e di Motta (sotto quest’ultimo sono visibili e suggestive più che mai delle colonne naturali di basalto, che si elevano altissime, sulle quali poggiano di fatto le mura del castello) furono costruiti su alte colline laviche.

Ma non desidero rendere eccessivamente pesante questo mio racconto, perciò farò ora qualche cenno alle caratteristiche dell’Etna, così come le trovo nei miei appunti.

 

Intanto devo precisare che l’Etna è un sistema eruttivo molto complesso. Infatti per vulcano si intende generalmente un monte con un unico cratere, mentre sull’Etna se ne sono formati quattro, tutti indipendenti tra loro.

I due ultimi formatisi nella parte Sud-occidentale si chiamano Crateri De Fiori, dal nome del vulcanologo che li scoprì nel 1974.

 

Periodi delle eruzioni più importanti:

A questo punto finisce la breve chiacchierata.

Aggiungo comunque in coda qualche curiosità:

 

***

 

Falò di Natale e "copertoni" bruciati!

 

Per tradizione in alcuni paesi alle pendici dell’Etna si accende per Natale un grosso ceppo nelle piazze. Questo fuoco vuole simboleggiare una luce che indichi la presenza di un focolare e la possibilità di trovare così la via di un rifugio a due poveri viandanti: San Giuseppe e la Madonna, un rifugio dove poter riposare e attendere la nascita di Gesù.

Circa due anni fa, esattamente la sera di Santo Stefano, io, la mia famiglia ed altri ragazzi ci siamo dati appuntamento al falò allestito in un grazioso paese ai confini del parco dell’Etna e abbiamo cantato e danzato allegramente al suono (più o meno armonioso!) di un fisarmonicista autodidatta, ma carissimo nostro amico.

Quest’anno, invece, una sgradevole sorpresa: nel passare per caso con alcuni amici di altra regione nella piazza dello stesso paesino ci troviamo un gran bel falò allestito, però, oltre che con il solito ceppo di legno, anche con copertoni di camion e d’automobile. Con il cattivo odore e con un fumo denso e nerastro non si può sicuramente svolgere alcuna veglia di Natale, o, meglio, la si farebbe forzatamente per sottolineare l’indolenza, l’apatia e la pigrizia di chi, se non per sensibilità, ma per preciso dovere del proprio incarico pubblico dovrebbe vigilare e senz’altro proibire tali iniziative incivili e nocive per l’intera comunità.

Anche se non ero cittadina di quel comune, non ho potuto esimermi dal protestare. Mi è stato risposto che il pneumatico aveva ormai preso fuoco e se avessi avuto la possibilità di spegnerlo avrei potuto farlo di mia iniziativa. Oppure, mi è stato fatto osservare che tutto era sotto controllo e che la cosa non creava pericolo alcuno, essendo il pneumatico incendiato nella circonferenza del falò. Purtroppo un fuoco di quelle dimensioni, alimentato da quelle sostanze inquinanti e non spegnibili con acqua, rappresentava (e come!) un pericolo per l’abitato circostante e nel pieno centro del paese, per non parlare delle auto in sosta nelle immediate vicinanze.

Ho telefonato in serata ai vigili del fuoco, che mi hanno risposto che dovevano essere i vigili urbani e non una privata cittadina (cosa alquanto dubbia, mi pare) a segnalare il fatto. Dal 113 al 112 mi hanno risposto che se i vigili erano al corrente tutto era sotto controllo, ma che comunque sarebbero andati ugualmente a vedere. L’ufficio stampa di un quotidiano locale mi ha risposto: "Adesso vediamo".

Non sono incline a provocazioni gratuite. Per fortuna faccio parte di una numerosa schiera di persone che sono sensibili e attente a tutto ciò che di negativo avviene nella nostra Sicilia. Non pretendo certo di risolvere tutte le piaghe del mondo, sociali e non, ma credo fermamente che anche un granellino positivo serva a creare una quantità di cose positive.

Non sono una fanatica che perde di vista il senso della realtà. Sono prossima al mezzo secolo di vita, per cui credo di potermi reputare sufficientemente disincantata ed equilibrata, ma soprattutto mi ritengo in grado di valutare gli eccessi e la grossolanità.

Al di là dei ruoli specifici ciascuno di noi è protagonista e responsabile dell’ambiente che lo circonda, con uguali responsabilità morali e con diritti di benessere fisico e ambientale, per quanto ci può essere possibile. Oltre le cariche pubbliche rivestite e le funzioni si è prima di tutto persone, genitori e diretti responsabili del benessere di coloro che sono più vulnerabili ed inconsapevoli, siano essi bambini, anziani, adulti, piante, animali, aria e natura.

Spero che simili infelici "iniziative" non debbano più essere prese da alcuna persona che si dichiari civile e responsabile delle sue azioni quotidiane.

 

***

 

 

Sana cucina ed equilibrio alimentare

 

Illustre maestro B. B.,

il mio nome è Cettina Russo, ho 46 anni, vivo a Paternò (CT). Sono casalinga con una grande passione per la cucina, anzi per la sana cucina, ovvero il giusto (corretto) abbinamento dei cibi, nelle stagioni più adatte in cui usare i prodotti alimentari e soprattutto la ricerca della loro alta qualità biologica e della loro freschezza.

Varie volte mi è capitato di seguire i Suoi interventi nei diversi programmi televisivi e sempre mi sono ripromessa di scriverLe o di telefonarLe. Oggi mi sono decisa, anche perché sono riuscita a trascrivermi per intero l’indirizzo della trasmissione.

Mi piace assai quel Suo stile particolare nel "tagliare il capello in due" (come popolarmente si dice), con fermezza e senza possibilità di appello, quando parla della vera provenienza dei vari prodotti, ma soprattutto quando indica la loro qualità nonché l’importanza di come essi vengono coltivati o lavorati. L’esempio di stamani è stato il modo di macinare la farina di granturco, ma che vale per tutti i tipi di farina.

Le scrivo perché desidero avere la possibilità di frequentare qualche corso (o almeno uno) di cucina, serio e valido ai fini professionali e legislativi, poiché una delle mie difficoltà è quella di non aver nessun titolo riconosciuto, in alcun settore professionale o artigianale, anche se reputo di possedere quantomeno una notevole sensibilità e passione per tutto ciò che riguarda gli argomenti prima citati, in particolare l’agricoltura biologica. E’ mia profonda convinzione che, oggi più che mai, sia diventato fondamentale curare l’equilibrio sia della Natura (poiché da Essa sono derivate da sempre tutte le forme di sostentamento dell’uomo e da Essa continueranno a provenire – a dispetto di tutta la tecnica fantascientifica del mondo!) sia l’equilibrio alimentare o la ricerca dello stesso (perché su di esso si basa il nostro benessere psico-fisico).

Aggiungo che sarebbe per me un privilegio incontrarLa ed avere uno scambio diretto di vedute, di informazioni e di tutto ciò che sarà inerente a questi argomenti.

Certa della Sua cortese attenzione, resto in fiduciosa attesa inviandoLe cordiali saluti

Cettina Russo

***

 

 

Spulciando nel quaderno di un bambino di scuola elementare ho trovato la cronaca di una…

Gita alle Cesine

(a cura di Paolo Coluccia)

 

Siamo arrivati alla masseria delle Cesine alle 9,50 dove ci aspettavano le guide: una per le classi IV C e V C si chiamava Piera, l’altra per le classi IV A e IV B si chiamava Annamaria.

In un primo momento siamo andati in una stanza a sinistra del caseggiato: c’erano alcune mangiatoie e vi avevano raccolto altri oggetti antichi che risalivano all’età dei nostri nonni e bisnonni, anche se alcuni si usano ancora oggi, trovati in qualche altra masseria delle vicinanze. C’erano pure alcuni gusci di tartarughe.

Poi siamo andati in un’altra stanza ancora a vedere alcune tartarughe e le morette tabaccate. La guida ci disse che dovevamo fare il massimo silenzio perché c’erano esemplari di tartarughe che stavano andando in letargo e perciò non si vedevano per intero in quanto stavano quasi sottoterra. Poi ci disse che più avanti c’era una voliera con le morette tabaccate, che però non abbiamo potuto vedere in quanto è una specie in via di estinzione che in quel periodo si stava cercando di far accoppiare, per non far estinguere definitivamente la specie.

Usciti da quella stanza siamo andati nella stanza centrale dove c’era un plastico di tutto il territorio delle Cesine e un pannello di gesso che rappresentava il simbolo del WWF. Poi siamo andati nella stanza a destra dove c’erano due acquari, alcune gigantografie, qualche sedia e un proiettore. Era una specie di Salone delle Conferenze.

Dopo siamo entrati nell’oasi: sono 610 ettari protetti e affidati al WWF. Abbiamo visto molte piante tra cui alcune piante di mirto e la guida ci ha raccontato una legenda:

"C’era una ragazza di nome Mirtinia che era brava a correre. Però alle donne non era permesso di partecipare alle Olimpiadi. Mirtinia sfidò il vincitore delle Olimpiadi e lo vinse. Il vincitore era geloso, andò a casa di Mirtinia e la uccise. Per questo Giove, il re degli dei, in suo ricordo fece crescere il mirto".

La guida ci disse che nelle Cesine c’è un esemplare di quercia e anche di questo ci ha raccontato una legenda:

"Nel periodo di guerra sotto la quercia si sono nascosti 100 uomini: infatti per misurare la sua circonferenza occorrono molti uomini presi per mano. Un suo esemplare di circa 1000 anni si trova nei pressi di Tricase e la varietà si chiama Quercia Vallonea".

Abbiamo visto i corbezzoli: i frutti sono rossi e nello stesso periodo di maturazione crescono i fiori bianchi. Le loro foglie sono sempre verdi e ricordano il verde della bandiera d’Italia.

C’erano i lecci. La nostra guida ci ha detto che in passato la strada che dalle Cesine arriva fino a Lecce era piena di alberi di leccio.

Poi la felce aquilina: se la guardi con attenzione scorgi una testa d’aquila.

Il lentisco, l’olivo selvatico: questo nasce dal seme che gli uccelli espellono dopo aver mangiato le olive.

Poi la rubbia, il miriglione, l’eucalipto, il pino d’aleppo, il pino domestico e il pino marittimo.

Traversata la strada provinciale abbiamo fatto il secondo percorso.

Siamo andati al Pantano grande e abbiamo visto le folaghe, un airone cenerino, due gabbiani, alcune gazzette. Prima dell’incendio c’erano i capanni per l’osservazione.

Più avanti c’era un cartellone con tutte le specie di anatre.

Poi abbiamo incontrato la quercia spinosa e un canale di bonifica.

Alla fine siamo tornati alla masseria per fare la colazione.

 

***

Indice

1. Le eruzioni dell’Etna.

2. Falò di Natale e copertoni bruciati.

3. Sana cucina ed equilibrio alimentare.

Appendice: Gita alle Cesine.

 

Lilliput Edizioni

2001

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