Introduzione di Ken Wilber
al libro: “Integral Medicine: a Noetic
Reader”
(Medicina Integrale: Un’Antologia
Noetica)
Editori: Marilyn Schlitz & Tina Hyman
Libera traduzione dall’inglese di Giovanna Visini
Associazione Rebirthing Transpersonale
Via G.B. Moroni 22
20146 Milano
www.rebirthing-milano.it
con il contributo di: Larry Dossey, Roger Walsh,
Michael Murphy, Ivan Illich, Eugene Taylor, Lawrence LeShan, Caroline Myss,
Rachel Naomi Remen, Arthur Deikman, Deepak Chopra, Stanley Krippner, Kenneth
Pelletier, Bernie Siegel, Candace Pert, Joan Borysenko, Jon Kabat-Zinn, Jack
Kornfield, Dean Ornish, Fred Luskin, George Leonard, Richard Tarnas, William
Braud, Rupert Shaldrake, Elisabeth Targ, Dean Radin, Stanislav Grof, Kenneth
Ring, Willis Harman, Charles Tart, Elisabeth Sahtouris, Thomas Berry, Christian
de Quincey, David Ray Griffin, Theodore Roszak, Brian Swimme, Ralph Metzner,
Duane Elgin, Erwin Laszlo, Angeles Arrien…
Mi è sembrato sempre molto
interessante il fatto che uno dei principi fondamentali del Giuramento di
Ippocrate (un giuramento che, per 2000 anni, molti medici hanno prestato sotto
varie forme in tutto il mondo) sia semplicemente: “Non danneggiare i tuoi
pazienti”. Nell’insieme del testo, quest’ingiunzione negativa salta agli occhi
immediatamente. Perché mai si è ritenuto necessario richiedere al futuro medico
un simile impegno? E’ come se Ippocrate avesse capito che dell’enorme potere
esercitato dal medico - un potere che, d’altra parte, si dimostra spesso
positivo e benefico- un aspetto dovesse essere controllato più degli altri,
cioè la capacità, quasi senza precedenti, di danneggiare legalmente una
persona.
Molte versioni del Giuramento mostrano come
Ippocrate (identificato per lungo tempo con Ippocrate il Grande, ma che,
secondo studi recenti, sarebbe stato invece un membro della Scuola Pitagorica,
cosa che non nuoce per niente al suo prestigio) avesse capito anche che,
specialmente nel caso della medicina, ci sono due modi di danneggiare il
prossimo: con errori d’azione e con errori d’omissione. Un medico può
danneggiare il suo paziente con quello che conosce ma, ancor più, con quello
che non conosce.
Lo scopo della medicina integrale può essere
descritto, in modo molto semplice, come l’aspirazione a diminuire il danno
fatto da questi due errori, e, quindi, preparare in modo più efficace le
condizioni affinché avvenga quel miracolo straordinario che, 2000 anni dopo,
nessuno di noi ancora riesce a comprendere: la guarigione.
Detto in modo più positivo, la medicina integrale ha
l’obiettivo di utilizzare un approccio al trattamento delle malattie che sia il
più completo e comprensivo possibile, mentre, naturalmente, si prendono in
considerazione tutte le realtà pragmatiche quali i limiti di tempo, le
restrizioni poste dalle assicurazioni e tutti gli aspetti pratici della
professione. La medicina integrale, che si sta sviluppando rapidamente oggi, ha
ormai superato i primi tentativi fatti in questo campo e noti sotto il nome di
“medicina olistica” “allopatica”, “alternativa” e “complementare”. Sebbene
alcune componenti di questi sforzi pionieristici siano da ritenere, tuttavia,
la medicina integrale si sta sviluppando a partire da un quadro di riferimento
che ha una portata più vasta, è più radicato nella ricerca empirica ed è
interrelato in modo più efficace con i modelli comprensivi della psicologia e
della coscienza umane. E’ utile ricordare che la medicina integrale è molto
diversa sia dalla medicina convenzionale sia da quella complementare, anche se
cerca di includere gli elementi validi ed efficaci di entrambe.
Come si presenta, allora, questa medicina
integrale? E come potrebbe essere messa
davvero in pratica, visto che ci sono, nel mondo attuale, evidenti ostacoli di
carattere economico e pratico? I capitoli seguenti tentano di rispondere
proprio a queste domande. Prima di presentare a grandi linee alcune delle
innovative conclusioni di questo libro, prepariamo il terreno considerando
alcuni problemi e dilemmi tradizionalmente affrontati dalla maggior parte dei
medici e dei professionisti della salute.
Tutti conoscono il primo problema, dato che per anni
è stato conficcato nella testa degli studenti di medicina: “Non coinvolgetevi
emotivamente con i vostri pazienti”. Quando fu concepita, quest’ingiunzione non
voleva certamente esortare i medici a trattare in modo crudele e insensibile i
pazienti, come se fossero oggetti; era, piuttosto, il tentativo genuino e sincero
di assumere un atteggiamento spassionato e scientifico nei confronti della
malattia e della guarigione. Si riteneva che il coinvolgimento emotivo potesse
non solo logorare il medico, ma ottenebrarne il giudizio, finendo per
danneggiare anche il paziente.
Ma, a partire da circa dieci o vent’anni fa, c’è
stata un’esplosione di consistenti ricerche empiriche che dimostravano che
l’interferenza positiva di alcuni fattori emozionali, da parte sia
dell’operatore sanitario sia del paziente, non solo riduceva in molti casi il
tempo di guarigione del malato, ma anche i costi delle cure mediche. E questo
non era il caso di persone “problematiche” che reagivano meglio se erano tenute
per mano da qualcuno. Studi controllati hanno dimostrato in modo probante che, se
alcuni elementi emozionali e affettivi sono implicati nel processo di cura di
una patologia, la tendenza a registrare effetti positivi si manifesta in tutti
i tipi di pazienti. Detto in modo brutale, se non c’è un coinvolgimento emotivo
di qualche tipo, non solo aumentano i costi sanitari, ma viene anche
danneggiato in modo significativo il paziente. Cosa deve fare allora il povero
medico?
Le scuole di medicina nel nostro paese cominciarono
a guardare queste ricerche con ostilità. Tutta la questione sapeva troppo di
“New Age” per la maggior parte del personale medico. Tentare di introdurre
questi fattori “soggettivi” era l’esatto contrario di quello che la medicina
moderna riteneva che si dovesse fare. Tuttavia, tutte le scuole mediche erano
costrette a confrontarsi con questo problema, poiché le ricerche mostravano che
i pazienti abbandonavano la medicina ortodossa e spendevano circa due miliardi
di dollari l’anno per tipi di cure mediche che non ignoravano questi fattori
soggettivi. Oggi, circa due terzi delle scuole americane prevedono corsi di
medicina complementare, sebbene la relazione tra i due approcci rimanga
difficile (e persino cinica) come è sempre stata. La medicina integrale cerca
di trovare un quadro di riferimento in cui questi due approcci, convenzionale e
complementare, possano esistere senza imbarazzo per nessuno dei due.
Un altro problema che comunemente deve essere
affrontato dai professionisti della salute si riferisce ad una questione molto
complessa, divenuta famosa sotto il nome di “dualismo cartesiano”, o rapporto
mente-corpo e che, sotto questi ambiziosi paludamenti filosofici, significa
molto semplicemente questo: proprio adesso voi sentite, molto probabilmente, di
avere un qualche tipo di coscienza e di libero arbitrio, ma la scienza fisica
procede come se la realtà fosse un sistema materialistico chiuso. Anche se da
un punto di vista filosofico voi foste dei materialisti, dovreste costantemente
trasporre ogni esperienza nei termini materialistici, perché non è questo il
modo in cui l’esperienza viene fatta. Il fisicalismo, in altri termini, viola
la maniera propria in cui naturalmente il mondo presenta se stesso (a parte il
fatto che la maggior parte dei filosofi di quest’area non pensa che la
coscienza possa essere ridotta al materialismo riduttivo). Comunque, come
medici convenzionali, siete più o meno obbligati a trattare il paziente come se
fosse puramente un sistema biofisico e materiale: medicazioni, chirurgia,
radiazioni, insomma, un intervento fisico dopo l’altro. I pazienti, nella loro
relazione con la medicina, diventano macchine materiali. Eppure il medico,
nella consapevolezza di se stesso, sente di non essere una macchina, e anche i
suoi pazienti lo sentono. Il problema “cartesiano” nella pratica convenzionale
della medicina è questo: siete obbligati, come medici, a trattare il paziente
come una macchina materiale, quando entrambi sapete che non siete macchine.
Un terzo dilemma che la medicina convenzionale deve
affrontare abitualmente è quello della collaborazione del paziente. E’ stimato
oggi che, in molti casi, la maggioranza dei fallimenti nel trattamento delle
malattie è dovuta alla mancanza di collaborazione del paziente con l’intervento
medico prescritto (che si tratti di pillole o di una dieta raccomandata). La
questione della collaborazione del paziente è sempre stata considerata come
appartenente all’area alquanto fumosa della “psicologia soggettiva”-
esattamente quell’area esclusa dal modello biofisico della medicina. Ancora una
volta, la pratica che costituisce il cuore stesso della medicina biofisica è
vanificata proprio da quei fattori giudicati secondari in quel modello. I
professionisti delle cure mediche fanno fronte anche ad un quarto problema di
cui si parla poco, ma che è un tema sempre silenziosamente in agguato
nell’ombra: ma dove si trova la malattia? E dove si trovano le cause della
malattia? E’ del tutto impossibile tracciare dei confini per delimitare
ciascuna malattia, e ancor meno le sue cause. La malattia arteriosclerotica del
cuore è causata da molti fattori di cui uno è la dieta alimentare, includendo,
tra gli imputati principali, gli acidi grassi insaturi considerati oggi
responsabili di migliaia di morti l’anno, ma che, malgrado questo, continuano a
essere ingredienti disseminati praticamente in ogni pacco di alimenti prodotto
in questo paese. Oppure prendiamo gli ormoni di sintesi prodotti chimicamente,
che sono oggi decine di migliaia e di cui si sa per certo che il 10 per cento
causa il cancro. E’ possibile per una persona essere sana se la biosfera è
malata? Da questa scoraggiante prospettiva, appare chiaro che il medico, quando
cura qualsiasi paziente, deve stabilire un piccolo collegamento in una catena
di eventi che è completamente malata.
Gli psichiatri affrontano continuamente questa
dolorosa difficoltà. Un adolescente va nello studio del medico per farsi curare
una nevrosi da ansia; è subito evidente che chi è malato non è tanto
l’adolescente quanto la sua famiglia, con un padre abusivo e una madre
alcolizzata. Dove “si trova” la malattia? Senza contare il fatto che quando
quest’adolescente va a scuola deve passare ogni giorno attraverso il metal
detector perché si vuole essere sicuri che non abbia con sé una pistola Uzi.
Cosa deve fare il povero psichiatra? Naturalmente cura il ragazzo.
Il problema non è altro che questo: poiché per vie
misteriose tutto è connesso con tutto, anche la malattia è profondamente
intrecciata a reti, sistemi e catene di patologie e ogni singolo paziente è
simile al canarino nella miniera del proverbio, il quale contrae la malattia
sistemica un po’ prima degli altri e ha il buon senso di cadere morto per
primo.
Sia nel caso che il singolo operatore sanitario
pensi esplicitamente che la malattia sia parte di più vasti (e forse malati)
sistemi planetari, sia nel caso che non lo pensi, esiste in molti l’angosciante
sensazione che gli sforzi che si fanno per curare i malati non siano molti
differenti da quelli di un chirurgo di un’unità del MASH (Mobile Army Surgical Hospital) in tempo di guerra: rattoppa i
soldati come può e li rimanda sul campo di battaglia a prendersi un’altra
pallottola. La follia intrinseca della situazione - una strada senz’uscita alla
Comma 22 – sembra sia avvertita, a
vario livello, da tutti i medici più sensibili.
Il problema di come definire e dove collocare la
“malattia” è collegato al problema opposto e ugualmente impossibile da
risolvere: cosa significa “salute”? Una volta che si sia compreso che un essere
umano non è soltanto un assemblaggio di parti fisiche, ma contiene dimensioni
emozionali, mentali e spirituali che non possono essere ridotte ai processi
materiali, allora cosa vuol dire esattamente “salute” in un essere così
multidimensionale? Quanti livelli dell’essere, fisico, emozionale, mentale,
spirituale deve trattare il medico? Posso essere in salute se sono denutrito
spiritualmente? Se l’esame del sangue di un nazista è del tutto normale, quella
persona deve essere considerata sana?
“Sì, ma come medico tutto questo non mi riguarda
direttamente.” Invece, si tratta dello stesso angoscioso problema, non vi pare?
Dicendo che queste dimensioni non riguardano il medico, è come se, con la
nostra inadempienza, pagassimo un tributo alla vecchia versione materialistica
della medicina e ci obbligassimo a curare una persona obbedendo a un modello
che medico e paziente sanno essere inadeguato. C’è poi un altro tormentoso
dilemma: come professionisti della salute, è necessario specializzarsi in
un’area particolare e ignorare, circoscrivendole rigidamente, tutte le altre;
ma, come esseri umani, non è possibile farlo e conservare allo stesso tempo
salute mentale e decenza. Così scopriamo che quanto più siamo efficaci come
medici convenzionali, tanto più diminuisce la nostra umanità.
La medicina integrale può, almeno in parte, contribuire
a risolvere questi problemi non tanto (o non solo) perché hanno conseguenze
negative sul paziente o sul cliente, ma perché ne hanno sui medici e sul
personale sanitario. La medicina integrale è anche, ovviamente, un modo più
efficiente ed efficace di aiutare il malato, ma è, innanzitutto, un modo per
aiutare i professionisti della salute a gestire questi urgenti e angosciosi
problemi.
Questo è un modo di definire la medicina integrale
che la differenzia sia dalla medicina convenzionale sia da quella
complementare. Si dice, a volte, che la medicina convenzionale curi la malattia
e quella alternativa curi il malato. Questo è giusto, e credo personalmente che
entrambe siano molto importanti. Ma la medicina integrale fa un passo in più:
cura la malattia, il malato e il medico.
Sarà utile adesso precisare la distinzione tra
quelli che possiamo chiamare “approccio integrale” e “approccio informato in
modo integrale”. Entrambi, come vedremo hanno un ruolo fondamentale nella
medicina integrale, però il primo riguarda soprattutto il paziente e il secondo
il medico. Mentre un approccio integrale può aiutare più efficacemente il
paziente, un approccio informato in modo integrale più aiutare più
efficacemente il medico.
Tutti i problemi che abbiamo menzionato sopra sono
delle variazione su un unico tema: la natura dell’essere umano e la sua
relazione con un più vasto ordine di fenomeni. Sebbene, a questo punto, possa
sembrare che stiamo imboccando una deviazione inopportuna attraverso la
filosofia, la psicologia, la metafisica o altri campi non pertinenti e persino
allarmanti, bisogna capire che qualsiasi approccio veramente integrale non può
fare a meno di prendere in considerazione gli aspetti fondamentali dei campi
della ricerca più importanti, prima di tornare rapidamente alle questioni e
applicazioni che riguardano la disciplina in esame, in questo caso la medicina.
Fortunatamente, i risultati di questa particolare deviazione dal tema possono
essere sintetizzati in modo semplice e succinto, e la loro diretta pertinenza
con la medicina può essere facilmente dimostrata.
Un approccio integrale significa, in un certo senso,
“una visione da un’altezza di 50.000 piedi”. Si tratta di uno sguardo
panoramico sulle modalità di ricerca (o sugli strumenti per acquisire
conoscenza) che gli esseri umani utilizzano e hanno utilizzato per decine e a
volte per centinaia d’anni. Un approccio integrale è basato su un’idea
fondamentale: nessuna mente umana può sbagliare al 100 per cento. Oppure,
potremmo anche dire, nessuno è così intelligente da sbagliare sempre. Questo
vuol dire che, quando si tratta di decidere quali approcci, metodologie,
epistemologie o modi di conoscenza siano corretti, la risposta può essere solo:
“Tutti”. E questo vuol dire anche che, tutte le numerose pratiche e i paradigmi
della ricerca umana – compresi fisica, chimica, ermeneutica, inchieste
collaborative, meditazione, neuroscienze, ricerca della visione, fenomenologia,
strutturalismo, ricerca sulle energie sottili, teoria dei sistemi, viaggio sciamanico,
teoria del caos, psicologia evolutiva – tutti questi modi di conoscenza
possiedono un pezzetto importante dell’intero puzzle dell’esistenza totale che
include, tra tante altre cose, la salute e la patologia, il medico e il
paziente, la malattia e la guarigione.
Quindi un approccio integrale non chiede in prima
istanza: “Quali di queste metodologie sono giuste e quali sbagliate?”, ma
chiede invece: “Che tipo di universo è quello che permette a tutti questi
diversi modi di conoscenza di emergere?” Poiché nessuna mente può produrre il
100 per cento di errori, se ne deduce inevitabilmente che tutti questi modi di
conoscenza possiedono almeno alcune verità parziali che contribuiscono tutte a
un approccio integrale. L’unica domanda davvero interessante diventa allora la
seguente: qual è il quadro di riferimento capace di trovare posto alle
importanti anche se parziali verità di tutte queste metodologie?
Se fossimo in grado di trovare un simile quadro
integrale, esso non avrebbe verosimilmente un impatto diretto sulla medicina e
sui difficili problemi fronteggiati dai medici che sono oggi obbligati, nella
loro pratica, a essere meno-che-integrali? - mentre, d’altra parte, avvertono
tutto il malessere e la tensione interiore causati dall’aspirazione a essere totali
e integrali per quanto sia possibile a un essere umano esserlo? E desiderano portare quest’integrità in una pratica della medicina informata in modo integrale? E’
veramente necessario che più divento un dottore meno divento umano? Oppure vi è
un modo di praticare la medicina che, pur non sacrificando neppure un grammo
della dimensione rigorosamente scientifica, empirica e clinica che sarà sempre
la pietra angolare di ogni moderno e scientifico sistema sanitario, tuttavia
dia spazio, in modo coerente, a tutte le altre dimensioni
dell’essere-nel-mondo, dimensioni che, se ignorate o represse, non diminuiscono
solo l’umanità del medico, ma anche la sua possibilità di essere veramente
efficace?
Per mostrare le implicazioni di quanto esposto
finora, farò l’esempio di come l’approccio integrale sia stato utilizzato in
psicologia; esempio che è direttamente pertinente al tema trattato, perché è
proprio nella dimensione della psicologia e della coscienza che l’approccio
integrale ha più cose da offrire alla medicina convenzionale. Le principali
scuole di psicologia sono almeno dodici, considerando le orientali e le
occidentali, le antiche e le moderne. Ci sono gli approcci alla coscienza più
“esterni” e “oggettivi”, come le neuroscienze, la scienza cognitivista, le
teorie del caos e della complessità, il comportamentismo e la
neurofarmacologia. E ci sono gli approcci più “interiori” e “soggettivi” come
la psicologia del profondo, la meditazione, l’immaginazione guidata e la
fenomenologia. Ci sono gli approcci “sociali” che mettono l’accento sulla
natura relazionale della coscienza, come la terapia familiare, la teoria dei
sistemi, la psicologia sociale. E ci sono gli approcci di avanguardia, come la
ricerca sulle energie sottili, le capacità meta e paranormali, gli stati e i
livelli transpersonali della coscienza.
Quando iniziai a studiare
la psicologia e la coscienza, era una pratica comune scegliere una di queste
scuole (al massimo due), decidere che quelli erano gli approcci corretti e,
quindi, utilizzare il resto della propria vita professionale attaccando le
altre dieci scuole. Ma la prospettiva integrale comincia a dare i suoi frutti
in questo campo. Infatti, la domanda centrale posta dagli studi psicologi e
sulla coscienza oggi è cambiata da: “Tra queste dodici scuole, qual è
l’approccio migliore o più accurato?” a: “Perché succede che queste scuole
esistano tutte e dodici?”
Nessuno è così intelligente da sbagliare sempre.
L’implicazione è chiara: se dobbiamo ottenere qualcosa che somigli a una
visione comprensiva, inclusiva e integrale della psicologia e della coscienza,
c’è una cosa, e una sola, che sappiamo con certezza: questa visione deve
includere tutte le dodici scuole. Centinaia di migliaia di uomini e donne
onesti in tutto il mondo stanno praticando già
le neuroscienze, la farmacologia psichiatrica, la meditazione, la ricerca sulle
energie sottili, la psicologia transpersonale, la contemplazione, le teorie del
caos e della complessità. Si tratta, in generale, di persone responsabili,
sincere e integre, convinte onestamente che la pratica del metodo che hanno
scelto contribuisca in modo positivo e utile al benessere dell’umanità. Io ci
credo, e spero anche voi. La questione non è se sia corretto che facciano
questo, se dovrebbero fare quest’altro o se sbagliano a fare quest’altro
ancora. Il fatto, semplicemente, è che
già lo stanno facendo nell’ambito di comunità di studiosi che hanno trasmesso
la loro conoscenza per decine e persino per centinaia di anni, contribuendo
tutti, in modo inestimabile, alla somma totale della comprensione di cosa
significhi essere umani nel mondo.
Quindi, la domanda veramente interessante che gli
studi psicologici e sulla coscienza dovrebbero porre è la seguente: “Quale
modello teoretico può rendere conto delle importanti anche se parziali verità
di tutte le dodici scuole?” E poi: “Una volta che abbiamo qualche tipo di
teoria integrale e inclusiva, come può una teoria
integrale dare vita a una pratica
integrale.
Negli studi psicologici e sulla coscienza troviamo
già un risultato ottenuto da un approccio integrale di questo genere. Se
disponiamo tutte le dodici scuole di psicologia in uno schema, se assumiamo che
tutte hanno un importante frammento del puzzle più vasto e se poi chiediamo:
“Come deve essere la natura della psiche umana perché sia possibile che tutti
questi metodi mettano in luce qualche suo importante aspetto?”, se facciamo
tutto questo, arriviamo alla seguente conclusione: perché tutte quelle
metodologie possano esistere nella realtà, la psiche umana deve contenere vari
livelli o dimensioni.
La psicologia integrale che mi è più familiare
sintetizza tutte quelle aree, in cinque principali dimensioni o componenti
della psiche che sono chiamati quadranti, livelli, linee, stati e tipi. Alcuni
dei capitoli seguenti presentano una descrizione generale di questa versione
della psicologia integrale, quindi, fortunatamente, posso essere breve. Il
punto in questione, comunque, è che, se abbiamo una psicologia più integrale,
possiamo più facilmente avvicinarci alla comprensione di cosa significhi essere
un medico integrale.
I quadranti (vedi figura) sono soltanto una versione schematica
della prospettiva “prima, seconda e terza persona”. Tutte le principali lingue
umane contemplano i pronomi della prima, seconda e terza persona (prima persona: io, noi; seconda persona: tu, voi; terza persona: lui, lei, essi, ciò/it al
singolare, ciò/its al plurale). La più semplice e banale spiegazione di questo
è che questi pronomi rappresentano dimensioni della realtà e dell’esperienza
reali e permanenti, dimensioni che il linguaggio ha adattato e incorporato
nella sua evoluzione. La dimensione della prima persona dell’essere-nel-mondo
comprende, tra altre cose, l’“io” interiore, l’autoidentità, le espressioni
artistiche ed estetiche, la meditazione, la psicologia del profondo,
l’immaginazione guidata, l’introspezione, la preghiera contemplativa, gli stati
di coscienza normali e alterati, la fenomenologia interiore. La seconda persona
dell’essere-nel-mondo comprende, tra altre cose, i modi in cui “tu” e “io”
possiamo unirci e formare un “noi” (e questo spiega perché “tu” e “noi” siano,
talvolta, trattati insieme come seconda persona); quindi la dimensione della
seconda persona include cultura, ermeneutica, comprensione reciproca, morale (o
i modi in cui ognuno di noi rispetta l’altro), intersoggettività in tutte le
sue dimensioni, la comunicazione stessa. La terza persona dell’essere-nel-mondo
include gli approcci alla realtà più oggettivi, che non utilizzano il
“linguaggio dell’io” e “il linguaggio del noi”, ma il “linguaggio del ciò”,
vale a dire gli approcci scientifici che mettono in luce le dimensioni
terza-persona dell’essere-nel-mondo e che includono la fisica, la chimica, le
neuroscienze, la farmacologia, ecc. Questi approcci del “ciò” sono talvolta
suddivisi in individuali e sistemici. Così, ci sono le scienze che mettono
l’accento sull’oggetto individuale e i suoi componenti (le versioni più
atomistiche della scienza, comprese la fisica, la biologia molecolare, ecc.) e
quelle che si occupano degli oggetti collettivi (come le numerose forme di
teoria dei sistemi, l’ecologia, la teoria della complessità). Questi due
approcci sono spesso sintetizzati come “ciò” singolare (it) e come “ciò” plurale, collettivo, sistemico (its).
Quindi i quadranti (io, noi, ciò/it, ciò/its) sono
solo un modo semplice di seguire le orme delle quattro più importanti
dimensioni dell’essere-nel-mondo che, non solo sono inscritte in tutte le
lingue principali - e che quindi sono già presenti e funzionanti nel medico e
nei suoi pazienti – ma sono anche dimensioni della realtà, investigate
profondamente da centinaia di importanti paradigmi, pratiche, metodologie e
modi di conoscenza. Queste dimensioni di essere-nel-momdo sono spesso
sintetizzate come coscienza (io), cultura (noi), natura (ciò), oppure arte,
morale, scienza, o ancora bello, buono, vero. O, più semplicemente, io, noi e
ciò. E’ interessante il fatto che, per quanto sappiamo, nessuna di queste
dimensioni può essere ridotta completamente alle altre (e questo spiega perché,
come scienziati, possiamo cercare di concentrarci esclusivamente sulla
dimensione “ciò” della realtà, ma come esseri umani non possiamo farlo senza
lacerare il tessuto stesso dell’esperienza).
Naturalmente, i rappresentanti riduzionisti di ogni
quadrante hanno cercato di ridurre gli altri tre quadranti a meschine
variazioni del loro, solo per subire un cocente fallimento dopo l’altro. Il materialista è un “io” che spende il suo
tempo per cercare di provare che gli altri “io” non esistono; un idealista
soggettivo è un “io” che guarda i “ciò” e cerca di provare che non esistono; e
un costruttivista postmoderno cerca di provare che entrambi gli “io” e i “ciò”
non sono altro che costruzioni sociali del “noi”. Insomma, è come se si avesse la
percezione di quattro membra di un corpo, della quali ognuna sostenesse che le
altre tre non esistono, una situazione che forse Lovejoy ha sintetizzato al
meglio, quando ha detto: “Non c’è stupidità umana che non abbia trovato il suo
paladino”. Comunque, quest’atteggiamento riduzionistico non è di alcun
interesse per un medico informato in modo integrale, perché nessuno è
abbastanza intelligente da sbagliare sempre.
Se osserviamo i quattro quadranti, inglobati in
tutte le lingue naturali, ci rendiamo subito conto che vi è implicata una
chiara simmetria. “Io”, “noi”, “ciò/it” e “ciò/its” rappresentano l’interno e
l’esterno dell’individuale e del collettivo. Le dimensioni della Parte Sinistra
o dimensione interiore (io e noi, o prima e seconda persona dell'essere-nel-mondo)
sono “invisibili”, cioè non possono essere viste con i sensi (per esempio la
matematica, la logica, la comprensione reciproca, l’amore, la compassione,
l’introspezione, la meditazione, l’immaginazione guidata, gli stati di
coscienza normali e alterati, ecc.); invece le dimensioni della Parte Destra (o
ciò/it e ciò/its) possono essere visti con i sensi, cioè sono dimensioni
oggettive della terza persona dell’essere-nel-mondo e comprendono atomi,
molecole, cellule, organismi, ecosistemi, ecc. Se i quadranti di Sinistra e di
Destra rappresentano la realtà interna ed esterna, i quadranti in Alto e in
Basso rappresentano gli aspetti individuali (io, ciò/it) e collettivi (noi,
ciò/its).
L’implicazione di questo schema è che le quattro
dimensioni sono unite in modo inestricabile, per la semplice ragione che non è
possibile avere un dentro senza un fuori, un singolare senza un plurale (questo
probabilmente spiega la storia inesauribile dei fallimenti dei riduzionisti).
Ma ecco, allora, che quello che stiamo dicendo diventa alquanto intrigante,
perché si rivela direttamente collegato alla pratica della medicina. Se, per
esempio, utilizziamo soltanto i quadranti e li osserviamo nello schema proposto
(vedi figura), appare ovvio che la medicina
convenzionale si è concentrata quasi esclusivamente su uno dei quadranti, vale
a dire sul quadrante Alto/Destra, o la dimensione individuale della terza
persona (ciò) dell’essere-nel-mondo. In altre parole, la medicina convenzionale
ha preso in considerazione quasi esclusivamente l’organismo individuale e le
dimensioni fisiche, oggettive di quest’organismo (compresi l’anatomia, la
fisiologia, i sistemi di organi e gli effetti degli interventi fisici, come
pillole e chirurgia) - tutti gli aspetti “ciò” della persona che sono
certamente reali e certamente costituiscono una parte fondamentale della
medicina- ma sono, per così dire, sono solo ¼ della storia totale che si
presenta nello studio del medico. Se il medico e il paziente hanno queste
quattro dimensioni sempre disponibili e sempre funzionanti in ogni circostanza,
ma se, nella pratica della medicina, il medico è “autorizzato” a utilizzare o a
curare solo ¼ della condizione reale, allora una sorta di terribile lacerazione
si è prodotta da qualche parte, e sia il medico che il paziente possono sentirlo, possono avvertire questo
sciagurato strappo nel Kosmos che chiamiamo “andare dal medico”.
Forse è ovvio che molti approcci alternativi e
complementari alla medicina cercano, ognuno a suo modo, di includere gli altri
tre quadranti trascurati dalla medicina convenzionale. Per esempio, molti
metodi alternativi cercano di includere l’importante dimensione del quadrante
Alto/Sinistra (o “io”) con la meditazione, l’immaginazione guidata, le tecniche
di rilassamento, la visualizzazione, la preghiera contemplativa, ecc. Altri
approcci cercano di includere l’importanza dei sistemi sociali (Basso/Destra o
“ciò/its) e vedono, quindi, le questioni della salute nel più vasto contesto
dei sistemi ecologici e delle tossine ambientali, dei sistemi sociali e dei
loro mali, e delle complesse reti che coinvolgono tutte le creature viventi.
Altri metodi complementari si concentrano sulle dimensioni più sottili
dell’Alto/Destra, come le energie sottili che sembrano circondare e permeare l’organismo
fisico più grossolano. Ci sono, poi, altri approcci che danno importanza al
quadrante Basso/Sinistra o “noi” – la cultura, le reti di supporto della
comprensione reciproca (come la comunicazione tra medico, paziente, famiglia e
amici), i gruppi di sostegno e le terapie di gruppo.
Sebbene tutto questo sia corretto (per esempio, che
le donne affette da tumore al seno che partecipano ai gruppi di sostegno hanno
un tasso di sopravvivenza maggiore del 30 per cento rispetto a quelle che non
vi partecipano), il punto è che la cultura intersoggettiva è un bene in se
stesso, un quadrante o una dimensione fondamentale dell’essere-nel-mondo, e
quindi questa dimensione deve essere valorizzata non solo perché permette
all’organismo fisico di rimanere un po’ più a lungo su questa terra, ma perché
costituisce un’intensa, meravigliosa, profonda manifestazione dell’essere e
della coscienza. Il fatto che la salute delle persone migliori quando questi
aspetti vengono inclusi, è semplicemente perché “integrale” è meglio.
Gli esempi abbondano. Un quadro di riferimento
integrale suggerisce che ogni stato di coscienza nell’“io” individuale ha un
corrispondente stato del cervello nell’organismo fisico (o il “ciò/it”
singolare). E’ possibile trattare lo stato del cervello con la neurochirurgia o
la farmacologia, ma gli stati mentali e la coscienza sono trattati con la
psicologia del profondo e la meditazione. Non è richiesto che, come
neurochirurgo o medico di famiglia, dobbiate essere in grado di utilizzare la
psicologia del profondo o la meditazione nella vostra pratica (sebbene
certamente potete farlo se lo desiderate); ma è necessario che un
professionista della salute informato in modo integrale sia consapevole delle
dimensioni reali dell’essere e della coscienza presenti nel suo paziente e
quindi possa decidere quando c’è bisogno del Prozac e quando invece della
meditazione, o di entrambi. Così come si presenta ora la situazione, molte
malattie che appartengono ad altri quadranti sono curate con strumenti che si
rivolgono in modo efficace al solo organismo fisico: le malattie dell’anima
sono curate con gli antibiotici, perché il paziente chiede che gli venga dato
qualcosa.
Mentre un approccio più olistico e alternativo
riconosce l’importanza dei quattro quadranti o dimensioni, un quadro di
riferimento integrale continua a espandere le sue possibilità euristiche,
includendo anche i livelli, le linee, gli stati e i tipi. Non si tratta
meramente del quadro di riferimento eclettico che è presente nella maggior
parte delle metodologie alternative e olistiche (e che si limita ad affermare
semplicemente che tutto è connesso con tutto), ma di un quadro integrale (o un
sistema che indica come tutto è
connesso con tutto). Darò solo qualche rapido esempio per mostrare di cosa si
tratta e, poi, torneremo a discutere di quello che si richiede perché un medico
sia “informato in modo integrale”.
Tra gli specialisti delle dimensioni interiori
individuali (“io” o quadrante Alto/Sinistra) troviamo un generale consenso sul
fatto che esistono livelli di
coscienza, stati di coscienza e tipi di coscienza. Siccome gli eventi di
ogni singolo quadrante si ripercuotono attraverso tutti i quadranti (la salute
o la malattia in uno, tende a indurre salute o malattia negli altri), un quadro
di riferimento integrale ci dà il modo di iniziare a correlare gli effetti dei
differenti aspetti della coscienza sulla salute e la malattia organiche.
L’impatto degli stati di coscienza
alterati sulla salute e sul processo di guarigione è stato documentato dai tempi
degli sciamani fino alla moderna psiconeuroimmunologia, e potete trovare molte
ricerche empiriche negli studi presentati in questo volume. Altrettanto
importante è l’esistenza di livelli di
coscienza. I livelli o onde di coscienza documentate occupano uno spettro
che va dai livelli sensoriali a quelli mentali e spirituali; dal prepersonale
al personale al transpersonale; dal subcosciente alla coscienza di sé alla
supercoscienza. Quando gli antichi parlavano di uno spettro della coscienza che
si dispiegava dalla materia al corpo alla mente all’anima e allo spirito,
sembra proprio che esprimessero una versione del grande spettro delle
potenzialità fisiche, emozionali, mentali e spirituali, potenzialità che, come
i quadranti, resistono efficacemente al riduzionismo.
(Sì, lo so, il tentativo di ridurre lo spirito alla
materia è un’altra follia che non è priva dei suoi paladini. Ma, per quanto si
tenti, è semplicemente impossibile ridurre lo spirito alle combinazioni e
trasformazioni di un irrequieto mucchietto di terra. E perché mai questo
mucchietto dovrebbe alzarsi in piedi e cominciare a scrivere poesie, non è mai
stato chiarito dai materialisti di nessun tipo. La questione non è solo che
questo riduzionismo fa violenza alla natura stessa della realtà, ma anche che
esso invariabilmente fallisce nei suoi stessi presupposti, introducendo in modo
implicito proprio quello che cerca di negare. William James chiamava il
riduzionismo “genio sostenuto dal pregiudizio”. Ci vuole genio per riuscire a
far sembrare sensato quel giochetto filosofico; ci vuole pregiudizio per voler
fare questo in ogni circostanza. Un medico informato in modo integrale mette
semplicemente da parte ogni pregiudizio riduzionistico e, gettando la sua rete
teoretica il più ampiamente possibile così da farsi scappare il minor numero di
quei segreti che sono in realtà segreti di Pulcinella, scopre quello che gli
esseri umani hanno saputo quasi fin dal primo giorno: cioè che tutti abbiamo le
dimensioni fisica, emozionale, mentale e spirituale dell’essere e della
coscienza.)
Inoltre diventa chiaro che queste dimensioni o onde
possono esistere in forma sana e in forma malata. Non solo ci sono molti più
modi di essere sani di quanti ne riconosca la medicina tradizionale, ma ci sono
anche molti più modi di essere malati. Sebbene, ovviamente, questi vari aspetti
siano sempre intrecciati, sembra proprio che ci siano una salute fisica, una
emozionale, una mentale e una spirituale, espressione dei livelli, stadi o onde
di questo straordinario spettro. Allo stesso modo, sembra che ci siano malattie
fisiche, emozionali, mentali e spirituali. Come vedremo, questo grande spettro
della salute e della malattia è di estremo interesse per il medico integrale.
Attraverso questo spettro della coscienza con le sue
onde o stadi corrono molte correnti o linee diverse. Ci sarebbero almeno due
dozzine di linee di sviluppo o correnti, relativamente indipendenti che corrono
attraverso i livelli o onde evolutive della coscienza. Queste linee di sviluppo
includono la linea cognitiva (studiata, tra gli altri, da Robert Kegan,
Patricia Arlin), quella interpersonale (William Selman, Cheryl Armon), quella
dei valori (Clare Graves), quella dell’autoidentità (Jane Loevinger), quella
della fede (James Fowler), quella morale (Lawrence Kohlberg, Carol Gilligan),
quella dei bisogni (Abraham Maslow), per citarne alcune. Queste linee di
sviluppo o correnti sono, a volte, chiamate “intelligenze” in un senso reso
famoso da Howard Gardner (per esempio l’intelligenza emozionale, cinestetica, cognitiva,
ecc.). L’importante fenomeno, noto come “onde e correnti” o “livelli e linee”,
significa che una persona può trovarsi a un livello di sviluppo abbastanza alto
per quanto riguarda alcune linee (per es. quella cognitiva), a un livello medio
di sviluppo in altre linee (per es. quella interpersonale) e ancora a un
livello alquanto basso in altre linee (per es. quella morale). Questo appare
corretto anche intuitivamente, perché tutti noi conosciamo persone che sono,
diciamo, molto intelligenti ma non moralmente evolute; o individui che sono
molto avanzati in alcune abilità e per niente in altre. Una psicologia
integrale tiene conto di tutti questi fattori.
E tutti questi fattori entrano in azione in modo
pressante e inevitabile, non solo nel campo della salute e della guarigione, ma
nell’immensa discussione di cosa significhi praticare la medicina: non un
meccanico e a una macchina, non un idraulico e un rubinetto rotto, ma un essere
umano in relazione con un altro essere umano. Cosa succederebbe se nella vostra
piccola borsa nera aveste – non solo 20 compresse, 2 scalpelli e un martello
ortopedico – ma anche tutti i quadranti, onde, correnti stati e tipi? Cosa
succederebbe se la vostra borsa di medico contenesse una mappa più comprensiva
e integrale della persona che ha bisogno del vostro aiuto, così da poter fare
una diagnosi veramente integrale, comprensiva di tutti i fattori conosciuti che
possono essere alla base di ciò che affligge quell’essere umano che sta in
piedi davanti a voi?
“Ah, ma sfortunatamente tutti questi fattori non mi
riguardano. Come medico mi devo concentrare sulla salute e sulla malattia
organiche.” Niente affatto, invece vi riguardano, perché in questa cultura,
quando qualcuno si ammala veramente, si sente dire da tutti: “Devi andare dal
medico.” Se siete realmente malati,
qualunque sia la dimensione in cui la
malattia si manifesta, non andate dal rabbino, dal prete o dal massoterapista.
Andate dal dottore.
E cosa fa il povero dottore? La maggior parte dei
medici generici dirà, in più della metà dei casi, che nel paziente non c’è
nulla che non vada dal punto di vista organico. Il significato reale di
quest’affermazione è che non c’è niente di malato nel quadrante Alto/Destra,
mentre certamente c’è qualcosa che non va in uno degli altri quadranti (o negli
altri livelli, linee o stati). Ripetiamo che non si richiede, ad esempio, ai
medici di famiglia, di saper curare tutte le malattie di tutti i quadranti,
livelli o stati. Un certo grado di specializzazione sarà sempre necessario. Ma
se aspirate a essere medici informati in modo integrale, sarete almeno
familiari con le malattie e i trattamenti degli altri quadranti e dimensioni.
Una “pratica integrale della medicina” dà spazio all’intera gamma di
trattamenti efficaci che attraversano tutti i quadranti e le dimensioni della
salute e della malattia umane. Apparirà allora evidente che ci sono onde
dell’essere e della coscienza fisiche, emozionali, mentali e spirituali, ognuna
delle quali possiede una dimensione “io”, “noi” e “ciò”. E, attraverso queste
onde di esistenza, corrono le varie linee cognitiva, morale, artistica, di
autoidentità, tutte si muovono veloci e rotolano attraverso quello spettro
straordinario che si estende dal subconscio alla coscienza di sé alla
supercoscienza. E, ora, diventa anche chiaro che molto probabilmente ognuna di
quelle variabili è al lavoro in ogni singolo caso di salute e infermità, di
guarigione e malattia, in ogni guaritore e in ogni essere umano guarito.
Ma l’ingrediente cruciale di ogni pratica medica integrale
non è la borsa integrale del medico, con tutte le pillole convenzionali e la
chirurgia ortodossa, la medicina delle energie sottili e gli aghi
dell’agopuntura, ma coloro che portano quella borsa, il personale medico
informato in modo integrale; i dottori, le infermiere e i terapisti che si sono
aperti all’intero spettro della coscienza – dalla materia al corpo alla mente
all’anima e allo spirito – e che, di conseguenza, hanno riconosciuto quello che
sembra succedere in ogni circostanza: corpo, mente e spirito sono all’opera
nella coscienza, nella cultura e nella natura e, quindi, salute e guarigione,
malattia e totalità, sono tutte annodate insieme in un arazzo multidimensionale
che non può essere lacerato in nessuna parte senza produrre un’emorragia
fatale.
Una pratica medica informata in modo integrale
cambia prima di tutto il medico che, poi, può decidere quale approccio –
convenzionale, alternativo, complementare e/o olistico – preferisce adottare
nel praticare la medicina con integrità. Questo può implicare il ricorso
aggiuntivo a nuovi trattamenti, convenzionali e alternativi, o, più
coscienziosamente, riferire i pazienti ai professionisti di altri quadranti,
quando una diagnosi integrale lo richieda. O ancora, il medico può scegliere di
far parte di un’équipe o di un centro specializzati in trattamenti integrali
(con specialisti dei vari quadranti, stati e livelli della salute e della
malattia). Il solo fattore che rimane costante in tutte queste possibilità è il
medico trasformato: infatti, è proprio lui il primo a essere guarito e a
diventare “integrale”, non semplicemente attraverso l’apprendimento di tecniche
nuove e complementari, ma attraverso il raggiungimento di una nuova coscienza
che permette di dare spazio a nuove tecniche. Il modo in cui questa totalità si
esprime, poi, nella pratica medica informata in modo integrale può variare
considerevolmente.
Il vantaggio di una pratica medica informata in modo
integrale rispetto sia agli approcci convenzionali sia a quelli olistici,
dovrebbe essere, ora, un po’ più chiaro. Il problema con molte pratiche
alternative, complementari e olistiche è che, malgrado i loro nobili intenti e
sforzi sinceri, spesso finiscono per mettere in un gran calderone vari tipi di
cure, senza una diagnosi informata in modo integrale e un piano di trattamento.
Troppo spesso questo si traduce così: se prescrivo nello stesso tempo
antibiotici ed erbe cinesi, allora sono olistico. Oppure abbino a ogni
trattamento con le radiazioni quindici minuti di immaginazione guidata. Il
problema di quest’atteggiamento è che, secondo me, troppo spesso si concentra
sull’aumento della quantità di generi diversi di trattamento nella piccola
borsa nera, e questo equivale al medesimo approccio oggettivante e
convenzionale da “kit di strumenti”, solo che ora è maggiore la varietà di
pillole e di martelli. La conseguenza è che alcuni professionisti della salute,
per altro onesti e sinceri, utilizzano forme di cura inefficaci e anche
regressive, semplicemente perché tutto deve essere incluso. Ma dire che nessuna
di queste alternative è sbagliata al 100 per cento, non vuol dire che sia
corretta al 100 per cento. L’approccio integrale può essere molto rigoroso
nello stabilire le norme di verifica scientifica dell’efficacia delle varie
tecniche, un rigore che alcuni approcci olistici troppo spesso tralasciano, nel
tentativo di essere “onnicomprensivi”. Non intendo sembrare troppo severo, ma
una pratica medica genuinamente integrale non includerà sanguisughe, occhi di
tritone o sterco di drago, non importa il loro eventuale esotico nome
orientale.
Il risultato di questa tensione tra gli approcci
convenzionale e alternativo, è che i medici sono molto scontenti dello stato
attuale della medicina convenzionale, ma spesso diffidano delle alternative olistiche.
Sanno che la medicina convenzionale li storpia come esseri umani e rende poco
vigorosa la cura che possono offrire al malato; tuttavia, hanno il sospetto che
troppi approcci alternativi e olistici abbiano abbandonato le verifiche
scientifiche e il rigore, e mostrino, invece, a cosa può portare il pensiero
politicamente corretto in versione medica: nessuno vuole discriminare le
sanguisughe!
Una pratica medica informata in modo integrale non
trascura i tipi di trattamento efficaci che possono e debbono essere inclusi in
un approccio medico comprensivo. Ma tutto questo avviene, realmente, dopo la
trasformazione dei medici stessi. L’unica cosa che avete cambiato, se adottate
un approccio integrale, è la vostra coscienza, la vostra consapevolezza, la vostra
mappa delle potenzialità umane, una mappa che è diventata enormemente ampia,
spaziando dagli interventi organici alla cura dell’essere umano in tutta la sua
ricchezza, attraversando l’intero spettro dell’essere e della coscienza, dalla
polvere a dio, dal fango al divino, proprio qui e ora. Un medico informato in
modo integrale è qualcuno che ha fatto entrare la maggior quantità possibile di
Kosmos nella sua mente, e trova, grazie a questo, più vaste possibilità di cura
compassionevole e di guarigione, qualcuno che porta la Grande Mente nella sua
pratica in un modo che gli infonde più fiducia in se stesso e, al tempo stesso,
più umiltà.
La medicina integrale è appena all’inizio. Come
tale, il personale medico e paramedico che sta contribuendo a costruire una
pratica integrale, ha intrapreso un viaggio verso meravigliose scoperte, forse
tra le più significative che la professione della medicina, vecchia di
millenni, abbia mai fatto. Nei prossimi capitoli, vi saranno presentati molti
esempi di questi sforzi pionieristici, tra i più importanti. Nel loro insieme,
essi coprono aspetti di tutti i quadranti, livelli, linee, stati e tipi. Vi
sono capitoli entusiasmanti che riguardano ricerche scientifiche avanzate nella
dimensione oggettiva del “ciò”, compresa la nuova fisica; recenti studi sui
neuropeptidi e altri sistemi di comunicazione organica; la guarigione spontanea
e i meccanismi di autoriparazione; le componenti corporee della guarigione e la
loro futura evoluzione; una grande quantità di prove empiriche sull’esistenza e
gli effetti delle energie sottili e il loro ruolo nella salute e nella medicina
energetica. (Notate, per favore, il forte accento posto sulle prove empiriche e
i fondamenti scientifici in questo campo. Gli occhi di tritone possono essere
inclusi nella piccola borsa del medico solo se ci sono prove scientifiche e
riproducibili che funzionano.) Io, personalmente, credo che la medicina delle
energie sottili rappresenti l’estremo confine di un rivolgimento scientifico
che da solo potrebbe rivoluzionare la dimensione oggettiva della medicina. Vi
sono anche capitoli che riguardano il vasto territorio della dimensione dell’
“io”, con tutte le sue onde, correnti e stati – comprendendo il ruolo dei
fattori mentali nella salute e nella malattia organiche; le molte ragioni per
cui la mente e il corpo non possono essere ridotti l’una all’altro né separati
l’una dall’altro; la natura della guarigione cosciente; i modi per trasformare
la malattia coinvolgendo i livelli e gli stati più elevati della coscienza; e
le vie attraverso cui gli stessi professionisti delle cure mediche possono
trasformare la loro coscienza, soprattutto attraverso il servizio e l’impegno
per la propria evoluzione – tutto lo spettro di “apri il tuo cuore fisicamente,
emozionalmente e spiritualmente”.
Altri importanti capitoli riguardano la salute e la
malattia della dimensione del “noi” e includono temi come le prospettive
interculturali della salute e della malattia; la medicina partecipativa; la
medicina tradizionale; i molti modi in cui l’ “io” e il “ciò” sono annidati tra
gli strati del “noi” – cioè, sia il soggetto che l’oggetto emergono in contesti
culturali di intersoggettività che influenzano moltissimo la salute e la
malattia (dimensioni che assumono una importanza ancora maggiore proprio perché
sono normalmente trascurati tanto dalla medicina convenzionale che da quella
alternativa). Come hanno dimostrato molti teorici, da Heidegger a Habermas,
questi “noi” culturali non possono essere ridotti ai termini della teoria dei sistemi
(o “ciò/its sociali), né possono essere assorbiti dagli approcci “io” o
“ciò/it”, ma devono essere trattati nei termini che sono loro propri, con le
tecniche ad essi adeguate, nei loro modi specifici – modi con cui un medico
informato in modo integrale vorrà sicuramente familiarizzarsi. In ultima
analisi, la relazione medico-paziente non è quella di un “io” che opera su un
pezzo di “ciò”, ma uno straordinario “noi” per il quale l’aggettivi “sacro” è
molto probabilmente l’unico veramente appropriato. E’ da questo “noi” sacro che
emerge la guarigione, come un miracolo d’amore e di grazia che per fortuna
nessuno di noi potrà mai comprendere.
(Se lo potessimo, non pensate che finiremmo per rovinare tutto in malo
modo?) La medicina, quando funziona sta sempre cavalcando un’onda misteriosa e
miracolosa, e niente è più misterioso e miracoloso del “noi”.
Troverete
capitoli molto interessanti sull’importanza del ruolo dei sistemi sociali, i
sistemi che si auto-organizzano dei “ciò/its” dinamici, le reti di connettività
ecologica da cui nessun individuo rimane escluso. Ci sono capitoli sulla salute
ecologica, l’era ecozoica, la rete della vita e il suo significato per tutti
noi – le molte vie attraverso cui siamo uniti non solo intersoggettivamente in
culture di “noi”, ma anche interoggettivamente in sistemi di processi dinamici.
Da notare che questi sistemi interrelati (come la rete della vita) sono sempre
descritti nella terza persona plurale (perché si tratta sempre di sistemi
dinamici e interconnessi di “ciò/its”), ma la questione è, naturalmente, che
tutti i “ciò/it” e tutti i “ciò/its” sono correlati a
un “io” e a un “noi e queste dimensioni, nessuna esclusa, devono essere prese
in considerazione in un approccio integrale alla medicina. Sebbene l’ “io” intenzionale
e il “noi” culturale non possano essere ridotti ai (o essere spiegati dai)
sistemi sociali dei processi ecologici, tuttavia senza quei sistemi non possono
esistere. La rete della vita copre solo un quadrante, ma un quadrante che è
spesso trascurato quando ci si concentra sulla salute individuale.
Tutte queste dimensioni della medicina integrale
sono esposte nei capitoli che seguono. Poiché i vari approcci integrali sono
agli albori della loro esistenza, non sorprenderà che non tutti i teorici presenti
in questo volume siano d’accordo tra di loro. Certamente molti non condividono
la mia visione e la terminologia che ho usato in quest’Introduzione, e penso
che sia giusto così. Avete mai visto le mappe dell’America disegnate dai primi
esploratori europei in cui Cuba aveva le dimensioni della Siberia e la Florida
si estendeva fino al Brasile? E dalla parte indigena dell’Atlantico, avete mai
visto le mappe su cui sono tracciati i nuovi territori esplorati dagli Aztechi?
Ecco, è quasi certamente così che si presentano le nostre mappe attuali della
medicina integrale. Ma non è questa una ragione in più per continuare questa
straordinaria esplorazione?
I capitoli che seguono sono le mappe di intrepidi
esploratori che si spingono in un nuovo territorio che possiamo scorgere solo
confusamente all’orizzonte delle nostre conoscenze integrali. Per questo è
molto importante, credo, che tutti questi approcci vengano messi sul tavolo e
guardati con un atteggiamento rispettoso, tenendo benevolmente a mente questo orientamento
integrale: nessuno è abbastanza intelligente da essere sempre nell’errore. In
questo sforzo straordinario, ognuno ha un frammento del puzzle integrale, e,
per questo, quello che cerchiamo è un quadro di riferimento che possa includere
in modo coerente il maggior numero di approcci, senza discriminare nessuna
alternativa.
Questo libro, quindi, non è l’ultima parola in fatto
di medicina integrale, anzi è un umile primo passo. E’ l’apertura di un dialogo
troppo a lungo ignorato, l’evocazione di straordinarie possibilità troppo a
lungo negate, la rivelazione di un amore che guarisce troppo a lungo taciuto.
La medicina integrale è il riconoscimento del Kosmos in tutta la sua radiosa
ricchezza; quindi, per qualche via misteriosa che ogni vero medico sente nella
profondità del suo cuore compassionevole, un medico informato in modo integrale
è qualcuno attraverso cui il Kosmos stesso guarisce; qualcuno attraverso cui
l’intero spettro della coscienza fa sentire la sua voce e grida le sue verità;
qualcuno che, nell’atto di curare, mette da parte il suo ego e lascia che
l’universo intero scorra attraverso di lui – materia, corpo, mente anima e
spirito – nella coscienza, nella cultura e nella natura. La visione panoramica
che sboccia nel medico informato in modo integrale rimodella il suo stesso
essere e la sua coscienza, lo trasforma in qualcosa di simile a una canna di
bambù, bella, delicata e vuota, così da risuonare del suono dell’intero Kosmos
che, come un oceano, si infrange sulle spiagge dell’anima, impetuoso e
sfolgorante in tutte le sue dimensioni, e traboccando si riversa in un gesto
compassionevole di guarigione che abbraccia tutti gli esseri senzienti. Un
gesto che, ora come allora, allude a quel Giuramento appeso alla parete, nella
certezza che, grazie a quello sguardo integrale, nessuna promessa sacra è stata
infranta.