Marc Luyckx

 

UN’ANIMA ALL’EUROPA?

Conferenza a Tolosa ed Albi 24/25 settembre 1996.

Traduzione italiana di Lucia ANTONAZZO

(a cura di Paolo COLUCCIA)

 

Lilliput Edizioni

 

I edizione – Martano (LE), 3° trimestre 1997

 Fascicolo auto riprodotto da

Edizioni LILLIPUT

C/o Paolo Coluccia, via Castrignano 51

73025 MARTANO (LE)

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Riproduzione libera

 

 

 

Questo testo, che è servito di base a una Conferenza per il grande pubblico, è il frutto delle ricerche dell'Autore alla Cellula delle Prospettive della Commissione Europea, di cui fa parte.

Esso non impegna che il suo Autore e in alcun modo la Commissione Europea.

  

M.L.

  Introduzione

L’anima della Honda...

Passeggiavamo, mia moglie ed io, nelle strade di Bruxelles quando siamo stati colpiti da una pubblicità: "Chi dice che un’automobile non ha un’anima? Honda ha più di un motore...". Siamo stati subito scioccati che ci si possa servire del concetto di anima per vendere un'automobile, ed eravamo pronti a fare una tiritera sulla materializzazione della società.

Ma, riflettendoci più da vicino, ci siamo domandati se non c’era un altro livello di spiegazione. Non sarebbe un simbolo del ribaltamento progressivo della "società di consumo" verso ciò che il Cebremat chiama la "società del senso"? Non è questo il tipo di ribaltamento che i pubblicitari presentano confusamente e tentano di mettere in opera, forse maldestramente?

La nostra società sarebbe talmente alla ricerca della sua anima che ciò finisce per debordare anche nella pubblicità.

Per trattare questo difficile tema ci porremo quattro domande:

  1. La costruzione europea aveva un’anima?
  2. C'era un lato d’ombra nel progetto europeo?
  3. L’Europa è in pericolo di perdere la sua anima?
  4. L’Europa può ritrovare la sua anima?

1. Il progetto europeo aveva un’anima? SI.

Il progetto dei fondatori, qualche anno dopo la guerra, aveva respiro. A fianco alle considerazioni strategiche e interessate, c’era incontestabilmente una dimensione luminosa.

  1. Progetto etico politico. Il progetto europeo era un progetto etico-politico rivolto alla riconciliazione di due popoli, la Germania e la Francia, che si confrontavano dopo secoli, con la complicità del Benelux e dell’Italia.
  2. 2. Progetto di difesa comune. Si voleva orientare rapidamente questo progetto verso la formazione di un esercito e una difesa comune (Comunità Europea di Difesa), che è stata rifiutata all'ultimo momento dalla Francia, dopo che era stata approvata dagli altri cinque Stati membri.

    3. Progetto di capitalismo sociale. Questo progetto fu allora indirizzato verso un’integrazione economica che non ha mai, fin dall’inizio, dimenticato la dimensione di solidarietà con i paesi più poveri dell’Unione né con il Terzo mondo (Trattato di Lomé). Di più, sotto l’impulso di Jacques Delors, allora Presidente della Commissione Europea, le dimensioni di solidarietà interna (Fondi Strutturali), sociale (Fondo Sociale), ma anche ecologica (rafforzamento della DGXI: Protezione dell’ambiente), sono state assai rafforzate durante l’Atto Unico nel 1987.

    Si è dunque visto prendere forma un sistema europeo di "capitalismo renano" che integra strutturalmente una dimensione di solidarietà. Questa dimensione sociale ed ecologica del mercato corrisponde ad una sensibilità profonda degli europei. Si tocca qui l’anima dell’Europa. Perdere questa dimensione ed andare molto semplicemente verso un "capitalismo reganiano" sarebbe un tradimento dell’aspirazione etica degli europei.

  3. Ma c’era un lato d’ombra nel progetto europeo.
  4. 1. Auschwitz e i cimiteri: le intenzioni non erano puramente etiche. Eravamo anche mossi - anche se implicitamente - da una paura collettiva della nostra violenza. Come è stato possibile che l’Europa abbia lasciato massacrare 6.000.000 di ebrei durante la guerra? Come siamo stati noi tutti capaci di tali barbarie? La seconda motivazione della costruzione europea è dunque questa volontà d’inventare istituzioni democratiche nuove, solide e impegnative che permettano di arrestare i nostri "demoni" al di là della prima generazione, finché la prossima generazione avrà dimenticato gli orrori delle guerre del XX secolo. D’altronde si sente in modo persistente negli USA una diffidenza in rapporto ai demoni europei, nei confronti della Germania ma anche degli altri Paesi.

    2. La paura di Stalin: il secondo grande acceleratore implicito della costruzione europea è stato la paura di Stalin, la quale ha favorito la coalizzazione degli europei dell’Ovest. Alcuni parlano anche della crisi di Suez come di un acceleratore politico...

    3. La dimenticanza del resto dell’Europa: per ragioni perfettamente chiare il progetto europeo si arrestava al muro. Il resto dell’Europa è rimasto nell’ombra. Ma una frase del trattato di Roma lascia la porta aperta a tutte le nazioni democratiche che condividono gli stessi ideali...

    L’anima del progetto europeo era precisamente quella di lottare e di rinunciare nel modo più definitivamente possibile all’aiuto di istituzioni stabili, i demoni dell'Europa (violenza, rifiuto dell’altro, razzismo, nazionalismo, purificazione etnica, campi di torture). Ecco perché il dramma dell’ex Iugoslavia ci tocca tanto. E’ un risorgere dei nostri demoni a qualche centinaio di chilometri dalle nostre frontiere. E’ un insuccesso cocente del nostro progetto stesso. Sì, noi siamo riusciti ad allontanare i nostri demoni in un circuito determinato, ma qual è il senso di questo rigurgito a qualche chilometro da casa nostra? E’ un pericolo per lo stesso progetto?

     

    3. L’Europa è in pericolo di perdere la sua anima?: SI.

    Il progetto europeo è profondamente trasformato dai cambiamenti importanti che noi siamo in procinto di vivere. Ora questi cambiamenti si producono a diversi livelli, simultaneamente. Proviamo a vederci più chiaro.

    1° LIVELLO: Il progetto politico europeo è fondamentalmente trasformato in conseguenza della caduta del muro.

    1.1. La caduta del muro fa uscire l’altra Europa dall’ombra. La minaccia comunista che teneva gli Europei dell’ovest sulla brace s’attenua fortemente, e il dramma dell’ex Jugoslavia esplode... Ecco la Comunità europea costretta a riesaminare il suo progetto politico in profondità. Se la paura del comunismo non funziona più come un potente unificatore, quale motivazione fondamentale ci daremo? C’è dunque una mancanza di motivazioni attuali per la costruzione europea.

    1.2. Bisogna integrare assolutamente l’altra Europa per non tradire l’essenza stessa del progetto fondatore. Ma ciò suppone un riesame delle nostre politiche (agricole, fondi strutturali) e delle nostre strutture (processo di decisione). E’ una sfida gigantesca. L’Unione ha cominciato a rivelarlo. Maastricht è un primo passo (certamente imperfetto, ma nella buona direzione). La seconda tappa è la Conferenza Intergovernativa (96-97) che sta rivedendo le strutture di decisione in seno all'Unione. Cerchiamo di non essere troppo critici allo sguardo di noi stessi. Il compito è terribilmente difficile e nuovo. Siamo i primi a tentare questo genere di esperienza.

    1.3. Gli Europei sono obbligati dalla Storia ad uscire dal loro intorpidente complesso d’inferiorità - di vinti rispetto agli USA. La storia li spinge in modo accelerato verso la presa in carico della loro propria sicurezza. E’ nel momento in cui l’Unione comincerà a negoziare l’entrata dei paesi dell’Europa centrale che i problemi di sicurezza e di difesa diventeranno preponderanti. E questo in un momento in cui più nessuno sa esattamente contro chi bisogna difendersi e come assicurare la nostra sicurezza.

    2° LIVELLO: La globalizzazione cambia la vita degli Europei malgrado la protezione dell’Unione e non a causa di essa!

    Noi viviamo in un "Villaggio globale" (1) dove tutto è conosciuto istantaneamente ai quattro angoli della Terra grazie allo sviluppo dei mezzi di comunicazione.

    2.1. La globalizzazione ha certamente una dimensione economica. La gente ha l’impressione che la protezione sociale, il cuore del capitalismo "renano" stia scomparendo. Percepisce un indebolimento del senso della solidarietà, del civismo, della tolleranza, del rispetto e della fiducia nelle istituzioni democratiche. Per farla breve, si ha l'impressione che l’Europa che era stata promessa sia in procinto di vendere la sua anima al moloc "globalizzazione". Inoltre, bisognerebbe forse dire alle persone che:

    - Se l’Unione non esistesse, lo sconvolgimento sarebbe ancora più formidabile; l’esistenza dell’Unione è dunque una protezione ma che non era stata prevista per un tale cambiamento. La posta in gioco urgente, ma difficile, è di ricreare insieme una rete sociale corrispondente alla società della creatività-informazione.

    - Se la globalizzazione toglie posti di lavoro qui, ne ricrea altrove, anche se enormi problemi sociali persistono. In questo senso alcuni anni di globalizzazione hanno apportato molti più capitali al Terzo-Mondo che 40 anni di "sviluppo".

    2.2. La globalizzazione ha anche una dimensione culturale, che la si sottovaluta troppo abitualmente. Per dirlo semplicemente le persone sanno, vedono e possono paragonare dei valori culturali e religiosi che dieci anni fa erano loro totalmente sconosciuti. Questo sta minando la dominazione multi secolare della cultura cristiana bianca. E si vede apparire in Asia, in seno all’Islam, nel mondo cristiano ortodosso, nuove pretese per un’autonomia culturale e per un rifiuto sempre più generalizzato della necessità per tutte le civiltà di "occidentalizzarsi" per "progredire". Questa relativizzazione culturale della posizione dominante dell'Occidente può costituire un fattore positivo se quest’ultimo comprende e accetta il cambiamento in corso. Si potrebbe andare altrimenti verso scenari di "clash de civilisation" come predice il professor Huntington (The clash of civilizations and the remaking of the world orde , Simon & Schuster New York 1996).

    2.3. Un’altra conseguenza è che questa globalizzazione ci fa entrare dopo anni nell’era post-nazionale, lo Stato-Nazione che non possiede la levatura sufficiente per controllare efficacemente i flussi economici di statura mondiale. La costruzione europea è un tipo di risposta adattata a questa globalizzazione nella misura in cui è concepita in un contesto globale.

    3° LIVELLO: La società dell’informazione trasformandone il mezzo, trasforma anche la società intera.

    3.1. Il cambiamento qualitativo che avviene con la società dell’informazione è dovuto alla preminenza progressiva della conoscenza sul capitale.

    Quello che conta sempre più è la conoscenza come capacità di creare del nuovo. "I ‘fattori di produzione’ tradizionali - la terra, il lavoro e il capitale - non sono spariti ma sono diventati secondari". La posta in gioco importante della società del domani sarà dunque "La conoscenza applicata alla stessa conoscenza al fine di definire di quali conoscenze si ha bisogno, e ciò che deve essere fatto per rendere la conoscenza effettiva ed efficace. La conoscenza è messa in opera per promuovere l’innovazione sistematica (Drucker 42)(2) ... Il fatto che la conoscenza sia diventata la risorsa piuttosto che una risorsa è quello che fa che la nostra società è diventata post-capitalista. Questo semplice fatto trasforma, infatti, fondamentalmente la struttura della società. Ciò crea una nuova dinamica sociale ed economica. Ciò crea una nuova politica. (Drucker 45)"(3). Una delle conseguenze è che la lotta e l’opposizione tra i sostenitori del protezionismo e i sostenitori della liberalizzazione dei mercati, è superata. La società della conoscenza ha bisogno dei due in equilibrio. (Drucker 184.)

    3.2. Cambiamento fondamentale nella struttura degli scambi: "post-capitalismo".

    Nella società industriale se si vende una cosa si perde la cosa, ma si riceve denaro in cambio. Come dice benissimo la saggezza popolare: "Non si può avere il burro e il denaro del burro". Ora quando si tratta di "vendere" l'informazione, nessuno la "perde". Al contrario, lo scambio può ugualmente essere di arricchimento per le due parti e il denaro talvolta non è sempre presente. "Internet" è gratuito. E’ una rete di scambio. Questo è un altro detto che va a diventare d’attualità: "L’informazione è come l’amore, più se ne dà più se ne richiede". Noi assistiamo dunque ad una ristrutturazione fondamentale degli scambi tra gli uomini. Si ritorna progressivamente alla vecchia nozione medievale di "commercium" che era molto più vasta degli scambi monetizzati della società industriale. Al mercato del Medio Evo si scambiavano informazioni che favorivano i matrimoni, le sementi, servizi ed anche denaro. Ci si avvicinerebbe alla nozione di "società del dono" così ben descritta dal sociologo Marcel Mauss.

    3.3. Questo cambiamento ci costringerebbe ad una ri-umanizzazione della società (o il contrario): bisognerà d’ora in avanti adattare la macchina all’uomo e non più il contrario.

    La maggioranza degli osservatori insiste soprattutto sugli aspetti de-strutturanti e potenzialmente dis-umanizzanti della Società dell’informazione. La nostra ipotesi è che un tale approccio è spesso incompleto, perché l’angolo di approccio è troppo "industriale". Un cambiamento di punto di vista, di Weltanschauung, è necessario per comprendere la logica interna della società post-industriale. Alcuni ricercatori come Viveret e in misura minore Drucker sono puntualmente da interpellare, perché osano cambiare lo sguardo. "La società dell’intelligenza sarà forzata ad adattare la macchina all’umano al fine di valorizzare al massimo le capacità dell’intelligenza umana. E’ qui che devono radicarsi le riflessioni di fondo sulle nuove strategie economico-industriali per l’Europa di domani.

    Sul piano filosofico. La questione della produzione sarà completamente subordinata alla questione del senso, della riproduzione e dello scambio (Viveret). La posta in gioco diviene, dunque, ormai di adattare la macchina agli esseri umani, in maniera tale che il cervello sia valorizzato e utilizzato al massimo delle sue capacità. Ora, non c’è funzionamento dell’intelligenza senza una qualità d’emozione positiva che l’accompagna e che apre l’intelligenza. Sfortunatamente spesso le condizioni di lavoro fanno che i lavoratori, quale che sia il loro livello, vivano nella paura, nell’angoscia e nello stress piuttosto che nel desiderio e nella motivazione. La questione dell’"ecologia umana fondamentale" (qualità della vita) diventa anche una posta in gioco strategica maggiore. E’ esattamente l’opposto dei meccanismi attuali di esclusione che predominano nella nostra società: esclusione dei giovani a causa della disoccupazione, ma anche a causa della tecnologia, per esempio esclusione delle persone anziane o di quelle poco istruite di fronte a distributori di biglietti o altri automi...(Viveret)(4). Queste considerazioni non sono solo teoriche, esse si poggiano anche su fatti concreti. E’ così che alcuni osservatori interpretano la crisi dell’IBM i cui programmi erano meno "human-friendly" che di Apple o Microsoft. Questi due ultimi sono giunti a far tremare IBM sulle sue basi. La lezione è stata peraltro appresa da IBM.

    3.4. Poiché potrebbe essere imperniata sull’essere umano, la società dell’informazione introduce un cambiamento fondamentale nelle relazioni di potere e di governo.

    In un mondo dove non c’è più il modo di mantenere il potere essendo meglio informato dell’inferiore, le gerarchie piramidali e verticali sono progressivamente eliminate o portate a trasformarsi(5). Si tratterà ormai di esercitare la leadership attraverso il "senso"(6); è la ragione per cui si parla sempre di più di emergere del senso e dell’etica nella sfera politica. Si tratterà, dunque, da ora in poi, non più di far obbedire le persone, ma di motivarle, rispettandole fondamentalmente nella loro diversità di sesso, di razza, di cultura o di religioni e facendole condividere una VISIONE CHE ABBIA SENSO di fronte a domande fondamentali che esse si pongono (7). La società di domani sarà costituita da organizzazioni che avranno un alto livello di responsabilità civica, interiorizzata da ciascuno dei membri (Drucker)(8).

    3.5. Il sistema economico dominante deve essere ripensato fondamentalmente. Verso criteri più qualitativi, sociali, etici... o il contrario.

    Criteri qualitativi. Secondo Peter Drucker l’economia di domani, dovendo essenzialmente misurare la creatività umana, dovrà farlo secondo criteri qualitativi. Non è possibile, infatti, misurare la creatività secondo criteri unicamente quantitativi. Ora la nostra teoria economica attuale è basata su criteri quantitativi. Abbiamo bisogno, dunque, di riconoscere che non possediamo una teoria economica qualitativa adattata alla società dell’informazione. Siamo dunque in pieno errore in rapporto al cambiamento. Perché noi continuiamo ad usare una teoria economica che corrisponde sempre meno alla situazione attuale di transizione verso la società dell’informazione.

    Criteri sociali. Sbirciando la stampa sull’argomento della società dell’informazione, si percepisce che uno dei freni è la paura diffusa che questa nuova invenzione non contribuisca che a dualizzare ancor più la società. Si ha paura di andare non più verso la società dei 2/3 con 1/3 di esclusi, ma verso la società di 1/3 con 2/3 di esclusi. Fino a quando non si risponderà a questa domanda latente è poco probabile che si attirerà l’entusiasmo delle folle. Bisogna, dunque, se si vuole agire seriamente, accettare di aprire il dibattito sulla teoria economica dominante e le sue gravi insufficienze. Adesso questo argomento è ancora tabù. Lo stesso R. Reich, il segretario al Lavoro US, riconosce che è una cattiva cosa che i ricchi divengono più ricchi mentre i poveri diventano più poveri(10). E’ anche una gran cattiva geo-strategia. Ogni impero che vuol sopravvivere deve prendersi cura dei suoi vicini. Pensatori di qualità come Maurice Bellet parlano del "vicolo cieco maggiore di ciò che chiamano economia"(11). Vedere anche il successo librario (150.000 copie) del libro L'Orrore economico (Fayard, Paris, 1996) di Viviane Forrester.

    Etica del domani finanziario. E’ sempre più chiaro che non si continuerà ancora a permettere a dei privati di spogliare la Banca centrale di uno o più paesi. Una riflessione etica e istituzionale sulle Istituzioni Finanziarie Internazionali è urgente(12). Al livello della sfera dei dirigenti c’è un’apertura a riconoscere che c’è un problema, ma dov’è il dibattito?

    Ma questo livello di cambiamento non è l’ultimo, c’è ancora un altro livello più profondo e fondamentale.

    4° LIVELLO: Simultaneamente alla globalizzazione e indipendentemente da questa, viviamo una mutazione culturale profonda, che ci tocca tutti profondamente nelle nostre vite.

    Citiamo qui alcuni elementi che potrebbero essere sviluppati.

    1. Viviamo un cambiamento di paradigma? Andiamo verso una "cultura integrale"?

    Una recente inchiesta svolta da tre Istituti universitari californiani(13) indica una tendenza ascendente nei valori legati all’ambiente, la ricerca e l’esperienza spirituale, un nuovo tipo di civismo ecc... Ma le questioni sono strettamente differenti da quelle che sono state poste loro dalle inchieste sui valori in Europa (prof. J. Kerkhofs ecc...). Queste constatano un declino regolare dei valori civili sociali e religiosi, almeno nelle loro espressioni classiche/tradizionali.

    I californiani partono dall’ipotesi che un cambiamento di visione globale potrebbe essere in procinto di accadere e provano per la prima volta a misurarlo.

    2. Cambiamento delle relazioni uomo-donna.

    E’ sorprendente constatare che uno dei cambiamenti più diffusi attraverso tutte le culture è quello che concerne la relazione uomini-donne. L’Islam, qualsiasi cosa se ne pensi, è lontano dall’essere risparmiato. Siamo qui in presenza di un’ondata di fondo, di cui apprezziamo forse insufficientemente l’ampiezza e la profondità.

    3. Mutazione della scienza.

    Esiste oggi tutta una letteratura intorno al premio Nobel Prigogine. Questo studioso e, prima di lui, Heisenberg (meccanica quantica) arrivano, attraverso la loro ricerca in fisica, a ridefinire lo statuto epistemologico della scienza, che perde anche definitivamente il privilegio esorbitante di accesso diretto e oggettivo alla verità attraverso la razionalità. Non ci sarebbe dunque più "scienza esatta" in fisica, come in economia. Ciò costringe la comunità scientifica a ripensare fondamentalmente il rapporto della Scienza con la Verità. E’ necessario dunque che noi rinunciamo all’esistenza di una Verità razionale oggettiva. Ora, tutto il progetto della modernità poggiava precisamente su questa epistemologia razionale. Ci troviamo dunque di fronte a temibili problemi epistemologici che il cittadino non comprende, ma percepisce in modo confuso e angoscioso…

    4.Verso un nuovo statuto della Verità (epistemologia).

    L'espansione occidentale (religiosa, economica, culturale, tecnologica) s’è appoggiata su una concezione esclusiva della Verità, inizialmente esplicita (colonialismo) e più tardi implicita. (Fuori della "Chiesa", la nostra tecnologia, l’F.M.I. è senza scampo). Ci si incamminerebbe piuttosto verso un'epistemologia "aperta" che accetta dei percorsi differenti secondo le culture, senza tuttavia condurre ad un relativismo.

    5. Crisi della società di consumo (quantità) e avvento progressivo di una società della qualità e del senso.

    Alcuni sociologi cominciano a parlare della fine o della crisi della società di consumo(14); essi annunciano l’ingresso in una società del senso, di cui nessuno conosce i segnali, né il cammino. Simultaneamente, i consiglieri d’impresa sono alla ricerca di "Responsabili portatori di senso"(15).

    6. Irruzione dell’etica e anche della spiritualità nella sfera pubblica e politica.

    La modernità ha mirabilmente utilizzato le potenzialità dell’intellettualità, ma anche cancellato il cammino collettivo verso la profondità, verso il luogo del senso. Inoltre, ne ha interdetto l’accesso. Ora, è a questo livello che si situava Jean Monnet quando utilizzava i termini "morale"(16) e "spirituale"(17). Per lui, il dialogo con le popolazioni si doveva effettuare al livello del senso, al di sopra delle preoccupazioni tecniche. "I diversi governi non devono tanto preoccuparsi delle responsabilità tecniche che assumono allo sguardo del loro popolo, quanto alla loro responsabilità morale in presenza delle vaste speranze che questa proposizione (Schuman) ha risvegliato"(18).

    7. Un segno di questo mutamento: il carico della prova si sposta lentamente...

    In un certo modo, dunque, Monnet era un precursore di questo interrogativo etico, che sorge in modo inatteso un po’ dappertutto, nella stessa sfera politica. Io prenderò l’esempio della moralizzazione della politica attraverso il giudiziario in numerosi paesi, compreso il Giappone. Ci sono anche dei cambiamenti di fondo, rispetto alla guerra, per esempio(19). Coloro che parlano di una "cultura di pace" osservano che ci sono sempre delle guerre, ma che ormai il carico della prova ha cambiato di campo. Adesso, la prova deve essere data da coloro che pretendono che il miglior modo di regolare un conflitto sia la guerra. Questi ora devono provare d’avere ragione. Ciò è quello che cambia in modo impercettibile.

     

    CONCLUSIONE.

    I cambiamenti, come ben si vede, non provengono soltanto dalla stessa Europa. Noi europei siamo presi, come tutti gli altri, nei livelli differenti di cambiamento che ci sorprendono tutti per la loro profondità e la loro rapidità. E’ importante guardare in faccia questi cambiamenti, al fine di poter reagire, in maniera concertata e creativa, all’ampiezza di ciò che ci attende.

     

    4. L’Europa può ritrovare la sua anima?Si, se i cittadini dialogano e i responsabili osino dire la Verità.Un’immagine: i due volanti del camion Europa...

    Amerei proporre un’immagine: L’Europa è come un grande automezzo pesante, a DUE volanti.

    - Quando il volante "industriale" non risponde più molto bene...

    Il primo è il volante industriale che si conduce attraverso le decisioni economiche razionali, il conteggio razionale dei voti e delle intenzioni di voto (sondaggi). Il modo di governo è lineare, top-down, patriarcale (le donne hanno poco da dire in una logica maschile dominante). La Verità vi è presentata come unica, cosa che genera un malessere in relazione al "pensiero unico" che domina la nostra società. Questo primo volante risponde sempre meno, a tal punto che la maggioranza delle spie del quadro di bordo lampeggiano in rosso. C’è dunque un domandarsi al livello degli stessi dirigenti, che non sanno quale politica adattare per dirigere il camion.

    - E il volante della società della "conoscenza-creatività" è ancora nel suo imballaggio...

    Ora, c’è un altro volante di fianco, che è ancora nel suo imballaggio. Si tratta del nuovo modo di governare adatto alla società dell’informazione. Ma nessuno conosce il maneggiamento di questo nuovo dispositivo. Si tratta, per i dirigenti come per i cittadini, di apprenderne insieme il modo di usarlo, continuando nello stesso tempo a guidare con l’altro volante. La cosa più importante è leggere le istruzioni (il modo di impiego), cioè tentare di comprendere i cambiamenti d’ogni natura che ci invadono a tutti i livelli. Secondo le ultime informazioni questo volante potrebbe funzionare secondo una logica non-lineare ed anche attraverso impulsi che vengono dal basso. Accanto a ragionamenti razionali esso registrerebbe ugualmente impulsi del cervello destro, meno razionali e più creativi. L’economia vi sarebbe concepita come una riflessione collettiva e trans-disciplinare sugli obiettivi della società e in seguito solamente sui mezzi da mettere in opera per arrivarci. Così bene che il centro di gravità si sposterebbe rapidamente verso il progetto che i cittadini e i dirigenti si danno a corto, medio e lungo termine, piuttosto che sui mezzi da mettere in opera.

    Questo volante comporta anche temibili pericoli se capiterà nelle mani di un leader autoritario e senza scrupoli (Orwell)...

    Parecchi scenari sono possibili:

    1° scenario. Noi ci attacchiamo al primo volante rifiutando di vedere il cambiamento di fronte e di mettere mano al secondo volante.

    2° scenario. Il passaggio tecnologico è RAPIDO e il passaggio sociale è LENTO. Costo sociale elevato. L'apprendimento sul secondo volante si fa lentamente...

    3° scenario. Il passaggio tecnologico è LENTO e il passaggio sociale segue più facilmente. Il passaggio da un volante all’altro avviene in dolcezza.

    4° scenario. Il passaggio nella società dell’informazione è facile e armonioso.

    CONCLUSIONI

    1. La riflessione sull’anima dell’Europa è strategica, a medio e a lungo termine.

    Senza anima l’Europa rischia di non avere più identità, né posto nel mondo di domani. Questa riflessione tocca, si è visto, numerosi aspetti centrali: l’economia, la politica, il governo ma anche l’etica e il senso.

  5. Riflettere sull’anima dell’Europa oggi presuppone una seria riflessione sul cambiamento.

Ciò presuppone anche un’accettazione del cambiamento nelle nostre vite personali.

E’ un processo lento e difficile, che può costituire un cammino umano, perfino spirituale, che ciascuno deve assumere nella propria vita e che arricchisce la comunità.

4. "La Verità vi libererà". E’ urgente parlare in modo veritiero.

I dirigenti devono progressivamente accettare di esprimere le proprie interrogazioni, le proprie domande. Essi non hanno più la scienza infusa. E il cambiamento non è scritto in nessun libro.

5. Se una parola semplice di verità è detta, ciò può dare inizio ad una vaga speranza proporzionale al dis-incantamento attuale. Ora, la speranza degli europei è la posta in gioco del posto dell’Europa - e dell’EURO - nel mondo.

 

NOTE

- utilizzo di informazione per supportare le nuove forme di organizzazione e di costruzione del consenso".

 

Indice

Introduzione

L’anima della Honda

1. Il progetto europeo aveva un’anima? SI

2. Ma c’era un lato d’ombra nel progetto

europeo

3. L’Europa è in pericolo di perdere la

sua anima?: SI

4. L’Europa può ritrovare la sua anima

CONCLUSIONI

NOTE

Indice

 

Lilliput Edizioni

3° trimestre 1997

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