Educazione, libertà e sviluppo:

autofinanziazione dell’educazione con moneta sociale AFE

 

di Silvano Borruso

silbor@strathmore.ac.ke

 

Edizioni Lilliput-on-line

http://digilander.libero.it/paolocoluccia

 

 

 

Preambolo

 

            Pochi ancora sono consci della doppia svolta storica marcata dall’anno 1982 nel mondo delle comunicazioni e degli intercambi umani. Due cose vennero al mondo in quell’anno fatidico: il computer personale e la moneta sociale.[1] Del primo non ce ne occuperemo. La seconda merita non solo parlarne, ma insistervi fino a quando codesta seconda invenzione, la cui importanza è uguale se non superiore a quella di Gutenberg, sviluppi la sua potenzialità massima. In effetti, la moneta sociale ha tutte le capacità di far da punta di lancia di una rigenerazione democratica (molto oltre alla politica economica) che permetta al popolo, alla gente normale, di esercitare un potere reale e diretto, non per mezzo di cosiddetti “rappresentanti.” Ciò lo potrà fare mediante uno strumento di scambio suo, mettendo così fine a un monopolio pubblico che non fa che frustrarne le aspirazioni da 3 000 anni.

 

 

Moneta e Credito

 

            Chiamando “denaro” tanto la moneta quanto il credito, la mentalità moderna confonde permanentemente l’una con l’altro, giacchè a parità di condizioni si compra la stessa quantità di beni con un biglietto di 100 euro o con un assegno per lo stesso importo. Pochi riflettono sul fatto che l’assegno è strumento di credito: tutto quello che trasferisce è informazione da un conto bancario a un altro, una sola volta. Il biglietto emesso dalla Banca Centrale, d’altro canto, è moneta, non credito. Trasferisce beni/servizi per un valore di 100 euro ogni volta che cambia di mano.

            Così, per esempio, nel caso ipotetico ma niente affatto impossibile che cambi di mano tre volte al giorno per un anno, lo stesso biglietto di 100 euro è in condizioni di trasferire beni e servizi per ben più di 100 000 euro. Questo è il significato di liquidità, posseduto dalla moneta ma non dal credito.

 

 

Banca Centrale, Governo e Popolo

 

            Per quasi 3 000 anni il popolo è andato sopportando, muto e impotente, le vessazioni di faraoni, imperatori, re e principi, che magnetizzati dalla superstizione di Creso,[2] coniavano moneta quando trovavano metalli preziosi e facevano morire di inanizione l’economia quando non ne trovavano più.

            I governi evidentemente coniavano moneta come mezzo di scambio, però in tutta la storia non sono mai riusciti ad impedire che risparmiatori e usurai (per il nostro caso non vi è differenza) la sottraessero dalla circolazione per i loro interessi particolari. La scarsità di moneta, ancora oggi imperante, è causa principale, anche se non unica, del disordine economico che affligge tante nazioni, particolarmente nei paesi poveri; però occuparci di ciò esulerebbe dal tema.

            Dalla sconfitta di Napoleone a Waterloo in poi, i governi hanno a poco a poco perso il potere di emetter moneta (eccetto la metallica), cedendolo, per ragioni che esulano dal discorso, alle banche centrali o “nazionali”. La Banca Centrale emette banconote, e le banche commerciali, credito.

            È curioso che pochi sappiano –e che forse si scandalizzeranno a leggerlo- che il Banco Centrale è una istituzione di invenzione marxista. Fu proprio “il capoccia dei confusionari” come lo chiamava Henry George,[3] a proporre, nel Manifesto Comunista del 1848, “la centralizzazione della ricchezza nelle mani dello Stato per mezzo della creazione di un Banco centrale con monopolio esclusivo”.

 

 

La Grande Illusione

 

            Molti continuano a credere, senza darsi la pena di investigare, che Banca Centrale e Governo facciano la parte dei buoi che tirano il carro, e che il popolo la faccia da cocchiere che vigila perchè i due lo tirino nella stessa direzione.

            Secondo la stessa metafora, la realtà è ben diversa: è il popolo a farla da bue, il Banco Centrale da cocchiere, e il Governo da frusta nelle mani del secondo, con cui manco a dirlo sfrutta il primo.

            Tutto ciò si deve al fatto che qualsiasi politica monetaria non è mai stata capace di far corrispondere la quantità di denaro (moneta + credito) ai bisogni dell’economia di produzione e di scambio. Il denaro entra ed esce dal mercato secondo i ghiribizzi di risparmiatori, speculatori, usurai, lavandai di moneta sporca, e malfattori di varie specie, però non ce ne è mai, ripeto mai, abbastanza per chi ne ha bisogno per lavorare. In ogni circostanza, chi paga alla fin dei conti è sempre il popolo. È necessario che sia sempre così? No. Esistono alternative. Non c’è più bisogno che la scarsità di moneta consolidi il potere di chi ne controlla il monopolio pubblico.

 

 

Capitale Umano alla Riscossa

 

            In quasi tutti i paesi l’educazione fa da mezzo principale di interazione sociale. Spesso assorbe il volume più alto di spesa pubblica. Tutti siamo passati attraverso un sistema educativo. Alcuni vi rimaniamo, o come insegnanti, o come genitori, o ambedue le cose, per anni.

            Chi controlla codesto ambito primordiale di incontro sociale? Si ripete insistentemente che i genitori sono i primi educatori dei propri figli, e che quindi sono costoro a controllare l’educazione. La realtà è un’altra: chi controlla il denaro (moneta e credito) controlla anche l’educazione.

            Ciononostante, le cose sono andate cambiando. L’accelerazione delle comunicazioni, sulle ali delle invenzioni del 1982, permette ora ai genitori di prendere in mano le redini dell’educazione dei figli, evitando intromissioni indebite tanto dello Stato quanto di altri poteri più o meno occulti. Come? Emettendo un proprio mezzo di scambio: una moneta sociale sorgente dall’ambito dell’incontro sociale per eccellenza, il sistema educativo.

 

 

Dal Sistema Aureo al Sistema Ora di Scuola

 

            La Grande Guerra segnò la fine del Sistema Aureo in tutto il mondo eccetto gli U.S.A.[4] Ne seguirono 40 anni di alti e bassi economici, compresa la seconda Guerra Mondiale e il tentativo disperato a Bretton Woods di continuare ad agganciare il sistema monetario al metallo giallo. Finalmente lo Smithsonian Agreement del 15 agosto 1971 mise veramente fine alla superstizione di Creso. Si è riusciti ad evitare un’altra guerra, ma non gli alti e bassi economici.[5]

            Il problema è, ancora oggi, che nonostante l’accettazione universale di moneta cartacea, gli interessi finanziarî sono in aperto conflitto con quelli dei produttori di ricchezza reale: i primi vogliono moneta instabile, da usare come “portavalore” per i loro guadagni; i secondi vogliono moneta stabile per le loro previsioni economiche. L’ultima cosa che speculatori, usurai, ecc., vogliono, è uno standard stabile che renda i prezzi anch’essi stabili e quindi prevedibili.

            Ma lo standard di stabilità, nonostante tutto, esiste. È esistito sempre, dagli antichi egizi o anche prima. Ma nessuno se ne poteva accorgere in un mondo di bassa tecnologia. Nel mondo odierno di comunicazioni ad alta tecnologia, e ora di Internet, adottare il lavoro, e concretamente l’Ora di Scuola come standard monetario è non solo possibile, ma a portata degli stessi produttori di capitale umano: i genitori. Devono solo diventarne consci, e instaurare una maniera di metterlo in pratica.

 

 

Autofinanziazione dell’Educazione

 

            Una scuola qualunque, in qualunque parte del mondo, nella quale si impartono 30 ore di insegnamento settimanale per 40 settimane all’anno, produce ricchezza per 1200 ore di insegnamento per anno per classe. Si tratta di un capitale immenso, ma non monetizzato semplicemente per essere passato inosservato. Per meglio dire, la sua (parziale) monetizzazione procede completamente a casaccio, dato che dipende dai capricci di banchieri, governanti, associazioni educative, e commercianti di materiale scolastico. Però adesso i genitori sono in condizioni di prendere in mano le redini del carro. Come, lo si spiegherà a continuazione.

 

 

Precedenti Storici

 

            Cominciamo con il notare che esistono già, in tutto il mondo, decine di migliaia di comunità che hanno scoperto come rivitalizzare economie locali, morenti a causa di “economie di scala” tanto industriali quanto commerciali. Lo hanno fatto emettendo il loro circolante sociale. Molte di queste fanno uso dell’ora di lavoro come unità monetaria, però senza specificare di che lavoro si tratti. Nel momento in cui si mettano d’accordo nello scegliere una standard unico, tutte codeste comunità saranno in condizioni di presentare un fronte unito e poderoso, base per costituire un’economia completamente libera da usura, che dia luogo a un decollo di uno sviluppo limitato solo dalla manodopera a disposizione.

            Basandoci sull’esperimento di Wörgl del 1932-33, una comunità di 4 000 persone fa già da massa critica per il funzionamento del sistema. In termini scolastici si tratta di una comunità dove operino otto scuole con 500 alunni ciascuna.[6]

 

 

Caratteristiche Generali

 

            Sarebbe opportuno far uso di termini come “buoni”, “certificati”, “cedole”, “tagliandi” ecc., AFE (AutoFinanziazioneEducativa), che è come li chiameremo qui, invece di termini finanziarî come “moneta”, “biglietti”, “banconote”, “denaro” ecc. per evitare sospetti di illegalità. Non è neanche necessario che comunità diverse facciano uso dello stesso termine per la loro unità, sempre che lo standard sia lo stesso. In ogni caso, il buono AFE deve possedere le seguenti caratteristiche:

 

 

 

 

 

Caratteristiche Fisiche

 

            Il buono AFE, emesso per una, 5 o 10 unità, deve:

 

 

 

Caratteristiche di Circolazione

 

 

 

Caratteristiche di stampa

 

            Prendendo come modulo una comunità di 15 000 persone, la quantità di unità AFE in circolazione non ha bisogno di essere di più di 1,5 – 2 per persona, cioè un massimo di 30 000 unità. Cambiando di mano 500 volte in un anno, questi buoni potranno far muovere beni e servizi per un valore di 15 milioni. La tirata iniziale può ben essere di 30 000 unità, che aumenteranno o diminuiranno secondo l’assessoramento della autorità emittente. Una sua analisi potrebbe essere la seguente:

 

 

            La tirata sarebbe così di 32 400 AFE, che in un anno verrebbe ridotta a 30 000 AFE. Per un buono qualsiasi, l’anno può cominciare in qualunque inizio di trimestre. I buoni li si può colorare, ma non è strettamente necessario.

            Le tirate seguenti risponderanno ai risultati della prima

            Il costo di stampa sarà l’unico costo iniziale delle associazioni di genitori.

 

 

Caratteristiche di Emissione

 

            L’ostacolo più difficile da superare è senza dubbio quello psicologico, cioè convincere le persone ad accettare buoni AFE come controprestazioni di beni e servizi.[10]  È chiaro che quanto più piccola la comunità, tanto più facile sarà istruire la gente durante il periodo preparatorio all’emissione. Appena la cosa funziona nella prima comunità, come avvenne a Wörgl nel 1932, il successo la estenderà a macchia d’olio ad altre.

            Dato che i buoni AFE sono complementari e non sostitutivi della moneta ufficiale, nessuno è obbligato ad accettarli. Chi li rifiuta, guadagna quanto guadagnava prima. Chi li accetta, aggiunge potere d’acquisto ai guadagni previi, proporzionale alla quantità di buoni AFE accettata.

            In ordine di istruzione, primi vengono i membri delle associazioni di genitori; secondo, il personale scolastico; terzi e ultimi, gli operatori economici della comunità con i beni e servizi che offrono, e le loro famiglie. Il tempo di istruzione dipenderà da quando l’entità emittente giudichi che sia opportuno lanciare l’AFE.

            Non è necessario tenere cerimonie ufficiali o equivalenti. Dopo l’istruzione preparativa si stabilisce una data di lancio e il resto viene da sé.

            Il principio che governa i buoni AFE è semplice: il lavoro di chiunque lo si paga in contanti. Non c’è bisogno di aspettare “la fine del mese”. Cuanto lo si paga, dipende da domanda e offerta, come di consueto. È improbabile che un operatore economico richieda un pagamento eccessivo, dato che “risparmiare” AFE è risparmiare qualcosa di deperibile, come le verdure.

            Alla scadenza di qualsiasi trimestre dopo l’emissione, chiunque si trovi in possesso di un buono vi appicicherà il francobollo dovuto. Questo o ce l’ha già o lo compra. 50 francobolli servono per 12,5 buoni.

            Con i buoni AFE si possono anche pagare –e perchè no?- due cose: la maternità e i compiti scolastici. Non esiste ragione alcuna perchè si continui a chiedere alle madri di far gratis il lavoro più impegnativo e importante di una società. Che le scuole paghino per la produzione e preparazione del capitale umano che permetterà loro di prosperare negli anni a venire fa senso economico da qualunque punto di vista lo si guardi. Non è questione di forzarle a far figli e dedicarsi al lavoro domestico: è questione di dar loro la possibilità di scegliere. E non esiste ragione alcuna per continuare ad instillare negli alunni una mentalità da schiavi. Non propongo che si paghi loro uno stipendio fisso, ma che si premino con buoni AFE le prestazioni migliori in ricchezza di contenuto, presentazione, puntualità, ecc. Ciò contribuirà parecchio a elevare il livello di insegnamento, dando agli studenti l’idea chiara che lavorar bene rende.

 

 

Il Ruolo della Chiesa

 

            L’unica cosa da chiedere alla Chiesa (che può rifiutare, ma non importa) è di accettare buoni AFE come contribuzione domenicale, non invece di denaro trazionale, ma insieme a quello. Se le quantità ricevute superano quelle delle contribuzioni di prima, la Chiesa ha tutto da guadagnare e niente da perdere. Può spendere i buoni AFE per tutto quello che si produce dentro la comunità.

 

 

Il Ruolo del Governo dello Stato[11]

 

            Come diceva Frédéric Bastiat (1801-1850), quel che bisogna chiedere allo Stato è quel che chiese Diogene ad Alessandro Magno: togliersi di mezzo. Lo Stato, nel vedere l’economia decollare in tutto il paese, e sparire la disoccupazione senza costargli un centesimo (o un comizio), potrebbe convincersi ad accettare AFE in pagamento di imposte, o forse emettere lui stesso moneta deperibile. Avrebbe tutto da guadagnare e niente da perdere. Il paese passerebbe da una situazione di disoccupazione a una di scarsità di manodopera in un tempo relativamente breve. E appena i paesi “sottosviluppati” che ora si disfanno di emigranti facessero lo stesso, i loro cittadini in cerca di una vita migliore all’estero tornerebbero in fretta al paese di origine, rendendolo ricco e orgoglioso di non dovere più chiedere l’elemosina di un lavoro all’estero.

            Un’altra cosa che potrebbe fare lo Stato è impedire alla Banca Centrale, per non dire al Banco Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale, di immischiarsi nell’esperimento. Gli unici che hanno tutto da perdere e niente da guadagnare sono coloro che anche adesso continuano a vivere del lavoro altrui.

 

 

Una Visione di un Futuro AFE

 

            La monetizzazione di capitale umano qui proposta va molto più in là di piazzare saldamente i genitori nel sedile del cocchiere. Si tratta di un giro copernicano nel vedere non solo l’educazione, ma anche l’economia nella sua totalità.

            È piuttosto difficile immaginare il cambio di paradigma sottinteso da una economia lubrificata da AFE più che dal denaro convenzionale. La ragione principale è che tutti, o la maggioranza, dei termini economici in uso diverrebbero ridondanti o obsoleti.

            Il risparmio, per esempio, continuerebbe a esser possibile, però non sotto il proverbiale materasso o cassaforte. Converrebbe di più risparmiare in beni di consumo durabili, o prestando agli altri a un interesse dello 0%.

            Fare il prestatore, che nel sistema corrente favorisce la pratica dell’usura da parte di pochi a danno della maggioranza, diverrebbe pratica universale, dove tutti presterebbero a tutti sotto la spinta dell’AFE. Prestando, l’AFE mantiene il suo potere d’acquisto; risparmiandolo, lo perde. Nessun prestatario ritarderebbe la restituzione dovuta, e tutti non vedrebbero che vantaggi nel fare il prestatore. Cosicchè una economia basata sul dare, che favorisce la solidarietà, sostituirebbe una economia che favorisce l’egoismo, basata sul ricevere e lo sfruttare. Nel sistema corrente, l’idea di risparmiare nelle tasche altrui suona orripilante; nel sistema AFE sarebbe la cosa più naturale del mondo.

            Il termine “capitale” non varrebbe più per il denaro. Il capitale principale sarebbe quello umano, il che promuoverebbe famiglie numerose e scoraggerebbe, quando non frenerebbe del tutto, pratiche antieconomiche come l’aborto e la contraccezione. Il costo di qualsiasi opera, privata o pubblica, verrebbe misurato non più in unità monetarie, ma in ore di lavoro. Somme infime, però circolanti rapidamente, pagherebbero per qualsiasi lavoro, per quanto lungo e imponente.

            Dieci anni fa tutto questo era utopia. Oggi è a portata di mano dei produttori e educatori di ciò che importa di più: il capitale umano.

 

 

Note

 

[1] Il primo tentativo, a livello locale, ebbe luogo in Canada. Da allora sono sorte più di 20.000 monete sociali in altrettante comunità in tutto il mondo. Fu una di queste a salvare l’Argentina durante la recente depressione economica. Chi vuol saperne di più immetta il termine Community Currencies in Internet.

2 Re di Lidia (Asia Minore) del 6o secolo a.C. Fu il primo sovrano a inventare la moneta di Stato, garantendo il peso di una certa quantità di elettro (lega naturale di oro e argento) con il sigillo reale. Da allora, chi fa uso di moneta appartiene o alla classe sociale che fa attenzione al materiale di cui è fatta, o a quella che ne ha bisogno per la produzione e gli scambi. Chi vuol sapere di più sulla lotta tra le due classi legga non Marx, ma Tito Livio.

3 1839-97. Il suo Progresso e Povertà (1879) ha venduto più copie di tutte le opere di Marx messe insieme. Però l’economia ufficiale continua ad ignorarlo. La prima (e ultima) traduzione italiana risale al 1891.

4 Fino al 1914 vigeva in tutto il mondo la superstizione secondo la quale la moneta dovesse essere “sostenuta” dall’oro o altro metallo prezioso. La Grande Guerra mise fine a quella superstizione, dato che tutto l’oro del mondo avrebbe potuto pagare al massimo un paio di settimane di quel macello fratricida, altro che i quattro anni che durò. La guerra fu finanziata con moneta cartacea, come lo era già stata la Guerra di Secessione americana 60 anni prima. Alla fine del conflitto, l’Alta Banca pretese il ritorno al sistema aureo, e il Regno Unito obbedì. Era il 1925. Ne seguì immediatamente la disoccupazione, il crollo dei salari e la fame. Gli operai risposero con lo sciopero generale del 1926. Fu Re Giorgio V a convincere il Primo Ministro MacDonald che la soluzione fosse l’abbandono del sistema aureo una volta per tutte. La data del 25 settembre 1931 segna la prima sconfitta dell’usura dai tempi di Creso.

5 Dal 1944 il mondo è passato dal sistema aureo al sistema dollaro. A Bretton Woods si decise che il dollaro USA fosse la sola moneta a rimanere “sostenuta” da oro. Gli Stati Uniti garantivano di redimere in oro i cosiddetti “Eurodollari.” Non era che un’altra illusione, alla quale mise fine De Gaulle nel chiedere la redenzione di dollari in quantità eccedente quella che poteva essere redenta. E Nixon abbandonò il sistema aureo. Si evitò un’altra guerra perchè Keynes aveva proposto, e la proposta era stata accettata, che i governi sostituissero moneta “risparmiata” con moneta nuova, in deficit permanente. Però codesta soluzione ha causato inflazione e la svalutazione di tutte le monete del mondo, perfino la più stabile, il franco svizzero.

6 Wörgl è un paesino del Vorarlberg, nelle Alpi austriache. Nel 1932-33 il suo sindaco emise “certificati di lavoro” per 14 mesi, così assicurando pieno impiego ai 4 000 abitanti nel pieno della Grande Depressione mondiale. Manco a dirlo, la Banca Nazionale austriaca cassò l’esperimento per vie legali.

7 Nessuna delle due condizioni è obbligatoria. Si possono mettere 12 caselle da riempire mensilmente, e invece di francobolli si può obliterare il buono come si fa oggi per i biglietti di trasporti pubblici.

8 Non è che una media. Scuole che ritengono di offrire un livello di insegnamento più elevato possono benissimo chiedere una retribuzione più elevata in termini di buoni AFE per ora di insegnamento. Determineranno la quantità per contrattazione.

9 Neanche queste cifre sono obbligatorie. Se si preferisce una scadenza mensile, il tasso di svalutazione può essere del 0,5% mensile, o 6% annuale. L’importante è che non sia né tanto alto da impedirne l’accettazione, né tanto basso da favorirne l’accaparramento.

10 Si intende prodotti dentro la comunità. Per quelli prodotti fuori, bisognerà cambiare i buoni AFE con moneta ufficiale al tasso di scambio determinato dal mercato.

11 Voglio far constare che l’idea di una moneta deperibile non è mia, ma di Silvio Gesell (1862-1930), il quale però proponeva che la emettesse lo Stato. L’unica proposta originale di questo saggio è che la possono emettere i genitori, cosí instaurando una democrazia che corrisponda alla realtà.

 



[1] Il primo tentativo, a livello locale, ebbe luogo in Canadà. Da allora sono sorte più di 20 000 monete sociali in altrettante comunità in tutto il mondo. Fu una di queste a salvare l’Argentina durante la recente depressione economica. Chi vuol saperne di più immetta il termine Community Currencies in Internet.

[2] Re di Lidia (Asia Minore) del 6o secolo a.C. Fu il primo sovrano a inventare la moneta di Stato, garantendo il peso di una certa quantità di elettro (lega naturale di oro e argento) con il sigillo reale. Da allora, chi fa uso di moneta appartiene o alla classe sociale che fa attenzione al materiale di cui è fatta, o a quella che ne ha bisogno per la produzione e gli scambi. Chi vuol sapere di più sulla lotta tra le due classi legga non Marx, ma Tito Livio.

[3] 1839-97. Il suo Progresso e Povertà (1879) ha venduto più copie di tutte le opere di Marx messe insieme. Però l’economia ufficiale continua ad ignorarlo. La prima (e ultima) traduzione italiana risale al 1891.

[4] Fino al 1914 vigeva in tutto il mondo la superstizione secondo la quale la moneta dovesse essere “sostenuta” dall’oro o altro metallo prezioso. La Grande Guerra mise fine a quella superstizione, dato che tutto l’oro del mondo avrebbe potuto pagare al massimo un paio di settimane di quel macello fratricida, altro che i quattro anni che durò. La guerra fu finanziata con moneta cartacea, come lo era già stata la Guerra di Secessione americana 60 anni prima. Alla fine del conflitto, l’Alta Banca pretese il ritorno al sistema aureo, e il Regno Unito obbedì. Era il 1925. Ne seguì immediatamente la disoccupazione, il crollo dei salari e la fame. Gli operai risposero con lo sciopero generale del 1926. Fu Re Giorgio V a convincere il Primo Ministro MacDonald che la soluzione fosse l’abbandono del sistema aureo una volta per tutte. La data del 25 settembre 1931 segna la prima sconfitta dell’usura dai tempi di Creso.

[5] Dal 1944 il mondo è passato dal sistema aureo al sistema dollaro. A Bretton Woods si decise che il dollaro USA fosse la sola moneta a rimanere “sostenuta” da oro. Gli Stati Uniti garantivano di redimere in oro i cosiddetti “Eurodollari.” Non era che un’altra illusione, alla quale mise fine De Gaulle nel chiedere la redenzione di dollari in quantità eccedente quella che poteva essere redenta. E Nixon abbandonò il sistema aureo. Si evitò un’altra guerra perchè Keynes aveva proposto, e la proposta era stata accettata, che i governi sostituissero moneta “risparmiata” con moneta nuova, in deficit permanente. Però codesta soluzione ha causato inflazione e la svalutazione di tutte le monete del mondo, perfino la più stabile, il franco svizzero.

[6] Wörgl è un paesino del Vorarlberg, nelle Alpi austriache. Nel 1932-33 il suo sindaco emise “certificati di lavoro” per 14 mesi, così assicurando pieno impiego ai 4 000 abitanti nel pieno della Grande Depressione mondiale. Manco a dirlo, la Banca Nazionale austriaca cassò l’esperimento per vie legali.

[7] Nessuna delle due condizioni è obbligatoria. Si possono mettere 12 caselle da riempire mensilmente, e invece di francobolli si può obliterare il buono come si fa oggi per i biglietti di trasporti pubblici.

[8] Non è che una media. Scuole che ritengono di offrire un livello di insegnamento più elevato possono benissimo chiedere una retribuzione più elevata in termini di buoni AFE per ora di insegnamento. Determineranno la quantità per contrattazione.

[9] Neanche queste cifre sono obbligatorie. Se si preferisce una scadenza mensile, il tasso di svalutazione può essere del 0,5% mensile, o 6% annuale. L’importante è che non sia né tanto alto da impedirne l’accettazione, né tanto basso da favorirne l’accaparramento.

[10] Si intende prodotti dentro la comunità. Per quelli prodotti fuori, bisognerà cambiare i buoni AFE con moneta ufficiale al tasso di scambio determinato dal mercato.

[11] Voglio far constare che l’idea di una moneta depreibile non è mia, ma di Silvio Gesell (1862-1930), il quale però proponeva che la emettesse lo Stato. L’unica proposta originale di questo saggio è che la possono emettere i genitori, cosí instaurando una democrazia che corrisponda alla realtà.