Legge
n. 53, G.U. 8 marzo 2000
Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità,
per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi
delle città
La Camera ha approvato in via definitiva la legge sui
congedi parentali. Il provvedimento, che concede ai genitori fino a 11 mesi
complessivamente di assenza dal lavoro per seguire i figli fino a 8 anni di
età, è stato approvato con l'astensione di Polo e Lega. I sì sono stati 210, un
solo voto contrario e 139 gli astenuti. Il ministro della Solidarietà sociale,
Livia Turco, ha definito il varo della legge "una svolta culturale per il
nostro Paese". Ecco le novità principali della legge.
i Il diritto all'astensione facoltativa si estende
anche al padre.
i La durata dell'astensione è maggiore - sia il padre che la madre potranno
chiedere sei mesi ciascuno (per un massimo di dieci mesi complessivi),
anche se uno dei due non lavora o non ne ha diritto.
i I padri potranno avere un "permesso-premio" di un mese se si
assenteranno dal lavoro per almeno tre mesi.
i L'astensione facoltativa si può chiedere nei primi otto anni di vita del
bambino (non più quindi solo nel primo anno). Fino ai tre anni del bambino
i genitori avranno una indennità pari al 30% della retribuzione mentre dopo i
tre anni e fino agli otto verrà garantita solo alle famiglie con redditi bassi.
In ogni caso, viene riconosciuta la copertura figurativa dei contributi.
i Il permesso potrà essere preso anche dai lavoratori dipendenti che abbiano la
moglie casalinga o lavoratrice autonoma.
i In caso di malattia del bambino, fino all'età di otto anni, i genitori
possono assentarsi, alternativamente, fino a cinque giorni l'anno ciascuno.
i Congedi fino a 11 mesi sono previsti per l'attività formativa e per la
formazione continua. Ne possono usufruire i lavoratori con almeno anni di
anzianità.
i Il trattamento di fine rapporto si potrà anticipare per sostenere le spese
dei periodi di astensione dal lavoro.
i Per i figli adottivi valgono le stesse norme dei figli naturali.
i Le imprese avranno incentivi se realizzano programmi di flessibilità. Le
imprese con meno di 20 dipendenti avranno sgravi contributivi del 50% nel caso
di assunzioni a tempo determinato in sostituzione di personale in congedo.
Capo I
PRINCIPI GENERALI
Art. l. (Finalità).
l. La presente legge promuove un equilibrio tra tempi di lavoro,
di cura, di formazione e di relazione, mediante:
a) l'istituzione dei congedi dei genitori e l'estensione del sostegno ai
genitori di soggetti portatori di handicap;
b) l'istituzione del congedo per la formazione continua e l'estensione dei
congedi per la formazione;
c) il coordinamento dei tempi di funzionamento delle città e la promozione
dell'uso del tempo per fini di solidarietà sociale.
Art. 2.
(Campagne informative)
l. Al fine di diffondere la conoscenza delle disposizioni della
presente legge, il Ministro per la solidarietà sociale è autorizzato a
predisporre, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
apposite campagne informative, nei limiti degli ordinari stanziamenti di
bilancio destinati allo scopo.
Capo II
CONGEDI PARENTALI, FAMILIARI E FORMATIVI
Art. 3.
(Congedi dei genitori)
l. All'articolo 1 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
(permessi per maternità) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
"il diritto di astenersi dal lavoro di cui all'articolo 7, ed il relativo
trattamento economico, sono riconosciuti anche se l'altro genitore non ne ha
diritto. Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7 e -al.comma-2
dell'articolo dell'articolo 15 sono estese alle lavoratrici di cui alla legge
29 dicembre 1987, n. 546, madri di bambini nati a decorrere dal 1° gennaio
2000. Alle predette lavoratrici i diritti previsti dal comma 1 dell'articolo 7
e dal comma 2 dell'articolo 15 spettano limitatamente ad un periodo di tre
mesi, entro il primo anno di vita del bambino"
2. L'articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è sostituito dal seguente:
"Art. 7.
l. Nei primi otto anni di vita del bambino ciascun genitore ha diritto di
astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. Le
astensioni dal lavoro dei genitori non possono complessivamente eccedere il
limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente
articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro
compete:
a) alla madre lavoratrice,
trascorso il periodo di astensione obbligatoria di cui all'articolo 4, primo
comma, lettera c) della presente legge, per un periodo continuativo o
frazionato non superiore a sei mesi;
b) ai padre lavoratore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore
a sei mesi;
c) qualora vi sia un solo genitore. per un periodo continuativo o frazionato
non superiore a dieci mesi.
2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi
dal lavoro per un periodo non inferiore a tre mesi, il limite di cui alla
lettera b) del comma 1 è elevato a sette mesi e il limite complessivo delle
astensioni dal lavoro dei genitori di cui al medesimo comma è conseguentemente
elevato a undici mesi.
3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto,
salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo
le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un
periodo di preavviso non inferiore a quindici giorni.
4. Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto, altresì, di astenersi
dal lavoro durante le malattie del bambino di età inferiore a otto anni ovvero
di età compresa fra tre e otto anni, in quest'ultimo caso nel limite di cinque
giorni lavorativi all'anno per ciascun genitore, dietro presentazione di
certificato rilasciato da un medico specialista del Servizio sanitari nazionale
o con esso convenzionato. La malattia del bambino che dia luogo a ricovero
ospedaliero interrompe il decorso del periodo di ferie in godimento da parte
del genitore.
5. I periodi di astensione dal lavoro di cui ai commi 1 e 4 sono computati nell'anzianità
di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima
mensilità o alla gratifica natalizia. Ai fini della fruizione del congedo di
cui al comma 4, la lavoratrice ed il lavoratore sono tenuti a presentare una
dichiarazione rilasciata ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968,
n. 15, attestante che l'altro genitore non sia in astensione dal lavoro negli
stessi giorni per il medesimo motivo". 3. All'articolo 10 della legge 30
dicembre 1971, n. 1204, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Ai periodi di riposo di cui al presente articolo si applicano le
disposizioni in materia di contribuzione figurativa, nonché di riscatto ovvero
di versamento dei relativi contributi previsti dal comma 2, lettera b),
dell'articolo 15. In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono
raddoppiati e le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dal primo comma del
presente articolo possono essere utilizzate anche dal padre".
4. L'articolo 15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è sostituito dal
seguente: "Art. 15. - I. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità
giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo di
astensione obbligatoria dal lavoro stabilita dagli articoli 4 e 5 della
presente legge. Tale indennità è comprensiva di ogni altra indennità spettante
per malattia.
2. Per i periodi di astensione facoltativa di cui all'articolo 7, comma 1, ai
lavoratori e alle lavoratrici è dovuta:
a) fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento
della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei
mesi; il relativo periodo, entro il limite predetto, è coperto da contribuzione
figurativa;
b) fuori dei casi di cui alla lettera a), fino al compimento dell'ottavo anno
di vita del bambino, e comunque per il restante periodo di astensione
facoltativa, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, nell'ipotesi
in cui il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte
l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione
generale obbligatoria; il periodo medesimo è coperto da i contribuzione
figurativa, attribuendo come valore retributivo per tale periodo il 200 per
cento del valore massimo dell'assegno sociale, proporzionato ai periodi di
riferimento, salva la facoltà di integrazione da parte dell'interessato, con
riscatto ai sensi dell'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, ovvero
con versamento dei relativi contributi secondo i criteri e le modalità della
prosecuzione volontaria.
3. Per i periodi di estensione per malattia del bambino di cui all'articolo 7,
comma 4, è dovuta:
a) fino al compimento del terzo anno di vita del bambino, la contribuzione
figurativa;
b) successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino al compimento
dell'ottavo anno, la copertura contributiva calcolata con le modalità previste
dal comma 2, lettera b).
4. Il reddito individuale di cui al comma 2, lettera b), è determinato secondo
i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al
minimo. 5. le indennità di cui al presente articolo sono corrisposte con gli
stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione
obbligatoria contro le malattie dall'ente assicuratore della malattia presso il
quale la lavoratrice o il lavoratore è assicurato e non sono subordinate a
particolari requisiti contributivi o di anzianità assicurativa".
5. Le disposizioni del presente articolo trovano applicazione anche nei
confronti dei genitori adottivi o affidatari. Qualora, all'atto dell'adozione o
dell'affidamento, il minore abbia un'età compresa fra sei e dodici anni, il
diritto di astenersi dal lavoro, ai sensi dei commi 1 e 2 del presente
articolo, può essere esercitato nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel
nucleo familiare. Nei confronti delle lavoratrici a domicilio e delle addette
ai servizi domestici e familiari, le disposizioni dell'articolo 15 della legge
30 dicembre 1971, n. 1204, come sostituito dal comma 4 del presente articolo,
si applicano limitatamente al comma 1.
Art. 4.
(Congedi per eventi e cause particolari)
l. La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso
retribuito di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o di
documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado
o del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la
lavoratrice risulti da certificazione anagrafica. In alternativa, nei casi di
documentata grave infermità, il lavoratore e la lavoratrice possono concordare
con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento dell'attività
lavorativa.
2. I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per
gravi e documentati motivi familiari, fra i quali le patologie individuate ai
sensi del comma 4, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non
superiore a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di
lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di
attività lavorativa. Il congedo non è computato nell'anzianità di servizio né
ai fini previdenziali, il lavoratore può procedere ai riscatto, ovvero al
versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della
prosecuzione volontaria.
3. I contratti collettivi disciplinano le modalità di partecipazione agli
eventuali corsi di formazione del personale che riprende l'attività lavorativa
dopo la sospensione di cui al comma 2.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto, di concerto con i
Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale e per le pari
opportunità, provvede alla definizione dei criteri per la fruizione dei congedi
di cui al presente articolo, all'individuazione delle patologie specifiche ai sensi
del comma 2, nonché alla individuazione dei criteri per la verifica periodica
relativa alla sussistenza delle condizioni di grave infermità dei soggetti di
cui al comma l.
Art. 5.
(Congedi per la formazione)
l. Ferme restando le vigenti disposizioni relative al diritto allo
studio di cui all'articolo 10 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i dipendenti
di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno cinque anni di
anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione, possono richiedere
una sospensione del rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un
periodo non superiore ad undici mesi, continuativo o frazionato, nell'arco
dell'intera vita lavorativa.
2. Per "congedo per la formazione" si intende quello finalizzato al completamente
della scuola dell'obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo
grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività
formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro.
3. Durante il periodo di congedo per la formazione il dipendente conserva il
posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione. Tale periodo non è
computabile nell'anzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie, con la
malattia e con altri congedi. Una grave e documentata infermità, individuata
sulla base dei criteri stabiliti dal medesimo decreto di cui all'articolo 4,
comma 4, intervenuta durante il periodo di congedo, di cui sia data
comunicazione scritta al datore di lavoro, dà luogo ad interruzione del congedo
medesimo.
4. Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di congedo per la
formazione ovvero può differirne l'accoglimento nel caso di comprovate esigenze
organizzativi. l contratti collettivi prevedono le modalità di fruizione del
congedo stesso, individuano le percentuali massime dei lavoratori che possono
avvalersene, disciplinano le ipotesi di differimento o di diniego all'esercizio
di tale facoltà e fissano i termini del preavviso, che comunque non può essere
inferiore a trenta giorni.
5. Il lavoratore può procedere al riscatto del periodo di cui al presente
articolo, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i
criteri della prosecuzione volontaria.
Art. 6.
(Congedi per la formazione continua)
l. I lavoratori, occupati e non occupati, hanno diritto di
proseguire i percorsi di formazione per tutto l'arco della vita, per accrescere
conoscenze e competenze professionali. Lo Stato, le regioni e gli enti locali
assicurano un'offerta formativa articolata sul territorio e, ove necessario,
integrata, accreditata secondo le disposizioni dell'articolo 17 della legge 24
giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni, e del relativo regolamento di
attuazione. L'offerta formativa deve consentire percorsi personalizzati,
certificati e riconosciuti come crediti formativi in ambito nazionale ed
europeo. La formazione può corrispondere ad autonoma scelta del lavoratore
ovvero essere predisposta dall'azienda, attraverso i piani formativi aziendali
o territoriali concordati tra le parti sociali in coerenza con quanto previsto
dal citato articolo 17 della legge n. 196 del 1997, e successive modificazioni.
2. La contrattazione collettiva di categoria, nazionale e decentrata, definisce
il monte ore da destinare ai congedi di cui al presente articolo, i criteri per
l'individuazione dei lavoratori e le modalità di, orario e retribuzione
connesse alla partecipazione ai percorsi di formazione.
3. Gli interventi formativi che rientrano nei piani aziendali o territoriali di
cui al comma 1 possono essere finanziati attraverso il fondo interprofessionale
per la formazione continua, di cui al regolamento di attuazione del citato
articolo 17 della legge n. 196 del 1997.
4. Le regioni possono finanziare progetti di formazione dei lavoratori che,
sulla base di accordi contrattuali, prevedano quote di riduzione dell'orario di
lavoro, nonché progetti di formazione presentati direttamente dai lavoratori.
Per le finalità del presente comma è riservata una quota, pari a lire 30
miliardi annue, del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla
legge 19 luglio 1993, n. 236. Il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, provvede annualmente, con proprio decreto, a
ripartire fra le regioni la predetta quota, sentita la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano.
Art. 7.
(Anticipazione del trattamento di fine
rapporto)
l. Oltre che nelle ipotesi di cui all'articolo 2120, ottavo comma,
del codice civile, il trattamento di fine rapporto può essere anticipato ai fini
delle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi di cui
all'articolo 7, comma 1, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come sostituito
dall'articolo 3, comma 2, della presente legge, e di cui agli articoli 5 e 6
della presente legge. L'anticipazione è corrisposta unicamente alla
retribuzione relativa al mese che precede la data di inizio del congedo. Le
medesime disposizioni si applicano anche alle domande di anticipazioni per
indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, comunque denominate,
spettanti a lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati.
2. Gli statuti delle forme pensionistiche complementari di cui al decreto
legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, possono
prevedere la possibilità di conseguire, ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del
citato decreto legislativo n. 124 del 1993, un'anticipazione delle prestazioni
per le spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi di cui
agli articoli 5 e 6 della presente legge.
3. Con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i
Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del lavoro
e della previdenza sociale e per la solidarietà sociale, sono definite le
modalità applicative delle disposizioni del comma 1 in riferimento ai
dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Art. 8.
(Prolungamento dell'età pensionabile)
l. I soggetti che usufruiscono dei congedi previsti dall'articolo
5, comma 1, possono, a richiesta, prolungare il rapporto di lavoro di un
periodo corrispondente, anche in deroga alle disposizioni concernenti l'età di
pensionamento obbligatoria. La richiesta deve essere comunicata al datore di
lavoro con un preavviso non inferiore a sei mesi rispetto alla data prevista
per il pensionamento.
Capo III
FLESSIBILITA DI ORARIO
Art. 9.
(Misure a sostegno della flessibilità di
orario)
l. Al fine di promuovere e incentivare forme di articolazione
della prestazione lavorativa volte a conciliare tempo di vita e di lavoro, nell'ambito
del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge
20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge l 9 luglio
1993, n. 236, è destinata una quota fino a lire 40 miliardi annue a decorrere
dall'anno 2000, al fine di erogare contributi, di cui almeno il 50 per cento
destinato ad imprese fino a cinquanta dipendenti, in favore di aziende che
applichino accordi contrattuali che prevedono azioni positive per la
flessibilità, ed in particolare:
a) progetti articolati per consentire alla lavoratrice madre o al
lavoratore padre, anche quando uno dei due sia lavoratore autonomo, ovvero
quando abbiano in affidamento o in adozione un minore, di usufruire di
particolari forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro,
tra cui part time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, orario
flessibile in entrata o in uscita, banca delle ore, flessibilità sui turni,
orario concentrato, con priorità per i genitori che abbiano bambini fino ad
otto anni di età o fino a dodici anni, in caso di affidamento o di adozione;
b) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo il periodo
di congedo;
c) progetti che consentano la sostituzione del titolare di impresa o del
lavoratore autonomo, che benefici del periodo di astensione obbligatoria o dei
congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri per la solidarietà sociale e per le pari opportunità, sono
definiti i criteri e le modalità per la concessione dei contributi di cui al
comma 1.
Capo IV
ULTERIORI DISPOSIZIONI A SOSTEGNO DELLA MATERNITÀ
E DELLA PATERNITÀ
Art 10.
(Sostituzione di lavoratori in
astensione).
1. L'assunzione di lavoratori a tempo determinato in sostituzione
di lavoratori in astensione obbligatoria o facoltativa dal lavoro ai sensi
della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come modificata dalla presente legge,
può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di inizio
dell'astensione, salvo periodi previsti dalla superiori previsti dalla
contrattazione collettiva.
2. Nelle aziende con meno di venti dipendenti, per i contributi a carico del
datore di lavoro che assume lavoratori con contratto a tempo determinato in
sostituzione di lavoratori in astensione ai sensi degli articoli 4, 5 e 7 della
legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come modificati dalla presente legge, è
concesso uno sgravio contributivo del 50 per cento. Le disposizioni del
presente comma trovano applicazione fino al compimento di un anno di età del
figlio della lavoratrice o del lavoratore in astensione e per un anno
dall'accoglienza del minore adottato o in affidamento.
3. Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome di cui alla legge 29 dicembre
1987, n. 546, è possibile procedere, in caso di maternità delle suddette
lavoratrici, e comunque entro il primo anno di età del bambino o nel primo anno
di accoglienza del minore adottato o in affidamento, all'assunzione di un
lavoratore a tempo determinato, per un periodo massimo di dodici mesi, con le
medesime agevolazioni di cui al comma 2.
Art. 11.
(Parti prematuri)
l. All'articolo 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sono
aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, i
giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto vengono aggiunti
al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto.
La lavoratrice è tenuta a presentare, entro trenta giorni, il certificato
attestante la data del parto".
Art. 12.
(Flessibilità dell'astensione
obbligatoria).
1. Dopo l'articolo 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è
inserito il seguente;
"Art. 4-bis. - 1. Ferma restando la durata complessiva dell'astensione dal
lavoro, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal
mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al
parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale
o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e
tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi
pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro".
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali,
definisce, con proprio decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, l'elenco dei lavori ai quali non si applicano
le disposizioni dell'articolo 4-bis della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
introdotto dal comma 1 del presente articolo.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, provvede, entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad aggiornare l'elenco
dei lavori pericolosi, faticosi ed insalubri di cui all'articolo 5 del decreto
del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026.
Art. 13.
(Astensione dal lavoro del padre
lavoratore)
l. Dopo l'articolo 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, sono
inseriti i seguenti;
"Art. 6-bis. - 1. Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro
nei primi tre mesi dalla nascita del figlio, in caso di morte o di grave
infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento
esclusivo del bambino al padre.
2. Il padre lavoratore che intenda avvalersi del diritto di cui al comma 1
presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi
previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai
sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15. 3. Si applicano al
padre lavoratore le disposizioni di cui agli articoli 6 e 15, corrimi 1 e 5,
della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni.
4. Al padre lavoratore si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo
2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni, per il
periodo di astensione dal lavoro di cui al comma 1 del presente articolo e fino
al compimento di un anno di età del bambino.
Art. 6-ter. - 1. I periodi di riposo di cui all'articolo 10 della legge 30
dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni, e i relativi trattamenti
economici sono riconosciuti al padre lavoratore:
a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente".
Art. 14.
(Estensione di norme a specifiche categorie di lavoratrici madri)
1. I benefici previsti dal primo periodo del comma 1 dell'articolo
13 della legge 7 agosto 1 990, n. 232, sono estesi, dalla data di entrata in
vigore della presente legge, anche alle lavoratrici madri appartenenti ai corpi
di polizia municipale.
Art 15.
(Testo unico)
1. Al fine di conferire organicità e sistematicità alle norme in
materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, entro dodici
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo è
delegato ad emanare un decreto legislativo recante il testo unico delle
disposizioni legislative vigenti in materia, nel rispetto dei seguenti princìpi
e criteri direttivi:
a) puntuale individuazione del testo vigente delle norme;
b) esplicita indicazione delle norme abrogate, anche implicitamente, da
successive disposizioni;
c) coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei
limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la
coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e
semplificare il linguaggio normativa;
d) esplicita indicazione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che
restano comunque in vigore;
e) esplicita abrogazione di tutte le rimanenti disposizioni, non richiamate,
con espressa indicazione delle stesse in apposito allegato al testo unico;
f) esplicita abrogazione delle norme secondarie incompatibili con le
disposizioni legislative raccolte nel testo unico.
2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è deliberato dal
Consiglio dei ministri ed è trasmesso, con apposita relazione cui è allegato il
parere del Consiglio di Stato, alle competenti Commissioni parlamentari
permanenti, che esprimono il parere entro quarantacinque giorni
dall'assegnazione.
3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui
al comma 1 possono essere emanate, nel rispetto dei princìpi e criteri
direttivi di cui al medesimo comma 1 e con le modalità di cui al comma 2,
disposizioni correttive del testo unico.
Art. 16.
(Statistiche ufficiali sui tempi di vita)
l. L'istituto nazionale di statistica (ISTAT) assicura un flusso
informativo quinquennale sull'organizzazione dei tempi di vita della
popolazione attraverso la rilevazione sull'uso del tempo, disaggregando le
informazioni per sesso e per età.
Art. 17.
(Disposizioni diverse)
l. Nei casi di astensione dal lavoro disciplinati dalla presente
legge, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto alla conservazione del
posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, al rientro nella stessa
unità produttiva ove erano occupati a momento della richiesta di astensione o
di congedo o in altra ubicata nel medesimo comune, hanno altresì diritto di
essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
2. All'articolo 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è aggiunto, in fine,
il seguente comma;
"Al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto dall'articolo
4 della presente legge le lavoratrici hanno diritto, salvo che espressamente vi
rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate
all'inizio del periodo di gestazione o in altra ubicata nel medesimo comune, e
di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino hanno altresì
diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni
equivalenti".
3. I contratti collettivi di lavoro possono prevedere condizioni di maggior
favore rispetto a quelle previste dalla presente legge.
4. Sono abrogate le disposizioni legislative incompatibili con la presente
legge ed in particolare l'articolo 7 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
Art 18.
(Disposizioni in materia di recesso)
1. Il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del
congedo di cui agli articoli 3, 4, 5, 6 e 13 della presente legge è nullo.
2. la richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice o dal lavoratore
durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del
minore adottato o in affidamento deve essere convalidata dal Servizio ispezione
della direzione provinciale del lavoro.
Capo V
MODIFICHE ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 104
Art. 19.
(Permessi per l'assistenza a portatori di handicap)
1. All'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, dopo le parole: "permesso mensile" sono inserite le
seguenti: "coperti da contribuzione figurativa";
b) al comma 5, le parole "con lui convivente" sono soppresse;
c) al comma 6, dopo le parole "può usufruire" è inserita la seguente:
"alternativamente".
Art. 20.
(Estensione delle agevolazioni per l'assistenza a portatori di handicap)
1. le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992,
n. 104, come modificato dall'articolo 1 9 della presente legge, si applicano anche
qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai
familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono
con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado
portatore di handicap, ancorché non convivente.
Capo VI
NORME FINANZIARIE
Art. 2 l.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni degli
articoli da 3 a 20, esclusi gli articoli 6 e 9, della presente legge, valutato
in lire 298 miliardi annue a decorrere dall'anno 2000, si provvede, quanto a
lire 273 miliardi annue a decorrere dall'anno 2000, mediante corrispondente
riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3 del decreto-legge
20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo
1998, n. 52, concernente il Fondo per l'occupazione; quanto a lire 25 miliardi
annue a decorrere dall'anno 2000,
mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui
all'articolo 1 della legge 28 agosto 1997, n. 285. 2. Il Ministro del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con
propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Capo VII
TEMPI DELLE CITTA'
Art 22.
(Compiti delle regioni)
1 . Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge le regioni definiscono, con proprie leggi, ai sensi dell'articolo 36,
comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, qualora
non vi abbiano già provveduto, norme per il coordinamento da parte dei comuni
degli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici e degli uffici
periferici delle amministrazioni pubbliche, nonché per la promozione dell'uso
del tempo per fini di solidarietà sociale, secondo i principi del presente
capo.
2. Le regioni prevedono incentivi finanziari per i comuni, anche attraverso
l'utilizzo delle risorse del Fondo di cui all'articolo 28, ai fini della
predisposizione e dell'attuazione dei piani territoriali degli orari di cui
all'articolo 24 e della costituzione delle banche dei tempi di cui all'articolo
27.
3. Le regioni possono istituire comitati tecnici, composti da esperti in
materia di progettazione urbana, di analisi sociale, di comunicazione sociale e
di gestione organizzativa, con compiti consultivi in ordine al coordinamento
degli orari delle città e per la valutazione degli effetti sulle comunità
locali dei piani territoriali degli orari.
4. Nell'ambito delle proprie competenze in materia di formazione professionale,
le regioni promuovono corsi di qualificazione e riqualificazione del personale
impiegato nella progettazione dei piani territoriali degli orari e nei progetti
di riorganizzazione dei servizi.
5. Le leggi regionali di cui al comma 1 indicano:
a) criteri generali di amministrazione e coordinamento degli orari di apertura
al pubblico dei servizi pubblici e privati, degli uffici della pubblica
amministrazione, dei pubblici esercizi commerciali e turistici, delle attività
culturali e dello spettacolo, dei trasporti;
b) i criteri per l'adozione dei piani territoriali degli orari;
c) criteri e modalità per la concessione ai comuni di finanziamenti per
l'adozione dei piani territoriali degli orari e per la costituzione di banche
dei tempi, con priorità per le iniziative congiunte dei comuni con popolazione non
superiore a 30.000 abitanti.
6. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano
provvedono secondo le rispettive competenze.
Art. 23.
(Compiti dei comuni)
1. I comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti attuano,
singolarmente o in forma associata, le disposizioni dell'articolo 36, comma 3,
della legge 8 giugno 1 990, n. 142, e successive modificazioni, secondo le
modalità stabilite dal presente capo, nei tempi indicati dalle leggi regionali
di cui all'articolo 22, comma 1, e comunque non oltre un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge.
2. In caso di inadempimento dell'obbligo di cui al comma 1, il presidente della
giunta regionale nomina un commissario ad acta.
3. I comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono attuare le
disposizioni del presente capo in forma associata.
Art. 24.
(Piano territoriale degli orari)
l. Il piano territoriale degli orari, di seguito denominato
"piano", realizza le finalità di cui all'articolo 1, comma 1, lettera
c), ed è strumento unitario per finalità ed indirizzi, articolato in progetti,
anche sperimentali, relativi al funzionamento dei diversi sistemi orari dei
servizi urbani e alla loro graduale armonizzazione e coordinamento.
2. I comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti sono tenuti ad
individuare un responsabile cui è assegnata la competenza in materia di tempi
ed orari e che partecipa alla conferenza dei dirigenti, ai sensi della legge 8
giugno 1990, n. 142, e successive modificazione.
3. I comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono istituire
l'ufficio di cui al comma 2 in forma associata.
4. Il sindaco elabora le linee guida del piano. A tale fine attua forme di consultazione
con le amministrazioni pubbliche, le parti sociali, nonché le associazioni
previste dall'articolo 6 della legge 8 giugno 1 990, n. 142, e successive
modificazioni, e le associazioni delle famiglie.
5. Nell'elaborazione del piano si tiene conto degli effetti sul traffico,
sull'inquinamento e sulla qualità della vita cittadina degli orari di lavoro
pubblici e privati, degli orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici e
privati, degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, delle attività
commerciali, ferme restando le disposizioni degli articoli da 11 a 13 del
decreto legislativo 31 marzo 1 998, n. 114, nonché delle istituzioni formative,
culturali e del tempo libero.
6. Il piano è approvato dal consiglio comunale su proposta del sindaco ed è
vincolante per l'amministrazione comunale, che deve adeguare l'azione dei
singoli assessorati alle scelte in esso contenute. Il piano è attuato con
ordinanze del sindaco.
Art. 25.
(Tavolo di concertazione)
1. Per l'attuazione e la verifica dei progetti contenuti nel piano
di cui all'articolo 24, il sindaco istituisce un tavolo di concertazione, cui
partecipano:
a) il sindaco stesso o, per suo incarico, il responsabile di cui all'articolo
24, comma 2;
b) d prefetto o un suo rappresentante;
c) il presidente della provincia o un suo rappresentante;
d) i presidenti delle comunità montane o loro rappresentanti;
e) un dirigente per ciascuna delle pubbliche amministrazioni non statali
coinvolte nel piano;
f) rappresentanti sindacali degli imprenditori della grande, media e piccola
impresa, del commercio, del servizi, dell'artigianato e dell'agricoltura;
g) rappresentanti sindacali dei lavoratori;
h) il provveditore agli studi ed i rappresentanti delle università presenti nel
territorio;
i) i presidenti delle aziende dei trasporti urbani ed extraurbani, nonché i
rappresentanti delle aziende ferroviarie.
2. Per l'attuazione del piano di cui all'articolo 24, il sindaco promuove
accordi con i soggetti pubblici e privati di cui al comma 1.
3. In caso di emergenze o di straordinarie necessità dell'utenza o di gravi
problemi connessi al traffico e all'inquinamento, il sindaco può emettere
ordinanze che prevedano modificazioni degli orari.
4. le amministrazioni pubbliche, anche territoriali, sono tenute ad adeguare
gli orari di funzionamento degli uffici alle ordinanze di cui al comma 3.
5. I comuni capoluogo di provincia sono tenuti a concertare con i comuni
limitrofi, attraverso la conferenza dei sindaci, la riorganizzazione
territoriale degli orari. Alla conferenza partecipa un rappresentante del
presidente della provincia.
Art. 26.
(Orari della pubblica amministrazione)
l. Le articolazioni e le scansioni degli orari di apertura al
pubblico dei servizi della pubblica amministrazione devono tenere conto delle
esigenze dei cittadini che risiedono, lavorano ed utilizzano il territorio di
riferimento.
2. Il piano di cui all'articolo 24, ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, e successive modificazioni, può prevedere modalità ed
articolazioni differenziate degli orari di apertura al pubblico dei servizi
della pubblica amministrazione.
3. Le pubbliche amministrazioni, attraverso l'informatizzazione dei relativi
servizi, possono garantire prestazioni di informazione anche durante gli orari
di chiusura dei servizi medesimi e, attraverso la semplificazione delle
procedure, possono consentire agli utenti tempi di attesa più brevi e percorsi
più semplici per l'accesso ai servizi.
Art.
27.
(Banche dei tempi)
l. Per favorire
lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare l'utilizzo dei servizi della
città e il rapporto con le pubbliche amministrazioni, per favorire l'estensione
della solidarietà nelle comunità locali e per incentivare le iniziative di
singoli e gruppi di cittadini, associazioni, organizzazioni ed enti che
intendano scambiare parte del proprio tempo per impieghi di reciproca
solidarietà e interesse, gli enti locali possono sostenere e promuovere la
costituzione di associazioni denominate "banche dei tempi".
2. Gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi, possono
disporre a loro favore l'utilizzo di locali e di servizi e organizzare attività
di promozione, formazione e informazione. Possono altresì aderire alle banche
dei tempi e stipulare con esse accordi che prevedano scambi di tempo da
destinare a prestazioni di mutuo aiuto a favore di singoli cittadini o della
comunità locale. Tali prestazioni devono essere compatibili con gli scopi
statutari delle banche dei tempi e non devono costituire modalità di esercizio
delle attività istituzionali degli enti locali.
Art. 28.
(Fondo per l'armonizzazione dei tempi delle città)
l. Nell'elaborare le linee guida del piano di cui all'articolo 24,
il sindaco prevede misure per l'armonizzazione degli orari che contribuiscano,
in linea con le politiche e le misure nazionali, alla riduzione delle emissioni
di gas inquinanti nel settore dei trasporti. Dopo l'approvazione da parte del
consiglio comunale, i piani sono comunicati alle regioni, che li trasmettono al
Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) indicandone,
ai soli fini del presente articolo, l'ordine di priorità.
2. Per le finalità del presente articolo è istituito un Fondo per
l'armonizzazione dei tempi delle città, nel limite massimo di lire 15 miliardi
annue a decorrere dall'anno 2001. Alla ripartizione delle predette risorse
provvede il CIPE, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
3. Le regioni iscrivono le somme loro attribuite in un apposito capitolo di
bilancio, nel quale confluiscono altresì eventuali risorse proprie, da
utilizzare per spese destinate ad agevolare l'attuazione dei progetti inclusi
nel piano di cui all'articolo 24 e degli interventi di cui all'articolo 27.
4. l contributi di cui al comma 3 sono concessi prioritariamente per:
a) associazioni di comuni;
b) progetti presentati da comuni che abbiano attivato forme di coordinamento e
cooperazione con altri enti locali per l'attuazione di specifici piani di
armonizzazione degli orari dei servizi con vasti bacini di utenza;
c) interventi attuativi degli accordi di cui all'articolo 25, comma 2. 5. La
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, è convocata ogni anno, entro il mese di febbraio, per l'esame dei
risultati conseguiti attraverso l'impiego delle risorse del Fondo di cui al
comma 2 e per la definizione delle linee di intervento futuro. Alle relative
riunioni sono invitati i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, per la
solidarietà sociale, per la funzione pubblica, dei trasporti e della
navigazione e dell'ambiente, il presidente della società Ferrovie dello Stato
Spa, nonché i rappresentanti delle associazioni ambientaliste e del
volontariato, delle organizzazioni sindacali e di categoria.
6. Il Governo, entro il mese di luglio di ogni anno e sulla base dei lavori
della Conferenza di cui al comma 5, presenta al Parlamento una relazione sui
progetti di riorganizzazione dei tempi e degli orari delle città.
7. All'onere derivante dall'istituzione del Fondo di cui al comma 2 si provvede
mediante utilizzazione delle risorse di cui all'articolo 8, comma 1 0, lettera
0, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.