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Isidoro, un monaco smonacato per amore, salmodia, pazzo, infinite variazioni sul nome Rosalia e introduce il tema dell'opera: l'amore del monaco che ne riverbera altri. Fabrizio Clerici ama Teresa Blasco, Trono ama suor Rosalia che ama il suo confessore, Rosalia di Isidoro ama Isidoro. Le sfide s'intrecciano, si scompongono e ricompongono e non a caso il retablo è la figura riassuntiva. La fuga dall'amore e nel passato è la vicenda centrale, il viaggio di Clerici attraverso la Sicilia e i paesaggi della storia.


«Retablo», recita il dizionario, è «d'insieme di figure dipinte o scolpite, rappresentante in successione lo svolgimento d'un fatto, d'una storia». Appartiene quindi, la parola, alla sfera della pittura e in questa sfera la sentii suggestivamente riproposta da Roberto Longhi che, parlando di Antonello da Messina (il pittore che doveva ispirare con un suo ritratto un altro mio racconto: Il sorriso dell'ignoto marinaio), chiamava retablos le fiancate dipinte del carretto siciliano. Ma scoprivo la parola caricata d'altro senso ancora più suggestivo navigando per lo sconfinato mare, ricco d'avventure e di miracoli, del Don Chisciotte di Cervantes: qui le figure del retablo si sciolgono dalla loro fissità pittorica, abbandonano la sacralità della rappresentazione e si mettono a far teatrino profano, spettacolo popolare.
Don Miguel, il grande ironico, centrava poi il tema del retablo in un intermezzo teatrale, El retablo de las meravillas: metafora dell'arte come illusione. Ma illusione necessaria per fugare il sentimento della fugacità della vita e del dolore. Siamo, come si vede, alla sorgente della favola, del racconto: siamo a Shaharazàd che nelle Mille e una notte racconta all'infinito per sfuggire alla morte. (…)

La parola retablo (parola oscura e sonora, che forse ci viene dal latino retrotàbulum: il senso, per me, dietro o oltre le parole, vale a dire la metafora) l'ho assunta nelle varie accezioni: pittorica, shahrazadiana, cervantesiana... E a Cervantes ho carpito anche i topoi della coppia e del viaggio o della coppia in viaggio. A Cervantes, ma anche a tutti i viaggiatori del Settecento in Sicilia, fra cui, il più famoso, Goethe. Nel mio Retablo i viaggiatori sono il pittore milanese Fabrizio Clerici e il servitore palermitano Isidoro, l'uno che si specchia nella follia amorosa dell'altro, nell'amore come passione, nell'amore come dannazione per due donne sfuggenti, irraggiungibili: rispettivamente per dona Teresa Blasco (che sposerà Cesare Beccaria) e per la bellissima Rosalia (che avrà ricchezza e fama come cantante).


Retablo è un viaggio nei luoghi "antichi" di Sicilia, un viaggio nel tempo e nella storia, ma è anche un viaggio nella natura e nella cultura. E della cultura, oltre che i resti archeologici di città come Segesta, Selinunte, Mozia, fanno parte anche i resti linguistici: il racconto è quindi anche un'esplorazione delle stratificazioni linguistiche dell'Isola. È strutturato infine, Retablo, proprio come un polittico: due portelli-racconto laterali e speculari (quelli di lsidoro e Rosalia, che citano però anche un contrasto d'amore della Scuola poetica siciliana); una pala centrale (il racconto-diario di don Fabrizio); una predella (pagine di un racconto che fanno da supporto a pagine di un altro racconto).
        Vincenzo Consolo


Interpretare un romanzo, un romanzo come Retablo, racconto di amori ad incastro, visione di visioni sovrapposte, voci su voci, corpi concreti di parole concatenate in frasi di polifonica fattura, ammaliante musicalità, è senza dubbio una sfida di grande portata.
Eppure Retablo ci ha intrigato e ci stimola alla prova. Il nostro spettacolo ha in fondo la semplice, spartana volontà di rendere vivo in teatro un testo, un discorso, delle storie, le sue atmosfere sonore, le sue visioni di sogni e realtà in continuo inestricabile intreccio: un mondo che dalla pagina si tragga e plasmi in un terso, appassionante cuntari, detto, suonato, agito, che arrivi al pubblico come un dono di qualcosa o qualcuno, che appare per magia e così come apparve, infine, per altra magia, scompaia. Lasciando l’aria più tersa. Il pubblico partecipe di un sorriso, una punta di nostalgia, il sottile brivido della bellezza.


francesco randazzo



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