Stimolato delle domande rivolte nel Forum di Parrot Area Italia sull’allevamento delle Roselle, ho deciso di scrivere qualcosa riguardo alle mie esperienze, soprattutto perché la bibliografia in italiano a riguardo è scarsa

DESCRIZIONE

E’ un parrocchetto australiano di circa 32 cm. ed entrambi i sessi sono vivacemente colorati: testa e petto rossi, guance bianche, ventre giallo, sottocoda rosso, le due timoniere centrali verde-blu, le restanti timoniere azzurre, remiganti nere che nei giovani e nelle femmine adulte presentano sulla parte inferiore delle macchie bianche, le copritrici alari primarie sono blu cobalto. Il mantello è costituito da penne nere bordate di giallo-verde, solo giallo nella sottospecie Mantello d’Oro (P. e. ceciliae).

Per chi non le conosce bene, non è facile distinguere i sessi.

Ci si basa sulla forma e dimensione del cranio e del becco (più massicci nei maschi), del fatto che i colori nelle femmine sono un po’ più spenti e sulle macchie bianche delle remiganti, che però permangono ancora nei maschi fino a due anni di età. Ma con un po’ di esperienza, si è in grado di stimare con precisione al 99% il sesso dei piccoli già nel nido, poco prima dell’involo, senza dover ricorrere a sessaggi chirurgici o genetici.

La sua distribuzione interessa il sud est del continente australiano (dove è conosciuta come “Eastern Rosella” e la sottospecie ceciliae è chiamata “Golden Mantled Rosella”), ed è molto comune. In alcuni casi anche troppo, provocando danni alle colture ed ai frutteti e per questo motivo è cacciata con reti, fucili ed altro (nota polemica: chissà perché noi allevatori, invece, per questa specie dobbiamo tenere un registro di carico e scarico…).

ALLEVAMENTO

In Europa le Roselle Comuni sono disponibili in gran quantità e nessun individuo è di cattura. Solamente in Inghilterra si stima ne nascano più di mille ogni anno (Massa, Venuto). La facilità con cui si riproducono in cattività e la loro coloratissima livrea, ne fanno uno dei parrocchetti preferiti dagli allevatori di pappagalli. In più, ora ci sono numerosissime mutazioni di colore, delle quali però non so dire molto perché preferisco e allevo solo gli ancestrali. Per chi fosse interessato, un bel sito Internet da visitare riguardo alle mutazioni di colore è quello di Thierry Duliere: http://thierry.duliere.free.fr/rosella/indexfr.htm La possibilità di un adeguato esercizio fisico, il volo, è un indiscutibile fondamentale fattore che contribuisce alla salute fisica e psichica di questi uccelli molto vivaci. Bisogna avere l’accortezza di mettere il minor numero possibile di posatoi, e agli estremi della voliera, in modo che abbiano molto spazio per il volo.

Abitualmente colloco un posatoio in alto (a circa m. 1,70 da terra) nella parte scoperta della voliera dove c’è il tetto in rete, un altro dalla parte opposta, nella zona coperta, alla stessa altezza, ed a volte un terzo a metà strada, ad un metro da terra. In queste condizioni le mie Roselle si rivelano molto robuste e difficilmente si ammalano, indifferenti al caldo estivo ed al gelo invernale. Fanno il bagno tutto l’anno, anche d’inverno, quando ci sono appena pochi gradi sopra lo zero.

Sono solamente inclini ad infestarsi di vermi intestinali (principalmente Ascaridi), poiché amano molto razzolare per terra. Da quando però ho cambiato il fondo delle voliere, da terra naturale ad un fondo artificiale (mattonelle di graniglia), il problema si è sensibilmente ridotto. Molti allevatori fanno due trattamenti l’anno (primavera e autunno) con prodotti vermifughi a base di Fenbendazolo, Mebendazolo, Levamisole, Piperazina o Ivermectina. Un veterinario mi ha detto, però, che una profilassi preventiva così non ha senso: se gli uccelli sono sani è inutile, perché i farmaci agiscono solo contro il parassita. Se gli Ascaridi non sono presenti nell’intestino del pappagallo, usando i farmaci vermifughi non si crea alcun effetto protettivo sull’animale sano, tipo vaccinazione, ad un successivo contatto con le uova di Ascaridi (la malattia inizia per ingestione accidentale delle uova dei vermi). Questi farmaci vanno impiegati perciò solo in presenza conclamata della parassitosi, diagnosticabile con un’analisi di laboratorio delle feci dell’individuo che si ritiene possa essere ammalato. Il quadro clinico tipico di questa parassitosi è quello di un animale che nonostante si nutra normalmente, smagrisce.

ALIMENTAZIONE

Per quanto riguarda l’alimentazione, sono pappagalli molto frugali. Ho visto allevarli mantenendoli in buona salute con il solo misto di semi secchi per parrocchetti , e con questo nutrimento allevare tranquillamente anche la prole. Non per questo, però, non bisogna aumentare la varietà di cibo ed è bene integrare i semi secchi con frutta e verdure di ogni tipo, pastoncino all’uovo, bacche, spighe immature di grano, sorgo e mais, ramoscelli di piante non tossiche e tutto quello che possono eventualmente gradire.

RIPRODUZIONE

Come detto, sono pappagalli molto prolifici. Raggiungono la maturità sessuale a 12 mesi di età,

forse anche prima, ma per evitare possibili dispiaceri è meglio non consentire la nidificazione alla coppia prima dell’anno di vita. Possono essere pappagalli abbastanza aggressivi e per la riproduzione bisogna tenerli separati per coppie.

Se si allevano in voliere adiacenti separate tra loro solo da una rete, è necessario che non ci siano altre coppie di Roselle a fianco, di qualunque tipo, e neppure dei parrocchetti affini, come quelli del Genere Barnardius.

Nel periodo degli amori bisticcerebbero continuamente, attaccati alla rete, uno da una parte e uno dall’atra, cercando di beccarsi. Le soluzioni possibili sono due. La prima è quella di schermare completamente la rete confinante in modo che non si vedano, ad esempio con del materiale plastico.

L’altra è quella di mettere, come vicini, delle specie più tranquille, tipo i parrocchetti del genere Polytelis (Barabband, Codanera, Regina Alessandra). Il padre, inoltre, può diventare aggressivo con i propri figli una volta svezzati, in particolar modo verso i giovani maschi. E’ bene quindi avere la possibilità di separare i novelli dai genitori appena ci si accorge di questo comportamento. In letteratura è riportato che l’aggressività del maschio si può manifestare anche verso la propria compagna, talvolta con esiti letali. A me non è mai capitato. Forse dipende dal luogo e dalle dimensioni dell’alloggiamento. Io le ho sempre tenute all’aperto, in voliere rettangolari di dimensioni mai inferiori al metro di larghezza, due di altezza e tre di lunghezza. Ultimamente ho aumentato le lunghezze delle mie voliere, portandole in totale a cinque metri (le altre due misure sono rimaste uguali). Probabilmente in contenitori più piccoli l’aggressività del maschio può dare luogo ad episodi spiacevoli.

Ho visto Roselle tenute in garage, in ex gabbioni per conigli…anche io diventerei un po’ più nervoso in quelle condizioni!

Fornisco, tra fine febbraio e primi di marzo, un nido a cassetta a base quadrata di cm. 25x25 e alto cm. 40, ma non hanno particolari esigenze e nidificano tranquillamente anche in nidi di dimensioni diverse.

All’interno metto uno strato di trucioli di legno che la femmina provvede a sistemare come preferisce. La deposizione varia da 4 a10 uova, a volte anche più.

Cova solo la femmina per 19-21 giorni, ma il maschio la rifornisce di cibo e partecipa poi attivamente all’allevamento della prole. Si inanellano tra i 7 e i 10 giorni, quando cominciano ad aprirsi gli occhi, con anelli da 5 mm. I giovani si involano dopo 4-5 settimane e sono svezzati dopo una quindicina di giorni. A fine estate tolgo tutti i nuovi nati, che metto in un’altra voliera, ed il nido.

Lascio così la coppia di riproduttori a svernare da sola e a riprendersi dalle fatiche dell’allevamento, nell’attesa di fornire loro nuovamente il nido, alla primavera successiva. Una coppia in forma e in condizioni ambientali favorevoli fa due covate l’anno, ma per nessuna ragione bisogna consentirgliene una terza. Ho avuto un’ottima coppia nei primi anni ’90 che nel 1995 ha avuto una stagione molto felice.

Nella prima covata ha deposto nove uova, tutte fertili, dalle quali sono schiusi sette pulcini, tutti sopravvissuti ed involati. Con ancora gli ultimi due pulcini nel nido ma in procinto di involarsi, la femmina ha iniziato una seconda deposizione, di dieci uova, di cui otto fertili, dalle quali sono schiusi cinque pulcini e solo uno non è sopravvissuto fino all’involo. Nella seconda covata ho notato che il risultato è sempre inferiore rispetto alla prima, sia per la quantità di uova feconde, sia per la schiusa, sia per la sopravvivenza dei pulcini (forse perché avviene in piena estate?).

La coppia era alloggiata all’aperto tutto l’anno, in una voliera rettangolare di m.1x2x3. In quell’occasione non ho separato i piccoli della prima covata, mentre era in atto la seconda, perché i genitori non mostravano aggressività nei loro confronti. La produzione di 11 novelli a stagione da una coppia, pur non essendo un record, non può considerarsi neppure nella norma.

L’anno passato (2003), per fare un altro esempio personale, la coppia presente attualmente nel mio allevamento (vedi foto) ha fatto una sola covata, di sei uova, ma tutte fertili e dalle quali sono schiusi sei pulcini tutti involati (vedi foto, il padre, il primo da sinistra, con i suoi sei figli).

Insomma, almeno 4 o 5 piccoli l’anno da una coppia è lecito attenderseli. Questa loro buona propensione alla cova e all’allevamento, fa sì che talvolta siano usate come balie per la cura di uova e di pulcini di Roselle più rare e costose. Unico aspetto negativo della Rosella Comune è costituito dal fatto che non si addomesticano, così da avere un pappagallo da compagnia. Una volta ci ho provato, allevando a mano, dall’età di 10 giorni, un esemplare che appena è stato in grado di volare, non si faceva più riacchiappare.

Era una femmina e una volta ceduta ad un mio amico che aveva un maschio, l’anno seguente s’è riprodotta ed ha allevato due piccoli, dimostrando di non essere stata assolutamente imprintata sull’uomo.

Altre Roselle, invece, come i Pennant (Platycercus elegans) e gli Stanley (Platycercus icterotis), sono più confidenti ed alcuni vengono a mangiare in mano anche senza essere stati allevati allo stecco, ma di questi ne parleremo in altri articoli.

 

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Roberto Giani - Agosto 2005

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