Senza Nome

 

RIME TROVATE IN SOFFITTA

A cura di un anonimo sognatore

 

Lilliput Edizioni

1998

http://digilander.libero.it/paolocoluccia

Domani, e domani e domani
striscia a piccoli passi, di giorno in
giorno, fino all'ultima sillaba del
tempo prescritto; e tutti i nostri
ieri hanno illuminato a dei pazzi il
cammino verso la polverosa morte.
Spegniti, spegniti, breve candela!
La vita non è che un'ombra in cammino;
un povero attore, che s'agita e si
pavoneggia per un'ora sul palcoscenico
e del quale poi non si sa più nulla.
E' un racconto narrato da un idiota,
pieno di strepito e di furore, e senza
alcun significato.
MACBETH

 

Fascicolo auto riprodotto da
Edizioni LILLIPUT
C/o Paolo Coluccia, via Castrignano 51
73025 MARTANO (LE)
Tel. 0368 419399

Riproduzione libera

*** 

Esperienze poetiche di gioventù!

Si è poeti
soltanto fino
ad una certa età...

*** 

 

AL NOVEMBRE

 

Pallido e uggioso:

brina che scende,

nebbia che fuma;

triste pioggerellina

che cade e rintocca

con ritmo eguale ed aspro.

Nuvoloso e triste

come tutto ciò

che in questo amaro

mese dell'anno esiste.

Tu a me tanto sei caro:

ti accoppi perfettamente

coi tanti pensieri

della mia mente,

tristi e lusinghieri...

 

Ricordi di tempi lontani

assalgono l'anima mia:

battute e risate

e giochi ormai vani.

Perché nel triste novembre

s'avvolge di brina il mio cuore

e passan lente le ore

nei brevi meriggi,

nelle sere infinite.

Banchi di nuvole grigi

addensano il monotono cielo.

Sulla terra oramai ogni stelo

ha perduto la foglia compagna

ed irto nella nebbia traspare,

come bianco fantasma

che sta a luccicare

negli incubi oscuri.

 

E' solo il cuor mio

sull'orlo profondo

di un abisso lì stante,

che attira invitante

nel fondo, tra il fumo

che vien su lentamente

ad unirsi alla nebbia de' campi.

Questi, di un biancastro colore,

ne sono avvolti quasi eternamente,

mentre si scorgono i bagliori dei lampi

tra i nembi fumosi del cielo,

ogni tanto pervaso

da stormi leggeri

d'augelli assai neri.

 

E ritorno a me stesso

per un istante a mirare

se il cuor mio sta per mutare

il suo stato d'angoscia,

il suo tenue abbandono;

or s'ode

lì fuori che scroscia

la pioggia sui vetri,

velati da un denso vapore,

che ferma lo sguardo

degli occhi turbati,

ma non quelli del cuore...

 

***

 

 

ALL'AMOR LONTANO

 

O tremolanti stelle del Carro

sì gaie nel ciel,

non siete le stesse 'sta sera:

non vi si contano in sette!

Ove le rimanenti son nascoste?

Le nega forse qualche nube

al mio sguardo?

Oh nube che adombri...

compagna forse tu sei

di questa forza possente

che il pensier mio oscura?

Mi rende triste...

nulla di ben m'assicura.

Cosa cerchi, che tormenti?

Or che son felice, appari tu:

fuggi da me, va via!

Non render la vita mia

triste e affannosa

or che vivo del caro ricordo

di lei, lei che mi pensa,

mi sorride, se pur lontana,

almeno spero...

Ed io la penso, io l'amo!

E ti scaccerò, nube caina!

Frantumerò i tuoi lembi

vaporosi e oscuri,

perché io l'amo,

con tutto il cuore,

con tutta la forza

che racchiudo in me,

anche se il dolore mi assale

tormentoso e vile,

quando la penso lontana,

quando la desidero vicina,

e non c'è, non è qui...

E non posso esaudir

lo sguardo mio,

che cerca in lungi,

tra tenebre e nubi,

dell'impotenza cosciente.

 

***

 

 

ALLA SERA

 

 Oh sera, compagna sera,

resti con me tu sola;

e l'ultimo pensier s'invola

lontano, passando colli

e pianure, città luminose

e strade grigiastre.

Buia e monotona sera:

chi sei, d'onde tu vieni?

Dove vai nel dì?

Hai un tuo sito?

Tu, silenziosa sera,

dolce compagna mia,

che anelo nelle tristi giornate,

qual meraviglia, quale immensità

m'ispiri per l'aspetto

che assumi col tuo fuligginoso

manto, sì grande, sì cupo!...

 

Sapresti parlare di lei?

Lei che non vedo

e che penso assiduamente:

cosa farà in questo momento?

E' triste, è doloroso

sapere una persona amica

lontana, non poterla vedere,

non sentirla palpitare.

Eros, divin fanciullo,

poss'io ancor sperare?

Aiuta me, oh sera:

rendimi forte,

fa che la mia sorte

non sia più nera...

Aiutami a sperare!

Aiutami ad amare!

 

***

 

  

ALLA LUNA

 

Oh Luna, splendido astro lucente,

tu che ascolti i sospiri

dell'umanità prostrata

da sì alto cielo ed immenso;

 

Tu, solitaria amante

del Sole, unico tuo pari,

pur senza stare un solo istante

con lui a rimirare

quel regno così grandioso

dove influite e comandate,

e lo ami eternamente:

quando cerchi innanzi a lui

t'illumini ancor di più!

 

Tu, oh Luna, che ascolti i canti

degli innamorati,

i loro discorsi della sera,

le preghiere ed i motti usuali:

li guardi e taci,

illuminando intorno.

 

Ti prego, oh Luna! -

Fa che quel che un dì trovai

non m'inganni giammai;

perciò ripongo in Te

la fede mia,

l'amor dei sogni miei.

 

***

 

 

UN ISTRIONE

 

 Vorrei essere un istrione

per cantare e saltare,

per ridere e recitare.

Con uno sguardo al copione

far felici i bambini,

dai più grandi ai più piccini.

provar tanta felicità,

ottenere tanta bontà...

 

Farse e commedie,

dialoghi e canzoni,

burle, marionette con tenzoni

per il pubblico infiammar.

Udire i plausi festosi

dal retro delle quinte:

la gran folla, gli schiocchi rumorosi

fanno sentir la gioia

di essere in libertà!

 

Oh, povero mio istrione

che ti nascondi nel mio cuore!

Qual triste lotta, qual tenzone

avviene nel tuo petto,

che ti senti stretto stretto

nel costume di Arlecchino

che ti appresti a recitare?

Vedo i tuoi occhi lacrimare

e si scioglie il trucco nero

che le folte ciglia circonda;

ad un tempo muta

il tono della tua voce:

non più chiaro e sciolto

come nei dialoghi e negli intrecci

passati, ma basso e rauco,

senza stupore.

 

Perché? Il cuor tuo soltanto lo sa:

nessuno in esso potrà mai penetrar...

 

***

 

 

LA MORTE - I -

 

Passa in ogni ora col suo gran forcone,

Sì come il contadino miete il suo grano,

Porta con sé un gran mucchio di persone:

Chi è vissuto bene, chi in modo vano.

 

La sua faccia, per chi poi la guardi,

E' orribile e spietata e affilata;

Con coloro che cercan ch'ella ritardi

La sua scelta, ghigna irritata!

 

Non li risparmia dalla loro sorte,

Gode e gioisce nel veder dolore:

Si avvia maligna, con le mani sporte,

 

In sulla terra a straziar il cuore

Di povere genti, dalle gote smorte,

che sperano salvezza in gran tremore.

 

***

 

 

LA MORTE - II -

 

E' poi nel crine tanto scompigliata

Perché non può mai il piè fermare;

Il mondo gira in volo, pur non essendo alata,

Più volte, e mai quiete riesce a trovare.

 

Guai se incontri quel triste sguardo

Degli occhi suoi, tetri e penetranti!

Non c'è pietà per te, nessun ritardo:

Diparti dalla vita in pochi istanti...

 

Spesso avviene, malauguratamente,

Che qualcuno non si riesca a pentire

Dei propri errori; infatti, improvvisamente

 

La vedi feroce e laida di là venire:

Nessun pensiero passa più per la mente,

Nessun perdono: soltanto morire!

 

***

 

 

IL PENSIERO

 

 Col suo lungo stelo,

circondata da larghe foglie,

la zucca è felice;

non sente quelle voglie

che tormentano lo spirito

di colui che sospira,

per mancanza di serenità,

nell'arco dell'esistenza sua.

 

 

E' felice il passero

libero nell'azzurro cielo,

sospinto dalla tenue aura

prodotta da gracili ali,

instancabili, sempre in moto,

per vincere quella forza

che attira il suo corpicino

sulla terra, tra la gente.

E' nell'aere che felicità trova,

tra nubi e dolci correnti,

lì dove camminano i venti

che portano ogni nuova all'umanità.

 

 

E' il gatto selvatico che sente

quell'amore e quella bontà

che soltanto il bosco gli porge

e non il rumore della città.

Così il topo di campagna,

assai meno quello di paese:

è la saggezza della favola

antica che ritorna alla mente.

Così il lupo che latra alla luna;

di meno il cane fedele

che abbaia al padrone.

 

 

Tutti gli esseri viventi

sentono una forza incessante

che stimola ad amare la vita,

a sentire un battito ridente,

che muta il dolore e gli affanni

in serenità e piacere.

 

Ma non l'uomo:

ei cerca e continuamente si affanna,

che gira e rigira, sulla terra e nei cieli,

per trovare un po' di pace interiore,

che gli renda la vita migliore.

 

 

Esaurisce i boschi, valica i monti,

scopre terre lontane e nuovi pianeti,

traversa oceani immensi,

dà nomi a fiumi e regioni,

ma non trova, non afferra,

quello che cerca

con tutta la sua anima.

con immenso ardore,

sino a quando non si ferma,

avvolto dal dolore.

 

***

 

 

TESTIMONIANZA

 

di una rondine che viene dall'Africa.

 

  

- Fermati, o rondine nera!

posati su questo ramo

di ciliegio, dai frutti rossi

come le gaie labbra

di giovinetta in fior degli anni!

Tronca il tuo volo

e parla un po' con me,

dimmi in che stato

è la gente che hai incontrato

nel tuo lungo viaggio

per i caldi paesi del sud,

dove il sole di continuo

splende, bruciante,

sulle spalle della gente

di quei luoghi, che rende

scura la lor pelle,

tanto che assai luccica

lo smalto candido dei denti

sulla loro faccia nera. -

 

 

- Certo, un attimo mi fermo

per dirti con rammarico

che non in buono stato

son coloro che ho incontrato

nei paesi tropicali

durante il mio peregrinare,

E di lor parlare,

dei mali e dei dolori

che ricevono alla luce

di quel sole, eterno testimone,

che spacca i bianchi sassi,

mi amareggia il cuore,

mi fa rabbrividire

e rizzar le piume,

perché grande e la pena

che mi nasce dentro,

immenso il dolore! -

 

- Soprusi e malvagità.

dispetti e calamità

vengono da ogni parte

all'innocente gente.

 

Tanti sono i disagi

e i mali orrendi

che devono sopportare

da parte di chi non vede

e non vuol vedere

o amare o voler ricordare

che si proviene da uno stesso ceppo,

anche se si è riposti

in luoghi diversi della terra,

luoghi che mutano il colore

della pelle, ma non il cuore!

 

Più d'ogni persona

soffro, dentro il mio cuore.

Le mie membra tremano,

i miei occhi lacrimano,

continuamente il mio pensier s'adombra,

l'animo mio s'addolora.

Solo il pensiero

rimane vivo e selvatico,

tra immense nubi, solo esso,

per me mistero,

un'immagine sa ridestare,

sa a chi pensare:

e sei tu, tu che lo guidi.

tu che lo conforti,

tu che sopravvivere lo fai

in un corpo spossato,

abbandonato, finito,

con la tua candida immagine

sempre presente,

a volte ridente

a volte sprezzante,

da ogni malvagità distante,

unica con l'esser mio,

con il mio pensiero fuggente...

 

***

 

 

SENTIMENTO D'AMORE

 

 L'ape si posa sul fiore profumato:

i loro corpi sono a contatto;

inizia un dolce amore

che ad entrambi porta felicità.

 

Uno succhia il dolce nettare,

l'altro glielo rende amorevolmente.

Ne gioiscono entrambi:

staranno insieme per l'eternità.

 

La natura li fe' compagni

inseparabili, un per l'altro;

non vi è disegno malvagio

tra loro, che li induca a litigar.

 

I loro sensi si sfiorano dolcemente,

i loro pensieri corrono lontano:

dove, penso, si può similmente

trovare nell'uomo amore e sincerità?

Son levigate a lungo dalla corrente

le pietre del greto del fiume:

sono unite - pietre e corrente -

nell'immensa natura dall'eternità.

 

L'acqua limpida a lungo bacia

la ruvida superficie del sasso:

anch'essi uniti, con gran sentimento

infinito nella storia e delicato.

 

Le nostre labbra si sfiorano dolcemente.

I pensieri cessano nella mente.

Come un lampo, una saetta,

l'amor s'infonde, in gran fretta.

 

Lo sentiamo correre nelle vene

quel sentimento che stretti tiene

la mente e il cuore:

non ci curiam del mondo!

Siam felici, distanti dal mondo!

 

***

 

 

EROS

 

 Eros, se le porte uscire

facessero dal Paradiso gli angeli più belli,

di certo il loro viso

non adombrerebbe le tue sembianze!

 

Mai si potrebbe udire

la tenue parola che dalle labbra tue

si vede uscire,

rosse come madrepora e corallo

 

di eterno sorriso ricoperte.

Ma non posso star vicino

a te più di tanto con le membra,

ma col pensiero si, mirarti

 

e ricordarti profondamente,

sognare lo sguardo tuo severo

ed amarti,

per sempre amarti!

 

***

 

 

LA FORTUNA

(Plagio di antica canzone popolare)

 

Vidi la mia Fortuna in alto mare,

Sopra un nero scoglio che piangeva.

- Cos'hai, Fortuna mia,

Che piangi tanto?

Cos'è successo di tanto grave

Da esserne in cuor turbata,

Che nel pianto sfoghi il tuo dolore? -

 

- No, non per me piango,

Non a me, ma a te fu arrecato dolore,

Mio compagno sfortunato!

Nulla potrà a me accadere:

E poiché salvaguardo solo te

Grande tristezza assale

Il cuor mio, e m'addoloro

Quando qualche dispetto

Si trama contro di te! -

 

Muto e spaurito aspettai

A mirar la mia Fortuna.

Triste era in volto, e mai

Provai una tal tortura.

Rossi gli occhi avea,

D'un rossor sì greve,

Che manco al foco si potea

Per l'infiammo paragonare.

 

Che si può, a tal punto fare:

La propria vita al destino

Provvido abbandonare,

Solo che nel futuro impera,

Come forza di cane mastino.

 

***

 

 

DEH, SERE D'ESTATE VICINE...

 

Deh, sere d'estate vicine!

oh dolce sussidio armonioso!

dolce principio fantasioso:

spiegatemi il perché

di tanta armonia

nello spirito mio,

che allor si dirigea

lontano, chissà dove,

chissà in quale mente,

in quali spazi infiniti,

quando ormai si accorgea

dei passi feriti...

 

 

Amor così spensierato,

sì dolce e sì caro,

non v'era nulla d'ingrato,

niente d'amaro.

Allor sì che potea

il cuor mio sentir

piacere di gran festa,

che or vano d'udir

cerca, nel vuoto immenso,

nella gran tristezza,

in cupa lontananza

che separa, in un cielo denso

di nubi angustianti,

nel ricordo di dolci rimpianti,

che fioriscono in cuor...

 

Forte è l'amore

che ho dentro di me.

Appena sopporto il dolore

nel pensar sempre a te.

Oh, cosa or fai

là, nel tuo borgo natio?

Mi pensi giammai?

Soffri dentro di te

come pur soffro io,

che sento oramai

il fuoco dell'angoscia,

come pioggia che scroscia

così furiosamente

da non fermarsi giammai?

E il dolo che cresce

Ogni istante di più,

specie quando si sente

vicino il tempo che fu...

Mi ritrovo nella mente

qualcosa di strano

e un occhio che guarda

sempre tanto lontano.

 

Solo il vero amore

più di tutto strazia:

ché sempre si sente,

sempre ti angustia!

Oh, come ti angustia!

Come ti sgorga dal cuore!

in modo sì frequente

come mai altra cosa,

quasi timore

che strazia perennemente,

con grande furore.

 

E' il vero amore

che in ogni istante strazia...

 

***

 

  

ORE DI TRISTEZZA

 

 Passano lente intere ore,

muore il mio cuor di nostalgia

per la passione che mi tormente

in tutti i giorni di vita mia.

 

Odo un'auto passar veloce,

sento cadere un peso sulla coscienza:

non so da dove venga,

mi fa pensare a cose vane.

 

Come sono tristi i ricordi

per tutto ciò che fan rimembrare:

rimembrano di te!

 

E ricado in gran tristezza continuamente,

che dura sempre per tutto il giorno,

che avvolge instancabile la mente.

 

***

 

 

MOMENTI

 

Ecco! Esci correndo trafelata

per salire sull'autobus

che d'improvviso parte.

Ti passa vicino come brezza

e ti scompiglia i capelli in ogni parte.

 

Come sei bella quando sei triste,

col visino imbronciato,

mentre ti guardo da lontano,

anch'io un po' amareggiato,

per non averti vicina in cammino.

 

T'avvii, penso, alla fermata,

per aspettare con noia ancora un po',

il successivo bus che partirà.

Non so se penserai a me

nell'attesa e nel tuo viaggio:

sappi che il mio cuor è lì con te!

 

***

 

 

IMMAGINE DIVINA

 

Ricordo ancor quel bel dì

quando ti scorsi errante sul mio cammino.

Seguivo solitario una strada ombrosa:

si sentiva il mormorio di una fonte.

 

Allor m'apparve un dio

che mi serrò il cuore:

non mi trattenni dal desio.

 

Mi sorrideva con le sue labbra rosse:

domandai chi mai ella fosse.

Un flusso di rossore le sparse il volto

mentre parlava a me rivolta.

 

Quanto l'eccelso Iddio mi donò!

Quanta beltà e leggiadria le infuse

quel dì che apparve in sogno in vita mia!

 

***

 

 

IL RICORDO

 

Quando ti accorgerai di ricordare

i giorni non così lontani,

pensa ai giochi fantasiosi,

a quei pensieri armoniosi,

che cullavano i nostri sogni.

 

Si volgea alla fine di un'estate,

tanto diversa, tanto soave,

più felice di altre e più gaia:

ormai credo fermamente

che nei dintorni,

in un'altra baia,

potrò giammai ritrovare

simile brio, sì gioia ilare,

qual trovai per puro caso

lì dove mi va la mente.

 

Ricorda i pochi avanzi,

gli sgoccioli dei giorni

che trascorremmo insieme,

con gaio luccichio degli occhi,

in un salino odor di brezza,

che fecero trasumanar

le nostre menti

e gli infuocati cuori,

al di là di tutto e in ogni dove,

simili ad artigli lucenti:

Mai però piacere e dolore

sì sconvolgente, sì dolce,

provò nel suo seno Dante

quando nell'empireo celeste

incontrò l'amato sembiante,

che con cuor gentile e lucente

sottrasse dall'atroce pena

colui che avea l'emblema

in sé della fede e dell'amore.

 

Mai tanto s'accese nell'aspetto,

come a me l'alma rifulse allora,

il navigator pensoso

che sentì dal petto

del suo nostromo uscire

il suono di una parola

che lui per mar cercava:

tanto amava, immensamente,

la terra su cui desiava

 

 

poggiare il piede; ed io la mente

adagiai in quieti pensieri,

d'allora non più lusinghieri,

ritrovando l'armonia perduta

in un'amara caduta

dell'alma mia,

ormai infelice e muta.

 

Solo nel ricordo, or più che mai,

il cuore in me esulta e ride,

corre con lo sguardo

e supera coi pensieri

ogni distanza e barriera,

sventolando sempre più in alto

la sua celeste bandiera.

 

***

 

 

IMMAGINE SCONOSCIUTA

(A colei che non conosco)

 

Amor, doloroso e triste,

quale tormento atroce

e supremo arrechi

nel cuore mio,

quanto i miei occhi

s'appressano a mirare

quella dolce sembianza?

Un volto sconosciuto

anima un gran pensare?

 

Povero e deluso

resto coi miei pensieri

invano offeso da quell'immagine

che offusca, e va e viene,

senza posa alcuna,

senza rispetto e cautela,

senza voler accostare

il suo parlare al mio!

 

Mio che intenso vieni,

dentro di me, ma non fuori,

che non ardisci alquanto,

né un po' di più,

quasi occhi arrossati

che si gelano nel pianto,

senza poter mirare

ciò che d'intorno avviene.

 

Quel muto sembiante

è sempre lì, desiderato,

ma non ardito:

e non si muove,

non fa cenno alcuno.

 

***

 

 

SE UNA SERA...

 

Se una sera tornassero i sospiri,

le parole, gli affanni di un tempo,

ti verresti a trovare con la mente sconvolta,

ma nel cuore saresti assai felice di ricordare:

di poter sperare...

 

Com'è bello calpestare

quell'erba soffice di prato

che tanto mutò la mia vita;

erba appena bagnata

da uno scarso acquazzone,

soffice come guanciale di candide piume,

dove affonda il piede e si bagna...

 

Calpestar quel suolo amico,

umida melma, come sabbia bagnata:

ancora si riflette

il battito di un dì:

non così lontano...

 

Com'è dolce poter d'inverno

la sera ammirare e rimembrare,

nella vicinanza del mare...

Questi mormora triste e solitario:

è gonfio, spento da ogni riflesso.

Il cielo è coperto, invisibile la luna;

par che una cupa distesa di fumo

abbia avvolto la cupola eterna...

 

Com'è dolce quel mare,

muto come l'aere nerastro

che tutt'intorno trasuda tristezza,

che intona nel dolore il tenue canto...

 

Quattro luci rischiarano gli sparsi casolari

del lido marino:

unico riflesso di lucentezza nel mare,

col passar delle ore

sempre più notturno,

sempre più denso e cupo,

sempre più avvolto da quiete notturna:

tutto è silenzio, tutto è mistero!

 

Ma è dolce ritrovar quei luoghi

compagni di tempi felici,

che deviarono la via

di un'esistenza folle e smaniosa...

 

***

 

 

MATTINO VELLUTATO

 

Ha qualcosa di strano

questo nuovo mattino

dipinto da tenue rossore

che emana l'aurora.

Nell'aria s'ode lontano

un dolce suono diamantino,

che mi riempie di gioia,

che scaccia da me ogni dolore.

 

Si percepisce appena,

ma lo sento questo bel canto:

non scorgo altro da me

in questo mattino vellutato,

se non i colori che mi sono accanto.

Mi sento più felice

e di tutto rasserenato.

 

Ecco: una luce mi appare.

E un nuovo aspetto

del silente agro,

che mi offusca gli occhi,

che li fa abbassare.

 

Apro pian piano gli occhi piangenti

e vagamente qualcosa distinguo

tra lo stupendo scenario:

la tua figura di donna,

sì nobile tra le genti:

perciò penso soltanto

a limar per te questo canto.

 

Mi vieni incontro

ed io non so che fare;

tendo le braccia a te,

verso il tuo gentile corpo:

non posso in alcun modo spostare

in avanti il corpo mio

e sento l'animo straziato e morto.

 

Odo nel vuoto immenso

la tua voce parlare:

parli con amore,

mi fai sentire il tuo affetto:

ma nulla riesco a dire

mentre comincio ad avanzare

verso di te

 

che crei in me tanto diletto.

 

Sono quasi a te congiunto,

apro le mani per poterti abbracciare:

ma quando ormai t'ho raggiunto

cominci a svanire:

non ti posso abbracciare.

 

Dove sei? Dove fuggisti?

E cerco col mio sguardo invano.

Dove ti sei nascosta?

Perché mi fai tormentare?

E comincio a vagare

e a cercarti nel piano:

grande è il desio e vano

che in me odo rullare.

 

Il sole è quasi

al mezzo del suo giro,

da quando sei sparita

molto tempo è passato.

Nella pallida radura

giro e rigiro,

pace non posso dare

al mio cuor tormentato.

 

Di questa visione

mi resta soltanto

vaga immagine di te,

mio dolce amore,

ma anche spasmo e dolore

e desiderio tanto:

sparendo così

hai trafitto il mio cuore.

 

***

 

 

LA QUIETE DELLA SERA

 

Cala maestosa la sera.

Silenzio: non s'ode più nulla.

Tutti nel loro giaciglio

trovano quiete e riposo

dopo un giorno di fatica,

al caldo o al freddo,

intenso e sfiancante,

che lenisce le membra

robuste d'ogni gente.

 

Gli animali sentono il sonno

salire pian piano negli occhi:

riposano tranquilli

nelle tane e negli ovili,

aspettando il domani,

nuovo giorno, nuove cacce,

nuove opre, nuovi incontri,

d'incertezza incessante.

 

Tutto il mondo riposa

al calar della sera:

ognuno chiude gli occhi

pensando al dì futuro.

Solo io non trovo quiete!

Riposo notturno, tanto bramato,

ma irriconoscente,

perché mi schivi

quasi fossi un verme?

O, forse, peggio di un verme!

Anch'egli, infatti,

riesce nella notte a trovare

la sua quiete,

la sua serenità.

 

***

 

 Indice

 

AL NOVEMBRE

ALL’AMOR LONTANO

ALLA SERA

ALLA LUNA

UN ISTRIONE

LA MORTE - I

LA MORTE - II

IL PENSIERO

TESTIMONIANZA di una rondine…

SENTIMENTO D’AMORE

EROS

LA FORTUNA

DEH, SERE D’ESTATE VICINE

ORE DI TRISTEZZA

MOMENTI

IMMAGINE DIVINA

IL RICORDO

IMMAGINE SCONOSCIUTA

SE UNA SERA

MATTINO VELLUTATO

LA QUIETE DELLA SERA

 

 

Edizioni LILLIPUT

1° trimestre 1998

 

Lilliput è un nuovo modo di fare comunicazione e cultura. Ogni testo divulgato da Lilliput può essere riprodotto liberamente da chi ne viene in possesso. Non esistono diritti d’autore e gli autori che accettano di far parte del circuito divulgativo Lilliput non percepiscono alcun compenso in denaro o in natura per il testo messo a disposizione, ma raggiungono il solo scopo di far conoscere il proprio pensiero. Essi si uniformano autonomamente alle regole del buon senso e della liceità, che tutti hanno il dovere di riconoscere e di adottare, per il rispetto e la dignità di tutte le persone.

Lilliput non ha fini di lucro, ma cerca d’infondere una nuova dimensione culturale, informativa e comunicativa. Per i fascicoli ricevuti non va inviato alcun pagamento, in denaro o in natura, ma soltanto vanno rimborsate le eventuali spese di riproduzione e postali sostenute, che sono liberamente quantificate dal ricevente.

I testi di Lilliput sono divulgati in tre modalità:

1) su carta sotto forma di fascicolo sobriamente rilegato;

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3) come allegato di posta elettronica (questa modalità è priva di spese).

I file sono gestibili con Microsoft WORD 1997 o 2000.

Chi utilizza i testi Lilliput ha il dovere morale di citare la fonte, l’autore, il titolo, il luogo e l’anno di edizione.

Lilliput si distingue per l’economicità e per il risparmio di carta. Inoltre, utilizza tecnologie informatiche di riproduzione all’avanguardia.

Ogni edizione di un testo è calcolata in 7 (sette) esemplari cartacei numerati e intestati, 7 (sette) esemplari su floppy disk numerati e intestati, e in un numero indefinito di allegati di posta elettronica, secondo le richieste ricevute.

Chiunque fosse interessato a divulgare o a ricevere testi Lilliput può scrivere al seguente indirizzo: Paolo Coluccia - Edizioni Lilliput, via Castrignano de’ Greci n. 51 - 73025 MARTANO (LE) – Italia.

(e-mail: paconet@libero.it) Sito Internet http://digilander.iol.it/paolocoluccia