Le origini della vita
studio critico sulle teorie evoluzionistiche
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Ultima revisione: 18 gennaio 2002
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Evoluzione |
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Tutti probabilmente sono familiari con il termine "teoria dell'evoluzione". Essa viene insegnata nei testi scolastici come fatto inequivocabile; ne sono permeati i commenti dei documentari, la letteratura, il cinema, la televisione, i giornali. Onde evitare confusione, è bene distinguere tra evoluzione biologica e teoria dell'evoluzione. Il termine evoluzione definisce in modo generico il processo - le variazioni nel patrimonio genetico di una popolazione, verificatesi nel tempo - mentre il termine evoluzionismo definisce la "teoria", o più correttamente l'ideologia, secondo la quale tutti gli organismi viventi derivano per trasformazione da altri di epoche passate. L'evoluzionismo viene quasi sempre presentato come una scienza esatta, ampiamente supportata dai ritrovamenti e dalla ricerca, e accettata da tutti gli scienziati. In realtà, l'evoluzione biologica come spiegazione delle origini della vita non è né una teoria né un fatto, ma è una mera assunzione aprioristica. In natura l'evoluzione avviene e si conclude
nello stesso organismo; essa non produce nuove
caratteristiche, ma consiste nella manifestazione oppure
nella soppressione di caratteristiche già esistenti. Si
tratta di un fenomeno naturale osservato, misurato e
ripetuto, e pertanto scientificamente verificato. In sostanza, dunque, non si producono nuove informazioni genetiche; vengono semplicemente "riorganizzate" quelle preesistenti, formando nuove combinazioni, peraltro limitate, come predetto dalle leggi di Mendel sulla genetica. Per estrapolazione, gli evoluzionisti postulano la produzione di nuovi tratti negli organismi viventi nel corso di lunghissimi periodi di tempo, di nuove specie, grazie all'evoluzione. Secondo questa teoria, tutte le forme di vita discenderebbero da antenati comuni: i "mattoni" della vita sarebbero nati dall'interazione di elementi inerti, e il primo microrganismo si sarebbe evoluto nel corso di miliardi di anni in forme di vita via via più complesse - da ameba a invertebrato, a anfibio, rettile, quadrupede, scimmia, e infine all'uomo. Essa consiste, in pratica, nell'assumere che l'evoluzione all'interno della razza sia prova dell'ipotetica evoluzione da una razza all'altra. Questo tipo di evoluzione è definito macroevoluzione. Nonostante il fatto che la macroevoluzione non sia mai stata provata scientificamente (perché una teoria possa essere ritenuta scientificamente valida, deve essere osservabile, misurabile, e ripetibile; la teoria evoluzionistica non risponde ad alcuno di questi tre requisiti), e nonostante il fatto che non vi sia alcuna base scientifica per giustificare l'estrapolazione della macroevoluzione dall'evoluzione osservata in natura, neppure nel corso di miliardi di anni, questa dottrina viene tranquillamente inculcata in maniera dogmatica agli studenti, e spesso difesa violentemente, contestando e non di rado censurando ogni voce "fuori dal coro". Secondo il modello evoluzionista, tutto quello che è possibile osservare oggi è frutto di eventi casuali e lunghissimi periodi di tempo. Non esiste altra realtà al di fuori della natura; non esiste uno scopo o un creatore nell'universo, ma tutto ha avuto origine da processi naturalistici e meccanicistici propri della materia inanimata (materialismo filosofico). L'idea di un intervento soprannaturale è rigettato a priori, come pure qualunque spiegazione che punti in direzione opposta all'evoluzionismo. Non esistono specie "fisse"; le piante, e gli animali (tra i quali è incluso l'uomo) discendono da uno stesso organismo progenitore, che a sua volta ha avuto origine per caso dagli elementi chimici presenti nell'atmosfera primordiale. Indubbiamente,
riconoscere la teoria evoluzionistica come falsa,
significherebbe dover prendere in considerazione l'unica
altra possibilità: quella di una creazione che non è
frutto del caso, ma prodotta e guidata da una volontà
intelligente per uno scopo preciso, insieme a tutte le
leggi che regolano l'universo. |
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Big Bang |
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Per cercare di spiegare le origini dell'intero universo, con tutto quello che contiene, e le leggi che lo governano, gli evoluzionisti hanno postulato un evento noto come "Big Bang" (letteralmente, "grande esplosione"). Secondo questa
teoria - di cui esistono diverse varianti - tutta la
massa e tutta l'energia dell'universo erano un tempo
situate in uno stesso punto, ridotte a un volume
infinitesimamente piccolo; o, per usare la definizione di
un evoluzionista: "l'intero universo osservabile era
più piccolo di un singolo atomo" (Crowell). Come si può notare, la condizione di
Singolarità richiede - eppure non soddisfa - la nozione
di ordine perfetto. Se all'espansione dell'ipotetico Big Bang va ascritta la formazione di galassie, stelle, pianeti, e la creazione di proteine, DNA, microrganismi in grado di replicarsi, fino alle forme di vita che sono conosciute oggi, è implicito un continuo incremento di organizzazione e complessità, di nuove informazioni; ciò è in netta contraddizione con le più elementari leggi della scienza. Al di là di ogni altra possibile speculazione, resta poi il fatto che questa teoria non può essere confermata o esaminata sperimentalmente. Il Big Bang non è dunque altro che una speculazione, in bilico tra scienza e filosofia, e contraria ad alcune delle leggi fondamentali della scienza. |
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Radiazione di fondo e redshift |
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I sostenitori della teoria del Big Bang spesso ricorrono a due fenomeni che dovrebbero confermarla: l'esistenza della radiazione cosmica di fondo - risultante, ipoteticamente, dalla "grande esplosione" - e il redshift - che dovrebbe dimostrare l'allontanamento graduale delle stelle, e quindi provare che l'esplosione si è realmente verificata miliardi di anni fa. La radiazione cosmica di fondo in realtà sembra semplicemente provenire dalle stelle e dalle galassie che ci circondano. Essa non proviene da un unico punto - cioè dalla presunta origine del Big Bang - ma è isotropa. Inoltre è notevolmente più debole di quanto previsto dalla teoria, presenta una temperatura molto inferiore a quella predetta, ed è eccessivamente uniforme. Secondo William Corliss, "le recenti misurazioni delle fluttuazioni di densità nella radiazione cosmica di fondo a microonde non mostrano fluttuazioni maggiori di 2,5 parti su 100.000. Nessuna galassia potrebbe nascere da una fluttuazione tanto piccola - neppure in 15 miliardi di anni". L'altro fenomeno, il redshift, riguarda i moti
di allontanamento delle galassie. Semplificando, il
redshift è il fenomeno che fa apparire di colore più
rosso gli oggetti che si allontanano dall'osservatore. Ma esistono altre due cause di redshift
confermate dalla scienza, che sono in grado di spiegare
in modo più convincente il fenomeno: il graduale
rallentamento della luce nel percorrere lunghe distanze,
e la perdita di energia da parte della luce quando questa
transita in prossimità di ampi campi gravitazionali come
quelli delle stelle. Peraltro, la ricerca sui redshift per effetto Doppler ha prodotto risultati non credibili: applicando questa teoria, i quasar risulterebbero eccessivamente luminosi (in base alla legge del quadrato inverso), e oltre 30 quasar scoperti recentemente si allontanerebbero da noi a un'impressionante velocità, fino a otto volte superiore a quella della luce. |
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Biogenesi: la nascita della vita |
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Secondo gli scienziati evoluzionisti, la "ricetta" per ottenere la vita è relativamente semplice: luce, acqua, calore, atmosfera, e molecole organiche. Nelle
particolari condizioni postulate dagli evoluzionisti, la
vita sarebbe nata dagli elementi inerti presenti sulla
Terra in seguito al Big Bang (abiogenesi). Alcuni evoluzionisti, per aggirare i problemi dell'abiogenesi, considerano come fatto assiomatico che una forma di vita in grado di replicarsi autonomamente sia esistita nel passato, omettendo però di spiegarne l'origine. La stessa atmosfera primordiale postulata
dalla teoria evoluzionistica presenta dei problemi. La teoria del cosiddetto "brodo primordiale", sviluppata nella prima metà del 1900, prevede la nascita della vita dalle molecole organiche prodottesi spontaneamente nell'atmosfera per interazione degli elementi chimici con l'energia solare, e incubate dagli oceani. Numerosi scienziati hanno provato a verificare in laboratorio questa teoria - Robertson e Miller, Rebek, Lee, e i ricercatori di Nagaoka - ma nessuno di questi esperimenti è riuscito a produrre risultati concreti che possano spiegare la complessità e l'elevato numero di informazioni dei polimeri che costituiscono gli organismi viventi . |
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L'esperimento Miller-Urey |
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L'esperimento di Miller e Urey è forse il più conosciuto, e tra i primi nel suo genere. Furono ricreate in laboratorio le condizioni primordiali ipotizzate: l'atmosfera era simulata da gas come metano, ammoniaca e idrogeno, mentre l'oceano era simulato da vapore acqueo. I gas furono fatti attraversare da scariche elettriche, e ne risultò la produzione di alcuni amminoacidi (composti organici). Solitamente si pone l'enfasi sulla produzione degli amminoacidi, ma non viene dato risalto al fatto che in questo e in altri esperimenti simili furono prodotti miscugli racemici (in uguale quantità) di amminoacidi destrogiri e levogiri. In natura quasi tutti gli amminoacidi che compongono le proteine sono levogiri, mentre gli acidi nucleici sono esclusivamente destrogiri. Non può nascere alcuna forma di vita da una qualunque combinazione di entrambi; anche un solo amminoacido destrogiro, aggiunto a una catena di amminoacidi levogiri, può modificare la proteina rendendola non attiva biologicamente. Asserire che gli
esperimenti abbiano prodotto la vita è quantomeno errato:
per produrre delle proteine non è affatto sufficiente
produrre qualche amminoacido, ma sono necessarie lunghe
catene di amminoacidi ordinati nel modo corretto e nella
forma esatta. |
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Alcune riflessioni sulla biogenesi |
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La condizione richiesta perché gli amminoacidi possano formare delle proteine è un'alta concentrazione, mentre ambienti come l'oceano o l'atmosfera, al contrario, dovrebbero causare una diluizione. Inoltre, gli amminoacidi non hanno una tendenza naturale a formare proteine, ma al contrario, le proteine tendono a "scomporsi" in amminoacidi. Le stesse fonti di energia che avrebbero dovuto formare le proteine (scariche elettriche, calore terrestre, radiazione solare) avrebbero distrutto la vita anziché crearla. Lo stesso Miller, che lavorò con energie di livello ben inferiore a quello dei fulmini, dovette ricorrere alla rimozione degli amminoacidi prodotti mediante trappola fredda, onde evitare la loro distruzione. Anche ipotizzando che le proteine siano potute essere state prodotte da eventi casuali, non esiste la più remota possibilità di credere che esse abbiano potuto formare cellule viventi dotate di una membrana, di un proprio metabolismo, e in grado di riprodursi autonomamente. Nessuno scienziato ha mai dimostrato che questo aumento di complessità sia possibile e che possa essersi verificato, anche ipotizzando la presenza di un numero di proteine migliaia di volte superiore a quello proposto dagli evoluzionisti. |
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Selezione naturale |
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Per selezione naturale si intende il fatto che alcune varietà di organismi viventi riescono a contribuire più efficacemente di altre alle generazioni future mediante la propria prole. La selezione naturale opera sulle caratteristiche preesistenti, ma non ne può produrre di nuove. La parola stessa "selezione" implica una riduzione, e non un incremento. Un esempio è lo sviluppo di resistenza da parte dei batteri verso antibiotici come la Streptomicina. Molti, erroneamente, ritengono che tale resistenza sia frutto della "evoluzione" del batterio in risposta all'antibiotico. Questo tipo di mutazione consiste in modifiche nella superficie del ribosoma del microrganismo, una perdita di specificità che impedisce alla molecola dell'antibiotico di "agganciarlo" e produrre i suoi effetti. Non si tratta, quindi, di "evoluzione", ma di perdita di informazioni. La selezione non produce nuove funzioni, organi, o caratteristiche, né è in grado di giustificare il vertiginoso incremento di informazioni necessario per la macroevoluzione, in quanto implica sempre una perdita di informazioni, e mai un guadagno. |
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Mutazioni |
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Le mutazioni sono ritenute dagli evoluzionisti in grado di spiegare la discendenza comune di tutte le forme di vita da un unico antenato, mediante variazioni nel patrimonio genetico. Si ha una
mutazione quando si verifica un errore da parte di una
cellula nel riprodurre il codice genetico. Sebbene la
cellula sia in grado di correggere questi errori nei geni
copiati, alcuni di essi possono non essere corretti. Un esempio molto noto è la Drosophila melanogaster (il comune moscerino della frutta), allevata per decenni dai genetisti allo scopo di studiarne le mutazioni, e sottoposta anche a esperimenti con radiazioni ionizzanti allo scopo di produrre grandi quantità di mutazioni. Sono state identificate e osservate migliaia di mutazioni, inutili o dannose, ma nessuna di esse ha prodotto "nuovi" insetti o nuove caratteristiche. Talvolta le
mutazioni, unitamente alla selezione naturale, possono
produrre effetti utili alla sopravvivenza di un
organismo; un esempio sono gli insetti privi di ali
osservati sull'isola di Madeira. Trattandosi di una
regione ventosa, le ali avrebbero rappresentato uno
svantaggio per la vita degli insetti. Probabilmente,
dunque, gli insetti alati non sopravvissero a causa del
vento e non poterono propagare i loro geni, mentre quelli
privi di ali poterono contribuire in maniera
significativa col proprio patrimonio genetico alle
generazioni successive. |
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Complessità |
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Molte molecole necessarie per la vita, come il DNA, l'RNA, e le proteine, hanno un grado di complessità tanto elevato che appare estremamente improbabile che possano essersi create mediante l'evoluzione. Inoltre, non esiste alcun supporto sperimentale per queste affermazioni. Anche ammesso che siano passati miliardi di anni dalla nascita della vita ad oggi, la teoria evoluzionistica non è in grado di spiegare come si possa ottenere mediante l'evoluzione l'impressionante complessità del cervello umano, con i suoi oltre centomila miliardi di connessioni, oppure quella dell'occhio, del sistema uditivo, o del cuore. La complessità dell'organizzazione delle cellule eucariote è tanto superiore a quella delle procariote che è alquanto arduo immaginare come possa essere stata possibile l'evoluzione da batterio a piante, animali e uomini (Hickman, Bergman, et al). Inoltre, tutte le forme di vita conosciute,
dal più semplice microrganismo all'essere umano,
utilizzano per il trasporto dell'energia l'ATP, una
molecola di complessità irriducibile in quanto non può
funzionare se semplificata (Behe). Il DNA stesso non può funzionare senza almeno
75 proteine (di cui 55 solo per i ribosomi), che sono però
prodotte solo dal DNA, in quanto il loro codice genetico
è trasportato proprio dalle molecole degli acidi
nucleici (Dickerson, Scientific American, settembre 1978).
L'uno necessita dell'altro, eppure l'uno non può essere
esistito, o essersi evoluto, prima dell'altro. La ricerca ha dimostrato che alcune molecole di RNA hanno la capacità di funzionare da enzimi; comunque esse non sono in grado di replicarsi autonomamente, quindi non è possibile utilizzare questo argomento nelle ricerche in senso evoluzionistico (Joyce, Orgel). |
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Termodinamica classica: considerazioni |
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Ilya Prigogine, Nobel per la fisica per il suo lavoro sulla termodinamica, ha affermato che "...la probabilità che a temperature ordinarie un numero macroscopico di molecole si sia assemblato per dare vita alle strutture estremamente ordinate e alle funzioni coordinate che caratterizzano gli organismi viventi è praticamente nulla". La prima legge della termodinamica stabilisce che massa ed energia non possono essere create o distrutte. Massa ed energia possono mutare, l'una può essere convertita nell'altra, ma la quantità totale di massa ed energia rimane costante. Non è quindi possibile che l'universo, e con esso la vita, siano "apparsi" per caso. In base alla seconda legge della termodinamica
è possibile affermare che esiste una naturale tendenza
in tutti i sistemi osservati lasciati a se stessi, a
dissipare energia e organizzazione, e a passare dunque
dall'ordine al disordine. Spesso gli evoluzionisti obiettano che la
seconda legge della termodinamica si applica solo ai
sistemi chiusi (isolati), e che la Terra è invece un
sistema aperto, in quanto il sole costituisce una fonte
di energia esterna. George Simpson, tra i più famosi scienziati evoluzionisti, ha confermato che "la semplice erogazione di energia non è sufficiente per sviluppare e mantenere l'ordine". John Ross, ricercatore evoluzionista
dell'università di Harvard, ha scritto: "...non
esistono violazioni conosciute della seconda legge della
termodinamica. È consuetudine applicare la seconda legge
ai sistemi isolati, ma la seconda legge si applica
ugualmente bene ai sistemi aperti". È dunque necessario l'intervento di un'intelligenza esterna al sistema perché sia possibile giustificare la creazione tanto della materia inanimata quanto della vita, e l'incremento di informazione e di ordine necessari a spiegare tutto quello che è possibile osservare nell'universo. |
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I fossili e l'evoluzione |
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Se la vita si è continuamente evoluta da una specie all'altra, come sostengono gli evoluzionisti, dovrebbero essere stati rivenuti miliardi di fossili di transizione tra tutte le specie viventi, ovvero forme di vita per così dire intermedie in cui si possa constatare l'evoluzione di un tratto (ad esempio un organo o un arto) in un altro. Pur
essendo stato scoperto fino ad oggi un numero
elevatissimo di fossili, però, non sono state trovate le
forme di transizione indispensabili per convalidare la
teoria evoluzionistica; in particolare le transizioni
dalla materia inorganica ai metazoi, dai metazoi agli
invertebrati, dagli invertebrati ai pesci, dai pesci agli
anfibi, dagli anfibi ai rettili, dai rettili agli
uccelli, dagli uccelli ai quadrupedi, dai quadrupedi alle
scimmie, e dalle scimmie all'uomo. Esistono tuttavia diverse speculazioni in
merito: le sequenze ottenute disponendo in un ordine
immaginario fossili appartenenti a specie diverse, sono
molto note e ritenute verità scientifiche da eminenti
scienziati, riviste scientifiche e virtualmente da tutti
i libri di testo; si tratta in realtà di mere congetture
non supportate da alcun dato di fatto. Lo stesso Darwin ammise: "...devono
essere esistite innumerevoli forme di transizione, perché
non le troviamo in grandissime quantità? ...perché non
ne sono piene tutte gli strati e le formazioni
geologiche? ...questa forse è l'obiezione più ovvia e
seria che si possa fare contro la teoria [dell'evoluzione]". Secondo Stanley, un affermato evoluzionista,
"le testimonianze fossili non hanno documentato un
singolo esempio di evoluzione filogenetica risultante in
una transizione morfologica visibile, e pertanto non
offrono alcuna evidenza che il modello gradualistico
possa essere ritenuto valido". Ma le specie di transizione non sono gli unici "anelli mancanti" dell'evoluzionismo: affinché una specie si sia evoluta in un'altra, come ipotizzato, è necessario che le transizioni abbiano interessato anche gli organi. Tra le tante specie osservabili non esistono esempi di elementi parzialmente sviluppati come occhi, organi vitali e apparati interni o esterni. La sopravvivenza di un organismo in queste condizioni, tanto oggi quanto in passato, sarebbe impossibile (Szent-Gyorgyi, biochimico, due volte premio Nobel), e anche se fosse vissuto sarebbe morto rapidamente, o isolato dalla selezione naturale, e dunque impossibilitato a trasmettere i propri geni alle nuove generazioni. |
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Equilibri punteggiati |
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Gould, notissimo paleontologo e fermo sostenitore dell'evoluzionismo, ammise l'infondatezza dell'evoluzione graduale postulata da Darwin, che definì "frutto dei pregiudizi politici e culturali del diciannovesimo secolo". Eldredge, evoluzionista e collaboratore di Gould, affermò che era diventato "abbondantemente chiaro" che le testimonianze fossili non avrebbero potuto confermare la predizione di Darwin, e che dimostravano semplicemente che questa predizione era errata. Eldredge ammise: "Sono i paleontologi - la mia stessa razza - ad essere i maggiori responsabili di aver lasciato che idee come queste dominassero la realtà... Noi paleontologi abbiamo detto che la storia della vita supporta quell'interpretazione [variazioni graduali per adattamento], pur sapendo che non è così". Gould e Eldredge proposero allora una teoria
alternativa, quella degli equilibri punteggiati. Esistono anche
altre teorie simili a quella degli equilibri punteggiati
- ad esempio la speciazione quantica di Simpson -
elaborate per giustificare le discontinuità registrate
dalla documentazione paleontologica. |
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Fossili di transizione: dalla scimmia all'uomo? |
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L'interpretazione delle testimonianze fossili viene invariabilmente influenzata dalle presupposizioni degli esaminatori; nel caso degli evoluzionisti, il presupposto è che l'evoluzionismo sia un dato di fatto. Ogni cosa deve allora in qualche modo essere forzata a fare parte di quello schema prestabilito. Il
cosiddetto "uomo di Piltdown" (eoanthropus),
rappresentato per decenni nei libri di testo, si rivelò
essere lo scherzo di un addetto di un museo di storia
naturale. Anche l'hesperopithecus, detto anche "uomo del Nebraska", considerato una "prova irrefutabile delle origini animali dell'uomo", fu stato ricostruito dall'immaginazione degli scienziati basandosi sull'unico resto: un dente, che si rivelò poi essere quello di un pecari (animale simile al cinghiale) estinto. Richard Leakey - famoso antropologo evoluzionista, e figlio di quegli stessi Leakey che scoprirono i frammenti di quello che fu battezzato "homo habilis" (che si rivelò essere un australopithecus) - alcuni anni fa affermò: "Ad oggi, non è stato scoperto niente che abbia veramente senso come specie di transizione verso l'uomo, inclusa 'Lucy', dal momento che il 1470 [il teschio di un homo sapiens scoperto da Leakey] era della stessa età e probabilmente anche più vecchio. Se dovessi esprimere un giudizio, affermerei che esiste più evidenza per la comparsa improvvisa dell'uomo piuttosto che per un processo graduale di evoluzione". Il ritrovamento di un altro presunto
intermedio uomo-scimmia, il ramapithecus,
consisteva in qualche dente e frammenti di mascella,
messi insieme dai ricercatori in modo da avere una forma
somigliante a quella della mascella umana. I resti
fossili rinvenuti nel 1982 e nel 1988 dimostrarono che il
ramapithecus era
soltanto un antenato estinto dell'orangutan. In
particolare, fu rinvenuta una mascella completa di ramapithecus:
la forma non era quella presunta (parabolica), ma a forma
di U, tipica delle scimmie. Lo scheletro del conosciutissimo "uomo di
Neanderthal" (homo sapiens
neanderthalensis) - il cosiddetto
"anello di congiunzione tra i primati e l'uomo"
- fu ritenuto a lungo un uomo-scimmia, fino a quando
studi successivi non dimostrarono che la sua capacità
cerebrale era addirittura superiore a quella dell'uomo
moderno. Il pithecanthropus erectus
(homo erectus), o "uomo di Java", scoperto da
Eugene Dubois, era in realtà un gibbone, come ammise lo
stesso Dubois, a distanza di qualche decennio, ammettendo
inoltre di aver tenuto nascosti altri quattro femori di
scimmie trovati nella stessa area. I resti fossili di un altro homo erectus, il sinanthropus,
o "uomo di Pechino", consistevano in frammenti
di teschi, denti e mascelle, trovati anche molto distanti
gli uni dagli altri. Tra gli altri esempi di presunti intermedi
uomo-scimmia, sempre basati su pochi resti, è possibile
citare il pliopithecus
e il proconsul,
inspiegabilmente ritenuti ominidi perché sembravano
incroci tra due specie di scimmie; il dryopithecus,
basato su frammenti di mascella che più tardi furono
riconosciuti come appartenenti a una scimmia estinta; l'oreopithecus,
basato sui resti di denti e della zona pelvica. Dall'analisi delle caratteristiche dell'homo ergaster, dell'homo erectus, dell'homo heidelbergensis, e dell'homo neanderthalensis, si può concludere che si tratta soltanto di varianti razziali dell'uomo moderno, mentre è stato dimostrato che l'homo rudolfensis e l'homo habilis erano varietà di australopithecus. |
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Fossili di transizione: uccelli, rettili, anfibi |
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La più famosa scoperta di una ipotetica forma di transizione è forse l'archaeopteryx, il cosiddetto "anello mancante fra i rettili e gli uccelli". Esso presenta alcune caratteristiche comuni a entrambe le specie: i denti, tipici dei rettili, e ali, tipiche degli uccelli. Gli studi più recenti nel campo della biologia hanno dimostrato che anche gli uccelli hanno capacità embrionali di sviluppare i denti. Inoltre, vari uccelli estinti avevano i denti, mentre vari rettili non ne avevano, e nell'archaeopteryx non solo la mandibola, ma anche la mascella era mobile, come accade negli uccelli. Le ali, infine, erano del tutto sviluppate. Alan Feduccia -
evoluzionista, tra i massimi esperti di ornitologia -
affermò: "I paleontologi hanno cercato di
trasformare l'archaeopteryx
in un dinosauro piumato che cammina. Ma non lo è. È un
uccello. E nessun quantitativo di chiacchiere può
cambiare questo fatto"... "È biofisicamente
impossibile che il meccanismo del volo si evolva da
bipedi tanto grandi [rettili e dinosauri] con gli arti
anteriori scorciati e le code pesanti usate per
bilanciarsi; esattamente l'anatomia sbagliata per il volo"...
"In definitiva, trovo che l'intera faccenda del
dinosauro-uccello sia una vera e propria frode". Un altro presunto fossile di transizione è l'archaeoraptor, di cui lo stesso Xing (uno dei paleontologi che per primi esaminarono il fossile) recentemente ha sollevato il dubbio che si tratti di un mero mosaico "composto da una coda di dromaeosaurus e il corpo di un uccello". Rispondendo a Xing, il National Geographic ha confermato che le affermazioni di Xing sono state corroborate dalle ricerche approfondite di diversi scienziati (National Geographic, marzo 2000). Derstler, paleontologo, ha osservato che il
mercato dei fossili di uccelli (come l'archaeoraptor
e il sinosauropteryx),
molto florido in Cina, ha portato gli agricoltori locali
a produrre fossili realistici che egli stesso definisce
"semplici da realizzare e molto difficili da
riconoscere", come confermano anche altri
paleontologi. Fino a qualche tempo fa si riteneva che gli
embrioni dei mammiferi possedessero delle "fessure
branchiali", in quanto, secondo la teoria
dell'evoluzione, i mammiferi si sono evoluti dagli anfibi. Un altro tipo di transizione che presenta non pochi problemi è quella dagli anfibi ai rettili. Esistono grandi differenze tra i loro organi interni, che riguardano in particolar modo l'apparato circolatorio e quello riproduttivo. I resti del pakicetus,
descritto come "la più antica balena fossile
conosciuta", consistono in nulla di più di qualche
dente, due frammenti di mascella, e parte del teschio di
un mammifero. Si tratta dunque dell'ennesima
ricostruzione speculativa basata su pochi elementi,
ripresa dagli autori dei libri di testo che presentano
con disegni di improbabili ricostruzioni complete di
questo e altri fossili. Il basilosaurus è un altro fossile ritenuto una forma di transizione tra i mammiferi e le balene. Si tratta di un mammifero acquatico, lungo circa 25 metri, con forma simile a quella di un serpente, e munito di piccoli arti posteriori che probabilmente erano di supporto nell'accoppiamento. Questa creatura, comunque, era completamente acquatica, e la forma del suo corpo dimostra che non era più antico delle balene che esistono oggi, quindi non può rappresentare una forma di transizione. Anche
l'ipotizzata evoluzione del cavallo è il risultato
dell'interpretazione dei dati, come dimostrato in
dettaglio da Walter Barnhart. |
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Organi residuali |
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Gli evoluzionisti ritengono che alcuni organi, che essi definiscono vestigiali, o residuali, sono il risultato dell'evoluzione. Si tratterebbe di organi che non servono più all'individuo, e sono pertanto privi di funzioni. Anche se questo fosse vero, non proverebbe l'evoluzione, ma l'esatto contrario. Per supportare la teoria dell'evoluzione, è necessario trovare nuovi organi in via di sviluppo, in cui cioè si sta verificando un incremento della complessità. La storia, comunque, ha dimostrato la falsità di quest'argomentazione. La scienza moderna ha rivelato le funzioni dei più di cento organi che si credeva fossero residuali, come la tiroide, l'appendice, o le tonsille (Bergman, Howe). Altre parti del corpo, come ad esempio le ali
degli uccelli che non sono in grado di volare, sono
fornite di muscoli funzionali, e servono a fornire
raffreddamento o riscaldamento, equilibrio, rituali di
corteggiamento, difesa dai predatori, protezione del
corpo, o protezione dei pulcini. Anche la parte del DNA ritenuta inutile o ridondante ha iniziato a rivelare le sue funzioni, come hanno dimostrato gli studi di Wieland. Secondo Walkup, genetista molecolare, "gli evoluzionisti ritengono che il DNA 'spazzatura' sia DNA inutile rimasto dalle passate permutazioni evolutive... Ma ora molte delle sequenze del DNA prima ritenute spazzatura hanno iniziato a ottenere nuova attenzione per il loro ruolo nella struttura e nella funzione del genoma, nella regolazione dei geni e nella speciazione rapida". Similmente, la rivista Science ha commentato: "Molti ricercatori ritengono che alcune delle scoperte più intriganti possano provenire dalle aree un tempo ritenute di 'scarto' genetico". |
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Ordine |
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Come è stato visto, esistono numerose e profonde differenze tra la complessità organizzata risultante dall'ipotetico Big Bang e l'ordine osservabile ovunque nell'universo. Le "coincidenze" che hanno reso possibile l'esistenza e lo sviluppo della vita sulla Terra - ma non sugli altri pianeti - sono fin troppe per essere tali, e anche per essere elencate. Può essere tuttavia interessante ricordarne qualcuna. La velocità di rotazione della Terra, ad esempio, è quella che regola l'apparire del giorno e della notte. Se essa fosse inferiore a quella attuale, la durata del giorno e della notte aumenterebbero, distruggendo la vita durante il giorno a causa del calore intenso, e di notte a causa del freddo prolungato. Se la distanza tra il sole e la Terra o il calore emesso fossero maggiori o minori, la Terra sarebbe troppo calda o troppo fredda per permettere la vita. Se la luna fosse più vicina alla Terra, le maree inonderebbero ogni luogo. Se l'atmosfera fosse meno spessa, milioni di meteoriti anziché essere distrutti cadrebbero sulla Terra, devastandola. Se l'ossigeno disponibile nell'atmosfera e assorbito dall'acqua fosse molto di meno, la vita non potrebbe esistere. Se la Terra fosse piccola, la forza di gravità sarebbe troppo debole per consentire la presenza dell'atmosfera; se fosse grande, la gravità schiaccerebbe ogni essere vivente al suolo. Se lo strato di ozono fosse troppo spesso, la Terra non riceverebbe sufficiente calore; se fosse troppo sottile, i raggi ultravioletti distruggerebbero ogni forma di vita. Le cellule viventi contengono migliaia di sostanze diverse che reagirebbero tra di loro se non esistesse un intricato sistema di barriere chimiche e altri apparati che non possono essersi evoluti, o devono averlo fatto al momento giusto e con grande precisione, per evitare dannose reazioni chimiche. Se le cariche elettromagnetiche fossero leggermente più deboli o più forti, non potrebbero formarsi i legami chimici; nel primo caso di avrebbe il decadimento dei protoni, e nel secondo sarebbe impossibile l'esistenza di qualunque elemento chimico, ad esclusione del solo idrogeno. |
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Citazioni |
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"Se io, come geologo, fossi chiamato a spiegare brevemente le nostre idee moderne sulle origini della Terra e sullo sviluppo della vita, a persone comuni, semplici, come quelle a cui era rivolto il Libro della Genesi, non riuscirei a fare meglio che seguire molto da vicino il linguaggio del primo capitolo della Genesi" (Pratt, evoluzionista). "Popper avverte di un pericolo: 'Ogni teoria, anche una teoria scientifica, può diventare una moda intellettuale, un sostituto per la religione, un dogma dietro cui trincerarsi'. Questo è stato certamente vero per la teoria evoluzionistica" (Patterson, evoluzionista). "Più si studia la paleontologia, più ci si rende conto che l'evoluzione è basata solo su una fede" (More, evoluzionista). "La teoria darwiniana, modificata ma ancora caratteristica, è diventata essa stessa un'ortodossia, predicata dai suoi aderenti con fervore religioso, e dubitata, essi credono, solo da pochi confusi, imperfetti nella fede scientifica" (Grene, evoluzionista). "È possibile distinguere solo due motivi per cui le persone possano voler credere che le specie hanno avuto origine grazie all'evoluzione: o si è dediti in modo religioso o filosofico all'idea dell'evoluzione, oppure non si è a conoscenza dell'evidenza scientifica. La maggior parte delle persone che aderiscono all'evoluzionismo ricadono nella seconda categoria. Quelli che lo insegnano e lo promuovono, alla prima categoria" (Garrett). "L'evoluzione è diventata, in un certo senso, una religione scientifica; quasi tutti gli scienziati l'hanno accettata e molti sono pronti a 'piegare' le loro osservazioni per farle combaciare con essa... Penso, comunque, che dobbiamo andare oltre, e ammettere che l'unica spiegazione plausibile è la Creazione. So che questo è inaccettabile per dei fisici, come lo è per me, ma non dobbiamo rifiutare una teoria che non ci piace se esiste l'evidenza sperimentale che la supporta" (Lipson, Physics Bulletin, 1980). "La scienza ha rinunciato alla ricerca dell'armonia e, con passione che certamente nasconde un sottile demonismo, si è lanciata alla ricerca del caos, alla adorazione del disordine e del nulla primigenio" (Giuseppe Sermonti, ex presidente dell'Associazione Genetica Italiana e vice presidente del XIV Congresso internazionale di Genetica). |
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