UNA CORSA TUTTA PARTICOLARE

Un tragitto immerso nei mie sogni e nelle mie speranze.

 

Questa notte, lungamente attesa, è arrivata qui ad Ortona dei Marsi, località del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, la neve.

In realtà, in questo Paese a 1000 metri di altezza s. l. m., questo inverno le precipitazioni nevose sino ad oggi si sono avute, ma sono state piuttosto scarse e si sono disciolte in brevissimo tempo. Oggi no! La coltre bianca si è posata, consolidata ed ha raggiunto uno spessore di poco meno di una ventina di centimetri.

Svegliandomi e vedendo tutto quel candore, ho capito che oggi la mia consueta seduta di allenamento avrebbe assunto connotati assai diversi da quelli previsti dalla tabella di preparazione alla prossima maratona; per oggi solo una galoppata sino alla vicina frazione di Santa Maria e ritorno, per complessivi 8 km.

Vinta la resistenza di mia moglie: “E’ freddo; non sei più un ragazzo, potresti ammalarti”, sono uscito, pensando che forse ha ragione lei, 63 anni il prossimo 29 aprile (a proposito, ricordatevi degli auguri) non sono pochi, ma conosco gente che corre anche a più di 80 anni, e come corre! E poi il mio fisico è ancora integro.

Fuori dal portone di casa ho provato quelle meravigliose sensazioni che ora voglio condividere con voi.

Le scarpe (oggi ho optato per un paio in goretex) sul fondo gelato crocchiano gradevolmente, il vento gelido e i fiocchi di neve mi sferzano il volto, l’unica superficie scoperta della mia epidermide.

Penso che tutto quel gelo viene da lontano; è partito dalle steppe russe, così hanno annunciato le previsioni del tempo andate in onda ieri alla TV, ha scavalcato le Alpi Dinariche accumulando altro freddo e poi, dopo aver lambito l’Adriatico, sta scaricando il suo fardello di neve sulle mie montagne.

Dopo poche centinaia di metri tutte le sensazioni spiacevoli sono vinte: i miei polmoni non protestano più per tutta quell’aria gelida che devono pompare, il cuore ha preso il suo ritmo di sempre, la gola ed il naso non bruciano più. Da quel momento in poi tutto diventa gioia allo stato puro.

Il percorso mi è ben noto; sul suo asfalto in passato ho segnato le distanze per i necessari riferimenti cronometrici, oggi è tutto coperto dalla neve, ma riconosco agevolmente gli elementi caratteristici del percorso, memorizzati da tempo.

500 metri, la curva della casa di Fernando.

800 metri, il bivio per la frazione di Sulla Villa. In quel punto inizia una rampa, che oggi non percorrerò, lunga solo 400 metri, ma dalla pendenza “spacca cuore” tale da far impallidire l’omonimo tratto della Maratona di Boston. Lì quando sono al massimo della forma, faccio le mie sedute di “ripetute” in salita.

1500 metri e sono al frutteto di Peppino; che belle piante di mele! Anche se oggi sono solo un tronco e dei rami nudi che si protendono verso l’alto.

Poi, sono alla stalla dove Fabrizio custodisce il suo cavallo grigio. Oggi non è sullo steccato, il cavallo, a salutarmi come fa di solito con un sommesso nitrito, con cui sembra chiedermi di occuparmi di lui.

2000 metri e sono alle arnie di Pasquale; penso alle migliaia di api che, raggruppate, stanno lavorando e faticando per mantenere la temperatura dell’alveare ai livelli di sopravvivenza.

3000 metri e sono al bivio per Casalotto dove inizia una ripida discesa che porta alla casa che Antonello ed Ombretta stanno ristrutturando per farne un centro di incontro e di preghiera per i giovani e meno giovani; si chiamerà Casale AcquaViva. Penso che è sbalorditivo come nel mondo di oggi segnato solo dall’egoismo, due persone sicuramente speciali siano disposte a “spendere” il loro tempo e considerevoli risorse finanziarie per il bene altrui. Non passo a salutarli, la discesa innevata è troppo pericolosa e rischierei di rovinare a terra, ma il mio cuore è con loro.

3500 metri ed entro nell’abitato di Santa Maria. Molte case: un pugno di residenti, tutti anziani e con la schiena schiantata da anni di lavori nei campi; si mostrano sempre felici di salutarmi, anche se immagino la loro perplessità per questo vecchietto che con la pretesa di rimanere “in forma” spreca tante energie che potrebbero essere fruttuosamente spese per i lavori agricoli.

Ora inizia il tratto più duro e difficile dell’itinerario: 300 metri di salita ripida su un sentiero rotto e sassoso. Oggi, però, i sassi rimangono celati sotto la coltre gelata. Non potrò rendere omaggio nel modo dovuto alla statua della Madonnina posta in cima alla salita; è consuetudine, infatti, di tutti i fedeli che lì giungono, di portare una pietruzza e posarla sul basamento della statua. Che originale tradizione; forse mutuata dalla usanza ebraica che vuole in questo modo ricordare i defunti. Ho visto una cosa simile nel meraviglioso film “Schindler list”. E’ una consuetudine che rispetto rigorosamente in tutte le occasioni in cui i sassi sono… reperibili.

Arrivo in cima, la Madonnina è lì, e guarda la sottostante valle. Il Suo velo ed il volto dolcissimo di bambina sono incrostati di ghiaccio. Una carezza alla veste e alla manina, una preghiera per la pace e per tutti i bimbi del mondo. Non mi tolgo i guanti e né il copricapo, è freddo, la Vergine mi perdonerà.

Inizio velocemente la discesa ed il ritorno a casa. Ora il rientro è più agevole.

Seguo i miei pensieri, ma sono le impronte del mio passo, che ritrovo lungo il percorso dove non sono state ricoperte dalla neve che continua a cadere. ad attirare la mia attenzione. Mi stupisco per l’ampiezza della falcata, ma noto anche che l’appoggio del piede sinistro è preceduto da un piccolo solco che denota un contatto anticipato con il terreno al termine del tempo di volo. E’ quella sciatalgia che mi perseguita da tempo che non sono riuscito a risolvere e che condiziona il mio appoggio.

Ora i miei pensieri e i miei sogni volano leggeri come il mio passo. Si, ho quasi 63 anni e ancora inseguo dei sogni. Riacquistare una forma decente dopo un 2008 pieno di preoccupazioni per il mio stato di salute; la partecipazione alle gare cui più tengo: Winter Trail, la Roma – Ostia, la Maratona di Roma, l’Ecomaratona dei Marsi,  il Passatore, Magraid, e poi, e poi, e poi ….. diceva una bella canzone di Mina. La mia sposa che vedo sempre con un velo di preoccupazione quando esco per correre; le mie figlie ed i loro problemi di lavoro; i miei meravigliosi tre nipotini Caterina, Filippo ed Alessandro. Sono loro la mia speranza ed il mio sogno più importante.

Accidenti, ma sono già a casa. Rimpiango di non aver portato il cronometro con me, oggi sicuramente avrei registrato un tempone.

 

                                                                                                                                                           Vero