Libero

La Maledetta Tripletta

Contava le linee, uno, due, tre e le calpestava, quando non ci riusciva ricominciava a contare da capo. Questo contare e calpestare lo portava ad una camminata buffa e alle volte acrobatica. Regole del gioco: individuare una linea, calpestarla, numerarla e quindi arrivare al numero più alto di linee calpestate consecutivamente. Le linee non erano altro che piccole crepe presenti sul marciapiede o sul manto stradale. Jan non era capace di andare da un punto A ad un altro B senza che il gioco delle linee lo catturasse, non riusciva assolutamente ad evitare di calpestare e contare, cercare, calpestare e collezionare quante più linee possibile. Ogni volta che saltava una linea, o perché troppo lontana quindi impossibile da raggiungere o troppo attaccata alla precedente o per qualsiasi altro motivo che lo portava a ricominciare tutto daccapo, una fitta gli colpiva lo stomaco che cominciava a dolergli forte e un brutto senso di colpa si impadroniva di lui fin quando non arrivava a un numero di linee tale da farlo calmare. Una vera e propria fobia, se cosi si può chiamare, con la quale Jan conviveva ormai da anni. Quando non riusciva a prendere sonno studiava nuove mosse o per meglio dire nuovi passi per prendere le linee più complicate. Le linee più ardue da calpestare erano due divise da pochi centimetri con la terza a circa un metro e mezzo. Ogni volta che si trovava di fronte a tale ostacolo qualcosa andava storto. Studiare un modo adatto per poter calpestare la “Maledetta Tripletta”, cosi l'aveva chiamata, spesso lo faceva sprofondare con facilità in un sonno profondo, era meglio di un sonnifero. La difficoltà della “Maledetta Tripletta” erano le prime due linee, o perché le calpestava entrambe con un solo piede o mancava la seconda per evitare di stramazzare a terra. Il forte scrosciare della pioggia e il rumore di quell'unico albero presente nel suo giardino che sbatteva contro la finestra per il forte vento, impedivano che Jan si addormentasse, allora cominciava lo studio dell'acrobazia adatta a superare una volta per tutte la “Maledetta Tripletta”. Quelle tre linee lo angosciavano tanto da portarsele spesso in sogno. E solo in sogno quella notte, dopo essersi immaginato nelle posizioni più tortuose e impossibili, si vide superare l'ostacolo nella maniera più elegante e semplice. L'indomani uscì per svolgere le sue solite faccende e imboccò una strada, anche se era ben conscio che l'avrebbe fatto allungare di una buona mezz'ora, in cui era certo di trovare più volte la “Maledetta Tripletta”. Era osservato sempre da tutti, era inevitabile, era impossibile non rimanere catturati da Jan mentre camminava, era come un mini show tipo artista da strada. Se ne rendeva conto e voleva non essere osservato, si sentiva a disagio con tutti quegli occhi addosso ma doveva scegliere fra l'immane senso di colpa che un'andatura normale gli procurava o lo sguardo della gente. Intravide la “Maledetta Tripletta” e sudò freddo visto che aveva calpestato tante linee ed era terrorizzato dall'idea di ricominciare a contare da capo. Si piegò a 90° con le mani sulle ginocchia, come per prendere fiato dopo una lunga corsa, ripassò in testa ciò che avrebbe dovuto fare ma ad un tratto si rialzò. Aveva una faccia cadaverica, era diventato pallido e le gambe gli tremavano un pò. Non ricordava più, o forse non aveva mai saputo con che piede cominciare. Prima linea, destro o sinistro? Il marciapiede era alquanto affollato e molta gente gli andava addosso, insultandolo pure, ma lui non vedeva altro che il suo ostacolo, non sentiva gli spintoni, non sentiva gli insulti, a stento si rese conto di essere a terra. Un  bulletto, che inciampò su Jan si incazzò al punto da spingerlo così forte da buttarlo a terra. Jan si alzò e partì, sinistro, destro, lunga falcata, sinistro, settantaquattresima linea. Si sentì leggero come una piuma, risollevato, contento e pieno di gioia. Fu una bella giornata per Jan.

 

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