“Segreti di Stato” di Paolo Benvenuti, sulla strage di Portella, passa al festival. Farà ancora discutere

Mafiosi con certificato firmato Scelba
di Alberto Crespi
"l’Unità", 29 agosto 2003

 

 

Segreti di Stato, uno dei film più attesi e discussi (anche preventivamente, e anche a vanvera) di questa Mostra, è passato ieri pomeriggio in proiezione stampa, sull'enorme schermo del Palagalileo. Prima della proiezione, il direttore di Venezia Moritz de Hadeln ha pronunciato poche, sentite parole: «A volte i film vengono visti prima dei festival in proiezioni private, a volte - come oggi - passano in orario tale da consentire ai giornalisti di scriverne prima (il film è finito alle 18.30, ndr). Però ci tengo a ricordare che “Segreti di Stato”, formalmente, passa in concorso domani, venerdì, e quindi dovrebbe essere recensito sui giornali di sabato. È un embargo che vi preghiamo di rispettare, Grazie».

Come sicuramente saprete, “Segreti di Stato”, primo film italiano al festival, rilegge l'eccidio di Portella della Ginestra (1° maggio 1947) e quindi la controversa, misteriosa vicenda del bandito siciliano Salvatore Giuliano. Se n'è parlato molto, in questo mese d'agosto: il regista Paolo Benvenuti ha rilasciato numerose interviste, lo storico siciliano Giuseppe Casarrubea ha ribattuto rivendicando il proprio ruolo nelle ricerche compiute da Benvenuti e dai suoi collaboratori. L'attesa era, è, tanta. E l'intervento di de Hadeln chiudeva (o forse apriva) una giornata in cui le notizie erano rimbalzate dalle agenzie alle redazioni dei giornali, e da lì al Lido, sempre più nervose. Pareva che Casarrubea avesse finalmente ottenuto ciò che voleva: la citazione nei titoli di testa, visto che i suoi numerosi libri (tutti pubblicati da Franco Angeli) contengono di fatto la tesi del film, ovvero il coinvolgimento del ministro degli Interni Sceiba e di altri esponenti del governo e della DC nella strage, per altro perpetrata da molte persone, non solo dalla banda di Giuliano (che, anzi, avrebbe ordinato ai suoi di sparare in aria). Il tutto allo scopo di «cacciare» dall'isola il pericolo comunista, visto che comunisti e socialisti uniti avevano vinto le elezioni locali in Sicilia pochi giorni prima della strage. Ieri, invece, è arrivata la notizia che Casarrubea ha deciso di denunciare Benvenuti. È una storia brutta, di offese e mancanze difficili da decifrare. L'unica cosa certa è che, nella copia vista ieri pomeriggio al Lido, il nome di Casarrubea nei titoli non c'è (c'è quello di Danilo Dolci). Può darsi che non si sia fatto in tempo, può darsi che si rimedi per l'uscita nelle sale.

Detto questo, noi non diremo nulla del film. Rispetteremo l'embargo, Ci limitiamo a dire due cose. La prima: sicuramente il film «apre» molti interrogativi e dice cose forti sul caso. Alcune note, alcune no. Ad esempio, ci ha colpiti come una mazzata l'esibizione da parte di Pisciotta - il luogotenente di Giuliano - del «certificato di benemerenza» dal ministro degli Interni Sceiba! Una cosa impressionante, che però - l'abbiamo verificato con gente più esperta ai noi - era già nota. E quindi bene che il film esista, e speriamo che le polemiche di questi giorni si stemperino, permettendo una visione più tranquilla ed equilibrata. La seconda: nelle interviste di queste ultime settimane, Benvenuti ha parlato più volte del ruolo dell'Oss, «antenata» della Cia, che avrebbe partecipato alla strage fornendo armi e forse anche uomini, ma la cosa nel film è quasi del tutto assente. Non occorre essere storici per immaginare quale fosse il ruolo degli americani nella Sicilia liberata (quindi, dal '43 in poi), né per capire come le famiglie mafiose italoamericane avessero immediatamente ripreso i contatti con la mafia dell'isola. Sorprende doppiamente, quindi, l'assenza di questo tema dal film: forse i documenti necessari a supportare la tesi sono stati trovati dopo la scrittura della sceneggiatura.

Insomma, “Segreti di Stato” non chiude la pratica. I misteri d'Italia non finiscono mai.