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Post@-fazione… Fuori dal b(r)anco

A partire da questo testo si può avere lo stesso coraggio degli autori per andare oltre, con fantasia, creatività, apertura all’imprevedibilità del futuro e alla realizzazione dell’inedito.

Non si tratta di cercare, passivamente, di imitare i ragazzi di Pordenone (i post@ccioni zaniniani) ma di re-inventare una rete di comunicazione telematica che consente a tutte le persone del gruppo di potersi esprimere come protagonisti di un’opera che, alla fine, è l’esito di una scrittura collettiva.

E come fu originale, a suo tempo, la "lettera ad una professoressa" (la sua pubblicazione avvenne nel 1967) che don Lorenzo Milani scrisse collegialmente con i ragazzi di Barbiana, altrettanto originale - ma certo diversa nello spirito, nelle finalità e nella scelta del mezzo tecnologico – appare oggi questo esperimento di comunicazione leggera, post-moderna e virtuale che viene reso pubblico e che, si spera, potrebbe produrre analoghe sperimentazioni in altre scuole d’Italia.

Tre copie del volume le riserverei per inviarle, nell’ordine all’ex Ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro; all’attuale Ministro Letizia Moratti, e una al futuro ministro che io non so chi potrà essere ma che prima o poi ci sarà.

"La posta sul banco", infatti, aiuta a farsi un’idea diversa e più aggiornata della scuola e delle potenzialità comunicative degli studenti di oggi e di domani. Una scuola non avveniristica ma già reale, se solo basta far leva su un esiguo numero di insegnanti che abbiano passione educativa e adeguate competenze. A Pordenone, per la realizzazione di questo esperimento, ne sono bastati due! Anzi, uno, perché l’altro si è prima virtualmente travestito e poi si è materializzato nella sua fisicità facendo dire a uno degli studenti che il personaggio più incredibile, affascinante e vero era proprio quello inventato.

Il prodotto "letterario" che abbiamo tra le mani è nato dunque da un lavoro di scrittura elettronica collettiva, una sorte di e-diario settimanale che si è venuto compaginando nel tempo raccogliendo la posta elettronica, le e-mail, che il gruppo eterogeneo si è scambiato sugli argomenti che, a rotazione, ora l’uno ora l’altro componente del gruppo avevano il compito di avviare intorno alla vita scolastica come centro gravitazionale.

E già qui si nota l’abilità di mantenere libera e aperta la comunicazione ma contemporaneamente lo sforzo di non perdere il filo d’argento del viaggio narrativo per ricondurre ad un nucleo unitario - "la scuola da vivere" – i variegati momenti e aspetti che sono stati scelti come esperienze da raccontare. Sicché assistiamo alla descrizione delle strade e dei mezzi di trasporto per arrivare a scuola, ai bidelli, al compagno di banco, allo zaino o alla cartella (gli invicta o gli east pack "con annesso il giardino zoologico di trudini, e ciucci e ciuccetti di tutte le forme"), al telefonino (di quelli che "squillettano a due metri di distanza"), i colloqui con gli insegnanti e genitori, le occupazioni e le autogestioni, i sogni e le speranze; la ricreazione, il piccolo manuale di salvezza scolastica, i voti (molti studenti "lecchinano i professori per ottenere voti migliori"); il sapere e la storia; computer e tecnologie a scuola ("è bene che siano arrivati, è bene saperli usare ma… al di là del ponte ci aspetta di nuovo la scuola"); la gita scolastica; l’amore, i sentimenti e le emozioni nella scuola.

La cena al ristorante cinese, alla fine, c’è stata, ma dalla lettura del testo si intuisce che la trama di relazioni, simpatie e empatie che ha attraversato il gruppo in verticale e in orizzontale è stata ben più profonda e intrigante.

Siamo dinanzi ad una classe "telematica", ma col cuore, fatta di ragazzi carnali che viaggiano in treno, o prendono ogni giorno la corriera per recarsi a scuola.

Basta una provocazione indovinata del Prof. – ad esempio sui "nonluoghi" di Marc Augé – per far scatenare una serie di reazioni a dir poco singolari. C’è chi confida di non riuscire ad afferrare totalmente il concetto di nonluogo; chi dichiara di non intendersi di cose filosofiche; chi stabilisce un nesso a suo modo geniale tra "utopia" e "nonluoghi" e però non ha nessuna remora ad aggiungere che "la corriera mi pare un nonluogo più sfigato del treno". Il mio commento spontaneo è: "mitico", volendo usare lo stesso linguaggio di questi giovani.

Ecco, il linguaggio. Forse sta proprio nell’aspetto linguistico la nota più apprezzabile dell’esperimento, ma che certamente non esaurisce il potenziale innovativo – che è molteplice – di questo volume. Sto pensando alla valorizzazione dell’emotività e della "corporeità" che invece nella scuola sono totalmente trascurate. Inoltre sto pensando all’assenza più completa di moralismo e di paternalismo, anche nelle forme più velate o striscianti. A tal punto che sorprende l’equilibrio etico del volume che viene raggiunto spontaneamente, senza forzature.

Penso ancora all’effetto delle rivelazioni a sorpresa, un elemento arricchente e dirompente all’interno di tutta l’esperienza narrativa. Non a caso il testo può essere proposto come esempio positivo di pedagogia narrativa.

Questo gruppo di comunicazione telematica è anche l’anticipazione di qualcosa che in futuro potrebbe diffondersi a fianco della scuola tradizionale, valorizzando in chiave educativa la vita dei giovani.

Umberto Eco da qualche anno usa la metafora del "banco a due piazze" per dire come dovrebbe essere arredata l’aula scolastica multimediale in cui studieranno i nuovi giovani della società informatica e cognitiva dell’epoca post-moderna.

Sappiamo che negli Stati Uniti vengono già sperimentati i libri digitali, ossia testi elettronici che sostituiscono i vecchi manuali scolastici. Non è solo un alleggerimento del fardello che ogni studente doveva portarsi quotidianamente a scuola, ma un cambiamento di mentalità e un nuovo metodo di studio e di ricerca. Infatti gli "e-book" sono una specie di computer portatile, con un video grande quanto un libro, sul quale si possono leggere migliaia di pagine. Ci vorrà ancora del tempo per uscire dalla fase sperimentale ed entrare nella nuova fase delle biblioteche digitali mobili, per così dire, che comunicheranno in linguaggi audio, video e animazione. E per di più saranno testi consultabili in modo interattivo: uno studio diverso, più ricco e più dinamico, di ciò che avviene oggi con i normali libri di testo inevitabilmente cartacei e "pesanti" (in tutti i sensi).

Tirando le somme, questo testo rappresenta un "sintomo" e proprio qui sta il suo interesse. Non è un’opera letteraria e neanche intendeva esserlo. Ci mostra come si possa attivare una rete comunicativa di giovani studenti sul territorio, oggi, nel tempo della globalizzazione e della solitudine del cittadino globale che ha però dentro di sé una grande "voglia di comunità" (per usare il linguaggio di Zygmunt Bauman, il sociologo della "modernità liquida").

Infine, ci mostra come un paio di insegnanti possano diventare una bussola e una stella polare per tanti giovani, valorizzando i loro linguaggi ("mailizzando" con il loro), sfidandoli sulle novità tecnologiche (l’avvento della "cellularizzazione di massa"), prendendo la realtà con il giusto senso dell’umorismo, restando sempre educatori, adulti competenti, convinti però che ogni persona è capace di trovare dentro di sé le strade della Verità, del dialogo e della ricerca continua.

Antonio Nanni, Pedagogista
del CEM (Centro Educazione alla Mondialità)