LA GUARITRICE DI SAN MINIATO
di Silvana Silvestri
Il Manifesto - 15 febbraio 2001


        Nel paese dove film sono stati mandati al rogo, tornano le streghe, ammaliatrici ma pur sempre pericolose: Gostanza da Libbiano di Paolo Benvenuti, tra i più bei film dell'anno, sarà dal 23 nelle sale (Roma e Torino, poi le altre) con il divieto ai 14 anni (altri lo hanno evitato). La motivazione stupefacente è che "si mostrano torture inflitte da religiosi". Rigorosamente basato sugli autentici atti del processo pubblicati in Gostanza, la strega di San Miniato di Franco Cardini (Laterza, 1989), un severo bianco e nero squarciato dalla luce accoglie la magnifica interpretazione di Lucia Poli che riporta le parole di cinquecento anni fa e le rende materia incandescente. L'indovina di San Miniato, la guaritrice catturata dall'Inquisizione a rendere conto dei suoi segreti si trasforma per noi in occasione di riflessione sul potere, una volta finito l'effetto esplosivo del bel cinema fatto con il linguaggio toscano antico che Lucia Poli prende certamente non solo dal suo accento, le costruzioni della prospettiva non tanto visiva quanto mentale basata su tre coordinate (l'inquisitore, la strega e il desiderio, il maschile, il femminile e il potere). Chiediamo a Paolo Benvenuti come ha operato sui testi del processo (sceneggiatura firmata con Stefano Bacci e Mario Cereghino): "E' stato un procedimento a togliere, da duecento pagine di processo ne abbiamo ottenute quaranta. Un punto chiave era la paura che avevano gli ecclesiastici del femminile, della capacità creativa, dell'inventiva della donna, quindi abbiamo focalizzato questo punto ed eliminato altre parti. Ci siamo poi concentrati sugli interrogatori: Monsignor Roffia di famiglia impegnata da sempre nella gestione del comune di San Miniato pone domande sull'ordine pubblico (le morti dei neonati, i disseppellimenti dei cadaveri...) mentre al più giovane padre Porcacchi sono attribuite le domande metafisiche. Ho messo dieci anni per realizzare questo film, che idealmente chiudeva la trilogia di Bacio di Giuda e Confortorio". Che donna era Gostanza che parla della sua giovinezza svanita e ritrovata nei sabba, che si dice vecchia ma guarda negli occhi i suoi inquisitori e quasi vola nella tortura della corda: "Molto affascinante, visto che è riuscita ad affascinare anche me cinquecento anni dopo, coraggiosa, determinata. Violentata da bambina, rapita da un pastore, era figlia di un nobile di cui conservava l'alterigia e la consapevolezza di essere diversa dalle altre. Aveva organizzato un'azienda di vedove, all'epoca donne senza più identità, dove si preparavano erbe medicamentose, piuttosto redditizia visto che furono requisiti centinaia di fiorini d'oro. Quello che confessa secondo me fa parte di una strategia perché sono cose talmente assurde che lei certo sperava di non essere creduta. Invece le contestazioni sono di tipo teologico. Nei suoi racconti inventa e sogna. In qualche modo è un film sul diritto a sognare. Io faccio cinema per capire, incontro delle storie, mi affascinano. Mi piacerebbe capire attraverso il film non solo la storia di Costanza, ma il femminile".
        Ed è proprio perché hanno paura del femminile che i primi due giudici la manderebbero al rogo mentre (non sveliamo il finale) questo sarebbe riconoscere il suo potere e la sua identità. E' molto interessante notare che Padre Costacciaro che prende la decisione finale sarà poi uno dei quattro a giudicare Giordano Bruno: "Per questo faccio un film del '500 che parla al duemila perché trovo che sia molto moderna la soluzione che prende la Chiesa". Gran premio della giuria a Locarno e Grolla d'oro alla fotografia (Aldo Di Marcantonio), apprezzato dai cattolici sempre più avanzati della censura (potrebbe essere acquisito dalla Sanpaolo), sarà programmato su Telepiù ma non è stato comprato dalla Rai perché - come ha detto Montaldo che pure ha amato il film: "un conto è amare un film, un conto è farlo accettare politicamente".