da: www.supereva.it
9 agosto 2003

 

 

La necessità del cinema

Il Primo Maggio del 1947, a Portella della Ginestra in Sicilia, qualcuno spara sulla folla: 11 morti e 27 feriti. Poche ore dopo la strage gli inquirenti fanno già un nome: il bandito Salvatore Giuliano. Ma, stranamente, la rapida inchiesta sul massacro di uomini donne e bambini avvenuto durante la Festa del Lavoro e la misteriosa uccisione del famoso bandito che avrebbe causato tale misfatto, verranno dichiarati dal Governo Italiano "segreti di Stato".

Dopo anni di ricerche e studi dell'ampia bibliografia pubblicata sull'argomento delle testimonianze raccolte da Danilo Dolci, dei documenti desegretati dalla Commissione Parlamentare Antimafia, degli incartamenti relativi al processo depositati presso il Tribunale di Roma, e soprattutto grazie all'analisi sistematica della documentazione rinvenuta negli archivi dell'Office of Strategic Services di Washington (un materiale impressionante e tuttora inedito), Paolo Benvenuti presenta con “Segreti di Stato” una ricostruzione nuova di quel tragico evento. Il film prende le mosse dal 1951 quando durante il processo per l'eccidio di Portella della Ginestra, tenutosi a Viterbo contro i membri della banda Giuliano, un avvocato non convinto dei risultati dell'inchiesta decide di condurre segretamente una propria indagine sulla strage.

Lei ha costruito Segreti di Stato attraverso migliaia di documenti raccolti dal sociologo Danilo Dolci e attraverso le centinaia di carte desecretate dalla Commissione antimafia e dal governo americano. Cosa ha scoperto?

La strage della Portella della Ginestra non fu un atto banditesco, come disse l’allora ministro degli interni Mario Scelba, bensì un eccidio organizzato dai servizi segreti americani. Dieci giorni prima della strage, il 20 aprile, i socialcomunisti avevano ottenuto la maggioranza relativa alle elezioni regionali siciliane e quella di Portella deve essere considerata la risposta politica a tale voto. La guerra fredda era incominciata ufficialmente da pochi mesi, ovvero dal marzo del 1947. Gli americani non potevano pensare che la loro ‘portaerei nel Mediterraneo’ ovvero la Sicilia, venisse governata dai comunisti, ovvero dagli alleati di Mosca. Non è un caso, quindi, che il 12 maggio i comunisti escano dal governo di unità nazionale. Togliatti aveva capito perfettamente il messaggio e le elezioni del 1948 non furono perse ‘per caso’. Una vittoria comunista, avrebbe precipitato il nostro paese in una spirale di sangue senza fine.

Togliatti ha voluto perdere le elezioni?!?

Certo, perché aveva capito che non era possibile vincerle. Yalta aveva sancito una certa divisione del mondo che non poteva essere alterata da nessuno: l’Italia era di qua e Stalin non avrebbe mosso un dito per aiutare i comunisti italiani. Avrebbe lasciato che venissero massacrati come, esattamente in quei mesi, erano trucidati la maggior parte dei comunisti greci.

Alcuni ritengono che Portella della Ginestra sia stata, invece, propedeutica alla cosiddetta lotta per l’indipendenza della Sicilia dall’Italia…

È una sciocchezza. L’indipendentismo siciliano era finito da un anno. Il 2 giugno 1946 questo partito era quasi scomparso. Gli americani all’inizio lo avevano appoggiato, ma poi – su consiglio di Sturzo che all’epoca si trovava negli Usa – avevano lasciato perdere. Se la Sicilia fosse diventata indipendente dall’Italia, i voti in meridione si sarebbero squilibrati in favore dei comunisti. Sturzo stesso aveva fatto notare a Washington che un’Italia senza la Sicilia sarebbe diventata facilmente un feudo rosso. Nel giugno del ’46 improvvisamente il fronte separatista crolla, e nel1947 è solo Giuliano a credere ancora nell’indipendentismo.

Cosa pensa di Giuliano?

Nel mio film gli do uno spazio minimo. Giuliano è il Lee Oswald della situazione. Joseph Jesus Angleton, l’anima nera del maccartismo americano, nonché probabilmente dell’omicidio Kennedy, fu il regista occulto della strage di Portella della Ginestra.

Cinematograficamente, la strage di Portella della Ginestra è stata già mostrata in Salvatore Giuliano di Francesco Rosi e ne Il Siciliano di Michael Cimino…

Non ho visto questi film e non me ne frega niente. Io non sono un regista vero, ma un ricercatore storico che anziché scrivere saggi, poiché ama il cinema, fa dei film. Il cinema è un linguaggio complesso che uso anche a scopo pedagogico per mostrare i risultati dei miei lavori di ricerca storica.

Teme le critiche?

No, perché ogni parola del film è stata soppesata da ben cinque avvocati. Ad ogni modo la prima nazionale di "Segreti di Stato" sarà a Pisa, in modo che se mi devono denunciare, valendo la prima uscita pubblica per il tribunale di competenza, gioco in casa…

Lei offre un viaggio nella memoria in un paese che, in nome della pacificazione, sembra avere dimenticato…

Io non sono un pacificato. Da 35 anni porto avanti la mia battaglia sulla memoria e il mio cinema è tutta un’indicazione di metodo. In Italia la memoria dura tre giorni, mentre io sono una voce fuori dal coro. Vengo fuori dalla scuola di Rossellini… non potevo fare altrimenti. Del resto se in Italia non ci fosse il cinema chi potrebbe tentare di ricordare il nostro passato? La televisione certamente no… La televisione è la scatola delle bugie. Io e mia moglie, la sceneggiatrice Paola Baroni ci siamo sforzati di rendere la trama di questo film accessibile ai giovani.

Il cinema civile italiano…

Che io non amo.

Perché?

Perché credo che questo tipo di cinema abbia spesso portato con sé delle menzogne ideologiche. Io non amo il cinema ideologico e non sono contento dei risultati del cinema civile. Ben altra cosa era il cinema di Rossellini di Paisà o Roma città aperta. Per me era più civile un film come "Catene" di Raffaello Matarazzo che "Todo Modo" di Elio Petri. C’era più civiltà, perché si cercava una maggiore comunicazione con le masse popolari italiane che in altre situazioni non erano affatto considerate. Fare un cinema civile, per me, significa che forma e contenuto abbiano lo stesso livello.