IL TIBURZI DELL'800 BRIGANTE DI OGGI
di Giovanna Grassi
Il Corriere della Sera 28 Luglio 1996

 

        Paolo Benvenuti, tra i più appartati e rigorosi registi italiani, classe 1946, pisano, ritorna al prossimo festival di Locarno, dove aveva portato "Confortorio", con il film "Tiburzi", sulla vita del brigante della Maremma, ucciso nel 1896 in una casa colonica nei pressi di Capalbio. Il regista ne parla come di "un viaggio nella memoria geografica, culturale e mentale di un'Italia agro-pastorale e, dopo il 1861, unitaria. Nelle connivenze che avevano permesso al brigante di diventare un personaggio carismatico si legge un inquietante parallelo con oggi".
Ambientato in una maremma antica, con grotte, paludi, boschi pieni di cinghiali, il film è una ballata romantica e crudele.
        "Il tempo - dice Benvenuti - scandisce le note, le ore, la vita che si fa Storia. I fatti narrati sono tratti da verbali che hanno suggerito canzoni popolari, come quelle intonate dalla splendida voce di un'omonima di Silvana Pampanini".
- Come le è venuta l'idea di rileggere la vita di Domenico Tiburzi?
        "Me ne parlò un amico sceneggiatore, Antonio Masoni. In Maremma trovai una foto di Tiburzi già ucciso dai carabinieri, drizzato contro una colonna, per un'immaginetta di "falsa vita" da tramandare ai posteri. Mi interessavo delle storie di briganti nell'800 e approfondii l'argomento".
        - Esiste un parallelo con l'Italia di oggi?
        "Il personaggio di Tiburzi, interpretato con somiglianza impressionante da Pio Giannelli, è di una modernità sconcertante. Era un contadino: nel 1861 cambiarono molte cose per proletari e contadini. Ad esempio, prima gli aristocratici lasciavano raccogliere erba e legna alla povera gente; poi divenne reato. Tiburzi, messo alla sbarra per "il furto di una manciata di spighe", uccise un ufficiale e divenne "Il brigante con la doppietta"
        - La sua morte fu "un delitto di stato?"
        "Tiburzi era stato foraggiato dai latifondisti per mantenere un ordine che lo Stato Italiano non garantiva. Poi, dopo cinque anni di misterioso esilio, il brigante tornò in Maremma, ma lo Stato sabaudo controllava ormai quei territori. Incapace di accettare le trasformazioni legate a interessi politico-economici, Tiburzi, eroe al crepuscolo, si ritrovò in un cerchio mortale".