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San Pietrofoto
di Sebastiano Ramondetta La grotta di San
Pietro è ubicata in posizione isolata rispetto al centro abitato di Buscemi, nel
punto di confluenza del fosso Santa Rosalia e del fosso San Giorgio a quota
542 m. sotto la contrada San Pietro. E’ un posto appartato a Nord di Buscemi.
La chiesa è scavata in un dosso roccioso sul versante Nord della cava che si
scorge dalla periferia meridionale del paese moderno. Il complesso rupestre
fa parte del monastero benedettino di Santo Spirito, di cui conosciamo una
licenza di costruzione datata 1192. Alla chiesa rupestre fa esplicita
allusione il Pirro (I, p. 689). L’Amico (I, p. 171) riporta utili notizie
sullo stato della chiesa ai suoi tempi. La chiesa è stata
scoperta, ormai in stato di abbandono e trasformata in ovile recintato da un
alto muro a secco, da Paolo Orsi (Orsi, 1942, pp. 40-46). La chiesa è costituita
da un grande invaso rettangolare di metri 8,70x15,50 a cui si accede da una
rampa di gradini, attraverso tre aperture ad arco (originariamente un
ingresso centrale fiancheggiato da due finestre), aperte a SE. L’ambiente è
tripartito da due coppie di pilastri: i primi due, massicci, disposti a metà
ambiente, sagomati superiormente a mo di capitello, gli altri, sul fondo, più
esili, sostengono tre archeggiature simmetriche alle aperture dell’ingresso;
l’archeggiatura di destra è chiusa da una transenna. La tripartizione è
accentuata dai differenti livelli del piano di calpestio, rialzato di un
gradino in corrispondenza di ciascuna coppia di pilastri. All’interno
dell’invaso è enucleato il corpo centrale che presenta un andamento
ortogonale all’asse maggiore dell’invaso; è preceduto da una sorta di portico
quadrangolare ed è concluso da un’abside quadrata correttamente orientata ad
Est, la cui forma suggerisce raffronti con chiese ad abside quadrata o
rettangolare di area siriano-palestinese datate tra il V e il VII secolo, a
volte precedute da un atrio o portico disposto sul lato meridionale della
chiesa, come osserviamo nel monumento siciliano. L’abside si presenta
particolarmente elaborata: elevata sul piano dell’aula di due gradini ed
isolata originariamente con transenne lignee di cui si conservano i fori per
l’inserzione dei pali, accoglie al centro un altare a cubo ricavato nel vivo
masso e alle spalle una cattedra, egualmente ricavata nella roccia, con
braccioli, schienale e suppedaneo,
destinata al ministro del culto. Il tipo di altare suggerisce l’utilizzazione
di una liturgia di tipo orientale. Altri due ambienti
completano la planimetria della chiesa, nei quali si possono riconoscere due
ipogei sepolcrali, intimamente connessi con la zona liturgica. L’ambiente di
sinistra si apre subito a fianco dell’ingresso, ma ad un livello più basso.
L’ipogeo di destra accoglie sei fosse terragne e due arcosoli. Altre fosse
terragne si aprono nel pavimento della chiesa. La presenza di questi
due ipogei funerari, insieme con altri che fiancheggiano la chiesa lungo la
parete del costone, chiariscono la natura dell’insediamento nel sito. Questo
accolse in un primo momento un’area cimiteriale paleocristiana con ipogei e
tombe terragne; in un secondo momento, intorno al settimo secolo, alcuni di
questi ipogei subirono una massiccia trasformazione al fine di ricavarne un
ambiente in cui fosse possibile celebrare il culto. Questo spiega una certa
irregolarità nella tecnica di scavo e una certa anomalia nella disposizione
degli spazi liturgici. Quale motivo abbia
determinato il sorgere di un luogo di culto presso un’area cimiteriale, non
ci è dato di sapere. Oltre ad osservare che si tratta di una costante
dell’architettura rupestre non solo siciliana, possiamo supporre che il culto
sia sorto attorno ad una tomba particolarmente venerata o attorno ad un
personaggio in particolare conto presso la gente del posto; si può pensare ad
un eremita con poteri carismatici di una comunità cenobitica insediatasi
nell’area cimiteriale. Una iscrizione, incisa
in un quadretto della roccia sulla parete subito a sinistra della porta che
immette dalla chiesa nell’ipogeo in corrispondenza dell’arcosolio, commemora
la deposizione del personaggio venerato, che apprendiamo chiamarsi Pietro. Il
testo dell’epigrafe è il seguente: […] MEMORIE PETRI / [PR]IMO DIE MENSE
[FE]BRAR[IO] / DEP[OSITUS] / MCLX[… A]NNO […]DNI. Greche sono alcune
iscrizioni devozionali incise sulla soglia sinistra dell’ingresso centrale
con la tipica invocazione al Signore che si ricordi del suo servo e seguita
dal nome dell’invocante. Più interessante è una
bella croce greca incisa a fianco dell’epigrafe latina, a bracci patenti (cm.
88x84) all’incrocio dei quali è una crocetta inscritta in un cerchio,
simboleggiante il Cristo, e sui bracci la sigla consueta: IC / XC/ NI / KA.
Una croce latina è graffita nella lunetta dell’arcosolio dell’ipogeo di
destra, segno di un culto particolare presso di esso. L’epigrafe latina e la
croce graffita erano coperte da almeno cinque strati di intonaco dipinto, che
attestano una lunga e costante tradizione cultuale. Gli affreschi, molto
guasti e ricoperti da una spessa velatura di nero fumo, interessavano
l’intera parete orientale e si estendevano anche sulle pareti dell’abside. Un
solo soggetto è riconoscibile: una Annunciazione collocata subito a destra
dell’ingresso, di cui si conserva soltanto il volto della Vergine,
fiancheggiato dalla didascalia con segno di abbreviazione MAT[ER] D[OMI]NI.
Una camera scavata a destra della chiesa reca tracce di un pannello dipinto
ed in esso può essere riconosciuto San Marco. |