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APPENDICE

PANORAMICA SULLE MEDICINE NON CONVENZIONALI

 

MEDICINE ALTERNATIVE

LE MEDICINE DELL'ASIA

a) La medicina tradizionale cinese

Questa prassi si presenta sotto due forme diverse: a) la medicina popolare, che è un misto di ricette e di tradizioni familiari e di pratiche magiche e religiose basate sul buddismo e sul taoismo (Huard 1981, pag. 97), b) la medicina classica che è costituita da un corpo imponente di trattati canonici, molti dei quali anteriori all’era cristiana, per i quali esistono rilevantissime difficoltà di traduzione e di comprensione nelle lingue occidentali.

Il cosmo, nel quale l’uomo è incluso,"procede ritmicamente da un principio immutabile ed eterno (tao) che si manifesta con due aspetti: lo Yin e lo Yang". Lo Yin e lo Yang non sono definibili in sé, ma sono entità o concetti relativi l’uno all’altro: ad esempio, Yang è ciò che sta in alto in relazione a ciò che sta in basso; ciò che è più caldo, più asciutto, più vivo, più a destra, mentre lo Yin è ciò che è più freddo, meno asciutto, meno vivo, più a sinistra. Così, la cintola è Yang in rapporto ai piedi ma è Yin in rapporto al capo, e pertanto tutto è contemporaneamente Yin e Yang.

Il cosmo è percorso da un’energia universale che penetra l’organismo umano e lo attraversa percorrendo un sistema di particolarissimi canali non osservabili (i Tching o ‘meridiani’). Questi canali interni affiorano alla superficie cutanea in specifici punti che sono appunti i ‘punti’ utilizzati nell’agopuntura tradizionale cinese. L’energia che circola nell’organismo è solitamente in uno stato di equilibrio che corrisponde alla salute; ogni alterazione di questo equilibrio energetico dà origine ad uno stato patologico che corrisponde ad un eccesso o ad un difetto energetico di uno o più organi. L’agopuntore, che trae il suo giudizio diagnostico dall’esame dei polsi o dall’auricolo-diagnostica, si propone di ristabilire l’equilibrio dell’energia cosmica circolante mediante la puntura di specifici ‘punti’. Pertanto, egli pungerà questo o quel ‘punto’ allo scopo di disperdere (diminuire) o di tonificare (aumentare) l’energia che circola sul meridiano corrispondente e quindi su un organo specifico e sugli altri organi collegati a questo secondo due cicli: il ciclo creativo (o ciclo Cheng) e il ciclo distruttivo" (o ciclo K’eu).

 

b) La medicina tibetana

La medicina tibetana o lamaista, diffusa nel Tibet e nell’Asia centrale, deriva principalmente dalla medicina buddista ed indiana ed è fondata sulla dottrina dei tre ‘umori’: la bile, l’aria e il flemma. Con questi nomi, però, non si indicano i tre composti così denominati in Occidente, ma tre principi fondamentali: la mente, l’energia e la materia inerte (Burang 1976, pag. 9). La sede principale della bile è collocata al centro del corpo, quella della flemma nella parte superiore e quella dell’aria nella parte inferiore. Le malattie sono provocate da un’espansione eccessiva di uno di questi tre principi ‘umori’. Mentre gli antichi indiani, essendo inclini alla spiritualizzazione e alla meditazione, erano esposti alle malattie da eccesso di aria, gli occidentali sono oggi esposti alle malattie dovute ad un eccesso di bile e/o di flemma. (Burang 1976, pag. 11). Le malattie si dividono anche in ‘calde’ e in ‘fredde’ e mentre le prime sarebbero dovute ad un’espansione del sangue le seconde sarebbero causate da un’espansione del flemma. La sede delle malattie è localizzata il più spesso all’interno o in prossimità di quattro organi: lo stomaco, il fegato, la parte superiore e la parte inferiore dell’intestino.

La diagnostica tibetana è piuttosto semplice: un’urina torbida indica un eccesso di bile , se il colore è giallo-rossiccio significa che si tratta di una malattia ‘calda’ dovuta alla bile. Un’urina molto schiumosa denota un eccesso di aria e se è del tutto inodore, di flemma. Infine, anche l’aspetto della lingua (giallastra, ruvida e secca, o bianchiccia) indica che l’alterazione è dovuta rispettivamente alla bile, o all’aria o al flemma (Burang 1976, pag.15).

Secondo la medicina tibetana, accanto al corpo materiale esiste "un secondo corpo" che è "il corrispondente sottile del grossolano guscio umano", attraversato da un numero grandissimo di canali (secondo alcuni sarebbero 1.000, secondo altri, invece, sarebbero 10.000), che permettono la circolazione del "corrispondente sottile dell’aria" (Burang 1976, pag. 20).

Quelli esposti fin qui sono soltanto alcuni dei concetti-base della medicina tibetana. Su altri, come la connessione tra corpo materiale e secondo corpo, il sistema circolatorio della forza vitale, l’esame della pupilla, l’interpretazione diagnostica dei sogni, l’esame delle pulsazioni, la dottrina dei tre canali principali del secondo corpo i sette centri dell’energia vitale (khorlo) (Burang1976, pag. 21-22), la manipolazione del corpo da parte del guaritore dotato di prana, non è possibile trattenersi in questa sede.

Vale la pena di ricordare che lo studio della medicina tibetana viene considerato estremamente difficile e che prima di iniziare qualunque specifico corso medico sono richiesti tredici anni di studio dei fondamenti della materia (Burang 1976, pag.34); inoltre, il medico tibetano, prima di essere considerato un valido guaritore deve fare venti anni di apprendistato" (Burang 1976, pag.15).

I rimedi usati nella medicina dei Lama sono numerosissimi e vengono tratti in maggior parte dal regno animale e da quello vegetale; essi supererebbero i diecimila preparati (Burang 1976, pag. 39). Nelle malattie cardiache vengono impiegati l’oro in polvere, la noce moscata, l’asa foetida, e una mistura di zucchero, canfora, nying-sho-sha, e bile di orso e il chu-gang tibetano. Per le malattie epatiche vengono usati la rigginer di ferro, il chiodo di garofano, il cinabro e il rame in polvere.

Oltre ai farmaci il guaritore tibetano considera anche la necessità di rimuovere "l’orgoglio spirituale del malato" (Burang 1976, pag. 49), la prescrizione di esercizi fisici, il salasso (che viene praticato in 77 punti distinti) e la somministrazione di sostanze che provocano gli starnuti (Burang 1976, pag. 51). In particolare, a volte si ricorre all’agopuntura cinese o alla moxa, ma, a volte, anche a trattamenti estremamente crudeli come il versare olio bollente in un’incisione effettuata vicino alla zona malata (Burang 1976, pag. 54-55).

 

 

c) La medicina ayur-vedica

La medicina ayur-vedica è la medicina tradizionale dell’India, coltivata dai bramini, ed il suo nome sanscrito significa ‘scienza della vita’ o ‘scienza della longevità’. Essa è stata praticata nell’intero ambito di influenza della civiltà indiana, dalla Persia a Giava, da Ceylon alla Mongolia. Le prime tracce di una medicina vedica risalgono al periodo che va dal 1000 al 500 a.C. L’ayur-veda come sistema medico coerente si è costituito 700-800 anni prima della nascita di Cristo. Secondo la dottrina ayur-vedica l’arte medica sarebbe stata creata da Brahma; essa è contenuta in due trattati scritti rispettivamente da due grandi medici, Caraka e Susruta: la Carakasamhita e il Susrutasamhita.

Secondo la dottrina ayur-vedica ogni essere vivente è dotato di intelligenza ed ogni cosa esistente possiede un certo grado di spiritualità. La materia del corpo umano, come quella del mondo, è costituita da cinque elementi fondamentali, chiamati ‘dhatu’: il vento, il vuoto, il fuoco, l’acqua e la terra. Questi si combinano tra loro e formano così altri sette ‘dhatu’: il chilo, il sangue, la carne, il grasso, le ossa, il midollo e lo sperma. L’organismo è caratterizzato da tre categorie di condotti organici: i dhamani, i sira e gli srotas; i primi due partono dall’ombellico e sono rispettivamente in numero di 24 e di 700 (Huard 1981, pag. 21-22). Nell’organismo vi sono poi 107 ‘punti vulnerabili’ che sono considerati come le sedi dell’energia vitale.

Le varie funzioni del corpo e dello spirito sono regolate da alcuni principi che vengono chiamati Doshas. Il principale fra questi è il soffio vitale, o prana,; gli altri sono il pitta, che risiede nell’intestino tenue e presiede alla digestione e alla temperatura corporea, e il vata che si trova nel colon e fornisce l’energia necessaria per la volontà e la respirazione, il kapha rappresenta la coesione e l’equilibrio dei fluidi.

Le malattie sono dovute o a cause accidentali o a una perturbazione dell’equilibrio tra gli elementi responsabili del buon funzionamento dell’organismo (Huard 1981, pag. 27). L’alterazione di uno dei tre Doshas trascina con sé l’alterazione delle azioni degli altri due, dando così luogo a un gran numero di combinazioni patogene, che, secondo un noto testo, sarebbero 62 (Huard 1981, pag. 27). La diagnosi viene posta mediante un esame attento del malato che prevede d’annusarne gli odori, di assaggiarne l’urina e di ascoltare il rumore della respirazione, i borborigmi, gli scricchiolii delle articolazioni, le alterazioni della voce. Dall’esame dei polsi, che è differente da quello praticato nella medicina cinese, il medico indiano vuole riconoscere le perturbazioni nell’equilibrio del prana , della bile, e del flegma (Huard 1981, pag.31). La prognosi sul decorso delle malattie ha l’aspetto di un’arte divinatoria poiché ritiene di poter predire lo svolgimento di una malattia dai vestiti della persona venuta a chiedere del medico o dalla direzione del vento che soffiava al suo arrivo (Huard 1981, pag.33). Nell’Ayur-veda l’igiene e la profilassi sono particolarmente sviluppate: le unzioni, i massaggi, la pulizia orale, l’igiene sessuale sono raccomandati e descritti con cura. Anche la dieta ha ricevuto una grande attenzione: sono raccomandati l’orzo, il grano, il riso rosso, il fagiolo mango, le lenticchie (Huard 1981, pag.37), gli oli vegetali e le materie grasse di origine animale. Il latte, infine, avrebbe la caratteristica di placare i tre Doshas (Huard 1981, pag. 39).

Data l’unitarietà fondamentale della natura, la dottrina ayur-vedica ritiene che anche le piante possiedano un certo grado di coscienza attraverso la quale si mettono in comunicazione con l’intero universo. Nel corpo, poi, esisterebbe un principio organizzativo centrale, detto ‘Aghi’, che è presente anche nel resto della natura e soprattutto nelle piante; questo principio controlla la funzione digestiva ed il metabolismo e, attraverso queste funzioni, conferisce la salute del corpo. Quando il cibo non viene adeguatamente digerito per la presenza di un ‘Aghi’ debole, si formano tossine (Ama) che danno origine alle malattie. Le erbe medicinali curano l’organismo malato trasmettendogli il loro’Aghi’ e con questo la capacità di digerire le sostanze che prima non potevano venire interamente trasformate e assimilate.

Scopo principale della terapeutica ayurvedica è di ristabilire l’equilibrio fisiologico, ripristinando l’equilibrio dei doshas. Per raggiungere questo scopo i medici ayurvedici impiegano molti tipi di trattamenti: la dieta, l’esecuzione di esercizi, massaggi con olio medicamentoso, trattamenti di colore, la somministrazione di erbe e tecniche mentali, fra le quali la principale è la meditazione trascendentale.

d) Il Reiki

Il Reiki è una tecnica di guarigione e di autoguarigione che si attua con l’imposizione delle mani su varie parti del corpo; essa sarebbe capace di guarire attivando ed amplificando l’energia vitale che è presente negli esseri viventi. Lo scopritore del Reiki è stato un monaco cristiano vissuto in Giappone nel XIX secolo che avrebbe ripreso un antichissimo sistema di guarigione naturale risalente a Buddha. Il Reiki viene appreso mediante un’iniziazione che si realizza l’acquisizione di tre diversi livelli di conoscenza.

Durante il trattamento del Reiki questo agirebbe sui quattro ‘corpi’ principali della nostra esistenza: il corpo fisico, il corpo emozionale, il corpo mentale e il corpo spirituale "che è la parte di noi che ricerca il Divino ed è anche la capacità di amare se stessi e gli altri" (Ancona 1996). Durante il trattamento avverrebbe lo sblocco emozionale: infatti, secondo il Reiki "la vera causa dei nostri problemi fisici e psichici sarebbero carenze affettive antiche, che si somatizzano nel nostro corpo". I trattamenti del Reiki si attuano applicando le mani sui luoghi dei sette chakra principali del corpo, attraverso i quali l’energia entra ed esce dalla nostra aura e dal nostro corpo fisico"(Ancona 1996).

 

LE MEDICINE EUROPEE

a) L’omeopatia

E’ la dottrina medica concepita da un medico nato a Meissen, Samuel Hahnemann (1755-1843). Questi concepì l’idea che i pazienti dovessero essere trattati con quei farmaci che nel soggetto sano producevano i sintomi che essi lamentavano. Il principio-base di questa medicina era quindi sintetizzato nel motto «similia similibus curentur» e si opponeva al principio sostenuto da Galeno «contraria contrariis curentur»; per questa ragione Hahnemann chiamò la propria medicina «omeopatia» e la contrappose alla terapeutica a quell’epoca in vigore, che chiamò «allopatia». A questo principio il medico sassone ne fece seguire un secondo: poiché l’azione dei farmaci aumentava con il diminuire della dose, i medicamenti dovevano venire diluiti fino a concentrazioni bassissime (principio delle diluizioni infinitesimali) e somministrate ai pazienti in quantità piccolissime. Nella preparazione dei rimedi la soluzione doveva venire agitata manualmente secondo certe regole specifiche perché queste scosse avrebbero ‘dinamizzato’ il rimedio risvegliando ad attività le forze dormienti e aumentando enormemente le capacità terapeutiche.

Secondo la dottrina omeopatica di Hahnemann l’organismo umano agisce in quanto è animato da ‘un’energia vitale immateriale’ che ne informa tutte le parti. La malattia, poi, sarebbe uno stato in cui "questa ‘forza vitale’ indipendente e presente ovunque nell’organismo e immateriale è perturbata dall’azione di qualche agente patogeno",. In altre parole, "le malattie non sono alterazioni meccaniche o chimiche della materia vivente e non dipendono da un agente patogeno materiale, ma sono soltanto una perturbazione spirituale e dinamica della vita" (Organon pag. 30). "Ogni malattia è – insomma - l’effetto di una potenza immateriale, nemica, che disturba il principio vitale, dominante, misterioso in tutto l’organismo" (Organon, pag.99).

Quanto alle specie delle malattie, il medico tedesco rifiutò la nosografia allora esistente e ridusse le malattie croniche (i miasmi) a tre: la psora, la sicosi e la lue. Secondo la dottrina omeopatica "la psora è la causa fondamentale, vera determinante di quasi tutte le altre forme morbose, frequenti e innumerevoli, che figurano in patologia come entità proprie, chiuse, che vanno sotto il nome di nevrastenia, mania, melanconia, epilessia, convulsioni di ogni specie, scrofola, scoliosi e cifosi, cancro, varici, gotta, emorroidi, itterizia, cianosi, idropisia, amenorrea, emorragia gastrica, nasale, polmonare, emicrania, sordità calcolosi renale, ecc." I farmaci, poi, non agirebbero in virtù delle loro caratteristiche chimiche, ma grazie ad una "forza spirituale" che è "insita nella loro intima essenza". "La triturazione e la succussione, infatti, - ha scritto Hahnemann - sviluppano le energie terapeutiche interne e quasi spirituali delle sostanze grezze" (Organon, pag. 148). Così, "tutte le medicine guariscono senza eccezione le malattie che hanno i sintomi similari più vicini, e che nessuna di dette malattie lasciano non guarita".

Dopo la morte di Hahnemann la sua dottrina medica subì fasi alterne di fortuna e la sua diffusione si associò ad accesi contrasti ed alla nascita di scuole diverse. Nonostante questi dissidi tutti gli omeopati hanno sempre riconosciuto la validità sostanziale dei principi enunciati dal fondatore: la legge dei simili, la diluizione infinitesimale, la dinamizzazione.

Per quanto non sia possibile seguire le numerose ramificazioni dottrinali dell’omeopatia, è opportuno ricordare James Tyler Kent, un medico statunitense, che ha approfondito la teoria del fondatore, sostenendo che "l’uomo, sarebbe formato da una triade di elementi: la volontà e l’intelletto, che costituiscono un’unità, la forza vitale [che è] ministra dell’anima, e infine, il corpo materiale" (pag. 49). Inoltre, "ogni vera malattia procede dall’interno dell’organismo verso l’esterno poiché l’uomo è immune da ciò che procede dall’esterno verso il centro e quindi il movimento centripeto è impossibile" (pag. 49).

Leo Vannier è stato invece il fondatore dell’indirizzo costituzionalistico omeopatico. A suo giudizio gli uomini sarebbero classificabili, sulla base delle loro proporzioni corporee e delle loro caratteristiche psichiche, in tre tipi fondamentali: a) la costituzione carbonica, b) la costituzione fosforica, c) la costituzione fluorica.

In tempi più recenti sono stati proposti altri indirizzi omeopatici: l’indirizzo di O.A. Julian ispirato al materialismo dialettico, la scuola argentina di T.P. Paschero e la scuola tomista di A.E. Masi. Altri hanno poi tentato di valorizzare, all’interno della medicina omeopatica, i concetti della medicina psicosomatica ed hanno invocato le recenti acquisizioni scientifiche della psico-neuro-immuno-endocrinologia per giustificare le teorie hanemanniane (Masci 1993). Altri ancora hanno cercato di trovare relazioni fra l’omeopatia e la psicoanalisi o hanno invocato nozioni delle scienze fisico-chimiche (la fisica quantistica, la nozione di complessità) o una supposta crisi teoretica della medicina per dare ragione delle teorie di Hahnemann.

Per quanto non sia questa la sede per un’analisi adeguata dell’omeopatia, è opportuno ricordare che, sul piano puramente scientifico, le teorie proposte da Samuel Hahnemann a cavallo fra XVIII e XIX secolo sono in evidente contrasto con le più consolidate conoscenze della chimica e con quelle della fisiologia, della patologia e della farmacologia attuali. Sul piano clinico, poi, i lavori presenti nella letteratura medica internazionale che mostrano una certa efficacia dei rimedi omeopatici sono in numero ridottissimo e molti di questi peccano di evidenti difetti metodologici. Una recente rivista dei lavori pubblicati, curata da un’azienda che produce medicamenti omeopatici (Guna S.r.l., Milano), ha elencato soltanto 98 studi clinici controllati che danno informazioni definite ‘valide ed inequivocabili’ sugli effetti dei rimedi omeopatici. Di questi studi ben 59 provengono da riviste pubblicate in ambiente omeopatico (riviste o abstracts di Congressi omeopatici) o da tesi di laurea non pubblicate, e solo 39 provengono da riviste accreditate dalla comunità medico-scientifica. Di questi 39, ben 12 riguardano situazioni patologiche di scarsissima rilevanza clinica, nelle quali è difficile obbiettivare reali risultati clinici, come riniti, sindromi influenzali, fibromiositi, distorsioni, colon irritabile, faringiti, diarree del bambino, vertigini. All’opposto, non viene riportato alcun lavoro negativo nei riguardi delle terapie omeopatiche (Milani 2002).

 

b) La omotossicologia

L’omotossicologia è una dottrina derivata dall’omeopatia e concepita negli anni 30 del XX secolo dal medico tedesco Hans Heinrich Reckeweg. Questi ha tentato di aggiornare la dottrina di Hahnemann rendendola compatibile con i concetti della biologia moderna, e in particolar modo dell’immunologia. Reckeweg è partito dal concetto di ‘omotossine’, intendendo con questo termine qualunque molecola capace di provocare un danno all’organismo.

Secondo i concetti di Reckeweg le malattie sono dovute all’accumularsi nei tessuti di sostanze tossiche della natura più varia, interne o esterne all’organismo (omotossine). In particolare, alcune di queste sostanze si legano con altre molecole prodotte dall’organismo formando macromolecole che si depositano nel tessuto connettivo determinando nel tempo danni tissutali o, a volte, la formazione di complessi antigene-anticorpo. Solitamente queste omotossine possono venire eliminate attraverso gli emuntori o grazie ad un insieme di fenomeni chiamati ‘sistema della grande difesa’. In questi casi è opportuno che il medico applichi il principio di Hahnemann e somministri la stessa omotossina o un omeoterapico ‘simile’ in forma diluita, anche se in misura inferiore a quanto prescritto dall’omeopatia classica. L’antiomotossico agirebbe come stimolo, privo però di ogni effetto tossico, e mobiliterebbe meccanismi difensivi addizionali che si rivolgono dapprima contro la nuova tossina e in seguito contro le omotossine naturali (John 1989).

La prescrizione dell’omotossina appropriata presuppone che il medico abbia formulata una diagnosi ed abbia giudicata la reattività del singolo individuo. Reckeweg ha anche prospettato un approccio semplificato proponendo sia medicamenti composti di più farmaci diluiti, sia l’uso contemporaneo in uno stesso preparato di più diluizioni associate di uno stesso rimedio.

Appare in modo evidente che l’omotossicologia ha voluto riprendere il pensiero di Hahnemann combinandolo con alcune nozioni scientifiche attuali e semplificando la prassi clinica. Tuttavia, appare altrettanto evidente che i concetti esposti da Reckeweg sono del tutto generici e non sono supportati da prove empiriche adeguate. Inoltre, i termini impiegati dal medico tedesco sono soltanto in apparenza sovrapponibili ai concetti scientifici (tossina, antigene, anticorpo, reazione di difesa, ecc.) che portano lo stesso nome; i processi a cui l’omotossicologia fa riferimento hanno solo una lontana analogia con i reali fenomeni di cui parlano la biochimica e l’immunologia. Infine, come per l’omeopatia, gli studi clinici effettuati finora sono carenti sul piano metodologico e sono stati pubblicati solo sulle riviste dedicate alle medicine alternative.

c) La terapia con fiori di Bach

La ‘terapia con fiori di Bach’ è un sistema terapeutico derivato dal pensiero omeopatico e concepito nel 1930 dal medico britannico Edward Bach (1880-1936). Bach era un medico batteriologo ed omeopata che sulla base dell’ipotesi che tutti i disturbi sorgessero per uno squilibrio interiore che genera reazioni emotive negative, propose un sistema curativo basato sulla somministrazione di 38 fiori. La teoria patologica sulla quale si è basato Bach è strettamente spiritualista ed è stata esposta dal suo autore con queste parole: "La malattia non è né una crudeltà in sé, né una punizione, ma solo ed esclusivamente un correttivo, uno strumento di cui la nostra anima si serve per indicarci i nostri errori, per trattenerci da sbagli più gravi, per impedirci di suscitare maggiori ombre e per ricondurci sulla via della verità e della luce, dalla quale non avremmo mai dovuto scostarci".

Per guarire le malattie non bisogna combatterne i sintomi, ma inondarle di vibrazioni energetiche, armoniche superiori, che avrebbero dissolto gli stati d’animo negativi come neve al sole. "Fiori cespugli e alberi di ordine superiore – ha scritto Bach – hanno grazie alla forza delle loro vibrazioni, la capacità di aumentare le nostre e di aprire i nostri canali di comunicazione col nostro Io Spirituale; di inondare la nostra spiritualità con le virtù di cui abbiamo bisogno e di purificare con ciò le carenze caratteriali che sono all’origine delle nostre sofferenze". Bach identificò per via intuitiva 38 piante che corrispondevano a 38 concetti spirituali dell’uomo e che erano dotate di virtù guaritrici divine (Scheffer, 1997, pag. 17). Queste piante devono venire raccolte allo stato selvatico e in luoghi non contaminati dall’uomo, di mattina e in un giorno di sole. Dopo essere stati raccolti i fiori devono essere sottoposti a cottura , filtrati più volte e trasferiti in bottiglie con alcool dove saranno conservati.

 

d) La medicina antroposofica

La Medicina Antroposofica è una dottrina elaborata nel secolo scorso dal pensatore austriaco Rudolf Steiner (1861-1925). Per comprendere bene questa medicina è indispensabile possedere le nozioni principali della dottrina filosofica e pedagogica sulla quale questa si basa: l’Antroposofia. Per Steiner tutto ciò che esiste è in qualche misura spirituale: lo spirito, infatti, non si limita all’uomo o eventualmente agli animali, ma è presente anche nelle piante e nei minerali.

Nelle piante agiscono forze speciali, che l’antroposofia chiama ‘forze eteriche’ o ‘forze plasmatrici’, che non avrebbero nulla a che fare con la forza vitale’ dei vitalisti ottocenteschi e che si manifesterebbero soltanto in presenza di acqua. Queste forze formerebbero il ‘corpo eterico’ che non è accessibile ai nostri sensi ma che è intimamente unito al corpo fisico. Negli animali, poi, comparirebbe durante lo sviluppo embrionale, a partire dalla gastrulazione, una forza nuova – l’interiorizzazione – che costituisce un terzo elemento il ’corpo psichico’ o ‘corpo astrale’, che può agire solo per mezzo dell’elemento gassoso, cioè dell’aria. Infine, l’uomo, per la sua capacità di avere coscienza di sé stesso, è formato di un’altra entità che è lo ‘spirito umano’ legato materialmente a un substrato materiale che è ‘l’organismo di calore’. L’uomo, insomma, ha in comune con il regno minerale il corpo fisico, con il regno vegetale il corpo eterico, con il regno animale il corpo astrale, ma è il solo a possedere un Io o ‘spirito umano’ (Bott 2000, pag. 17). Il corpo fisico e il corpo eterico formano il complesso inferiore, mentre il corpo astrale e lo spirito umano formano il complesso superiore.

Nell’uomo si constata – secondo la medicina antroposofica – una tripartizione dell’organismo. Questo, infatti, mostra una polarità che va dall’alto in basso, che divide il corpo in un polo superiore o cefalico in cui si concentrano luce, suoni, aria, in un polo inferiore o degli arti e in una regione intermedia, costituita dal torace, che, per i movimenti degli organi che vi sono contenuti, prende il nome di ‘regione ritmica’ ed è lo strumento dei sentimenti e dell’affettività.

Lo stato di salute implica l’equilibrio fra polo superiore e polo inferiore e, se uno dei due tende a prevalere, l’equilibrio viene ripristinato dal sistema ritmico e soprattutto dal cuore che "percepisce ciò che viene dall’alto e ciò che viene dal basso, e agisce come uno sbarramento che orienta e canalizza il flusso sanguigno al fine di armonizzare le due tendenze" (pag. 24).

Lo stato di malattia, secondo la medicina antroposofica, è sempre caratterizzato da modificazioni dello stato di conoscenza, mentre lo stato di salute è caratterizzato dall’assenza della coscienza di ciò che ha luogo negli organi. Le cause di malattia non possono essere individuate dallo studio dei cadaveri effettuato dall’anatomia patologica, poiché "la malattia appare come uno spostamento, come una preponderanza delle forze astrali sulle forze eteriche" (pag. 29). Quando questa azione del corpo astrale si prolunga e giunge a colpire il corpo fisico, vi produce delle ‘deformazioni’ che sono appunto le alterazioni rivelate dall’autopsia. Se, però, le forze eteriche restano inutilizzate possono provocare spinte vegetative anormali, proliferazioni, formazioni tumorali" (pag. 30).

Quanto, poi, alla terapia farmacologica, le sostanze introdotte non agiscono da se stesse, ma attraverso le forze di cui essere sono vettrici, alle quali l’organismo deve opporre le proprie forze. Affinché una sostanza agisca è necessario che l’organismo la faccia propria" (pag. 181); per giungere a ciò l’organismo deve opporre una reazione (pag. 181) ed "è proprio distruggendo le sostanze, opponendosi alle loro forze, che esso si fortifica" (pag. 184). Secondo le parole di Rudolf Steiner l’organismo omeopatizza il farmaco ed è solo nella misura in cui esso è capace di realizzare quest’omeopatizzazione che vi è azione terapeutica (pag. 185).

e) La pranoterapia

Questa terapia è difficilmente classificabile e consiste nell’imposizione delle mani sulla parte del corpo in cui il malato percepisce dolore.

Coloro che praticano tale tecnica terapeutica vengono chiamati spesso guaritori o pranoterapeuti. Essi agirebbero "con mezzi personali, derivanti da facoltà congenite, naturali, attraverso l’imposizione delle mani e con altri sistemi, trasmettendo anche a distanza, un fluido terapeutico prodotto da radiazioni fisico-psichiche" (Racanelli 1973, pag. 35). In altre parole, la capacità di guarire attraverso l’imposizione delle mani sarebbe un dono che alcune persone possiedono e che non é in alcun modo comunicabile ad altri: esso esiste e non può essere insegnato né appreso.

Secondo un’interpretazione, "la terapia bioradiante" sarebbe "un trasferimento di energia biofisica, biopsichica o biospirituale fra due stazioni umane" (Racanelli 1973, pag. 68) e potrebbe quindi essere fatta risalire al magnetismo animale invocato da Franz Anton Mesmer (1734-1815). Naturalmente nessuna di queste energie ha mai ricevuto la benché minima prova sperimentale.

Secondo un’interpretazione del tutto diversa, gli effetti descritti dai pranoterapeuti non sarebbero affatto dovuti ad un fluido magnetico, ma sarebbero attribuibili soltanto ad un effetto psicocinetico determinato dal rapporto interpersonale, inconscio che si viene a creare fra il guaritore e il malato (Pavese 1990, pag. 182).

LE MEDICINE EMPIRICHE

a) La fitoterapia

Secondo la definizione datane da Fabio Firenzuoli "la fitoterapia consiste nella cura delle malattie con le piante medicinali e loro derivati, considerando premessa necessaria e indispensabile la ricerca fitochimica e farmacologica" (Firenzuoli 1993, pag. 5).

In tesi generale, la fitoterapia non mostra caratteristiche tali da indurre a considerarla una ‘medicina alternativa’ come, ad esempio, l’omeopatia o la medicina tibetana’. Essa applica metodiche di studio e di controllo che non si discostano di molto da quelle della medicina scientifica e non fa uso di concetti privi di riscontro empirico. In effetti, in passato la medicina ha sempre adoperato prodotti naturali provenienti dal regno vegetale e solo nella prima metà dell’800 con gli studi di Francois Magendie e di Claude Bernard dalla fitoterapia si è staccata la farmacologia scientifica (Federspil e Berti 1998, pag. 299). Nella sua versione ortodossa la fitoterapia ritiene che "le piante medicinali agiscano in quanto contenenti sostanze chimiche naturali farmacologicamente attive". Inoltre, molte ricerche biochimiche hanno chiarito la composizione chimica delle piante e in molti casi hanno mostrato l’attività farmacologica e clinica delle sostanze estratte dalle piante stesse. Naturalmente questo lavoro di ricerca e di progressiva spiegazione dei meccanismi d’azione dei prodotti vegetali è tutt’altro che completato e pertanto la fitoterapia mostra ancora in moltissimi casi di trovarsi ancora in una fase di sostanziale empirismo (Murray 2003).

E’ però necessario a questo punto dire chiaramente che, accanto a questa fitoterapia ortodossa, ne esiste un’altra di natura molto diversa, che fa appello sistematico pseudospiegazioni e/o a spiegazioni e a sistemi di pensiero che non hanno nulla in comune con il sapere scientifico. Ad esempio in una recente trattazione dedicata alla ‘Fitoterapia comparata’ si fa riferimento alla fitoterapia tradizionale cinese affermando che lo scopo generale della terapia è: a) riacquistare verso l’interno (sintomi di superficie) (pag. 83). In questa trattazione si suggerisce di integrare l’impostazione Costituzionalistica della Medicina Tradizionale Cinese e la Psiconeuroimmunoendocrinologia. Ciò permette di individuare cinque costituzioni fondamentali: Legno, Terra, Fuoco, Metallo, Acqua, che risponde a definite caratteristiche psiconeuroimmunoendocrine (pag. 99). Così, ad esempio, il soggetto Fuoco Yang "ha carattere passionale, emotivo, estroverso, è rosso in viso con sguardo fiero, dominante, è un idealista ispirato, nell’infanzia può aver sofferto di convulsioni, febbre, epistassi o epilessia; le sue malattie sono acute per non dire esplosive" (Di Stanislao et al. 2001. pag. 108). l’equilibrio nelle funzioni Zang Fu e b) riacquistare l’equilibrio dello Yin-Yang, e che ogni malattia manifesta una tendenza specifica: a) verso l’altro (singhiozzo, tosse), b) verso il basso (diarrea), c) verso l’esterno (sudorazioni), d)

Allo stesso modo, un’altra trattazione si prefigge di integrare le conoscenze delle piante medicinali di occidente con la medicina cinese e ayur-vedica. In base alla medicina cinese essa classifica le piante medicinali in base alle quattro nature, ai cinque sapori, alle quattro direzioni e ai meridiani coinvolti. In base all’ayur-veda, invece, essa classifica le piante in base all’energia (Virya), ai Sapori (Rasa), all’effetto post-digestivo (Vipaka) e alla Potenza Specifica (Prabbava) (Tierra. 1995. pag. 37).

Appare evidente che fino a che non si sia ben distinta la «fitoterapia» ortodossa da quelle che si mischiano con altre medicine alternative, sarà necessario mantenere un atteggiamento estremamente prudente nel valutare le varie prassi che adottano questa denominazione.

b) La medicina manuale

Con questa espressione si indica un gruppo di tecniche diverse basate sostanzialmente sulla stimolazione dell’organismo dall’esterno per mezzo di modalità meccaniche, come il massaggio, la spinta, il rotolamento, la pressione, ecc. Molte tecniche terapeutiche vengono indicate con il nome di ‘lavoro sul corpo’ (bodywork) ed agiscono migliorando il tono muscolare, la circolazione dei liquidi, la postura. In linea di massima si tratta di tecniche non invasive e sicure che agiscono verosimilmente anche generando uno stato di rilassamento psichico che migliora l’umore del paziente. Dato il gran numero delle tecniche che vengono usate è difficile dare un giudizio analitico su ciascuna di esse. Merita però di essere sottolineato che molti cultori della medicina manuale lavorano con tecniche miste e che applicano insieme modalità diverse di terapie alternative: così, ad esempio, accade che una seduta di shiatsu venga completata con qualche minuto di cromopuntura, cioè di stimolazione con luci colorate dei punti riflessogeni (Speciani et al. 2001, pag. 90).

Inoltre, i medici che eseguono la terapia manuale tendono ad applicare l’una o l’altra tecnica sulla base dei principi delle medicine orientali. Lo shiatsu, ad esempio, è un massaggio giapponese

che utilizza pressioni su centinaia di punti per stimolare "il flusso dell’energia lungo i meridiani allo scopo di accrescere i naturali poteri di autoguarigione del corpo umano" (Speciani et al. 2001, pag.91). L’automassaggio orientale è volto a riequilibrare l’energia vitale dell’organismo. Il massaggio cinese «tuina» viene effettuato in zone cutanee corrispondenti ai canali di agopuntura: così, per esemplificare, la manipolazione sul punto 20 BL Pishu agirebbe sul sistema milza-stomaco per elaborare e assimilare l’energia acquisita. Le indicazioni di queste tecniche sono vastissime: per dare un esempio il massaggio cinese agirebbe sui seguenti disturbi: nevrastenia, raffreddore, gastroptosi, ipertensione, depressione, diabete, diarrea, stipsi, enuresi, ernie, obesità, cefalea, vertigini, lombalgie, periartrite scapolo-omerale, amenorrea, mestruazioni irregolari, pertosse, vomito, orzaiolo, acufeni, epistassi, congiuntivite, mastiti, sterilità, distorsioni, emiplegia, ecc. (Corbellini 1999).

Altre tecniche che agiscono all’esterno dell’organismo sono la chiropratica e l’osteopatia. La chiropratica è una manipolazione che tende a correggere il malposizionamento dei muscoli e delle vertebre, poiché tale malposizionamento "può interferire con i normali impulsi nervosi e disturbare la trasmissione di energia dal cervello alle altre parti del corpo". L’osteopatia è basata sull’ipotesi che "le posture scorrette aumentano la possibilità di creare squilibri alla colonna vertebrale e, attraverso le innervazioni che fuoriescono da questa, a tutti gli organi collegati". L’opera dell’osteopata si prefigge perciò di ripristinare, con particolari tecniche manipolative, l’equilibrio strutturale perduto.

Queste ultime tecniche non fanno riferimento a teorie esoteriche o non controllabili e, pertanto, per quanto non abbiano ancora solidi fondamenti scientifici, sono da considerare pratiche empiriche.