Senza Nome
RIME TROVATE IN SOFFITTA
A cura di un anonimo sognatore
Lilliput Edizioni
1998
http://digilander.libero.it/paolocoluccia
Domani, e domani e domani
striscia a piccoli passi, di giorno in
giorno, fino all'ultima sillaba del
tempo prescritto; e tutti i nostri
ieri hanno illuminato a dei pazzi il
cammino verso la polverosa morte.
Spegniti, spegniti, breve candela!
La vita non è che un'ombra in cammino;
un povero attore, che s'agita e si
pavoneggia per un'ora sul palcoscenico
e del quale poi non si sa più nulla.
E' un racconto narrato da un idiota,
pieno di strepito e di furore, e senza
alcun significato.
MACBETH
Fascicolo auto riprodotto da
Edizioni LILLIPUT
C/o Paolo Coluccia, via Castrignano 51
73025 MARTANO (LE)
Tel. 0368 419399
Riproduzione libera
***
Esperienze poetiche di gioventù!
Si è poeti***
AL NOVEMBRE
Pallido e uggioso:
brina che scende,
nebbia che fuma;
triste pioggerellina
che cade e rintocca
con ritmo eguale ed aspro.
Nuvoloso e triste
come tutto ciò
che in questo amaro
mese dell'anno esiste.
Tu a me tanto sei caro:
ti accoppi perfettamente
coi tanti pensieri
della mia mente,
tristi e lusinghieri...
Ricordi di tempi lontani
assalgono l'anima mia:
battute e risate
e giochi ormai vani.
Perché nel triste novembre
s'avvolge di brina il mio cuore
e passan lente le ore
nei brevi meriggi,
nelle sere infinite.
Banchi di nuvole grigi
addensano il monotono cielo.
Sulla terra oramai ogni stelo
ha perduto la foglia compagna
ed irto nella nebbia traspare,
come bianco fantasma
che sta a luccicare
negli incubi oscuri.
E' solo il cuor mio
sull'orlo profondo
di un abisso lì stante,
che attira invitante
nel fondo, tra il fumo
che vien su lentamente
ad unirsi alla nebbia de' campi.
Questi, di un biancastro colore,
ne sono avvolti quasi eternamente,
mentre si scorgono i bagliori dei lampi
tra i nembi fumosi del cielo,
ogni tanto pervaso
da stormi leggeri
d'augelli assai neri.
E ritorno a me stesso
per un istante a mirare
se il cuor mio sta per mutare
il suo stato d'angoscia,
il suo tenue abbandono;
or s'ode
lì fuori che scroscia
la pioggia sui vetri,
velati da un denso vapore,
che ferma lo sguardo
degli occhi turbati,
ma non quelli del cuore...
***
ALL'AMOR LONTANO
O tremolanti stelle del Carro
sì gaie nel ciel,
non siete le stesse 'sta sera:
non vi si contano in sette!
Ove le rimanenti son nascoste?
Le nega forse qualche nube
al mio sguardo?
Oh nube che adombri...
compagna forse tu sei
di questa forza possente
che il pensier mio oscura?
Mi rende triste...
nulla di ben m'assicura.
Cosa cerchi, che tormenti?
Or che son felice, appari tu:
fuggi da me, va via!
Non render la vita mia
triste e affannosa
or che vivo del caro ricordo
di lei, lei che mi pensa,
mi sorride, se pur lontana,
almeno spero...
Ed io la penso, io l'amo!
E ti scaccerò, nube caina!
Frantumerò i tuoi lembi
vaporosi e oscuri,
perché io l'amo,
con tutto il cuore,
con tutta la forza
che racchiudo in me,
anche se il dolore mi assale
tormentoso e vile,
quando la penso lontana,
quando la desidero vicina,
e non c'è, non è qui...
E non posso esaudir
lo sguardo mio,
che cerca in lungi,
tra tenebre e nubi,
dell'impotenza cosciente.
***
ALLA SERA
Oh sera, compagna sera,
resti con me tu sola;
e l'ultimo pensier s'invola
lontano, passando colli
e pianure, città luminose
e strade grigiastre.
Buia e monotona sera:
chi sei, d'onde tu vieni?
Dove vai nel dì?
Hai un tuo sito?
Tu, silenziosa sera,
dolce compagna mia,
che anelo nelle tristi giornate,
qual meraviglia, quale immensità
m'ispiri per l'aspetto
che assumi col tuo fuligginoso
manto, sì grande, sì cupo!...
Sapresti parlare di lei?
Lei che non vedo
e che penso assiduamente:
cosa farà in questo momento?
E' triste, è doloroso
sapere una persona amica
lontana, non poterla vedere,
non sentirla palpitare.
Eros, divin fanciullo,
poss'io ancor sperare?
Aiuta me, oh sera:
rendimi forte,
fa che la mia sorte
non sia più nera...
Aiutami a sperare!
Aiutami ad amare!
***
ALLA LUNA
Oh Luna, splendido astro lucente,
tu che ascolti i sospiri
dell'umanità prostrata
da sì alto cielo ed immenso;
Tu, solitaria amante
del Sole, unico tuo pari,
pur senza stare un solo istante
con lui a rimirare
quel regno così grandioso
dove influite e comandate,
e lo ami eternamente:
quando cerchi innanzi a lui
t'illumini ancor di più!
Tu, oh Luna, che ascolti i canti
degli innamorati,
i loro discorsi della sera,
le preghiere ed i motti usuali:
li guardi e taci,
illuminando intorno.
Ti prego, oh Luna! -
Fa che quel che un dì trovai
non m'inganni giammai;
perciò ripongo in Te
la fede mia,
l'amor dei sogni miei.
***
UN ISTRIONE
Vorrei essere un istrione
per cantare e saltare,
per ridere e recitare.
Con uno sguardo al copione
far felici i bambini,
dai più grandi ai più piccini.
provar tanta felicità,
ottenere tanta bontà...
Farse e commedie,
dialoghi e canzoni,
burle, marionette con tenzoni
per il pubblico infiammar.
Udire i plausi festosi
dal retro delle quinte:
la gran folla, gli schiocchi rumorosi
fanno sentir la gioia
di essere in libertà!
Oh, povero mio istrione
che ti nascondi nel mio cuore!
Qual triste lotta, qual tenzone
avviene nel tuo petto,
che ti senti stretto stretto
nel costume di Arlecchino
che ti appresti a recitare?
Vedo i tuoi occhi lacrimare
e si scioglie il trucco nero
che le folte ciglia circonda;
ad un tempo muta
il tono della tua voce:
non più chiaro e sciolto
come nei dialoghi e negli intrecci
passati, ma basso e rauco,
senza stupore.
Perché? Il cuor tuo soltanto lo sa:
nessuno in esso potrà mai penetrar...
***
LA MORTE - I -
Passa in ogni ora col suo gran forcone,
Sì come il contadino miete il suo grano,
Porta con sé un gran mucchio di persone:
Chi è vissuto bene, chi in modo vano.
La sua faccia, per chi poi la guardi,
E' orribile e spietata e affilata;
Con coloro che cercan ch'ella ritardi
La sua scelta, ghigna irritata!
Non li risparmia dalla loro sorte,
Gode e gioisce nel veder dolore:
Si avvia maligna, con le mani sporte,
In sulla terra a straziar il cuore
Di povere genti, dalle gote smorte,
che sperano salvezza in gran tremore.
***
LA MORTE - II -
E' poi nel crine tanto scompigliata
Perché non può mai il piè fermare;
Il mondo gira in volo, pur non essendo alata,
Più volte, e mai quiete riesce a trovare.
Guai se incontri quel triste sguardo
Degli occhi suoi, tetri e penetranti!
Non c'è pietà per te, nessun ritardo:
Diparti dalla vita in pochi istanti...
Spesso avviene, malauguratamente,
Che qualcuno non si riesca a pentire
Dei propri errori; infatti, improvvisamente
La vedi feroce e laida di là venire:
Nessun pensiero passa più per la mente,
Nessun perdono: soltanto morire!
***
IL PENSIERO
Col suo lungo stelo,
circondata da larghe foglie,
la zucca è felice;
non sente quelle voglie
che tormentano lo spirito
di colui che sospira,
per mancanza di serenità,
nell'arco dell'esistenza sua.
E' felice il passero
libero nell'azzurro cielo,
sospinto dalla tenue aura
prodotta da gracili ali,
instancabili, sempre in moto,
per vincere quella forza
che attira il suo corpicino
sulla terra, tra la gente.
E' nell'aere che felicità trova,
tra nubi e dolci correnti,
lì dove camminano i venti
che portano ogni nuova all'umanità.
E' il gatto selvatico che sente
quell'amore e quella bontà
che soltanto il bosco gli porge
e non il rumore della città.
Così il topo di campagna,
assai meno quello di paese:
è la saggezza della favola
antica che ritorna alla mente.
Così il lupo che latra alla luna;
di meno il cane fedele
che abbaia al padrone.
Tutti gli esseri viventi
sentono una forza incessante
che stimola ad amare la vita,
a sentire un battito ridente,
che muta il dolore e gli affanni
in serenità e piacere.
Ma non l'uomo:
ei cerca e continuamente si affanna,
che gira e rigira, sulla terra e nei cieli,
per trovare un po' di pace interiore,
che gli renda la vita migliore.
Esaurisce i boschi, valica i monti,
scopre terre lontane e nuovi pianeti,
traversa oceani immensi,
dà nomi a fiumi e regioni,
ma non trova, non afferra,
quello che cerca
con tutta la sua anima.
con immenso ardore,
sino a quando non si ferma,
avvolto dal dolore.
***
TESTIMONIANZA
di una rondine che viene dall'Africa.
- Fermati, o rondine nera!
posati su questo ramo
di ciliegio, dai frutti rossi
come le gaie labbra
di giovinetta in fior degli anni!
Tronca il tuo volo
e parla un po' con me,
dimmi in che stato
è la gente che hai incontrato
nel tuo lungo viaggio
per i caldi paesi del sud,
dove il sole di continuo
splende, bruciante,
sulle spalle della gente
di quei luoghi, che rende
scura la lor pelle,
tanto che assai luccica
lo smalto candido dei denti
sulla loro faccia nera. -
- Certo, un attimo mi fermo
per dirti con rammarico
che non in buono stato
son coloro che ho incontrato
nei paesi tropicali
durante il mio peregrinare,
E di lor parlare,
dei mali e dei dolori
che ricevono alla luce
di quel sole, eterno testimone,
che spacca i bianchi sassi,
mi amareggia il cuore,
mi fa rabbrividire
e rizzar le piume,
perché grande e la pena
che mi nasce dentro,
immenso il dolore! -
- Soprusi e malvagità.
dispetti e calamità
vengono da ogni parte
all'innocente gente.
Tanti sono i disagi
e i mali orrendi
che devono sopportare
da parte di chi non vede
e non vuol vedere
o amare o voler ricordare
che si proviene da uno stesso ceppo,
anche se si è riposti
in luoghi diversi della terra,
luoghi che mutano il colore
della pelle, ma non il cuore!
Più d'ogni persona
soffro, dentro il mio cuore.
Le mie membra tremano,
i miei occhi lacrimano,
continuamente il mio pensier s'adombra,
l'animo mio s'addolora.
Solo il pensiero
rimane vivo e selvatico,
tra immense nubi, solo esso,
per me mistero,
un'immagine sa ridestare,
sa a chi pensare:
e sei tu, tu che lo guidi.
tu che lo conforti,
tu che sopravvivere lo fai
in un corpo spossato,
abbandonato, finito,
con la tua candida immagine
sempre presente,
a volte ridente
a volte sprezzante,
da ogni malvagità distante,
unica con l'esser mio,
con il mio pensiero fuggente...
***
SENTIMENTO D'AMORE
L'ape si posa sul fiore profumato:
i loro corpi sono a contatto;
inizia un dolce amore
che ad entrambi porta felicità.
Uno succhia il dolce nettare,
l'altro glielo rende amorevolmente.
Ne gioiscono entrambi:
staranno insieme per l'eternità.
La natura li fe' compagni
inseparabili, un per l'altro;
non vi è disegno malvagio
tra loro, che li induca a litigar.
I loro sensi si sfiorano dolcemente,
i loro pensieri corrono lontano:
dove, penso, si può similmente
trovare nell'uomo amore e sincerità?
Son levigate a lungo dalla corrente
le pietre del greto del fiume:
sono unite - pietre e corrente -
nell'immensa natura dall'eternità.
L'acqua limpida a lungo bacia
la ruvida superficie del sasso:
anch'essi uniti, con gran sentimento
infinito nella storia e delicato.
Le nostre labbra si sfiorano dolcemente.
I pensieri cessano nella mente.
Come un lampo, una saetta,
l'amor s'infonde, in gran fretta.
Lo sentiamo correre nelle vene
quel sentimento che stretti tiene
la mente e il cuore:
non ci curiam del mondo!
Siam felici, distanti dal mondo!
***
EROS
Eros, se le porte uscire
facessero dal Paradiso gli angeli più belli,
di certo il loro viso
non adombrerebbe le tue sembianze!
Mai si potrebbe udire
la tenue parola che dalle labbra tue
si vede uscire,
rosse come madrepora e corallo
di eterno sorriso ricoperte.
Ma non posso star vicino
a te più di tanto con le membra,
ma col pensiero si, mirarti
e ricordarti profondamente,
sognare lo sguardo tuo severo
ed amarti,
per sempre amarti!
***
LA FORTUNA
(Plagio di antica canzone popolare)
Vidi la mia Fortuna in alto mare,
Sopra un nero scoglio che piangeva.
- Cos'hai, Fortuna mia,
Che piangi tanto?
Cos'è successo di tanto grave
Da esserne in cuor turbata,
Che nel pianto sfoghi il tuo dolore? -
- No, non per me piango,
Non a me, ma a te fu arrecato dolore,
Mio compagno sfortunato!
Nulla potrà a me accadere:
E poiché salvaguardo solo te
Grande tristezza assale
Il cuor mio, e m'addoloro
Quando qualche dispetto
Si trama contro di te! -
Muto e spaurito aspettai
A mirar la mia Fortuna.
Triste era in volto, e mai
Provai una tal tortura.
Rossi gli occhi avea,
D'un rossor sì greve,
Che manco al foco si potea
Per l'infiammo paragonare.
Che si può, a tal punto fare:
La propria vita al destino
Provvido abbandonare,
Solo che nel futuro impera,
Come forza di cane mastino.
***
DEH, SERE D'ESTATE VICINE...
Deh, sere d'estate vicine!
oh dolce sussidio armonioso!
dolce principio fantasioso:
spiegatemi il perché
di tanta armonia
nello spirito mio,
che allor si dirigea
lontano, chissà dove,
chissà in quale mente,
in quali spazi infiniti,
quando ormai si accorgea
dei passi feriti...
Amor così spensierato,
sì dolce e sì caro,
non v'era nulla d'ingrato,
niente d'amaro.
Allor sì che potea
il cuor mio sentir
piacere di gran festa,
che or vano d'udir
cerca, nel vuoto immenso,
nella gran tristezza,
in cupa lontananza
che separa, in un cielo denso
di nubi angustianti,
nel ricordo di dolci rimpianti,
che fioriscono in cuor...
Forte è l'amore
che ho dentro di me.
Appena sopporto il dolore
nel pensar sempre a te.
Oh, cosa or fai
là, nel tuo borgo natio?
Mi pensi giammai?
Soffri dentro di te
come pur soffro io,
che sento oramai
il fuoco dell'angoscia,
come pioggia che scroscia
così furiosamente
da non fermarsi giammai?
E il dolo che cresce
Ogni istante di più,
specie quando si sente
vicino il tempo che fu...
Mi ritrovo nella mente
qualcosa di strano
e un occhio che guarda
sempre tanto lontano.
Solo il vero amore
più di tutto strazia:
ché sempre si sente,
sempre ti angustia!
Oh, come ti angustia!
Come ti sgorga dal cuore!
in modo sì frequente
come mai altra cosa,
quasi timore
che strazia perennemente,
con grande furore.
E' il vero amore
che in ogni istante strazia...
***
ORE DI TRISTEZZA
Passano lente intere ore,
muore il mio cuor di nostalgia
per la passione che mi tormente
in tutti i giorni di vita mia.
Odo un'auto passar veloce,
sento cadere un peso sulla coscienza:
non so da dove venga,
mi fa pensare a cose vane.
Come sono tristi i ricordi
per tutto ciò che fan rimembrare:
rimembrano di te!
E ricado in gran tristezza continuamente,
che dura sempre per tutto il giorno,
che avvolge instancabile la mente.
***
MOMENTI
Ecco! Esci correndo trafelata
per salire sull'autobus
che d'improvviso parte.
Ti passa vicino come brezza
e ti scompiglia i capelli in ogni parte.
Come sei bella quando sei triste,
col visino imbronciato,
mentre ti guardo da lontano,
anch'io un po' amareggiato,
per non averti vicina in cammino.
T'avvii, penso, alla fermata,
per aspettare con noia ancora un po',
il successivo bus che partirà.
Non so se penserai a me
nell'attesa e nel tuo viaggio:
sappi che il mio cuor è lì con te!
***
IMMAGINE DIVINA
Ricordo ancor quel bel dì
quando ti scorsi errante sul mio cammino.
Seguivo solitario una strada ombrosa:
si sentiva il mormorio di una fonte.
Allor m'apparve un dio
che mi serrò il cuore:
non mi trattenni dal desio.
Mi sorrideva con le sue labbra rosse:
domandai chi mai ella fosse.
Un flusso di rossore le sparse il volto
mentre parlava a me rivolta.
Quanto l'eccelso Iddio mi donò!
Quanta beltà e leggiadria le infuse
quel dì che apparve in sogno in vita mia!
***
IL RICORDO
Quando ti accorgerai di ricordare
i giorni non così lontani,
pensa ai giochi fantasiosi,
a quei pensieri armoniosi,
che cullavano i nostri sogni.
Si volgea alla fine di un'estate,
tanto diversa, tanto soave,
più felice di altre e più gaia:
ormai credo fermamente
che nei dintorni,
in un'altra baia,
potrò giammai ritrovare
simile brio, sì gioia ilare,
qual trovai per puro caso
lì dove mi va la mente.
Ricorda i pochi avanzi,
gli sgoccioli dei giorni
che trascorremmo insieme,
con gaio luccichio degli occhi,
in un salino odor di brezza,
che fecero trasumanar
le nostre menti
e gli infuocati cuori,
al di là di tutto e in ogni dove,
simili ad artigli lucenti:
Mai però piacere e dolore
sì sconvolgente, sì dolce,
provò nel suo seno Dante
quando nell'empireo celeste
incontrò l'amato sembiante,
che con cuor gentile e lucente
sottrasse dall'atroce pena
colui che avea l'emblema
in sé della fede e dell'amore.
Mai tanto s'accese nell'aspetto,
come a me l'alma rifulse allora,
il navigator pensoso
che sentì dal petto
del suo nostromo uscire
il suono di una parola
che lui per mar cercava:
tanto amava, immensamente,
la terra su cui desiava
poggiare il piede; ed io la mente
adagiai in quieti pensieri,
d'allora non più lusinghieri,
ritrovando l'armonia perduta
in un'amara caduta
dell'alma mia,
ormai infelice e muta.
Solo nel ricordo, or più che mai,
il cuore in me esulta e ride,
corre con lo sguardo
e supera coi pensieri
ogni distanza e barriera,
sventolando sempre più in alto
la sua celeste bandiera.
***
IMMAGINE SCONOSCIUTA
(A colei che non conosco)
Amor, doloroso e triste,
quale tormento atroce
e supremo arrechi
nel cuore mio,
quanto i miei occhi
s'appressano a mirare
quella dolce sembianza?
Un volto sconosciuto
anima un gran pensare?
Povero e deluso
resto coi miei pensieri
invano offeso da quell'immagine
che offusca, e va e viene,
senza posa alcuna,
senza rispetto e cautela,
senza voler accostare
il suo parlare al mio!
Mio che intenso vieni,
dentro di me, ma non fuori,
che non ardisci alquanto,
né un po' di più,
quasi occhi arrossati
che si gelano nel pianto,
senza poter mirare
ciò che d'intorno avviene.
Quel muto sembiante
è sempre lì, desiderato,
ma non ardito:
e non si muove,
non fa cenno alcuno.
***
SE UNA SERA...
Se una sera tornassero i sospiri,
le parole, gli affanni di un tempo,
ti verresti a trovare con la mente sconvolta,
ma nel cuore saresti assai felice di ricordare:
di poter sperare...
Com'è bello calpestare
quell'erba soffice di prato
che tanto mutò la mia vita;
erba appena bagnata
da uno scarso acquazzone,
soffice come guanciale di candide piume,
dove affonda il piede e si bagna...
Calpestar quel suolo amico,
umida melma, come sabbia bagnata:
ancora si riflette
il battito di un dì:
non così lontano...
Com'è dolce poter d'inverno
la sera ammirare e rimembrare,
nella vicinanza del mare...
Questi mormora triste e solitario:
è gonfio, spento da ogni riflesso.
Il cielo è coperto, invisibile la luna;
par che una cupa distesa di fumo
abbia avvolto la cupola eterna...
Com'è dolce quel mare,
muto come l'aere nerastro
che tutt'intorno trasuda tristezza,
che intona nel dolore il tenue canto...
Quattro luci rischiarano gli sparsi casolari
del lido marino:
unico riflesso di lucentezza nel mare,
col passar delle ore
sempre più notturno,
sempre più denso e cupo,
sempre più avvolto da quiete notturna:
tutto è silenzio, tutto è mistero!
Ma è dolce ritrovar quei luoghi
compagni di tempi felici,
che deviarono la via
di un'esistenza folle e smaniosa...
***
MATTINO VELLUTATO
Ha qualcosa di strano
questo nuovo mattino
dipinto da tenue rossore
che emana l'aurora.
Nell'aria s'ode lontano
un dolce suono diamantino,
che mi riempie di gioia,
che scaccia da me ogni dolore.
Si percepisce appena,
ma lo sento questo bel canto:
non scorgo altro da me
in questo mattino vellutato,
se non i colori che mi sono accanto.
Mi sento più felice
e di tutto rasserenato.
Ecco: una luce mi appare.
E un nuovo aspetto
del silente agro,
che mi offusca gli occhi,
che li fa abbassare.
Apro pian piano gli occhi piangenti
e vagamente qualcosa distinguo
tra lo stupendo scenario:
la tua figura di donna,
sì nobile tra le genti:
perciò penso soltanto
a limar per te questo canto.
Mi vieni incontro
ed io non so che fare;
tendo le braccia a te,
verso il tuo gentile corpo:
non posso in alcun modo spostare
in avanti il corpo mio
e sento l'animo straziato e morto.
Odo nel vuoto immenso
la tua voce parlare:
parli con amore,
mi fai sentire il tuo affetto:
ma nulla riesco a dire
mentre comincio ad avanzare
verso di te
che crei in me tanto diletto.
Sono quasi a te congiunto,
apro le mani per poterti abbracciare:
ma quando ormai t'ho raggiunto
cominci a svanire:
non ti posso abbracciare.
Dove sei? Dove fuggisti?
E cerco col mio sguardo invano.
Dove ti sei nascosta?
Perché mi fai tormentare?
E comincio a vagare
e a cercarti nel piano:
grande è il desio e vano
che in me odo rullare.
Il sole è quasi
al mezzo del suo giro,
da quando sei sparita
molto tempo è passato.
Nella pallida radura
giro e rigiro,
pace non posso dare
al mio cuor tormentato.
Di questa visione
mi resta soltanto
vaga immagine di te,
mio dolce amore,
ma anche spasmo e dolore
e desiderio tanto:
sparendo così
hai trafitto il mio cuore.
***
LA QUIETE DELLA SERA
Cala maestosa la sera.
Silenzio: non s'ode più nulla.
Tutti nel loro giaciglio
trovano quiete e riposo
dopo un giorno di fatica,
al caldo o al freddo,
intenso e sfiancante,
che lenisce le membra
robuste d'ogni gente.
Gli animali sentono il sonno
salire pian piano negli occhi:
riposano tranquilli
nelle tane e negli ovili,
aspettando il domani,
nuovo giorno, nuove cacce,
nuove opre, nuovi incontri,
d'incertezza incessante.
Tutto il mondo riposa
al calar della sera:
ognuno chiude gli occhi
pensando al dì futuro.
Solo io non trovo quiete!
Riposo notturno, tanto bramato,
ma irriconoscente,
perché mi schivi
quasi fossi un verme?
O, forse, peggio di un verme!
Anch'egli, infatti,
riesce nella notte a trovare
la sua quiete,
la sua serenità.
***
Indice
AL NOVEMBRE
ALLAMOR LONTANO
ALLA SERA
ALLA LUNA
UN ISTRIONE
LA MORTE - I
LA MORTE - II
IL PENSIERO
TESTIMONIANZA di una rondine
SENTIMENTO DAMORE
EROS
LA FORTUNA
DEH, SERE DESTATE VICINE
ORE DI TRISTEZZA
MOMENTI
IMMAGINE DIVINA
IL RICORDO
IMMAGINE SCONOSCIUTA
SE UNA SERA
MATTINO VELLUTATO
LA QUIETE DELLA SERA
Edizioni LILLIPUT
1° trimestre 1998
Lilliput è un nuovo modo di fare comunicazione e cultura. Ogni testo divulgato da Lilliput può essere riprodotto liberamente da chi ne viene in possesso. Non esistono diritti dautore e gli autori che accettano di far parte del circuito divulgativo Lilliput non percepiscono alcun compenso in denaro o in natura per il testo messo a disposizione, ma raggiungono il solo scopo di far conoscere il proprio pensiero. Essi si uniformano autonomamente alle regole del buon senso e della liceità, che tutti hanno il dovere di riconoscere e di adottare, per il rispetto e la dignità di tutte le persone.
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