bevande alcoliche: vino, birra, ecc | |
bevande superalcoliche: acquaviti, liquori | |
bevande analcoliche: succhi di frutta, sciroppi, bevande fantasia, ecc. | |
acque: potabili, minerali, potabili gassate
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Introduzione alle bevande
Le bevande si possono distinguere in:
Bevande alcoliche e superalcoliche.
Per legge , le bevande alcoliche sono quelle con grado alcolico inferiore a 21°, e superalcoliche quelle con grado alcolico superiore. Vino e birra sono bevande alcoliche di fermentazione; le acquaviti (whisky, brandy e cognac, grappe, rhum, ecc) ed i numerosissimi liquori (Maraschino, Fernet, liquori al caffè, ecc.) sono superalcolici. Le bevande alcoliche devono portano in etichetta l’indicazione del grado alcolico volumetrico ( o titolo alcolometrico volumico), espresso in <<% vol.>>, esempio <<12,5% vol.>>, misurato a a 20°C.
Il vino.
Il vino si ottiene per fermentazione alcolica del mosto d’uva fresca, o leggermente appassita, per azione di alcuni fermenti, detti saccaromiceti. La % volumetrica di alcol etilico nel vino è appunto misurata dal grado alcolico, e quindi un vino di 12° contiene il 12% di alcol etilico (cioè, 12 ml. di alcol etilico in 100 ml. di vino).
In base alle norme della UE il grado alcolico dei vini non può essere inferiore a:
8,5% vol. (o 9% per determinate zone) per i vini da tavola,
che non devono superare i 15°.
9% vol. (o 9,5% o 10% vol. per determinate zone) per i vini
V.Q.P.R.D. (Vini Qualità Prodotti Regioni Determinate).
Per i vini liquorosi, il grado alcolico deve essere non inferiore a 17,5° e non superiore a 21°.
La grande varietà di vini esistenti dipende da molti fattori, come il tipo d’uva, la zona di produzione, la tecnica di vinificazione, l’andamento stagionale.
La disciplina delle denominazioni è contenuta nella L. 10 febbraio 1992, n. 164.
I vini in commercio si possono suddividere in: vini da tavola, vini V.Q.P.R.D., vini liquorosi, vini aromatizzati, e vini spumanti.
Indicazioni obbligatorie sulle confezioni di vino: il volume, in lt.; il grado alcolico; nome dell’azienda produttrice e imbottigliatrice; il numero del registro di imbottigliamento. Per i vini da tavola, occorre la scritta <<vino da tavola>>, mentre per i vini spumanti e aromatizzati non possono essere usate denominazioni di origine controllata.
Alterazioni dei vini: uve guaste, incuria nel trattamento, malattie del vino, come la fioretta (velo bianco in superficie), spunto e acescenza (sapore ed odore di aceto), girato, casse, ecc.
Frodi: aggiunta di acqua (adulterazione); aggiunta di glucosio, di alcol (sofisticazioni), ecc.
La birra.
Di origini ancora più antiche del vino, la birra è una bevanda ottenuta per fermentazione alcolica del malto d’orzo. La birra si differenzia dal vino per un minor contenuto alcolico, e per un maggior contenuto di sostanze estrattive, che conferiscono ad essa anche i caratteri di bevanda moderatamente nutriente e nervina.
La birra si ottiene dalla fermentazione alcolica dei mosti preparati con malto d’orzo ed acqua, amaricati con luppolo.
Conservata in frigo tra i 5° e
i 6° C., la birra è pronta per essere servita. Quando si toglie il tappo,
l’anidride carbonica fuoriesce con la schiuma, testimonianza diretta del
complesso processo di trasformazioni enzimatiche per cui da una grossa molecola
come l’amido (polisaccaride, zucchero di alto peso molecolare e complessa
costituzione chimica), si passa per effetto della diastasi ad una molecola meno
grande, il maltosio (disaccaride), ed infine per fermentazione alcolica con il
lievito si perviene alla
trasformazione del maltosio in alcol etilico ed anidride carbonica.
Le birre sono suddivise in base
ai gradi Plato ed al contenuto alcolometrico volumico.
I gradi Plato (ed anche i gradi saccarometrici) misurano la concentrazione del mosto, e cioè la concentrazione
degli zuccheri prima della fermentazione. Ovviamente, uno dei fattori più
importanti per la valutazione commerciale di un mosto è dato appunto dalla
quantità di zuccheri in esso presenti.
Il titolo alcolometrico volumico
è quello del prodotto finito (birra), dopo la fermentazione primaria, ed è
quello che normalmente è riportato in etichetta. Ovviamente, esso rappresenta
una informazione importante soprattutto per il consumatore finale, che ha
diritto di conoscere la gradazione alcolica della birra, prima di acquistarla.
Di seguito, la suddivisione delle birre secondo la legge italiana sopra citata.
Denominazione della birra secondo la normativa nazionale.
Tipo di birra |
Gradi Plato (1 Plato=1 gr. zucch. /100 gr. mosto) (*) |
Grado alcolometrico volumico (che compare in etichetta) |
Birra analcolica | > 3 Plato < 8 |
Grado
alcolometrico volumico <
1.2% |
Birra light | >
5 Plato < 10,5 |
1.2%<
g.a.v.< 3.5% |
Birra | Plato > 10,5 | g.a.v.> 3,5% |
Birra speciale | Plato > 12,5 | g.a.v.> 3,5% legali (in pratica, intorno al 4%) |
Birra Plato | Plato>14,5 |
Le birre si suddividono in due grandi famiglie:
Alta Fermentazione:
partendo da malti scuri, la fase di fermentazione avviene ad una temperatura che
va dai 15° ai 25°C, utilizzando lievito formato da
saccaromiceti cerevisiae. Sono birre forti, di spiccata personalità. Di
questa prima famiglia fanno parte le Ale, in genere dal
gusto secco e amaro; le birre al frumento; le birre d’Abbazia, molto
aromatiche; e le Stout, dal gusto abbastanza amaro. | |
Bassa Fermentazione:
partendo da malti chiari, la fase di fermentazione avviene ad una temperatura
che va dagli 8° ai 14°C, utilizzando lievito formato da
saccaromiceti carlsbergensis; si producono birre dissetanti,
dal gusto semplice e pulito. Appartengono a questa famiglia le Lager, spumeggianti e dal colore chiaro, le Pilsner e le
Export, moderatamente alcoliche e di color oro, le Bock. |
La temperatura ideale per
conservare la birra è di 5°- 6°C.
La temperatura ideale per servire la birra va da 7°C per le birre light e lager americane ai 9°C per le lager europee, per le lager scure e le birre di grano tedesche. Sale a 13°C per le ale e stout normali,; a 15,5°C per le ale scure e forti e per i barley wine.
Acquaviti
e liquori.
Sono ottenute per distillazione
di mosti fermentati di cereali diversi, o anche di frutta, in modo da mantenere
i principi aromatici delle sostanze fermentate (art.1, D.P.R. n. 297/1997).
L’operazione fondamentale del processo di produzione delle acquaviti è
proprio la distillazione, che consente la concentrazione dell’alcol etilico,
contenuto in quantità ridotta nel fermentato. Importante è l’invecchiamento,
che dura anni, e in contenitori particolari
a seconda del tipo di acquavite (da tre a 10 anni in fusti di quercia per
il whisky, molti anni e in botti di rovere per il cognac). Le acquaviti poste in
commercio devono avere una grado alcolico non inferiore a 38° e non superiore a
60° (la maggior parte delle acquaviti, come ad esempio cognac, brandy, whisky,
gin, sta sui 40°; la grappa arriva anche ai 50°, rhum e vodka ai 60°). Le
acquaviti possono essere classificate in acquaviti di vino (brandy e cognac), di
cereali (whisky), e grappe (per distillazione delle vinacce).
I liquori
comprendono un gruppo molto
vario di bevande alcoliche, che sono poste in commercio con indicazioni sul
contenitore del tipo: <<Liquore …>> seguito dal marchio
commerciale o da un nome di fantasia; esempi: liquore Maraschino, Fernet,
liquore al caffè, ecc. Sono ottenuti da miscele di acqua, alcol etilico,
zucchero, essenze e aromi. Il grado alcolico varia tra 25° e 50°.
Bevande analcoliche.
Le bevande analcoliche sono quelle prive o quasi di alcol etilico (per legge, max 1%). La loro conservazione avviene per aggiunta di zucchero, o anidride carbonica, o per pastorizzazione. Sono bevande analcoliche i succhi di frutta, gli sciroppi, e le bevande di fantasia, presenti sul mercato sia come cole (bevande a base di estratti vegetali ed essenze naturali estratte dalle piante cola delle regioni tropicali; esempi: Cocacola, Pepsicola), e sia come bevande gassate (gassose, aranciate).
Acque
(potabili, minerali e potabili gassate)
Le acque per l’alimentazione possono essere:
Acque potabili
L’ acqua potabile è quella destinata al consumo umano. L’ acqua
potabile deve essere batteriologicamente pura e salubre, limpida, incolore, inodore, insapore.
I requisiti
dell’acqua potabile, e quindi il suo uso, devono essere garantiti
da controlli (esami) effettuati da Laboratori legalmente autorizzati.
Questi esami sono sia di tipo batteriologico, e sia di tipo chimico-fisico.
I requisiti di
un’acqua potabile per legge non debbono superare certi valori; ad esempio, la
durezza totale, deve essere compresa tra 15 e 50 gradi francesi,
preferibilmente sui 20-25 gradi. La durezza di un’acqua è data dalla somma
dei sali di calcio e magnesio disciolti in essa, ed è espressa normalmente in
gradi francesi. 1° F corrisponde a 1 mg di CaCO3 (carbonato di
calcio) in 100 ml. di acqua (o, se preferite, a 10 mg di CaCO3/lt.
acqua). Di maggiore importanza sono poi gli esami sopratutto
su ammoniaca, nitriti e metalli pesanti, indici di gravi inquinamenti di
origine organica o industriale; tali componenti devono perciò risultare assenti.
Acque minerali.
Le
acque minerali sono acque naturali sotterranee che, essendo prelevate a maggiore
profondità, e per la qualità e quantità dei sali minerali in esse disciolte,
sono più pure, e possono avere effetti terapeutici.
Si classificano:
a) in base al maggiore o minore contenuto di sali minerali, in
oligominerali (meno di 50 mg/lt.), e minerali (più di 500 mg/lt.);
b) per la
presenza di particolari sali minerali, abbiamo acque alcaline (se prevalgono i
bicarbonati), sulfuree, ferruginose, ecc.; di sorgente, se provengono da falde
acquifere sotterranee, e sono riconosciute per legge (Ministero della Sanità).
Le acque minerali sono messe in commercio in recipienti sigillati, con la seguente etichettatura: acqua minerale naturale; denominazione dell’acqua; i risultati e la data delle analisi; l’autorizzazione alla vendita; la data dell’imbottigliamento; il termine minimo di conservazione, il codice a barre.
Acque potabili gassate
Sono quelle a cui viene aggiunta anidride carbonica (CO2), come l’acqua di Seltz (solo anidride carbonica), acqua di soda (bicarbonato di sodio + CO2).
Bevande nervine.
I principali alimenti
nervini sono il caffè, il tè ed il cacao, che contengono come principi attivi
la caffeina, la teofillina, e la teobromina. Questi principi attivi (alcaloidi)
sono tutti e tre presenti nel caffè, nel tè e nel cacao, ma la caffeina è più
presente nel caffè, la teofillina nel tè, e la teobromina nel cacao; la prima
(caffeina) stimola di più il sistema nervoso, la teofillina quello cardiaco,
mentre invece la teobromina ha una funzione intermedia rispetto alle prime due;
tutti e tre hanno un effetto diuretico.
Caffè.
Il caffè si ottiene dai chicchi delle piante Coffea arabica (la più pregiata) e Robusta, tra le più importanti delle circa 60 specie conosciute della famiglia delle Rubiacee.
La Arabica ha un seme piatto, di colore verde intenso, e con la tostatura acquista un sapore dolce e aromatico. La Robusta ha un seme rotondeggiante, di colore verde pallido, e con la tostatura acquista un sapore amarognolo.
Il caffè è venduto come caffè crudo, o torrefatto (tostato), o decaffeinato, o liofilizzato solubile.
La torrefazione viene effettuata a circa 200 °C per 12-20 minuti. Con la torrefazione si ha la parziale combustione dei zuccheri e delle proteine e la parziale eliminazione della caffeina, ed il caffè assume quel profumo caratteristico.
Il caffè torrefatto in grani va esposto con cartellini indicanti tipo e prezzo.
Per gestire un deposito di caffè e per lavorarlo (torrefazione, confezionamento, ecc.), occorre una licenza dell’Agenzia delle Entrate, che però non è obbligatoria per i gestori di bar e per i negozi che effettuano solo la vendita del caffè. Occorre poi un registro di carico e scarico per chi ha caffè confezionato o sfuso per più di 5 Kg.
Il caffè torrefatto può alterarsi se conservato a lungo all’aria e senza preservarlo dalla luce e dall’umidità. Le frodi più comuni sul caffè sono: miscela con qualità più scadenti, oleatura con glicerina o olio di vaselina per migliorarne l’aspetto, spruzzatura con acqua durante la torrefazione per aumentarne il peso.
Tè.
Con il termine tè vengono commercializzate le foglie essiccate delle piante della famiglia delle Teacee che crescono quasi esclusivamente in Asia. I tipi di tè posti in commercio sono classificati in due famiglie: tè verdi e tè neri. Le qualità del tè nero si distinguono secondo l’età delle foglie: Pekoe, giovanissime, Souchong, giovani, Bohea, tipo più comune.
Poi, in base alla provenienza, il tè si distingue in : cinese, giapponese, di Ceylon, dell’India, ecc.
Il cacao si ottiene dai semi di una pianta chiamata Teobroma cacao, originaria dell’America centrale, appartenente alla famiglia delle Sterculiacee. Forti Paesi produttori sono la Costa d’Avorio ed il Brasile.