CONVEGNO SU S. GENEROSO

Il furto nella chiesa parrocchiale riavvicina gli ortonesi all'amato Santo Patrono

 

Tutto incominciò nella notte tra il 12 e il 13 Settembre, quasi un anno fa; in quella notte una mano sacrilega profanò l’urna di S. Generoso per asportare una preziosa ampolla del 1700 con dentro la bolla pontificia del Papa Benedetto XIV che conferiva al martire Generoso il titolo di Patrono di Ortona. Vennero rubati anche tre quadri del 1600 recentemente restaurati.

Ci fu grande turbamento, incredulità e rabbia in ogni casa di Ortona; tutti a chiedersi come fosse stato possibile…ma come? Ma quando…? Chi? E qualcuno si è chiesto anche perché?

Il perché venale da parte dei sacrileghi fu evidente; ma perché S. Generoso avesse permesso un simile sacrilegio non fu subito chiaro. Mi rimbombava in testa la frase di mia nonna che di santi se ne intendeva (tre rosari al giorno, quattro nel mese di maggio): "Non accade nulla che i santi non vogliano". E allora perché? Il primo dei tanti enigmi di questa storia di S. Generoso.

Passato l’inverno, sul finire di marzo, mi telefonò più volte Don Francesco per avvertirmi che il giorno sette Aprile ci sarebbe stata la Ricognizione Canonica della Reliquia e dell’Urna di S. Generoso. Alle 10.00 arrivai; la chiesa era gremita, sull’altare il Vescovo, il Sindaco, don Francesco, intorno all’urna illuminata a giorno e man mano che mi avvicinavo all’altare avvertivo una tachicardia, una sudorazione strana e pensai: "Speriamo che non se ne accorgano!".

Man mano che mi avvicinavo all’urna sentivo una fortissima attrazione; l’avevo vista sempre da lontano, lì sopra l’altare della cappella, troppo lontano, quasi inosservabile, "quasi trascurata"; e invece così da vicino tutti fummo attratti dalla bellezza dei resti mortali conservati splendidamente, attratti dalla postura di S. Generoso, "la postura del guerriero che riposa", fummo tutti attratti dagli ornamenti e soprattutto dal velo, vero capolavoro, velo che, sorretto da un’impalcatura di metallo dorato, dà sembianza e volume alla reliquia ossea; dà sembianza alla sfumatura del volto, agli zigomi, alle narici e agli occhi che appaiono socchiusi per una leggerissima ombratura di pittura. Quando la ricognizione canonica terminò e ci allontanammo dall’altare, i fedeli si avvicinarono all’urna; una folla a guardare, a toccare l’urna, a baciare le dita che avevano sfiorato il santo, a pregare e mandare baci al loro patrono, al santo in mezzo a loro.

Quella attrazione, quella passione, quella venerazione non era passione o venerazione del singolo, era venerazione ed emozione di tutti e tutti sentivano il dovere di dare una risposta a questo rinnovato amore nei confronti del Santo Patrono. Decidemmo allora di tenere un convegno su S. Generoso Martire.

E iniziarono le peripezie. Momenti di grande euforia per aver trovato un piccolo tassello del complesso e sconosciuto mosaico e momenti di abbattimento quando ci si è trovati di fronte a muri di nulla e muri di scetticismo. "Non c’è nulla…non troverete niente".

Abbiamo avuto subito difficoltà a reperire fonti. Nessuna notizia nella Depositio Martyrum (Calendari della chiesa dove sono elencati nome, martirio e luogo di sepoltura del martire). Nulla nel Martiriologio Ecclesiastico.

Siamo andati nelle Catacombe di S. Sebastiano e lì ci hanno consigliato di recarci alla Archeologica Pontificia a Roma. Nulla …anzi peggio…L’archeologa che ci accolse ci disse di non sperare nulla in quanto in quel periodo si erano verificati cose incredibili e incredibili mercimoni; e ci fece balenare l’idea che nulla fosse vero.

Avevamo toccato il fondo sia nelle ricerche, sia nello stato d’animo.

Mentre stavamo per andare via don Francesco, Elvia e il sottoscritto notammo molti faldoni ammonticchiati sul pavimento in attesa di essere sistemati. Sul "frontespizio"la scritta "Catacombe di S. Sebastiano". "Nulla d’importante" disse l’archeologa. Noi chiedemmo di aprire qualche faldone e sul frontespizio dei vari faldoni leggemmo l’annotazione dell’anno, del Cardinale responsabile degli scavi, del custode Gasparro che annotava le spese sostenute negli scavi: zappe, pale, picconi, lumi, olio per lumi, cassette di legno per accogliere ossa, etichette per trascrive e apporre sulle casse notizie epigrafiche. Scavarono in modo sistematico dal 1737 al 1797. Sessant’anni di scavi.

Uscimmo dall’Archeologica Pontificia con un grande entusiasmo…Se hanno scavato per sessanta anni e le catacombe erano il cimitero dei martiri e dei primi cristiani, qualche reliquia l’avranno pur trovata.

Un primo tassello di mosaico.

Perché tanti scavi?

Tutto si fa risalire al 1650, anno in cui l’allora Papa Innocenzo X emanò un editto grazie al quale le comunità cristiane su richiesta e dietro offerta in danaro potevano ottenere reliquie provenienti dalle catacombe; quelle di S. Sebastiano erano le più famose e ricche di reperti.

Anche la comunità di Ortona nel 1747 chiese all'allora Papa Benedetto XIV (Papa Lambertini), come già avevano fatto Scanno, Gioia, Castel di Ieri e Avezzano, di concedere un Santo Protettore Martire proveniente dalle Catacombe di S. Sebastiano.

Un tassello importantissimo della nostra ricerca si è rivelato il libro su S.Generoso scritto da Giuseppe Buccella, "Don Peppe", giornalista e letterato di Ortona dei Marsi ma, soprattutto, fine poeta delle emozioni dell’anima. Il libro riprende e rievoca una cronaca manoscritta di Casa Buccella dove erano stati annotati eventi e date memorabili riguardanti Ortona, a partire dal 1590 al 1910 e al 1747 si legge che: "Filippo Buccella, Petroni Luigi, Maggi G. Battista e Silvagni Filippo ebbero l’autorizzazione papale a recarsi alle catacombe dell’Appia (S. Sebastiano e S. Callisto) per scegliere le ossa di un martire. I loro occhi si posarono su un’epigrafe graffita su travertino "Generosus, Ruphi discipulus, miles fidei". E scelsero Generoso perché quel nome bene si addiceva ad una caratteristica del popolo ortonese, ‘la generosità’". Offrirono per la concessione papale ben 200 ducati e ne spesero altri 200 per l’urna, per gli ornamenti e per l’inceratura della reliquia ossea. Le pratiche necessarie affinché le ossa sacre venissero consegnate adeguatamente trattate e ornate furono lunghe; fu così che nel 1756 esse furono traslate ad Ortona in una notte memorabile, illuminata a giorno, alla fine di una grande apprensione per un fortissimo ritardo dovuto ad un temporale violento che costrinse i delegati di Ortona a fermarsi lungo la via e a ripararsi per non danneggiare l’urna.

E così Ortona ebbe il corpo santo del suo patrono martire nonostante il paese avesse già un altro patrono…S. Biagio.

Questa la cronaca. Ma qual’è la storia di S. Generoso? Sulla base dello scritto di Don Peppe Buccella con le sue fonti, sia in base alle ricerche da noi effettuate su Rufo, San Sebastiano, S. Costanzo di Scanno.

Le notizie su Rufo sono recenti; la sua tomba è stata rinvenuta a Roma, a Porta Maggiore e i resti mortali ora sono a S. Agnese sulla Nomentana. L’epigrafe reperibile anche su Internet ci dice che fu deposto il 15 dicembre del 304 d.C. ed era un Tabellarius (un postino), grande apostolo aveva numerosi discepoli, soprattutto nella milizia imperiale. Fu martire nella persecuzione più crudele fatta da Diocleziano dal 303 al 305, "la persecuzione dei Miliziani", la più terribile, perché Diocleziano si accanì con particolare crudeltà contro i miliziani che avevano abbracciato la fede ritenendoli dei traditori. Su questa persecuzione si è concentrata la nostra attenzione perché è in questa che si è avuta la morte di Rufo e la morte di S. Sebastiano e presumibilmente la morte di S. Generoso.

S. Generoso era un giovane tra i 20 e i 25 anni quando morì; di corporatura atletica era piuttosto alto per l’epoca e apparteneva alla milizia imperiale. Convertito da S. Crisogono, era molto amico e discepolo di Rufo. E’ molto plausibile che S. Generoso, Rufo e San Sebastiano non solo si conoscessero, ma che formassero all’interno della milizia un nucleo forte di cristianità.

S. Sebastiano era capo della milizia imperiale. Era stato grande amico di Diocleziano nelle battaglie della guerra di Calcedonia. Quando Diocleziano fu acclamato imperatore dai suoi stessi soldati, dopo la morte di Caro e di suo figlio Numeziano, volle vicino a sé Sebastiano e lo nominò capo della milizia imperiale. Quando Cesare Valerio, anche lui alto ufficiale dell’esercito, geloso dell’affetto di Diocleziano per Sebastiano, scoprì che Sebastiano era un cristiano e un grande apostolo, lo denunciò pubblicamente. Diocleziano tentò di salvare l’amico offrendogli una via di scampo: gli chiese di rinnegare il cristianesimo… non fu così e allora Diocleziano lo affidò a Cesare Galerio per il martirio con le frecce.

E ….un altro enigma.

Come si sa S. Sebastiano non morì per le frecce, "nonostante il suo corpo fosse pieno di frecce come gli aculei di un riccio" ("Passio Sancti Sebastiani" di S. Ambrogio). Come è possibile che tutte quelle frecce lanciate da arcieri esperti non abbiano ucciso Sebastiano? E’ probabile che i soldati incaricati del martirio abbiano mirato a parti del corpo non mortali; è possibile che gli arcieri fossero stati suoi commilitoni e Sebastiano era molto amato dalle sue truppe. Il corpo lasciato per morto venne recuperato dai cristiani e curato da S. Irene martire, moglie di Castulo, anche lui martire. Quando guarì affrontò di nuovo Diocleziano mentre l’imperatore era nel tempio; allora fu preso e ucciso a bastonate, il suo corpo fu gettato nella Cloaca Massima e solo in seguito recuperato.

Tutto è cominciato nella notte tra il 12 e il 13 settembre del 2000; in quella notte una mano sacrilega ha sottratto ad Ortona un’ampolla del 1700 e tre quadri appena restaurati; la comunità di Ortona ha perso cose di valore, ma quell’evento così negativo ha fatto nascere in tutti una nuova passione, una nuova venerazione, una nuova emozione intorno al nostro patrono.

Abbiamo perso tre quadri, abbiamo ritrovato San Generoso.

 

Lucio Celli