Local Systems of Exchange

Analysis based on Group-analytic Theory

 

Il workshop presentato al 12th European Symposium in Group Analysis da Maria Rosaria Alberico e Danila Botteghi ha una storia che ci sembra interessante per le affinità con il tema trattato. L’interesse per i Sistemi locali di scambio e un’esperienza personale “sul campo” che accomunavano le due conduttrici del workshop, hanno costituito la prima spinta ad approfondire l’argomento, che sembrava particolarmente connesso con il tema del Symposium. E’ iniziato così uno scambio di idee, conoscenze e riflessioni a due che ha consentito di conoscersi di più e di scoprire altre affinità. Lo scambio si è poi arricchito, per un curioso concorso di circostanze, del preziosissimo apporto di Juan Campos, collegato virtualmente da Barcellona. Attratto anche lui dal tema del nostro workshop, Campos ci ha stimolato con domande, richieste di chiarimenti, spunti di riflessione, segnalazioni di “siti” interessanti, suggerimenti pratici sull’organizzazione del workshop e sulla stesura dalla presentazione. Il lavoro ha poi beneficiato dell’apporto di altri colleghi che hanno fornito incoraggiamenti, consigli, aiuto; anche per la traduzione in inglese, in particolare M. Dillon Weston e Gianni Losito, che desideriamo ringraziare.  Superare le iniziali difficoltà a chiedere ha consentito di sperimentare quanto le persone coinvolte fossero disponibili a dare con generosità e gratuità il loro contributo. Tutto questo ci sembra la concretizzazione di quei principi che animano i Sistemi di scambio che il nostro workshop si proponeva di presentare.

Il giorno della presentazione, di fronte alla ricchezza di proposte interessanti e coinvolgenti contemporanee al nostro workshop, abbiamo temuto di dovervi rinunciare non vedendo arrivare altri che il collega che aveva già preannunciato la sua partecipazione. Poi invece sono arrivate due colleghe, escluse dal workshop che avevano scelto, già troppo affollato. Ci è sembrato significativo che il nostro gruppo si fosse formato con questa modalità e che il numero dei presenti rappresentasse l’1% dei partecipanti al Convegno: forse questo rifletteva anche la nostra difficoltà a credere che il tema da noi proposto potesse davvero interessare o competere con quelli “importanti” in programma.

La discussione durante il Symposium è stata molto viva e sentita, al punto che alla fine del tempo i partecipanti hanno deciso di provare a continuarla e il gruppo si è riunito altre volte, in parte virtualmente. Infine, durante la sessione di settembre del “Laboratorio per la ricerca e lo sviluppo delle terapie di gruppo”, a Bologna, in cui abbiamo brevemente presentato il nostro lavoro, il gruppo si è arricchito di un nuovo elemento (una collega che ha chiesto di partecipare ai nostri incontri ulteriori), oltre che dei numerosi, interessanti contributi di quanti hanno partecipato alla discussione. Le riflessioni che seguono alla nostra presentazione, riportate secondo l’andamento del “discorso liberamente fluttuante”, sono dunque il frutto del lavoro di un gruppo che man mano ha assunto sempre più le caratteristiche di gruppo gruppoanalitico.

 

Presentazione del workshop

 

I sistemi di scambio locale sono un interessante esempio della ricerca in atto da più parti, di un’alternativa al “Mercato globale”. Rappresentano il tentativo di realizzare l’integrazione tra economico e relazionale/sociale, si può vedere in essi una concretizzazione del concetto di “beni relazionali”.

Serge Latouche, professore di Economia Politica all’Università di Parigi 11, nell’Introduzione al libro di Paolo Coluccia, La Banca del Tempo, scrive: “Si può attribuire a Tauschring, SEL, LETS, Banche del tempo ecc. l’ambizione non solo di rattoppare un tessuto sociale che si lacera ovunque, […]  ma anche di costituire un vero e proprio laboratorio volontario del futuro paragonabile a quello involontario delle periferie cittadine africane. In entrambi i casi si tratta di embrioni di società alternative alla modernità tardiva al di là del cataclisma dello sviluppo”.

SEL, LETS, Banche del tempo, sono i nomi dei vari tipi di sistemi di scambio locale sorti  nei diversi paesi del mondo negli ultimi decenni: associazioni i cui membri si scambiano beni e/o servizi d’ogni genere, al di fuori del mercato e sulla base di una moneta creata nel gruppo e valida solo al suo interno (che nelle Banche del tempo è una unità di tempo, ad esempio un’ ora), secondo il principio della reciprocità indiretta. Si scambiano piccoli lavori domestici, riparazioni, compagnia, lavori di giardinaggio, massaggi, preparazione di cibi, aiuto ad allestire feste, corsi di lingue o computer, servizi di baby-sitter, prodotti dell’orto “biologici”,  e così via, in base al patrimonio di competenze del gruppo. Si fa una lista dei soci, con gli indirizzi, i numeri di telefono, le prestazioni offerte e richieste e la si distribuisce a tutti; quando effettivamente i soci cominciano a richiedere, l’attività decolla. Alla fine di ogni prestazione si rilascia un tagliando che attesti il “valore” del bene, servizio o sapere che si è fornito/ricevuto. Si tiene una contabilità dei debiti e dei crediti per assicurare la trasparenza e l’equità degli scambi e periodicamente ci si riunisce per tirare le somme delle attività, parlare di eventuali problemi, ecc. E’ possibile essere assicurati contro infortuni o danni, esistono polizze apposite. In genere viene individuato un gruppo ristretto di soci (che può variare a rotazione) che si occupa dell’amministrazione, coordina le attività, organizza le  riunioni periodiche.

Questo tipo di associazione si diffonde in Inghilterra verso la metà degli anni 80, soprattutto in zone minerarie in crisi economica, sull’esempio dell’esperienza realizzata da Michael Linton in Canada, nella regione di Vancouver, nel 1983 (P. Coluccia, 2001). In Inghilterra viene scelto il nome di LETS, acronimo di Local Exchange Trading System. Esistono LETS anche in Canada,  Australia, Nuova Zelanda.

In Francia si sviluppano i SEL, Systèmes d’échange local, in Germania i Tauschring (Cerchio di scambio). Altri esempi, i SEC (Système d’échanges communautaires) del Senegal, i Clubs de Trueque argentini, i Tianguis messicani, il Banco de Hora venezuelano. Un’esperienza particolare si ha negli Stati Uniti dove è attiva una comunità, Ithaca, che scambia con una moneta propria, chiamata Hour, Ora, che vale 10 dollari e che viene ormai accettata localmente, anche da negozi, ristoranti, cinema esterni alla comunità.

Si tratta di esperienze estremamente diversificate, ma che hanno alcuni fattori comuni: l’esclusione del denaro da ogni forma di transazione tra i soci, l’accettazione del principio di solidarietà e di quello di reciprocità, in nome di una concezione sociale improntata alla democraticità, al senso di responsabilità  e al rispetto degli esseri viventi e delle risorse ambientali. La differenza maggiore riguarda forse la presenza o meno nel sistema di scambio di oggetti, ed è legata alle condizioni socio-economiche della comunità in cui si sviluppa il sistema. Nel Centro-Nord italiano, caratterizzato da diffuso benessere economico, ma forse anche da una certa povertà relazionale, si sono diffuse esperienze che escludono il baratto e privilegiano le attività più socializzanti. In queste zone molte Banche del tempo hanno perso il carattere specifico dell’iniziativa, che è la reciprocità, il dare e avere, acquisendo sfumature più tipiche delle associazioni di volontariato: i soci stanziano una quota di ore offerte senza chiedere nulla in cambio, al Comune, ad altre associazioni, ai Centri Anziani, ecc. 

Bisogna specificare che se l’unità di scambio è il tempo, come nel modello italiano, non c’è differenziazione fra le diverse prestazioni: un’ora di aiuto domestico o di servizio di baby-sitter è pari ad un’ora di insegnamento di una lingua o di una qualunque altra prestazione professionale. Generalmente i soci offrono prestazioni che esulano dalla loro attività lavorativa e che riguardano piuttosto la sfera degli hobby, degli interessi personali. Questo soprattutto per evitare equivoci rispetto ad attività soggette a norme fiscali (tariffe, imposte).

Anche all’interno della stessa nazione non esiste omogeneità di modelli. Le due tipologie più caratteristiche dal punto di vista organizzativo sono:

1-        quella totalmente auto-organizzata e autogestita, con un tipo di comunicazione “circolare” in cui ogni socio ha l’elenco completo dei nomi, indirizzi, prestazioni offerte, e contatta direttamente chi gli interessa, organizzando lo scambio;

2-        quella organizzata da Comuni o altre Associazioni, in cui è presente un operatore che raccoglie le richieste e mette in contatto i soci secondo le necessità.

Esistono poi modelli intermedi o misti. Incidono fattori sociali e culturali, e il grado di bisogno: in zone depresse o fra gruppi svantaggiati, gli scambi sono più concreti e le resistenze si vincono più facilmente;  mentre in regioni come l’Emilia Romagna, dove i bisogni sono soprattutto relazionali, si fa più fatica a partire e si ricorre allora ad un’istituzione come il Comune, che si fa garante.

Ogni Banca redige il proprio regolamento interno, e lo statuto nel momento in cui si costituisce formalmente come Associazione (se questo avviene!).

Per quanto riguarda la comunicazione nel gruppo, aspetto che ci interessa particolarmente, sembra evidente che il modello autogestito, dove i contatti sono tenuti direttamente dai soci, sia quello più interessante in quanto presuppone e stimola maggiori capacità relazionali ed autonomia personale. Tuttavia, all’inizio, la presenza di un “facilitatore” che incoraggi e indirizzi gli scambi può essere utile o addirittura necessaria per aiutare a superare le resistenze e le diffidenze più o meno consapevoli.

E’ chiaro che perché questi gruppi si sviluppino devono esservi al loro interno fiducia reciproca, responsabilità, affidabilità, onestà, cooperazione. Quando sono presenti questi fattori, sappiamo che si crea una sorta di “capitale sociale”, un clima di benessere a cui tutti possono attingere. Inoltre gli individui possono essere aiutati a riscoprire le proprie competenze, magari rifiutate dal mercato del lavoro, o sminuite nella propria percezione perché ormai assimilate alla quotidianità, ritrovando una maggiore stima di sé. Diventano più capaci di riconoscere e accettare i propri  limiti e bisogni, intrecciano  relazioni “sicure” da competitività e interesse economico, sviluppano la creatività nello scambio dei saperi, beneficiano dell’inserimento in una rete di mutuo sostegno.

Ci siamo chieste, come psicologhe, quanto possa essere utile, e come, favorire lo sviluppo di queste iniziative. *

 

  

Riflessioni del gruppo

  

Dei partecipanti al workshop, solo uno conosceva, poco, i Sistemi locali di scambio, nessuno ne aveva esperienze dirette, due si aspettavano maggiori conoscenze, uno “beni relazionali”. Infine, rispetto all’idea di scambio,  uno dei partecipanti si è dichiarato disponibile a scambiare “qualsiasi cosa”, in base alla “libera iniziativa delle parti coinvolte”; uno “esperienze e affetti”; il terzo “tutto ciò che non abbia a che fare con il denaro e l’utilità”. I sistemi di scambio appaiono come “luoghi del desiderio”, dove recuperare relazioni che valgono per se stesse, che non sono usate in modo strumentale, per ottenere ad esempio dei beni posizionali. Ma è molto difficile liberarsi del concetto di “utilità”, di cui è fortemente intrisa la nostra cultura; utilità definita diversamente nelle diverse microculture locali (pensiamo ad esempio che nella cultura contadina leggere non è utile e dei genitori possono essere scontenti che un figlio passi il tempo così, mentre in altri contesti la lettura è un valore…), ma certamente matrice strutturante.

L’utile si contrappone all’idea di “piacere”: dipingere, cantare, passeggiare, andare al cinema sono attività che può essere più bello fare insieme a qualcuno. Esercitarsi per anni a stare in bilico su una sfera di cristallo, come un artista del circo, è utile? Costruire castelli di sabbia, non è anche una sfida all’idea di “durevole”, che per molti di noi è quasi un’ossessione?

L’utile si oppone all’idea di improduttivo, non solo di beni, ma anche di servizi e prestazioni. I mandala, complesse, bellissime composizioni fatte con sabbie colorate nei monasteri buddisti, sono un allenamento all’impermanenza, concetto base del Buddismo, un allenamento all’idea della morte che noi occidentali rimuoviamo accuratamente dal nostro quotidiano. Come spesso rimuoviamo il rimorso per lo sfruttamento passato e presente dei paesi del terzo mondo, o i guasti prodotti dal nostro modello di sviluppo, generatore di disuguaglianze e grandi ingiustizie e di scompensi ambientali che rendono incerto il futuro delle generazioni future.

Nelle Banche del tempo è possibile anche recuperare al piacere il tempo del dovere: ci può essere qualcuno a cui piace fare un qualcosa che io odio, ma “devo” fare.

Il recupero di una socialità libera dal legame con l’utilità sembra essere lo scopo anche di altre associazioni, come le Università per gli adulti o tante associazioni culturali.

Anche le Associazioni di volontariato sono luoghi di socializzazione, dove la relazione sembra migliore, perché caratterizzata da elementi di gratuità, di dono di sé. Si analizza allora la reciprocità, che è un elemento fondante dei Sistemi di scambio: “do quanto ricevo”, si traduce in una relazione paritaria e simmetrica, laddove nel volontariato la relazione è fortemente asimmetrica, da una parte chi ha bisogno, dall’altra chi può permettersi di dare. Qualcuno ricorda i complessi rituali alla base del dono nelle società primitive, dove chi riceve ricambia  con un dono non da meno, meglio se un po’ più ricco. Questo ha a che fare con le difficoltà di molte Banche del Tempo in cui le persone sono disposte a dare, ma non riescono a chiedere: è difficile riconoscere un proprio bisogno; è difficile ammettere di non riuscire a fare da soli, in una società come la nostra dove l’autonomia è un valore. Questo è qualcosa che ha a che fare con l’identità? Parti carenti del Sé che non vogliamo vedere? Se la relazione è scambio paritario, contemporaneamente si dà e si prende. Nelle relazioni asimmetriche (uno “up” e uno “down”) c’è uno che dà e uno che prende, c’è rischio di autoritarismo, dipendenza. Ci sono persone che non sono libere di scambiare, ma possono solo dare o solo ricevere: sono bloccate nell’impotenza del ricevere o nell’onnipotenza del dare. Perché ci sia la libertà dello scambio, l’onnipotenza deve calare, aumentare la gratitudine che nasce dalla capacità di riconoscere ciò che si è ricevuto.

D’altra parte eliminare il denaro come tramite può anche costituire un problema : “se pago una prestazione di un servizio, come ad esempio una collaborazione domestica, la transazione resta un contratto di lavoro tra due persone, la relazione è ben definita; mentre senza il tramite del denaro può diventare qualcosa d’altro, caricarsi di significati altri, di emozioni, di attese, di incognite; è difficile da gestire, se ne perde il controllo, fa paura”.

Nelle Banche del Tempo si cerca di scindere il binomio tempo-denaro costituitosi nella nostra civiltà con l’etica luterana (culto del tempo impiegato al massimo, rifiuto dell’ozio come tempo perso, fino al “ricordati che il tempo è denaro” di Benjamin Franklin). Così il  tempo-denaro luterano e della rivoluzione industriale borghese poi riduce il tempo a valori pre-edipici e pre-genitali, collegati alle tematiche dell’analità (Fachinelli).

Una Banca del Tempo può essere un luogo ad alto rischio di idealizzazione (e conseguente delusione). Dovrebbero essere ben chiare le finalità e gli scopi di ciascuno: relazioni / soluzione di problemi pratici.

Ci si chiede perché favorire reti di scambio sia interesse dei Servizi Sociali: questo tipo di associazioni può coprire carenze dei servizi? C’è rischio di strumentalizzazione? Questo effettivamente è un pericolo; d’altra parte la percezione di essere inseriti in una rete di sostegno nella comunità di appartenenza aumenta l’empowerment degli individui, li aiuta ad uscire dall’atteggiamento di delega ai servizi che ha come conseguenza una percezione di essere in balia degli eventi esterni. Essere in una rete di scambio può anche aiutare a recuperare l’alienazione caratteristica del nostro tipo di economia: conoscenza dei processi produttivi, plusvalore, sfruttamento del lavoro altrui (concetti marxiani forse poco di moda, ma ancora validi). Qui è come lavorare con parti che diventano estranee al  sé (nel femminile l’alienazione è sulle funzioni storicamente femminili perdute, che vengono recuperate nello scambio della BdT e quindi ricollegate).

In una Banca del Tempo potrebbe trovare una risposta il disagio di pazienti depresse, con lunghe giornate vuote di interessi e motivazioni, magari incrociando i problemi di altre donne prive di tempo per la riflessione e le relazioni? O questi mondi sono separati dall’incomunicabilità?

Il tempo della vita di ciascuno conteggiato in ore fa pensare alla quantità di esperienze e conoscenze che costituiscono la nostra ricchezza, il patrimonio che possiamo mettere in comune e scambiare con gli altri.

 

 Maria R. Alberico (mail: rosaria.alberico@libero.it)     

Danila Botteghi                                                          

 

Hanno collaborato A.Boattini, L.Natali, C.Raggi

 

 

*Riportiamo la bibliografia relativa alla presentazione e il questionario distribuito ai partecipanti al workshop

 

Bibliografia

(I testi segnalati qui forniranno una bibliografia più ampia)

 

Caillé A., “Di chi fidarsi? Dono, fiducia e indebitamento reciproco positivo” in: J.T.Godbout, Il  linguaggio del dono, Bollati-Boringhieri, Torino 1998

 

Coluccia P., La Banca del Tempo. Un’azione di solidarietà e di reciprocità, Bollati-Boringhieri, Torino 2001

 

Coluccia P., La cultura della reciprocità. I sistemi di scambio locale non monetario, Arianna Ed., Casalecchio (BO) 2002

 

Donati P.P. (a cura di), La società civile in Italia, Mondadori, Milano 1997

 

Groupe de Recherches et d’Analyses des Institutions, Monnaies locales et lien social : l’emergence des Systèmes d’echange local, Université de Lyon, 1997

 

In Internet: 

http://www.regione.emilia-romagna.it/ass psociali/btempo/

http://digilander.libero.it/paolocoluccia

(iscrivendosi alla sua mailing-list, Paolo Coluccia invierà mensilmente un bollettino di informazioni sulle tematiche della cultura della reciprocità)

 

 

Questionario

 

La preghiamo di compilare e riconsegnare questo foglio. I dati raccolti saranno utilizzati nel corso del workshop. Grazie!

 

1– Conosce già i Sistemi di Scambio Locale?   ________________________________________________

2 – Ha avuto esperienze dirette?                        ________________________________________________

3 – Che cosa si aspetta dal workshop?              ________________________________________________

4 – Rispetto all’idea di scambio, ci sono cose che vorrebbe offrire agli altri e cose che vorrebbe chiedere? ______________________________________________________________________________________