Cettina RUSSO

Ambiente e benessere

(1)

In quali innovazioni sociali,
in quali progetti spirituali,
in quali modelli di comportamento,
in quali trasformazioni istituzionali
può trovare espressione la ricerca
della moderazione nell’uso della natura?
(Wuppertal Institut, Futuro sostenibile, 1997)

 

Lilliput Edizioni

2000

 

I edizione – Martano (LE),

anno 2000

Stampato in proprio da
Edizioni LILLIPUT
Paolo Coluccia, via Castrignano 51
73025 MARTANO (LE)
Tel. 0368 419399
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Email paconet@libero.it

Internet http://digilander.libero.it/paolocoluccia

Riproduzione libera.

 

Cettina Russo è nata a Paternò 46 anni fa, un grosso comune siciliano ai piedi dell’Etna che si affaccia nella Piana di Catania, ricco di agrumeti, che ne costituiscono la maggiore risorsa economica e culturale. Avendo vissuto gli anni dell’infanzia, come molti fanciulli della sua epoca, con pochi stimoli culturali, ha fondato successivamente il suo stile di vita sulla semplicità e sulla linearità, prediligendo la sua grande passione per la natura, per l’ambiente, per l’agricoltura e per le relazioni sociali. Il suo indirizzo di posta elettronica è: serenellarusso@libero.it

***

 

1. Un contributo GEV* per un’etica ambientale.

Desidero premettere che il contenuto di questo "compito a casa" avrà sicuramente un tono pessimistico, poiché – a mio parere – ciò che dovrebbe rappresentare la figura della GEV non coincide con ciò che effettivamente riesce a fare.

Analizzando l’acronimo con cui viene definita questa figura – Guardia Ecologica Volontaria – ho l’impressione che, in molti casi, da corpo approntato per un sistema capillare di interventi positivi per l’ambiente (almeno per quello che vuole essere), si è rivelato una figura istituzionale di autentico fastidio, soprattutto per le categorie degli "affaristi", oppure una categoria di volontari da schernire e da tenere alla larga, in quanto idealistica e romantica, quindi in aperto contrasto con le leggi della "nuova jungla" creata dalla civiltà moderna.

Si potrebbe parlare inoltre delle innumerevoli questioni legate alla burocrazia che sopraggiungono da tutte le parti e che rendono ancora più "paludosa" la realtà in cui la GEV deve muoversi.

Non credo sia necessario che sviluppi e chiarisca ulteriormente queste mie affermazioni, anche perché non amo tanto esprimermi per iscritto, naturalmente per ovvie deficienze grammatico-letterarie. Infatti ho sempre avuto molte simpatie per i peripatetici.

Ricordo un giorno al Parco Nord di Milano l’incontro di apertura del programma di Ecosofia. Conobbi l’ideatore del corpo GEV della Lombardia, ovvero l’ingegnere Franco Grassi, il quale mi richiamò all’istante la figura di Santa Klaus. Pensavo che avesse in questo modo cercato di proteggere le sue fiabesche renne, poiché c’è effettivamente il rischio che, considerato un ulteriore degrado ambientale, molte delle splendide fiabe, come quella dei doni che Babbo Natale porta con la sua slitta trainata da quegli splendidi animali, rischino di eclissarsi definitivamente dal nostro immaginario fantastico e naturalistico.

Tutto ciò sta avvenendo perché l’essere umano ha sostituito e continua a sostituire molti nobili sentimenti ed ideali con altri di genere diverso, che si rivelano ogni giorno sempre più deleteri. Alla fine non riesce più a tornare indietro e a correggersi, poiché la pigrizia, la paura, l’individualismo, l’egoismo, e quanto di brutto la falsa "civiltà" ha portato, hanno ormai preso il sopravvento su di lui.

Il genere umano ha ormai dimenticato come si ama, anche se possiamo constatare una sconfortante contraddizione: tutti cerchiamo l’Amore (l’amore per Dio, per la Natura, l’amore per gli altri esseri umani), ma se qualcuno ci ricorda questo proposito o ci invita a trovarlo nella semplicità degli atteggiamenti quotidiani, nell’umiltà della vita di ogni giorno, lo contestiamo o addirittura lo deridiamo, proprio per i motivi che ho appena sopra richiamato.

In quell’incontro Franco Grassi disse di essersi pentito di aver coinvolto tanta brava gente a condividere una realtà sociale ed ambientale così sconfortante. A quel tempo non mi erano chiari il concetto e la funzione specifica rappresentati dalla GEV, ma ricordo che venni negativamente colpita da questa sua affermazione. Oggi, però, a circa un anno di distanza, mi è chiara quella sua triste posizione e condivido pienamente quel pensiero dettato in parte dall’amarezza, ma soprattutto dallo sconforto.

Tante volte mi sono chiesta perché i buoni propositi sono sempre così difficili da affermare o da essere accettati dagli altri!

Per quello che mi riguarda, ciascuno degli splendidi amici, conosciuti nel corso di questi entusiasmanti incontri (o meglio "simposi") di Ecosofia, sa perfettamente che, per essere presente insieme con loro ad ascoltare il nostro illustre amico Luciano Valle, mi costringo ad un viaggio e a impegni finanziari notevoli. Non pretendo che altri seguano il mio esempio. Ma per me è grande la curiosità, il piacere, la ricchezza che traggo dal pensiero degli uomini del passato, che mi appare così attuale ed urgente da attuare o da seguire, pur non essendo loro stati provvisti da tali e tante possibilità strumentali e formali, quante invece ne possiamo noi oggi avere a disposizione. Dal primo incontro a Morimondo e in tutti gli altri, nei diversi luoghi dove ci siamo ritrovati, si è andato sempre di più rafforzando in me il concetto che tali ricchezze intuitive, queste testimonianze di sensibilità e tanti sacrifici patiti (a volte qualcuno ha sofferto persino persecuzioni ed ingiustizie di vario genere) non vadano dimenticati, ma, al contrario, riaffermati e ampliati teoricamente e praticamente, soprattutto da quelle persone che desiderano vivere in modo sano, dal punto di vista fisico, morale e spirituale.

 

Mi sento fragile come donna, in quanto facente parte di una minoranza che osa andare contro corrente, soprattutto in una realtà così difficile come quella della mia isola, la Sicilia, nel cui contesto sociale, politico e culturale tante altre cose sembrano avere un diritto prioritario su tante altre, come la necessità della cura e del rispetto della natura. Sempre più spesso, e a volte con una certa forma di rabbia, mi ritrovo ad affermare che questa necessità è invece tra le cose davvero importanti, soprattutto per organizzare e risanare altri settori, che solo in modo apparente sembrano non avere alcuna relazione, mentre ce l’hanno ed è di grande portata civile, culturale ed economica.

Per rientrare nel tema richiesto e a conclusione di un anno di impegno da parte di tutti noi, vorrei osservare a Luciano che non ritengo vera la sua affermazione che ci ha messo a disposizione tanti anni di studio e di sue ricerche senza aspettarsi dei risultati, in quanto questi ci sono stati, per una conseguenza assolutamente naturale e spontanea, e sono sotto i nostri occhi e tutti possono e debbono tenerli in debita considerazione. Il fatto stesso che si sia desiderato ascoltare questi argomenti ne risalta la conseguenza evidenziata dalla nostra profonda sensibilità. Questo ritengo sia pertanto il risultato raggiunto: si è ottenuto il rafforzamento in tutti noi di quegli ideali che ora sta a noi medesimi impegnarci a divulgare sempre di più agli altri.

Io mi sento di poter far parte di quella categoria di operatori che cercherà di parlare di Etica ambientale a bambini e ai giovani in genere, perché siano loro messi in condizione di crescere con un DNA modificato, diverso da quello di noi adulti di questo secolo, che spero volga veramente alla fine trascinandosi dietro ogni cosa negativa che ha visto nascere e diffondersi a livello locale e a livello globale.

Se me lo permettete, vorrei dare un "presuntuoso" suggerimento a Franco Grassi: modificare la sigla GEV con ADN, ovvero Amici della Natura. E’ anche l’anagramma di DNA. Chissà se non si riuscirà ad ottenere il risultato di rendere più sensibili molte più persone, visto che qualcuno si è sentito di primo impatto "minacciato" da una così innocua definizione di "Guardia", poiché c’è da dire che chi si trova durante il suo servizio di GEV nella necessità di reprimere, lo farà soltanto in termini testimoniali, soltanto cioè quando verrà ascoltato per perseguire degli illeciti contestati da un’autorità pubblica, con il rischio, sempre presente, che tali azioni giudiziarie il più delle volte non andranno a buon fine perché la presenza di "muri di gomma" è nota a tutti e persiste in qualsiasi settore.

Mi scuso con voi per aver trattato questo tema. Per me è stato uno sfogo con il quale ho voluto comunque esprimere il mio totale disappunto per il modo in cui si è costretti a vivere oggi, in costante violazione degli equilibri ambientali e naturalistici, privati di un’etica ambientale e vittime di una corsa sfrenata dettata dal progresso, dallo sfruttamento e dal guadagno.

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* Le Guardie Ecologiche Volontarie sono molto attive nelle regioni del Centro-Nord e basano la loro azione volontaria sulla salvaguardia della flora e della fauna selvatica e dell’ambiente in generale. Oltre che svolgere funzioni di vigilanza, il loro obiettivo è principalmente educativo e informativo nei confronti della gente in generale e delle giovani generazioni in particolare. Esiste un’ampia legislazione riguardante questi gruppi emanata a livello regionale, in attesa di una legge quadro di prossima emanazione governativa. Per saperne di più si può visitare il sito Internet: www.icip.it/gev.

 

2. Una nota al Convegno** di Gargnano (BS).

Cerco quando posso di essere presente ad ogni convegno o ad ogni manifestazione che abbiano come argomento l’ambiente e la sua tutela. Ascolto, con molti limiti a causa di una mia impreparazione generale, tecnica e culturale, tutto ciò che viene detto negli interventi.

Ciò che mi anima è una mia necessità intima ed antica di voler vivere in un ambiente sano, e penso che ogni essere umano debba avere il diritto di poter fare la stessa cosa come scelta per la sua esistenza. Ma nasce in me sempre una certa sensazione di disagio, che sento alla fine di queste manifestazioni, e che forse ho capito che cosa è e da che cosa proviene: ho notato, infatti, che si parla effettivamente di tantissimi progetti, dati, statistiche, si mostrano illustrazioni di progetti realizzati o in fase di realizzazione o si evidenziano situazioni ambientali già esistenti, con la loro descrizione nei confini e nelle superfici interessate.

 

A questo punto mi chiedo: "Come si può pensare di creare aree protette se poi si permette che tutto intorno si faccia di tutto e in qualsiasi modo, con situazioni al limite e con attacchi demenziali alla natura, mettendo a rischio la possibile sopravvivenza degli ambienti stessi creati in regime di protezione?".

Purtroppo, sappiamo benissimo che il pericolo per questi luoghi delicatissimi e per l’ecosistema nel suo insieme proviene dai guasti provocati dal falso, e ad un tempo ambiguo, concetto di libertà che si vuole a tutti i costi riconoscere al genere umano, che, oltre allo sfruttamento della natura e nell’eccesso dei processi di antropizzazione, punta inesorabilmente nel settore della ricerca scientifica e, caso più specifico, nel campo della sperimentazione selvaggia.

Chiedo umilmente perdono a tutti coloro che sono impegnati in questo campo, relatori, scienziati, ricercatori e rappresentanti di enti ed istituzioni, ma mi sento davvero sconfortata e preoccupata per l’eccessivo potere decisionale che hanno coloro che possono decidere della libertà e della possibilità di nuocere all’ambiente per mera "necessità" speculativa o per interessi generali, giustificati con riferimenti generici al progresso e allo sviluppo sociale ed economico dei popoli. Sarei oltretutto più felice se, oltre ai dati e ai resoconti, a volte puntigliosi e fine a se stessi per molti versi, si potesse sapere quali altre organizzazioni (oltre alla già nota Greenpeace) sono state o ancora sono impegnate a contrastare la realizzazione di programmi ed interventi che risulteranno in un futuro prossimo nocivi per il pianeta e per la stessa vita umana, animale e vegetale che lo popola con tanta varietà di forme e di colori.

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** "Reti Ecologiche", 12 e 13 ott. 2000.

 

3. Lettera aperta al C.S.A.B.***

Rivolgo questa mia lettera alla particolare attenzione di Barbara Picciolo e di Francesco D’Agosta.

Scriverò sotto forma di lettera, nella maniera che ritengo per me più usuale ed opportuna per esprimere il mio pensiero di scontento per una certa realtà che ruota intorno al concetto del biologico ed anche per riportare una proposta che è stata fatta in termini concreti nel modo seguente: "Se tutti gli operatori, coltivatori e tecnici del settore agricolo-biologico (compresi i commercianti di questa particolare produzione) sono così seriamente e fermamente convinti della bontà dell’argomento, perché non si uniscono nelle idee e nelle azioni per dare maggior vigore alle loro stesse intenzioni, invece di dissociarsi continuamente, screditandosi a vicenda, dando così vita (si fa per dire) a tantissime "parrocchie" e gruppi, in contrasto e in lite perenne?".

Un’altra proposta che vorrei fare a titolo personale è quella di adoperarsi per non lasciare soli i coltivatori nei periodi di difficoltà o quando necessitano di aiuti finanziari o nel reperimento di manodopera, o ancora per superare situazioni contingenti di emergenza. Si potrebbero lanciare appelli fra i soci, i consumatori, i simpatizzanti e i sostenitori a vario titolo, perché in questo modo si avrebbe la possibilità di far nascere la coscienza e la volontarietà, che abbiano come fine ultimo quello d’infondere la validità dei consumi biologici tra la popolazione.

Si potrebbe inoltre arrivare a creare un fondo comune non necessariamente eccessivo da cui ciascuno che si venga a trovare in difficoltà abbia la possibilità di attingere, in casi di estrema emergenza e in maniera anche semplicemente simbolica, proprio per sviluppare quel senso morale di solidarietà e di appartenenza a cui mi sento in prima persona di partecipare.

Non credo che molti rimarrebbero distaccati in senso morale e affiliativo da simili iniziative e dimostrazioni reali, quanto meno per eliminare il continuo scetticismo che circola tra molte persone che ritengono il settore biologico e quello biodinamico un’ennesima forma di speculazione o il pensiero fanatico di pochi.

Ritengo che sia importante l’informazione, la quale deve fornire dati certi e in tempi reali, soprattutto sul rispetto dei cicli della natura, sulla qualità organolettica, sulla quantità delle produzioni e in particolare sulla pezzatura dei prodotti agro-biologici, che credo sia la cosa più rilevante da far conoscere, da portare a confronto con i prodotti che troviamo al mercato, che direttamente sono la risultante dell’uso indiscriminato di sostanze chimiche eccessivamente stimolanti.

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*** L’Ass. Coord. Siciliano dell’Agricoltura Biologica ONLUS, via Boccaccio 10 – 93100 Caltanisetta, offre il marchio di qualità per prodotti coltivati secondo il metodo dell’Agricoltura Biologica – email: csab@libero.it

Appendice

Un solo stile di vita o una vita più sobria?

(di Paolo Coluccia)

Mi sembra che oggi non sia più sufficiente essere soltanto un ecologista, un ambientalista, un consumatore biologico o equo solidale, un volontario animato da nobili ideali, un individuo orientato al senso etico del suo agire e verso la solidarietà e la sobrietà. Occorre essere insieme tutto questo, in quanto non ci si può permettere esclusive e personalistiche visioni del mondo, che per quanto possano contenere alti ideali e provocare buone azioni, rischiano di essere solipsistiche e orientate al fanatismo di gruppo, per poi trascurare tutto il resto che non rientra nell’azione specifica della propria appartenenza. Forniamo un esempio molto banale, ma non per questo privo di significato: non è sufficiente adoperarci nel suddividere i vari rifiuti solidi urbani che a quintali produciamo quotidianamente (organici, carta, vetro, plastica ecc.) ed imparare a depositarli negli appositi cassonetti o campane che stazionano nei quartieri della città, se poi continuiamo a riempire il carrello della spesa al supermercato con montagne di prodotti inutili e a volte anche dannosi per la salute, oppure rinnovare abitualmente e annualmente il guardaroba con vestiti che non indosseremo quasi mai, o ancora "aggredire" i giochi dei nostri bambini con giocattoli costosissimi, non più riutilizzabili quando il sofisticato meccanismo di funzionamento si guasta. Soprattutto questa nostra inesauribile sete di acquisto produce montagne di spazzatura, di rifiuti tossici e indistruttibili. Ma c’è chi fa ancora di peggio: per uno status simbol duro a sparire ancora si punta a sfrecciare con automobili potentissime che sprecano una quantità considerevole di energia e nel contempo avvelenano le nostre città, o peggio ancora ci si imbarca su rombanti motoscafi o su pericolosi scooters d’acqua a vanagloria della propria esuberanza di pochi giorni di vacanza con il crudele risultato di rendere maleodorante l’acqua del mare e produrre incalcolabili danni ai litorali, ai fondali e alla fauna ittica, nonché alla stessa salute dei malcapitati bagnanti. Tutto l’immaginario collettivo dei consumi e della sfrenata conduzione della vita individuale e familiare deve orientarsi alla sobrietà e verso la totalità di quei nuovi stili di vita che si stanno affacciando nella nostra società e non limitarsi, come qualcuno pretende, ad accogliere e ritagliarsi i propri scopi e le proprie sensibilità soltanto rivolgendo la propria azione verso uno specifico ed isolato riferimento ideale. Non necessariamente il proprio comportamento deve possedere un sostegno culturale e sociale: basta anche limitare i propri consumi energetici alla soglia del normale fabbisogno per essere in piena armonia con l’ambiente, con la salute e con il prossimo. Ma occorre essere soprattutto concreti. La nostra sensibilità dunque deve essere onnicomprensiva e rivolta a tutti i problemi sociali, strutturali ed esistenziali, che proprio perché interagenti pongono problematiche complesse e conflittuali. Agendo in modo diverso, si rischia soltanto di "fare rumore". Questo rischio, già esplicitato da Niklas Luhmann in La comunicazione ecologica (1989) è sempre in agguato. Dare dunque sistemazione al proprio stile di vita significa produrre "sistema" nella nostra vita, impegnandosi ad essere concreti e attori primari nei gesti e nelle idee di tutti i giorni, senza aspettare che sia sempre l’altro a dover cominciare per primo a cambiare. Se siamo noi a dare l’esempio, forse qualcuno ci seguirà: per i molti si vedrà. Il Wuppertal Institut ha indicato nella sua ultima pubblicazione Futuro sostenibile (1997) quali possono essere i rimedi alle difficoltà sociali ed ambientali che imperversano alla soglia di questo millennio: "Sincronizzare gli obiettivi ecologici con quelli della libertà e con quelli sociali ed economici: è questo il tema del dibattito che deve svolgersi oggi, nell’intento di arrivare a decisioni capaci di assicurare il futuro. […] Se si accetta che esiste uno spazio ambientale, inteso come ambito che limita lo sviluppo economico e sociale, ne consegue che questo ambito non dovrebbe venir ridotto al punto in cui l’intero sistema riesca appena a sopravvivere, cioè al livello massimo di rischio".

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2000

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