“Le acque, l’ecosistema fluviale, la storia”

Le risorse idriche della Valle del Giovenco, bene inestimabile della nostra terra.

 

Il giorno 23 febbraio 2007, alle ore 17,00, presso il Centro Verde di Ortona dei Marsi, si è tenuto il seminario sul tema “La Valle del Giovenco - Le acque, l’ecosistema fluviale, la storia” promosso dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise allo scopo di mostrare i risultati di una ricerca scientifica incentrata sugli aspetti caratteristici dell’area con uno studio puntuale della vegetazione, della fauna acquatica e del regime idrogeologico. Una particolare attenzione è stata rivolta all’analisi delle sorgenti che affiorano abbondanti nella valle, appartenenti ad uno dei sistemi idrogeologici più importanti dell’area protetta, quello della Montagna Grande.

Al seminario sono intervenuti il Sindaco di Ortona dei Marsi, Cristiano Bertolini, il commissario straordinario del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dott. Giuseppe Rossi, il direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dott. Aldo Di Benedetto, la dott.ssa Ileana Schipani e l’Ing. Giandomenico Mercuri, rispettivamente capogruppo e componente del gruppo di ricerca.

 

Il convegno è stato aperto dal Sindaco di Ortona dei Marsi il quale ha ringraziato i responsabili del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise per aver promosso e realizzato questa ricerca. Essa consente, ancora una volta, di porre l’attenzione su l’acqua, bene sempre più prezioso per la vita, soprattutto oggi che è aumentata la consapevolezza di quanto essa sia una risorsa esauribile e non facilmente rinnovabile. Le temperature miti di questo inverno e la scarsa piovosità e nevosità che lo hanno caratterizzato fanno facilmente prevedere carenze di acqua nella prossima estate e, dunque, si rende necessario formare una coscienza civile che porti ad un corretto e razionale utilizzo di questo bene.

 

Il commissario straordinario del Parco, Dott. Giuseppe Rossi, ha messo in risalto l’importanza che rivestono i Parchi nella salvaguardia dell’acqua. Ha sottolineato come tali Enti devono tutelare questa risorsa così preziosa perché l’acqua utilizzata per uso domestico, nelle città come nelle campagne, spesso proviene da bacini o da sorgenti naturali le cui falde sono ricomprese in territori gestiti dal Parco e quindi l’Ente stesso deve attuare tutte quelle politiche necessarie per la loro corretta gestione e conservazione. Ha ricordato come il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, nel passato, ha condotto molto battaglie per la difesa delle sorgenti e dei bacini propri. Per esempio negli anni ’70 - ‘80, proprio nella Valle del Giovenco, si è riusciti ad impedire la costruzione di un invaso, cosiddetto di Amplero, che avrebbe raccolto le acque del Fiume Giovenco a favore esclusivo dei terreni agricoli della Valle del Fucino.

IL Dott. Rossi ha messo in risalto come sia necessario attuare una politica di tutela integrale dell’acqua volta al mantenimento dei fiumi e alla conservazione della biodiversità per la fauna e flora esistenti nell’ecosistema di cui l’Ente Parco dovrebbe farsi promotore per una sensibilizzazione e una educazione ad un uso razionale della risorsa acqua. Un messaggio, da attuare sotto varie forme, anche con incentivi alle aziende alberghiere, da rivolgere non solo alla popolazione locale ma anche ai visitatori del territorio del Parco. Il dott. Rossi ha voluto rammentare che intorno a questa risorsa così preziosa che sgorga dalle sorgenti, dalle fontane e dai fontanili, variamente collocati nel territorio, si è formata una cultura fatta di solidarietà, scambio di esperienze, di aiuto, di comunicazione tra gli individui che non si può perdere, ma deve essere conservata.

 

L’intervento del Direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Dott. Aldo Di Benedetto, si è incentrato sul significato della ricerca e sull’importanza dei risultati che dalla stessa sono stati ottenuti, degni di nota non solo per gli esperti del settore ma anche per il comune cittadino.

Ha ribadito come la gestione e la conservazione delle risorse idriche costituisce un fatto importantissimo per la società, per la storia, la cultura. L’Ente Parco, per questo, ha dato attuazione ad un progetto di ristrutturazione di cinque fontanili, di cui quattro nel Comune di Bisegna ed uno nella frazione di Aschi Alto del Comune di Ortona dei Marsi e, a margine del progetto, è stato deciso di realizzare, affidandola ad un gruppo di esperti tra cui la dott.ssa Ileana Schipani e l’Ing. Giandomenico Mercuri nativo della valle, una ricerca sull’ecosistema fluviale della Valle del Giovenco, su tutto ciò che ad esso è strettamente connesso e sulle risorse idriche.

I risultati di questa ricerca hanno consentito di allestire una mostra e sono stati riassunti in cinque grosse tavole, debitamente illustrate, dai seguenti titoli: “Le risorse idriche della Valle del Giovenco”, “La fauna acquatica della Valle del Giovenco”, “Le acque nella storia della Valle del Giovenco, “L’ambiente fisico del Giovenco”, “La flora e la vegetazione del Giovenco”.

L’intervento del Direttore del Parco ha evidenziato come in relazione alla sorgenti esistenti nel nostro Paese ogni italiano dovrebbe avere a disposizione circa 383 litri di acqua al giorno, mentre l’erogazione è di fatto di soli 278 litri al giorno quale conseguenza dell’enorme dispersione causata sia dalla fatiscenza delle condutture sia dagli inadeguati ed eccessivi sfruttamenti della risorsa.

Perciò gli Enti Parco che gestiscono sorgenti e falde acquifere devono occuparsi di proteggerle, rendendo fruibile, al tempo stesso, la risorsa acqua nei modi più razionali e opportuni.

 

La dott.ssa Ileana Schipani, naturalista, a capo del gruppo di ricerca composto dagli Ingegneri per l’ambiente e per il territorio Andrea Goltara e Giandomenico Mercuri, la dott.ssa Marta Cincarini, naturalista e il biologo dott. Lino Raggeri, ha osservato che la Valle del Giovenco, entrata a far parte del territorio del Parco dall’anno 2000, costituisce un forte stimolo sotto il profilo scientifico poiché c’è uno stretto ed equilibrato rapporto nell’ecosistema esistente poco conosciuto dal punto di vista ambientale.

Nell’illustrare i risultati della ricerca, la dott.ssa Schipani ha innanzitutto mostrato il percorso che, per una lunghezza di circa 25 chilometri, segue il Fiume Giovenco: dal complesso sorgentizio di Pietra Gentile della Montagna Grande esso scende a lambire l’abitato di Bisegna, quello di San Sebastiano, di Ortona dei Marsi, scende fino a Cesoli per arrivare a Pescina, qui ne attraversa il centro abitato per divenire, nella piana del Fucino, il canale collettore chiamato “immissario Torlonia” dove termina la sua corsa.

 

La ricerca, condotta valutando studi precedenti e dati attuali su tratti omogenei del percorso, ha preso in considerazione il Fiume Giovenco sotto diversi aspetti: la geomorfologia e la funzionalità fluviale, la flora e la vegetazione, la fauna ittica, le risorse idriche.

Per quanto riguarda la geomorfologia e funzionalità fluviale è stato osservato che il fiume ha un tracciato sinuoso con substrato di massi e ciottoli, con tratti nei quali la corrente è più veloce; elevata è la presenza di numerose “briglie”, circa 15, ossia tratti con discontinuità longitudinale che interferiscono con il normale processo fluviale tanto da impedire la normale mobilità della ittiofauna.

Complessivamente, pur riscontrando situazione migliori a nord e peggiori a valle del percorso, la funzionalità fluviale del fiume Giovenco nei tratti omogenei è in discrete condizioni con assenza di situazioni critiche.

Per quanto riguarda la flora e la vegetazione esistente è stato svolto un censimento delle specie rilevate nel corridoio e ne sono state conteggiate ben 107. E’ stato poi realizzato uno spettro biologico per analizzare le modalità che le piante utilizzano per adattarsi a sopportare le avverse condizioni atmosferiche: è emerso che solo l’1% delle specie presenti sono idrofile (tipiche dell’ambiente acquatico). In ogni caso la flora esistente risente anche del forte condizionamento boschivo mentre l’ampiezza della fascia riparia è esigua.

Sul fondo delle acque sono stati rinvenuti moltissimi macroinvertebrati, principalmente insetti, crostacei e molluschi, i cosiddetti bioindicatori: essi sono il sintomo della buona qualità dell’acqua del fiume Giovenco. Anche per i macroinvertebrati è stato compilato un censimento e sono state individuati diverse varietà per un totale di 75 unità sistematiche tra generi e famiglie.

Per quanto riguarda la fauna ittica, l’analisi è stata svolta mediante l’elettropesca, ed è stata individuata l’unica specie presente, la trota fario, con una popolazione diversamente costituita nei vari tratti del percorso del fiume: individui anziani a nord del percorso, ben strutturata ed equilibrata con ricambio generazionale nel tratto vicino ad Ortona, una situazione anomala dopo la briglia di Pescina con individui di una stessa taglia a causa della mobilità forzata per la presenza della briglia stessa. Sono stati rinvenuti due morfotipo: uno di colore chiaro da riconnettere al ceppo atlantico e l’altro di colore scuro da riconnettere al ceppo ibrido mediterraneo. Lo studio del fenotipo e del genotipo consente di stabilire in via definitiva l’appartenenza ad uno dei due ceppi.

L’analisi delle risorse e quindi delle due sorgenti esistenti, “Ferriera” e “Pulciara” , ha rilevato come fra le stesse ci sia una notevole differenza di portata di acqua, in un rapporto rispettivamente di 1 a 7, con un minimo a gennaio e un massimo in agosto. Esse condizionano il regime idrico del fiume Giovenco che presenta un massimo primaverile a causa dello scioglimento delle nevi mentre in estate risente della portata delle sorgenti.

Lo studio approntato per verificare la qualità dell’acqua, utilizzando per la rilevazione dei dati sia il punto di osservazione dell’ARTA (Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente), situato in località “Le Rosce” di Ortona, ed altri quattro punti fissati lungo il percorso del fiume dagli stessi ricercatori, ha consentito di stabilire che la qualità dell’acqua del fiume Giovenco può definirsi complessivamente buona anche se è stato osservato un certo peggioramento a valle di Ortona.

 

L’Ing. Giandomenico Mercuri, componente del gruppo di ricerca, ha fornito alcuni dati sul regime idrogeologico delle sorgenti e sulla storia.

Ha spiegato come il deflusso delle acque dalla Montagna Grande è possibile in quanto la montagna, costituita da carbonato di calcio e fossili marini, con un elevato grado di erosione, presenta una forte permeabilità: le acque scendono in basso per affiorare alla sua base, qui trovano un terreno impermeabile ed argilloso che ne consente la raccolta e porta alla creazione delle sorgenti che, talvolta, assumono anche la valenza di fiumi.

Conoscere il regime di un fiume è importante, ma per la sua valutazione occorre considerare il contributo di superficie, quello sotterraneo e le opere di captazione relative al corso d’acqua che si sta studiando. Nel caso del fiume Giovenco il contributo delle due sorgenti, benché in proporzioni nettamente diverse, 70 l/sec per la Ferriera e 500 l/sec per la Pulciara, è tra loro strettamente dipendente.

L’acquedotto della Ferriera serve circa 30 Comuni nonché il territorio aquilano tramite l’utilizzo di una centrale di sollevamento situata tra Ortona e San Sebastiano. Questa, posta ad un’altezza superiore a quella della sorgente, per il suo funzionamento richiede l’utilizzo di circa 400 l/sec. di acqua necessari a superare l’elevato dislivello. Quindi, complessivamente, sommando il prelievo di acqua per uso potabile, circa 200 l/sec e, quella per il funzionamento della centrale, la sottrazione di acqua al normale regime è di circa 600 l/sec oltre l’ulteriore prelievo a monte di Pescina per gli usi del Consorzio di Bonifica del Fucino.

L’Ing. Giandomenico Mercuri ha poi illustrato i diversi usi cui è servita l’acqua del fiume Giovenco nel corso della storia: è stata utilizzata per fare il bucato (ritorna alla mente l’immagine delle nostre nonne che, fino ai primi anni ‘50-‘60 si recavano al fiume per lavare in quanto in casa non era disponibile questa preziosa risorsa), per irrigare i campi limitrofi e, quindi, spesso, è stata un traino per l’economia della valle.

L’uso più evidente e più antico riguarda il suo utilizzo per consentire il funzionamento dei mulini: risale al XII secolo la costruzione del mulino situato sotto l’abitato di Ortona, mentre l’altro, in località Casalotto, ha operato fino alla metà del secolo scorso. In prevalenza l’acqua del fiume è stata utilizzata per l’irrigazione: fiorente la produzione tessile di canapa con le coltivazioni disposte per filari fino a lambire le rive del fiume tanto che i terreni circostanti hanno preso il nome di “canapine”.

E’ degli inizi del ‘900 l’utilizzo per la produzione di energia idroelettrica con la costruzione della prima centrale a Pescina nel 1901, a seguire quella di Ortona fatta realizzare da Adamo Buccella nel 1908 e poi quelle di San Sebastiano.

L’Ing. Mercuri ha poi raccontato come l’attribuzione del nome “Ferriera” ad una delle sorgenti derivi dal fatto che in quella zona anticamente si lavorava moltissimo il ferro utilizzando come materia prima la bauxite estratta dalle montagne che circondano Lecce nei Marsi e nell’alimentazione dei forni l’enorme quantità di legname offerta dalle montagne della nostra valle.

 

Il seminario, molto interessante per l’argomento trattato e per le modalità di esposizione, è stato seguito con attenzione ed interesse dal numeroso pubblico presente, costituito da addetti ai lavori e non, e ha sollecitato alcuni dei presenti a porre domande ai responsabili dell’Ente Parco per chiarimenti e puntualizzazioni sui temi trattati.

Esso ha consentito di approfondire e ampliare la conoscenza dei diversi aspetti che caratterizzano l’ecosistema della Valle del Giovenco rafforzando il nostro senso di appartenenza alla stessa.

 

                                                                                                                                                          Tiziana